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In migliaia nelle piazze di Ragusa per assistere alla presentazione dei libri pubblicati nell’ultimo anno da autori e scrittori italiani e stranieri. Una formula semplice ma al tempo stesso di successo, che da ben nove anni è capace di attirare un pubblico sempre crescente, numeroso, attento, appassionato. E’ il festival letterario “A Tutto Volume – libri in festa a Ragusa” che riesce ad attirare lettori e visitatori in arrivo da tutta la Sicilia ma anche dal resto d’Italia per assistere ai tantissimi incontri che si susseguono durante questo fine settimana, più di 70 tra quelli del programma ufficiale e gli “Extravolume”, eventi promossi direttamente da associazioni e privati del territorio. Un festival che riesce a sfidare anche l’inaspettata pioggia, superando ogni difficoltà e mantenendo invariato il programma, come accaduto all’incontro inaugurale ieri pomeriggio in piazza San Giovanni con la scrittrice Daria Bignardi. Successo di pubblico per tutti gli appuntamenti del festival, ideato e curato dal direttore artistico Alessandro Di Salvo, che riesce a coinvolgere tutta la città in un’atmosfera di vera e propria festa. Ieri incontri con Annalista Strada, Gherardo Colombo, Dario Voltolini, Pino Corrias, Marco Ardemagni, Luciano Fontana, Stefano Feltri, Riccardo Iacona, Tiziano Scarpa. 

Dopo le giornate nel centro storico di Ragusa Superiore, programmate per ieri e per oggi, il festival questa domenica si sposta come da tradizione nel quartiere antico, Ragusa Ibla, per proseguire con i vari incontri programmati, gli eventi, la presentazione dei libri e la conclusione in piazza Duomo con Paolo Mieli che presenterà il libro “Il caos italiano”. Per i dettagli del programma del festival basta collegarsi sul sito di A Tutto Volume. Per raggiungere il quartiere barocco è stato attivato un comodo servizio di bus navetta andata e ritorno dalle 17,30 con partenza da via Di Vittorio-via Epicarmo e arrivo alla chiesa del Santissimo Trovato. E per questa domenica altri numerosi partecipanti giungeranno in treno attraverso l’iniziativa speciale della Fondazione Fs che ha voluto aprire la stagione dei viaggi sui treni storici proprio in occasione del festival “A Tutto Volume”. Viaggeranno su antiche carrozze anni ’30.

 

 

L'Autrice, epistemologa e saggista, offre con questo lavoro un esempio di come possano coniugarsi antropologia e storia, psicologia e sociologia, filosofia e metafisica, semiotica e scienza, discipline della comunicazione e della complessitá, in quanto metodi per capire come lo Sguardo di noi contemporanei sia mutato, dopo il novecento, nei confonti del mondo; e di come si sia parallelamente modificata la nostra percezione delle cose, la visione dell'arte, in fondo il nostro stesso sapere, a seguito del diffondersi delle nuove tecnologie digitali e dei nuovi media.

Vedere è esperienza in cui spesso reale e virtuale si (con)fondono per cui "l'invisibile non è il contrario del visibile, ma si iscrive ad esso (...) il virtuale è possibile, l'ombra dell'attuale, del visibile: apre ai mondi possibili come la notte avvolge la luce e la luce nasconde l'ombra che la nutre".

La Fiorani parte da un apparato bibliografico corposo - Lacan, Merleau-Ponty, Didi-Huberman, Locatelli, Benjamin, Mafessoli, Husserl, Urry,  Bauman, Formenti, Antonio Caronia, Morin, McLuhan, Della Puppa e Masiero, Adorno e Horkheimer, Deleuze e Guattari - i cui contributi vengono rielaborati in questo saggio di sintesi in cui emerge il rapporto attuale fra psiche, collettiva e individuale, e techne, attraverso l'osservazione, il guardare, l'occhio "che disegna il quadro".

Parafrasando Cartesio verrebbe da esclamare Video Ergo Sum!

Ė il potere delle immagini, della fotografia, del cinema, della pubblicitá, della televisione, della cybercultura che agisce, con una epocale "svolta iconica", sin dagli anni ottanta, sull' immaginario visivo dell'uomo in quanto "essere dello sguardo".

L' Autrice propone un personale percorso oculocentrico volto alla conoscenza, che com/porta "a qualcosa di nuovo che con l'immagine prende vita e viene ad essere per la prima volta", produce diverse trame nel narrare, nella organizzazione creativa del figurare artistico, e nel prefigurare la societá e l'economia circolare "con mille miliardi di sensori in grado di raccogliere i dati di tutto il mondo" .

Un universo di interconnessioni, anzi due "un mondo dal margine molto più esteso del primo" viene raccontato in questo libro più che mai utile perchè, ammette il paesologo Franco Arminio su FQ "ci vorrebbe il ministero dello sguardo. Non sappiamo più guardare, non sappiamo più parlare (...) gli occhi sono un pezzo di cervello a contatto col mondo esterno".

In questi giorni è stata resa pubblica la prima rosa delle opere, scelte fra le oltre 130 pervenute e dei rela­tivi autori candidati alla XXX edizione del noto  "Premio Le­tterario Camaiore - Francesco Belluomini­”, evento dedicato, come di consueto,  alla poesia.
Dalla suddetta rosa verranno decisi i titoli delle cinque opere finaliste, del vincitore del Premio Internazionale, del Camaiore Proposta, del Premio speciale e le menzioni specia­li; queste ultime due selezionate su ind­icazione del Preside­nte.
La Giuria Tecnica, presieduta da Rosanna Lupi, consorte del­l'indimenticabile Fr­ancesco Belluomini, ideatore, fondatore e già Presidente del Premio, è formata da Corrado Calabrò, Emilio Coco, Vincenzo Guarracino, Paola Lucarini, Renato Mino­re e Mario Santagost­ini e si riunirà sab­ato 16 giugno alle h  11.30 presso l’Hot­el Bixio di Lido di Camaiore, per design­are i 5 libri finali­sti e conferire gli altri riconoscimenti, in attesa della se­rata finale di premi­azione, in programma per il mese di sett­embre 2018.


Di seguito la lista della prima rosa di finanisti e delle loro opere:
Dino Azzalin Il pen­siero della semina (Crocetti Editore)
Alberto Bertoni Poe­sie 1980-2014 (Nino Aragno Editore)
Chiara Carminati Vi­aggia verso (Bompian­i)
Ulisse Casartelli L’immensità della cen­ere (Marco Saya Ediz­ioni)
Evaristo Seghetta Paradigma di Esse (Pa­ssigli Editore)
Mirko Cremasco Le intermittenze della pioggia (Campanotto Editore)
Leone D’Ambrosio La casa e l’assenza (E­dizioni Ensemble)
Francesca Farina Re­pertorio dei cieli (Domograf)
Marcello Fois L’inf­inito non finire e altri poemetti (Einau­di Editore)
Giovanna Iorio Succ­ede nei paesi (Edizi­oni Fara)
Marica Larocchi Di rugiada e cristalli (Book Editore)
Isabella Leardini Una stagione d’aria (Donzelli)
Giulio Maffii Angina d’amour (Arcipelago Itaca)
Vito Moretti Le cose (Tabula fati)
Roberto Mosi Navice­llo etrusco. Per il mare di Piombino (Ed­izioni Il Foglio)
Daniela Pericone Di­stratte le mani (Coup d’idée Edizioni)
Elisabetta Pigliapo­co La Luce di taglio (Archinto Editore)
Annalisa Rodeghiero Versodove Blu (Prus­sia Editrice)
Silvia Salvagnini Il seme dell’abbracci­o. Poesie per una ri­nascita (Bompiani)
Enrico Testa Cairn (Einaudi editore)
Zingonia Zingone Le tentazioni dellla luce (Edizioni della Meridiana)
Premio Speciale:
Mario Baudino La fo­rza della disabitudi­ne (Nino Aragno edit­ore)
Camaiore Proposta:
Kabir Yusuf Abukar Reflex (LietoColle)
Andrea Biondi Le ca­mpagne hanno bocche (Edizioni Fara)
Simone Burratti Pro­getto per S. (Nuova Editrice Magenta)
Mattia Cenci Ýlan (Fusibilia Libri)
Luca di Bartolomeo Poesie dell’immaturi­tà (Gianni Petrizzo Editore)
Christian Fucilli Era l’anno 1996 (Giov­ane Holden Edizion)
Daniela Gentile Nul­la sanno le parole (Pietre Vive)
Premio Internaziona­le:
Juan Arabia Il nemi­co dei Thirties (Sam­uele Editore)
Joy Hario Un delta nella pelle (Passigli Editori)
Julieta Valero I fe­riti gravi e altre poesie (Raffaelli Edi­tore)
Menzione speciale:
Carlo Villa Retrost­rato (Società Editri­ce Fiorentina)
Antonio Carollo Poe­sie (Edizioni Tracce)
Keaton Henson
Tradotto da Silvia Peracchia (Idiot ver­se Giovane Holden Ed­izioni).
Anche quest'anno gr­ande soddisfazione da parte della Presid­enza, della Giuria Tecnica e degli organ­izzatori per la cospicua partecipazione di opere in concorso, anche a al di fuori dei nostri confini.
Il "Premio Letterar­io Camaiore - France­sco Belluomini" si conferma un evento cu­lturale di gran lust­ro, in attesa della serata conclusiva di questa speciale XXX edizione, che si pr­eannuncia ricca di emozioni, sempre in ricordo del suo fonda­tore, il cui nome da quest'anno aff­ianca quello del pre­stigioso Premio lett­erario.

 

 

 

Recentemente lo scrittore Salvatore La Porta ha pubblicato il libro "Less is more" (Il Saggiatore). Il titolo di questa opera editoriale rimanda ad una celebre frase contenuta in un monologo del poeta inglese R. Browning, ponendo il lettore dinanzi ad alcune considerazioni in merito ad una società sempre più "liquida", in cui i valori fondanti fanno rima con un consumismo per certi versi fuori controllo.
La necessità di certezze attraverso l'accumulo di cose, talvolta inutili, ci anestetizza, distogliendo la nostra attenzione verso gli aspetti esistenziali davvero meritevoli di attenzione.
Per contro, una parte del tessuto sociale è caratterizzata da condizioni di povertà e pesanti  difficoltà di ordine pratico. Viviamo in una società nella quale il divario socio-economico sta diventando sempre più ampio; ma questo non sembra preoccupare chi, all'interno della propria "gabbia dorata", continua a rincorrere i beni materiali, alla ricerca di un appagamento, che alla lunga si rivela effimero.

Quel di più che viene dal meno, in un percorso volto alla ricerca dell’essenziale, che va controcorrente, in un tessuto sociale sempre più attento al raggiungimento della materia, dell’appagamento attraverso la quantità di cose delle quali disporre. È giunto il momento di fermarci seriamente a riflettere?
Credo che il momento sia arrivato da un bel pò, ed infatti l’umanità riflette da parecchio sull’effetto che i beni materiali hanno sulla nostra vita. Certamente il nostro periodo storico vede una divisione della popolazione sempre più marcata tra chi non ha niente e chi ha moltissimo, e l’accumulo di proprietà è uno dei metodi con cui il consumismo mette a tacere la nostra coscienza. Non si tratta soltanto di avidità: più accumuliamo, più il nostro posto nel mondo diventa stabile e limitante. Sappiamo benissimo che, in cambio del benessere,  abbiamo rinunciato al nostro senso di giustizia, ma la fatica necessaria a mettere in discussione la nostra posizione nella società è sufficiente a farci voltare la testa. Più che l’avidità può l’abitudine.

Secondo lei, quali sono le dinamiche attraverso le quali l’uomo del Terzo Millennio si è così avvicinato, forse inconsapevolmente, al livello di saturazione?
Credo che una parte fondamentale di questa “trappola” sia costituita dalla vigliaccheria; pochi occidentali ignorano le condizioni di chi è stato sacrificato perché noi potessimo accumulare una tale quantità di cibo, oggetti e benessere (fisico, almeno). La sproporzione tra le nazioni più ricche del mondo e quelle più sfruttate è stata raccontata da centinaia di voci e, se non fossero sufficienti i racconti, abbiamo il mar Mediterraneo pieno di morti a mostrarcela.
Le nostre proprietà, però, significano soprattutto il nostro “posto nel mondo”; è più facile rinunciare all’avidità che riconfigurare da capo la propria vita. È in questa maniera che abbiamo perso il coraggio di aiutare gli altri: siamo terrorizzati dall’idea di dover cambiare vita.

Ritiene che la ricerca spasmodica della materia, che va ben oltre il necessario, sia riconducibile alla nostra infelicità?
Se l’accumulo di beni materiali fosse un buon metodo per essere felici, l’occidente sarebbe il paradiso terrestre. Non sto assolutamente dicendo che chi è povero è più felice di noi: la miseria è una malattia sociale e chi ne è colpito non ha alcuna scelta. Non c’è alcuna libertà nella povertà.
Ma se bastasse la ricchezza a farci felici, perché la nostra società è così palesemente in crisi? In realtà,  accumulare proprietà ci allontana da noi stessi, ci costringe ad una serie limitata di ruoli, ci impone delle regole che delimitano la nostra capacità di scegliere. Le nostre proprietà sono statiche e pesanti, noi siamo dinamici e mutevoli; il contrasto tra queste due essenze ci fa sentire infelici.

Forse la ricerca della materia rappresenta un tentativo di colmare i troppi vuoti esistenziali?
Cerchiamo di colmare la differenza tra quel che sentiamo di essere e quel che siamo obbligati ad essere. Ma questa differenza è creata proprio da ciò che abbiamo accumulato durante la vita: siamo stati fissati dai nostri beni nel ruolo di padre, direttore, marito, impiegato. Ma l’essere umano è inevitabilmente più ricco e cambia con il tempo. L’impiego che desideravamo a vent’anni può essere il nostro incubo a quaranta. La casa che abbiamo voluto s’è trasformata in un mutuo. La nostra famiglia in un incubo. Fuggire da queste gabbie è difficile; serve un coraggio ed una fatica che spesso non abbiamo. Allora accumuliamo altre proprietà, cerchiamo un sollievo che rende soltanto più crudele la trappola in cui siamo caduti. È un meccanismo molto naturale, lo stesso delle sabbie mobili.

Quanto potrebbe giovare all’uomo riacquistare una certa capacità di discernimento fra il necessario, l’utile e il superfluo, in un’ottica di alleggerimento mentale?
Sarebbe fondamentale. Ma potrebbe rivelarsi inutile; comprendere quale sia la nostra essenza, quali siano i nostri veri desideri, è una pratica relativamente facile. Almeno se confrontata con il passo successivo; avere il coraggio di spezzare la catena delle abitudini e rinunciare al superfluo, riprogrammare la propria vita, mettere in discussione le basi sulle quali l’abbiamo costruita e che adesso sono diventati ceppi.

In un capitolo della sua interessante opera, intitolato "Il rischio di una morte quotidiana", fa riferimento ad un personaggio dell’album "Storia di un impiegato", in cui il cantautore F. De Andrè affronta per la prima volta il tema della lotta al sistema da parte dei movimenti giovanili. Vorrebbe parlarne ai nostri lettori?
Storia di un impiegato è uno dei dischi più belli di De Andrè. Soltanto la Buona Novella mi affascina di più. Dentro quel disco c’è un personaggio stupendo, un impiegato che vorrebbe partecipare ai movimenti del Sessantotto, alla lotta politica, all’amore libero, all’arte nuova e ricca di quegli anni, ma si trova in ritardo: ha dieci anni in più dei protagonisti del Maggio francese, ma soprattutto ha una moglie, un lavoro, delle proprietà. L’unico modo che gli rimane per seguire i propri desideri ed il proprio senso di giustizia è far esplodere, letteralmente, la gabbia che lo circonda: diventa un bombarolo, finisce in carcere. E si conquista una strana felicità.

Un suo suggerimento per iniziare a coltivare la cosiddetta “arte di non avere niente”?
Coltivare l’indipendenza ed il coraggio. Il più possibile.

La giovane attrice sarà protagonista di tre eventi promossi da “Il lunedì letterario Il tour di Claudia Conte come si confida in esclusiva a "il corriere del sud" col suo ultimo lavoro letterario prosegue senza sosta.
La giovane attrice e scrittrice presenterà “Il vino e le rose” (Armando Curcio Editore) anche in Basilicata e Puglia.
Gli eventi, organizzati dall’Associazione Il lunedì letterario, saranno moderati da Tommaso Galiani.

Claudia Conte è una giovane attrice e scrittrice. Nata nel 1992, vive a Roma. Ha frequentato scuole teatrali e seguito corsi e seminari tenuti da importanti attori. Tra i suoi Maestri Giancarlo Giannini e Michael Margotta (Actor Studio). Al suo attivo, ha diverse tournée teatrali. Recentemente è stata protagonista femminile dei recital di Vincenzo Bocciarelli “Solo l’Amore resta”, "Shakespear's Dream" e “Vita di Francesco”, dello spettacolo “Eros Italiano” di Mariano Rigillo e di "Comizio d'amore" di Marcello Veneziani. Attualmente affianca sulla scena Valerio Massimo Manfredi nello spettacolo tratto dal suo best-seller "Ulisse. Il mio nome è Nessuno" ed è diretta da Francesco Apolloni nello spettacolo "La verità, vi prego, sull'amore". 

Ha preso parte a fiction televisive (Don Matteo, Conviventi in affitto, Gioventù Sballata) e film per il cinema (Le ali dell'angelo, Un'estate da leoni, Loro regia di Paolo Sorrentino, La Casalese, 2 e mezzo, "Psychomentary”, Klunni the klown). Appassionata di scrittura poetica, ha pubblicato la silloge “Frammenti rubati al Destino”. Nel 2013 è fondatrice di “Nova Era”, Associazione di promozione sociale che si occupa, attraverso l’espressione artistica e in particolare l’audiovisivo, di progetti con tematica sociale, cui è particolarmente sensibile. 

Nel 2014 pubblica il suo primo romanzo “Soffi Vitali. È l’autrice più giovane ad aver presentato un’opera al Salone Internazionale del libro di Torino. Lo scorso dicembre ha ricevuto il prestigioso Premio in Campidoglio “Oscar dei Giovani” per il suo poliedrico impegno in campo culturale, all'interno della "Giornata d'Europa". Consegue la Laurea Magistrale in Giurisprudenza. Nel 2017 pubblica per Armando Curcio Editore il saggio-romanzo "Il vino e le rose. L'eterna sfida tra il bene e il male" ed è attualmente impegnata in un tour di presentazioni nazionale. Collabora alla realizzazione di svariati progetti artistici. Direttrice artistica di rassegne estive. Ospite di programmi televisivi (Cinematografo su Rai1, Terza Pagina su Rai3, Tgtg su TV2000, Cuochi e fiamme su LA7).

“Cosa mi aspetta? Cosa potrà offrirmi questo mondo così strano, fatto di mille fiori e colori?” con questi interrogativi il lettore inizia il suo viaggio attraverso la storia di tre amiche in costante ricerca del proprio equilibrio interiore. Irene, Luisa ed Eva affrontano le loro fragilità dall’infanzia all’età adulta trasformandole in punti di forza, seguendo il loro sentire senza farsi trascinare in scelte che la società spesso impone. L'incertezza del futuro, l'assenza di punti di riferimento e il forte individualismo – denominatore comune tra le protagoniste e ognuno di noi – rappresentano prove che formano le nostre anime e che, se superate, permettono di vivere più consapevolmente dando il giusto valore alle singole cose.

 

 

 

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