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Chiesta l'incriminazione di Puigdemont per "ribellione"

Le regole definite dalla Costituzione post-franchista per una Spagna "indissolubile", a meno di un difficile e arduo iter di riforma con doppia maggioranza qualificata parlamentare e referendum popolare, sono superiori a qualsiasi decisione presa da un parlamento autonomo. Così la Corte costituzionale spagnola ha bocciato all'unanimità il 20 settembre la decisione del Parlament di Barcellona di indire un referendum per l'indipendenza della Catalogna il primo ottobre.

Ieri un lungo corteo ha attraversato Barcellona per chiedere l'unità della Spagna dopo il voto sull'indipendenza e la destituzione del presidente della Catalogna, Carles Puigdemont. Secondo gli organizzatori erano circa 1,1 milioni i partecipanti al corteo. Le immagini tv hanno mostrato i manifestanti sfilare per la strada in maniera pacifica con le bandiere spagnole e catalane. "Essere catalani è un orgoglio. Essere spagnoli è un onore", si legge in uno dei cartelli dei manifestanti. La marcia fa seguito al corteo degli unionisti ieri a Madrid.

La Costituzione del 1978 afferma che "la sovranità nazionale appartiene al popolo spagnolo, cui emanano i poteri dello Stato" e la forma politica "è la monarchia parlamentare". La Carta fondamentale sancisce "l'unità indissolubile della nazione spagnola, patria comune ed indivisibile di tutti gli spagnoli, riconoscendo e garantendo il diritto all'autonomia". L'articolo 9 recita poi che "i cittadini e i poteri pubblici sono soggetti alla Costituzione e al resto dell'ordinamento pubblico".

Le revisioni costituzionali di ampio respiro o sui principi generali sono regolate dall'articolo 168 e prevedono una maggioranza dei due terzi di ciascuna delle due Camere seguita dallo scioglimento delle Cortes. Tocca poi alle nuove Camere, una volta ratificata la decisione, lo studio del nuovo testo costituzionale, da approvare di nuovo con una doppia maggioranza dei due terzi. Una volta approvata la riforma, si procede a un referendum per la ratifica definitiva.

La Corte costituzionale ha bocciato all'unanimità, dichiarandolo nullo e incostituzionale, il referendum in quanto il parlamento catalano "si è arrogato attribuzioni sulla sovranità superiori a quelle derivanti dall'autonomia riconosciuta dalla Costituzione, insistendo per introdurre nell'ordinamento giuridico con apparente validità un oggetto specifico: il presunto 'processo costituente' in Catalogna, la cui incostituzionalità" è stata dichiarata numerose volte dallo stesso tribunale.

Barcellona pero continua a sfidare Madrid. L'ex ministro catalano per il Territorio, Josep Rull, stamane si è presentato nel suo ufficio. Rull ha abbandonato la sede della Consejeria poco dopo, sostenendo però che oggi continuerà a "lavorare" e proseguirà la sua agenda "normalmente", nonostante venerdì il premier Mariano Rajoy abbia destituito il Governo nella sua totalità.

Stessa mossa di sfida anche da parte dell'ex preseidente catalano Carles Puigdemont, anche se i contorni della vicenda sono meno chiari in quanto nessuno l'avrebbe visto entrare nel Palau della Generalitat, ma su Instagram Puigdemont ha postato una foto in cui si vede il cielo proprio dal palazzo gotico della sede.

Il primo ministro belga Charles Michel ha affermato che l'ipotesi di concedere asilo politico al presidente catalano destituito Carles Puigdemont "non è assolutamente all'ordine del giorno" del governo belga. Michel è intervenuto dopo che il suo ministro Theo Francken, membro dell'Alleanza Neo-Fiamminga Nva, aveva evocato in mattinata l'ipotesi, facendo infuriare il portavoce del Partito popolare spagnolo Esteban Gonzalez Pons, che l'ha bollata come "inaccettabile". Michel ha esortato Francken a non gettare "benzina sul fuoco" della crisi

Il braccio di ferro si fa sempre più duro. La Procura Generale spagnola in queste ore ha denunciato per il delitto di ribellione gli artefici della dichiarazione di indipendenza approvata dal Parlamento di Barcellona, un'azione penale che colpirà dunque i membri del governo e la dirigenza del Parlamento che ha consentito il voto.

Il delitto di ribellione, previsto dagli articoli 472 e seguenti del Codice penale spagnolo, prevede pene fra i 15 e i 25 anni di reclusione per coloro che "incoraggiando i ribelli, abbiano promosso o sostenuto la ribellione" e per "i capi principali di questa".

La pena più alta, 30 anni di carcere, si può comminare ai capi di una insurrezione armata che abbia provocato devastazioni o violenza. Il delitto di ribellione è previsto per quelli che si sollevano in modo "pubblico e violento" perseguendo una serie di obiettivi come la violazione, la sospensione o la modifica della Costituzione o la dichiarazione di indipendenza di una parte del territorio nazionale.

Fu il reato per il quale furono puniti gli autori del colpo di Stato del 1981. La Procura denuncia il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont; la presidente del Parlamento, Carme Forcadell, i membri del governo e i membri della Mesa che hanno permesso di votare la dichiarazione di indipendenza.

Almeno per ora il procuratore generale non chiede l'arresto preventivo dell'ex presidente catalano, dei suoi ex ministri e della presidente del Parlament Forcadell. Maza attenderà che gli imputati siano sentiti dal giudice per pronunciarsi su possibili misure cautelari.

La presidente del Parlamet Carme Forcadell ha preso atto questa mattina ufficialmente del fatto che il parlamento catalano "è stato sciolto" e ha annullato la convocazione della riunione settimana domani dell'ufficio di presidenza.

Il procuratore generale dello stato spagnolo José Manuel Maza terrà una conferenza stampa verso le 12.30 sulla richiesta di incriminazione del presidente catalano Carles Puigdemont, di membri del suo governo e della presidente del Parlament Carme Forcadell, che dovrebbe presentare oggi.

Il governo di Madrid tenta una progressiva presa di potere 'morbida' in Catalogna dopo il commissariamento deciso dal premier Mariano Rajoy con i 'pieni poteri' ottenuti al senato, riferisce La Vanguardia. L'obiettivo "è dimostrare che l'amministrazione catalana è sotto la direzione del governo centrale senza che la presenza dello Stato sia vista come una occupazione": "questo il difficile equilibrio e la complessa operazione avviata da Rajoy".

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