Non si può ascoltare la voce di Sergio Cammariere disgiungendola dal suono di quel suo pianoforte che sa imprimere vivaci toni jazz e melancoliche cadenze blues alla base del proprio canto. E non si possono sentirne i testi, come quelli che il cantautore-paroliere Roberto Kunstler ha scritto per il nuovo album La fine di tutti i guai edito da Parco della Musica, senza lasciarsi trascinare da un ritmo che non sai se provenga dalla musica o dalla metrica poetica. Quella del crotonese è un'ugola della generazione di mezzo, collocabile diciamo fra un Gino Paoli e un Tricarico, che ha ormai maturato un 'identità artistica provata dalla sua riconoscibilitá immediata. Ed è interna ad un impasto sonoro ben costruito come in questo disco nel quale ci si aspettano a un certo punto le folate improvvisative di Daniele Tittarelli al soprano, e quelle, puntuali, arrivano a dare il cambio alla melodia vocale. Si tratta di produrre una musica senza eccessi nè "eccessiva" nel senso di antiretorica affinché il messaggio di Cammariere arrivi a destinazione, stavolta con poche concessioni ad influssi etnici (da registrare comunque la presenza di Alessandro D'Alessandro all'organetto e Bruno Marcozzi alle percussioni) semmai con quello spirito ancor più "francese" che ce lo fa accostare idealmente ad alcuni grandi interpreti transalpini di chansons, i più esistenziali.
In tale contesto il compito della sezione ritmica composta da Luca Bulgarelli al contrabbasso e Alfredo Golino o Amedeo Ariano alla batteria, talora con l'apporto dei chitarristi Roberto Taufic e Maurizio Fiordiliso e del violinista Open Cesari, è quantomai complesso. Ma la navigata collaborazione, rafforzata da un interplay consolidato in concerti e incisioni, non fa che completare l'affresco d'insieme di "parole e note che restano lá nell'anima".