Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata dell’Ictus Cerebrale (World Stroke Day), patologia che solo in Italia colpisce 1 milione di persone, di cui oltre il 50% convive con un handicap e dipende quasi esclusivamente dai propri familiari. Un numero ancora più elevato di soggetti, prevalentemente anziani, presentano una patologia vascolare silente che ne riduce le capacità mentali e le funzioni motorie.
La Società Italiana di Neurologia (SIN) coglie l’occasione della Giornata Mondiale per sensibilizzare il Servizio Sanitario Nazionale a favorire la prevenzione e la diagnosi precoce dell’ictus cerebrale nella popolazione e ottimizzare l’organizzazione sul territorio nazionale delle Stroke Unit, ovvero le unità di emergenza per la cura e la gestione dell’ictus, le uniche abilitate ad erogare le terapie di emergenza che, se somministrate in tempo utile, possono neutralizzare l’attacco ischemico.
La SIN inoltre auspica un intervento pubblico nel supportare adeguatamente la ricerca scientifica che in Italia assume sempre più valenza di assoluto rilievo internazionale. I neurologi italiani, infatti, stanno portando avanti linee di ricerca sull’ictus all’avanguardia, come quelle nel campo dei biomarcatori che possono rivelare lo stato di alterazione del tessuto cerebrale del paziente al momento dell’arrivo in ospedale. Si tratta di tecniche basate sulle neuroimmagini sempre più avanzate come la TC-perfusion, le tecniche di risonanza magnetica, o sul dosaggio di molecole circolanti che esprimono il danno precoce del tessuto stesso.
“Esistono oggi formidabili mezzi sia diagnostici sia terapeutici per la prevenzione ed il trattamento d’urgenza dell’ictus acuto – afferma Domenico Inzitari, Direttore della Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze e Professore Ordinario presso la Clinica Neurologica dell'Università di Firenze – Anche la riabilitazione ricopre un ruolo fondamentale. Oggi un paziente colpito da un ictus anche grave può tornare a condurre una vita normale in pochi giorni, a patto che arrivi rapidamente in ospedale e venga ricoverato presso una Stroke Unit. Esiste la possibilità di disostruire rapidamente le arterie cerebrali chiuse da un trombo o da un embolo, usando farmaci somministrati per via endovenosa (trombolisi) o mediante microcateteri che asportano il coagulo direttamente dalle arterie colpite. Il risultato migliore si ottiene quando il paziente viene trattato entro 60 minuti; in ogni caso l’arrivo in ospedale non dovrebbe superare le 4 ore e mezza”.
Le Stroke Unit sono affidate in prevalenza ai neurologi, ma necessitano del contributo di altri specialisti, soprattutto medici dell’emergenza (118), neurointerventisti e cardiologi.