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Terrorismo islamico, massima allerta anche in Italia

Nessun segnale specifico di attentati imminenti nel nostro Paese, ma vigilanza massima su tutti gli obiettivi sensibili e monitoraggio costante degli ambienti più radicali legati all'estremismo islamico: dopo l'attentato a Charlie Hebdo anche l'Italia innalza le misure di sicurezza

Allerta massima, dunque, con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza che ha inviato a prefetti e questori una circolare in cui si chiede di rafforzare le misure di vigilanza a tutte le sedi istituzionali, con particolare riferimento a quelle di Stati Uniti, Francia e Israele. Attenzione anche ad aeroporti, porti e stazioni, luoghi di culto - a cominciare dal Vaticano - e di ritrovo, e sulle sedi degli organi di informazione, che potrebbero essere prese di mira da emuli degli attentatori di Parigi. Massima allerta anche al confine con la Francia, dove potrebbero passare possibili cellule pronte a colpire. Alle autorità di pubblica sicurezza sul territorio si chiede anche e soprattutto di innalzare tutte le antenne a livello informativo e investigativo, per intercettare ogni possibile minaccia o progetto di attentato. Un controllo costante degli ambienti più vicini all'estremismo islamico, che comprende anche il monitoraggio scrupoloso di tutti i siti e i forum su Internet frequentati dagli ambienti più radicali.

Gli uomini dell'antiterrorismo e dell'intelligence, infatti, hanno un quadro piuttosto dettagliato di cosa si muove sul nostro territorio e continuano a ribadire che il rischio più grande può arrivare dai lupi solitari, come fu ad esempio nel 2009 quando il libico Mohammed Game tentò l'assalto alla caserma Santa Barbara di Milano. Ma sono anche ben consapevoli che un attacco realizzato da uno di questi estremisti che si abbeverano della propaganda sul web e su internet apprendono le tecniche per costruire ordigni artigianali, "resta imprevedibile". L'altro fronte dal quale i nostri apparati di sicurezza temono possano arrivare i rischi più alti è quello dei foreign fighters, i combattenti che rientrano dai fronti di guerra della Siria, dell'Iraq e dell'Afghanistan. A nessuno infatti è sfuggito che chi ha agito a Parigi aveva una formazione militare tutt'altro che marginale. Al momento, ribadiscono gli esperti, nessuno di quelli partiti dall'Italia - una cinquantina, solo in parte residenti nel nostro paese - vi ha fatto rientro e i loro movimenti sono costantemente monitorati. Con gli 007 alleati, inoltre, c'è un costante scambio informativo anche su questo fronte, per evitare che i combattenti possano passare da un paese all'altro dell'Ue indisturbati. Ma e' chiaro che la presenza nel cuore dell'Europa di uomini perfettamente addestrati e capaci di muoversi senza lasciare traccia, fa sì che nessuno possa escludere con certezza che non entrino in azione nel nostro paese, anche tenendo conto delle diverse segnalazioni che sono state esaminate negli ultimi mesi. E proprio per affrontare la questione dei combattenti che rientrano in Europa, il ministro dell'Interno Angelino Alfano porterà al prossimo Consiglio dei ministri un provvedimento con cui si punta ad un inasprimento delle norme contro il terrorismo internazionale. In sostanza l'obiettivo è punire non solo chi recluta combattenti - già previsto dalla legge - ma anche il singolo soggetto che va a combattere nei teatri di guerra. E ad estendere le misure di prevenzione, le stesse adottate per i mafiosi, nei confronti di chi mostra posizioni particolarmente radicali. .

«In Italia abbiamo censiti 53 foreign fighter: conosciamo la loro identità e sappiamo dove si trovano. Non significa che sono 53 italiani, ma che sono passati dall'Italia in partenza o di ritorno». Lo ha detto a Uno Mattina il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, tornando sul massacro al giornale francese Charlie Hebdo. «Abbiamo pronta una legge per contrastare i foreign fighters: intendiamo colpire chi vuole andare a combattere nei teatri di guerra, non solo i reclutatori, vogliamo imporre un maggiore controllo di polizia su queste persone ed agire anche sul web, usato da chi si radicalizza - ha spiegato - Bisogna dividere i criminali che hanno agito a Parigi dalla religione. Un conto è la libera professione di una fede, un altro è tenere in ostaggio Dio per scopi criminali. Quelli che agiscono in questo modo prendendo a pretesto Dio sono bestie».

E per garantire il livello di sicurezza nel nostro Paese contro eventuali attacchi terroristici «abbiamo fatto tutto quello che c'è da fare - ha precisato - Abbiamo rafforzato la sicurezza davanti a tutti quegli obiettivi che riteniamo sensibili, e diramato una circolare a tutti i prefetti e i questori di tutta Italia».

Nessuno può escludere, ha poi proseguito Alfano intervenendo ad Agorà, che avvengano attentati anche in Italia. «Siamo un posto sicuro, ma nessuno può escludere fatti drammatici - ha spiegato - livello di allerta rimane altissimo, anche se non abbiamo segnali che facciano pensare all'organizzazione imminente di un attentato».

"Bisogna intervenire con forza contro il Daesh, il cosiddeto Califfato dello Stato islamico", perché "il terrorismo è diventato uno Stato tra Siria e Iraq". Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ad Agorà, dopo l'attacco a Charlie Hebdo. "Il non interventismo non risolve i nostri problemi", ha aggiunto. "Si sta combattendo il Daesh con una coalizione militare internazionale, cui partecipa anche l'Italia. Intervenire lì è assolutamente la prima cosa da fare, come si sta facendo, sostenendo quelli che combattono sul terreno, soprattutto i combattenti curdi che noi, come Italia, stiamo aiutando in mille modi", ha spiegato Gentiloni, aggiungendo che i militari italiani "sono già sul terreno, senza funzioni di combattimento, ma per addestrare i combattenti curdi".  Evitare di fare confusione tra terrorismo e islam o tra questo tipo di minaccia e gli immigrati: lo ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ad Agorà sulla strage contro Charlie Hebdo. "Quando leggo 'Strage islamica' capisco la sintesi dei titoli, non voglio criticare nessuno, ma bisogna fare attenzione a non confondere". "Sarebbe più popolare ora dire che non dobbiamo pensare alla minaccia dello stato islamico e concentrarci sul problema dell'immigrazione, ma questo non serve", ha concluso. on l'attacco contro Charlie Hebdo "è la libertà di pensiero e la libertà di criticare l'Islam che viene colpita", e "noi la dobbiamo difendere". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, alla trasmissione Agorà all'indomani della strage di Parigi.

"Non siamo la Francia, la situazione nel nostro Paese è più tranquilla, ma è evidente che non possiamo sentirci fuori pericolo", sottolineano gli esperti di intelligence e antiterrorismo che per tutto il giorno hanno seguito le notizie provenienti da Parigi, rimanendo in contatto con i servizi dei paesi alleati con cui c'è un continuo scambio informativo.

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano, dopo aver riunito il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, ha ribadito chiaramente: "l'allerta è elevatissima, facciamo parte di un'area del mondo che è un bersaglio. Non possiamo sottovalutare alcun elemento". Anche perché gli attentatori di Parigi, sottolinea il ministro, "sono delle bestie", che però "hanno agito con modalità professionale da commando". Ecco perché lo stesso premier Matteo Renzi ha sottolineato la necessità di "riprendere un'iniziativa esplicita come paese e come Ue".

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