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Cucchi: processi e colpi di scena, 9 anni per la verità

Sono rinato. Ora non mi interessa nulla se sarò condannato o destituito dall'Arma": sono le parole che Francesco Tedesco ha affidato ieri al suo avvocato, Eugenio Pini, dopo la notizia delle sue accuse a due carabinieri. "Ho fatto il mio dovere; quello che volevo fare fin dall'inizio e che mi è stato impedito", ha aggiunto Tedesco al suo avvocato. Tedesco è imputato, assieme ai carabinieri Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo di omicidio preterintenzionale.

Altri due carabinieri indagati nell'ambito degli accertamenti sui presunti atti falsificati seguiti alla morte di Cucchi. Si tratta di Francesco Di Sano, carabiniere della stazione di Tor Sapienza, e del luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stessa caserma. Colombo sarà interrogato la prossima settimana dai pm. Nei giorni scorsi è stato sottoposto ad una perquisizione:l'atto istruttorio puntava ad individuare eventuali comunicazioni tra lui e i suoi superiori dell'epoca sul caso Cucchi.

La sorella di Stefano Cucchi annuncia che andrà avanti per dar voce ad altri Stefano: "L'unica cosa che mi dà la forza di andare avanti - afferma Ilaria, intervistata da Rtl 102.5 - è provare, tramite Stefano, a dar voce a tutti gli altri Stefano, tutti gli altri ultimi di cui non importa niente a nessuno, che muoiono e che subiscono soprusi quotidianamente nel disinteresse generale, di una società che è abituata a voltarsi dall'altra parte e che pensa sempre che le cose capitino sempre agli altri e mai a se stessi". 

Un pestaggio violento, con Cucchi a terra e due carabinieri che in un' "azione combinata" infieriscono sul geometra a poche ore dal suo fermo. Poi le minacce, il tentativo di insabbiamento e infine il coraggio di parlare, di dire tutto. Per non sentirsi più "solo contro una sorta di muro, come se non ci fosse nulla da fare".

Dopo nove anni arrivano le prime parole, nero su bianco, di un testimone oculare su quello che subì Stefano Cucchi mentre era nelle mani dello Stato: un pestaggio. Il ricordo di quegli attimi di violenza arriva da Francesco Tedesco, uno dei tre militari imputati al processo, che lo scorso luglio di fronte al pm accusa gli altri due colleghi accusati come lui di omicidio preterintenzionale, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro.

Un racconto che, nelle parole di Ilaria Cucchi ha "abbattuto il muro". E il ministro Salvini ora le tende una mano: "Sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale".

Tutto sarebbe cominciato a poche ore dal fermo di Cucchi, la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, con un battibecco tra il giovane appena arrestato e uno dei due carabinieri. All'uscita dalla sala del foto segnalamento della Compagnia Casilina, dopo una serie di insulti arriva lo schiaffo di Di Bernardo e parte il pestaggio: "un'azione combinata", durante la quale Stefano perde l'equilibrio e cade sul bacino per un calcio di un carabiniere e una violenta spinta dell'altro. Infine una botta alla testa, tanto violenta da far sentire il rumore - si legge nel verbale - e l'ultimo colpo sferrato da D'Alessandro con un calcio in faccia a Cucchi mentre questi è a terra. 

"Gli dissi 'basta, che c...fate, non vi permettete", fa mettere a verbale Tedesco che aiuta Cucchi a rialzarsi. "Sto bene, io sono un pugile", gli dice il geometra. Poi cala il muro di silenzio di fronte al quale, dopo una serie di tentativi, lo stesso Tedesco sembra impaurito. Fin dai primi minuti successivi all'episodio, il militare aveva informato l'allora comandante della stazione Appia, Roberto Mandolini, imputato al processo per calunnia e falso assieme a Vincenzo Nicolardi. Ma dal comandante non arriva alcuna risposta neppure quando - dopo la notizia della morte di Cucchi - Tedesco scrive ciò che ha visto in un file che salva su un pc.

"Stampai due copie del file dell'annotazione redigendo due originali", che nonostante fossero protocollate non sono state più ritrovate nell'archivio, né sembrano mai arrivate all'autorità giudiziaria. Anzi. "D'Alessandro e Di Bernardo mi dissero che avrei dovuto farmi i c... miei", spiega Tedesco al pm il quale nel giugno scorso ha presentato una denuncia contro ignoti per la sparizione della notazione di servizio. E Mandolini prima dell'interrogatorio gli consiglia : "digli che non è successo niente".

Nove anni di silenzio alla fine dei quali Tedesco ha deciso di parlare. "All'inizio avevo molta paura per la mia carriera - dice al termine dell'interrogatorio - poi mi sono reso conto che il muro si stava sgretolando e diversi colleghi hanno iniziato a dire la verità". Tra questi il collega Riccardo Casamassima, l'appuntato che con la sua testimonianza fece riaprire l'inchiesta e che oggi dice a Tedesco "bravo, ti sei ripreso la tua dignità". "In tanti dovranno chiedere scusa", dice Ilaria Cucchi. Salvini chiede che siano puniti "eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa".

Gli fa eco il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta: "Quanto accaduto è inaccettabile". La testimonianza di Tedesco attende ora di essere acquisita agli atti del processo: forse dopo nove anni la morte di Stefano Cucchi troverà la verità.

Cosi sono tredici volte che la complessa vicenda di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato nel 2009 per droga e morto una settimana dopo in ospedale, arriva nelle aule di tribunale. E a volte proprio le aule di tribunale hanno riservato colpi di scena; l'ultimo l'11 ottobre con la rivelazione di un verbale in cui il carabiniere Francesco Tedesco, imputato, accusa del pestaggio altri due colleghi, Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, anche loro sotto processo.

Tutto iniziò il 15 ottobre 2009, quando Cucchi fu arrestato perché trovato in possesso di droga. Già nel cuore di quella notte si sentì male in caserma, e le sue condizioni peggiorarono, tant'è che in breve tempo fu portato in ospedale, dove morì. Furono portati a processo sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria; per accuse terribili, contestate a vario titolo, ovvero abbandono d'incapace, abuso d'ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni e abuso d'autorità. Nella prima indagine, l'ipotesi accusatoria fu che Cucchi era stato 'pestato' nelle celle del tribunale e in ospedale era stato abbandonato e lasciato morire di fame e sete.

Nel processo di primo grado, però, i giudici arrivarono a un'ipotesi diversa: nessun pestaggio, ma morte per malnutrizione. Unici colpevoli furono dichiarati i medici - per omicidio colposo - mentre furono con assolti infermieri e agenti penitenziari.

Davanti ai giudici d'appello, tutto fu ribaltato: tutti gli imputati furono assolti, senza distinzione di posizioni. E la Cassazione arrivò alla parziale cancellazione di quella sentenza e l'ordine di un appello-bis per omicidio colposo per i Cucchi: processi e colpi di scena, 9 anni per la verità medici. La conclusione fu una nuova assoluzione nel frattempo diventò definitiva l'assoluzione di agenti e infermieri, e un successivo nuovo annullamento in Cassazione è in corso un nuovo processo d'appello, in attesa dell'affidamento di una nuova perizia.

L'ostinazione di Ilaria Cucchi e della sua famiglia portarono poi all'inchiesta-bis, oggi al vaglio della III Corte d'Assise, in cui sono imputati cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale. Nell'ambito di quest'ultimo dibattimento, il colpo di scena dell'11 ottobre con il 'racconto su carta' di uno dei militari imputati.

Quella maledetta porta si sta aprendo, è solo un'udienza e non una sentenza, ma auspico che si arrivi alla verità e alla giustizia", dice all'ansa Alessio Cremonini, il regista di 'Sulla mia pelle' che da due anni e mezzo - tra preparazione (con la lettura dei materiali disponibili), riprese e lancio - è dentro il caso di Stefano Cucchi, insieme al suo protagonista Alessandro Borghi, a Jasmine Trinca-Ilaria Cucchi e al produttore Andrea Occhipinti di Lucky Red.

"Questo film è speciale, è vivo e oggi è un giorno magico che tutti noi aspettavamo come cineasti e come cittadini: abbiamo sempre immaginato che Stefano non fosse caduto per le scale. Bisogna constatare che ci sono voluti 9 anni per questa udienza", aggiunge ancora Cremonini.

E proprio di tempi parla Borghi che a caldo sui social ha scritto in dialetto romanesco "La giustizia è lenta ma ariva pe' tutti". L'attore si è letteralmente trasformato per interpretare Cucchi e portare sullo schermo i segni delle sue sofferenze nel film, arrivando a diventare magrissimo, emaciato, irriconoscibile per quella lunga settimana prima di morire. Sulla mia pelle è un caso nel caso : tante visioni-dibattito con il pubblico sono state emozionanti e sold out, grazie alla passione con cui il cast lo ha accompagnato in Italia dopo l'anteprima alla Mostra del cinema di Venezia e tante sono state le proiezioni non autorizzate nei centri sociali e persino in strada, un fenomeno sociale di cui non si ha praticamente memoria, tutto questo ha contribuito a dare un valore civile al cinema. Dal punto di vista produttivo, certo, è qualcosa di negativo, ma sta a significare "un cinema vivo quando - risponde Cremonini - tocca il cuore delle persone, quando realtà e fiction sono in contatto".

 

 

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