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Venerdì, 02 Maggio 2025

Era il vino per definizione del Re di Napoli e delle Due Sicilie e il più amato dai sovrani di tutta Europa. «OroRe Nero» è stato presentato e degustato per la prima volta nella suggestiva cornice della Reggia di Caserta. Ferdinando, monarca gaudente del Regno di Napoli, che agli obblighi di corte spesso preferiva gli spazi aperti e la caccia, ne fu grande estimatore e consumatore. Al punto che fece impiantare 16 moggi di vigna, circa cinque ettari, nella Real Tenuta del Bosco di San Silvestro della Reggia di Caserta. Il vino, che tanto piaceva al Re, costantemente presente nei pranzi ufficiali e di cui si faceva dono ai più illustri ospiti in visita a corte, si chiamava Pallagrello.

Come in una favola, dopo oltre un secolo, la Cantina «Tenuta Fontana» ha fatto rinascere la Vigna della Reggia di Caserta, che ha vendemmiato per la prima volta nel 2021. Il primo nettare versato nei calici nel settembre di due anni fa fu il paglierino «OroRe Pallagrello Bianco Igt», il bianco in una parola. Ora è pronto «OroRe Nero», il Pallagrello nero igt, affinato in orci di creta e si parla già di miracolo tra gli enologi e gli appassionati.

«OroRe nero» è stato presentato in due momenti diversi nella Reggia di Caserta: prima nel Vestibolo di Palazzo Reale, dove si è svolta la cerimonia istituzionale, con il direttore della Reggia di Caserta Tiziana Maffei; Maria Pina Fontana, di Tenuta Fontana; e una dissertazione storica sul Pallagrello della giornalista Manuela Piancastelli; e poi con una degustazione vera e propria nella sala Romanelli, guidati dall’Ais con Tommaso Luongo e Pietro Iadicicco, rispettivamente presidente campano e casertano dei sommelier. Subito prima vi erano stati interventi di Cesare Avenia, presidente di Vitica; Francesco Bartoletti, enologo di Tenuta Fontana; la chef stellata Rosanna Marziale e Mariapina Fontana della omonima Cantina. Tra il pubblico tutte le maggiori autorità campane e casertane e anche la console USA a Napoli, Tracy Roberts Pounds.

«Orore nero è il risultato tangibile di un grande lavoro di squadra del quale ringrazio Tenuta Fontana – spiega Tiziana Maffei, direttore della Reggia di Caserta – Un lavoro improntato alla valorizzazione dell’identità del Complesso vanvitelliano. La vocazione produttiva della corte borbonica trovava espressione anche nella vitivinicoltura. Nel progetto di Re Carlo e del suo architetto Luigi Vanvitelli, la Reggia doveva essere residenza reale, ma anche fucina di produttività e delle eccellenze del territorio. Oggi la Reggia di Caserta è un Museo contemporaneo e internazionale, vivo e attivo, al servizio della società e del suo sviluppo. OroRe è un’occasione per la Reggia di Caserta per far conoscere la sua storia, le sue origini e le sue molteplici vocazioni anche nel settore enologico. Per il pubblico, gli addetti ai lavori e il mercato per scoprire un prodotto unico al mondo, degno della tavola di un re».

Nel dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, datato 1797-1802, si può leggere: «… I vini di questa contrada sono eccellenti, e sono de’ migliori del Regno così per la loro qualità e natura, come per la grata sensazione che risvegliano al palato. Vanno sotto il nome di Pallarelli e sono stimatissimi nei pranzi… ». Nonostante le infestazioni di fillossera ne decretarono un’ingloriosa fine, il Pallagrello rimase nella memoria e, forse, in qualche campo di contadini degradato a vino da taglio. Ufficialmente, quello del Re, era morto. Ma Tenuta Fontana, al Bosco di San Silvestro, è riuscita nel miracolo.

«Eravamo consci della delicatezza del ruolo che svolgevamo – spiegano Mariapina e Antonio Fontana, proprietari della Cantina, con sede a Pietrelcina, il paesino di San Pio – e lo abbiamo portato avanti con la maggior cura possibile e coordinandoci continuamente con la Reggia di Caserta e tutti gli studiosi che potevano darci indicazioni utili. Il risultato pensiamo sia un capolavoro dell’agricoltura e della vinificazione, però spetterà al pubblico deciderlo. OroRe bianco ha avuto un grande successo, ora tocca a OroRe Nero farsi conoscere e apprezzare. Ma ancor più importante è stato il processo di rinascita, un simbolo per il territorio casertano ma anche per tutto il Sud Italia e siamo fieri di aver contribuito a questo miracolo».

Un miracolo anche grazie alla lungimiranza dei direttori della Reggia, Mauro Felicori prima, con l’intuizione di far rinascere la vigna e affidarla a Tenuta Fontana, e Tiziana Maffei, poi, con la perseveranza nel portare avanti il progetto.

L’azienda, in questo ambizioso percorso attento e difficile di rinascita della vigna reale, ha coinvolto due importanti professionisti a livello nazionale. L'enologo fiorentino Francesco Bartoletti e l’agronomo livornese Stefano Bartolomei hanno utilizzato il metodo di coltivazione biologico in grado di salvaguardare l’ambiente privilegiando la qualità del prodotto, avvalendosi anche di una ong accreditata Unesco, l’Associazione «Sant’Antuono e le battuglie pastellessa», per il rispetto della convenzione sul patrimonio per la rivitalizzazione. Tanto che nel luglio 2022 la rinascita della vigna della Reggia di Caserta è stata presentata anche all’Assemblea dell’Unesco con un volume a cura di Luigi Ferraiuolo e un incontro con la partecipazione dell’ambasciatore d’Italia presso l’Unesco, il presidente dell’Unpli nazionale, il direttore della Reggia di Caserta e Tenuta Fontana.  

La vigna della Reggia di Caserta nel Bosco di San Silvestro

Superficie: 1,2 ha

Terreno: Franco Sabbioso

Vitigno coltivato: Pallagrello bianco e Pallagrello nero da selezione Massale

Portainnesto: 420 A

Sesto di Impianto: 2,50m x 0,80m

Brevi cenni sul vitigno

Il vitigno Pallagrello viene coltivato nella regione Campania ed è molto diffuso nella provincia di Caserta, con varietà bacca bianca e a bacca nera, caratterizzato da grappoli piccoli e con acini perfettamente sferici, da cui il nome Pallagrello, cioè piccola palla, in dialetto locale «U Pallarel».

Cenni Storici

Originario della località Monticello nel comune di Piedimonte Matese (origine attestata da un'epigrafe, ancora apposta in questa località, realizzata per volere di Ferdinando di Borbone che impediva categoricamente ai non autorizzati di attraversare i 27 moggi di vigna di pallagrello), se ne hanno numerose risultanze storiche, riconducibili secondo alcuni addirittura alla Pilleolata romana. Famosissimo sino a tutto l'Ottocento, se ne traeva uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, che lo tenevano in gran conto, lo offrivano come regalo di pregio ai propri ospiti e lo includevano, con il nome di Piedimonte rosso (dalla zona pedemontana del Matese da cui origina e dal nome del comune ove più consistente insiste la produzione: Piedimonte Matese, già Piedimonte d'Alife) tra i vini presenti nei menu e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più titolati vini francesi. Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi anni del Novecento, assieme alla decadenza sociale e politica delle regioni meridionali (ed al contemporaneo sviluppo industriale dell'agricoltura e dell'enologia piemontese e toscana), ne decretarono una veloce scomparsa e un sostanziale oblio nonostante le indubbie qualità ampelografiche. Rimaneva essenzialmente come uva da taglio nelle vigne dei contadini delle zone di produzione, sovente confuso con la Coda di Volpe o con cloni di Aglianico.

La Vigna della Reggia di Caserta nel Bosco di San Silvestro

La sua bontà e fama lo fecero diventare anche il vitigno naturalmente destinato a essere coltivato per i sovrani alla Reggia di Caserta. Fu scelto come terreno quello del Bosco di San Silvestro, che domina il Parco reale. La vigna divenne subito la più importante nel servire e rifornire le reali tavole della Reggia di Caserta. Ma la caduta del regno nelle mani dei Savoia, con l’abbandono del palazzo reale, fece naturalmente abbandonare anche la vigna che praticamente sparì. Dei cinque ettari ad essa destinati nel Bosco di San Silvestro, quando Tenuta Fontana ha cominciato a recuperare il vigneto, solo un ettaro di terreno era rimasto libero per la coltivazione. Il resto era stato tutto riconquistato dal bosco.

Aspetti legati alla futura vinificazione presso Tenuta Fontana

Il progetto legato alla rinascita della vigna di San Silvestro nasce nel febbraio 2018 e ha visto la prima vendemmia nel settembre 2021, con la produzione di un migliaio di bottiglie di OroRe Pallagrello Bianco igt. Il 29 novembre 2023 ci sarà la prima presentazione pubblica di OroRe Nero, Pallagrello Nero igt. Per una corretta maturazione del vino senza interferenze del contenitore e per mantenere intatte le caratteristiche organolettiche del vitigno, è stata scelta l’anfora di terracotta come contenitore per l’affinamento.

Reggia di Caserta

La Reggia di Caserta fu costruita a partire dal 1752 per volontà del Re di Napoli e di Sicilia, Carlo di Borbone. Il sovrano voleva un palazzo reale che potesse competere con quelli delle principali capitali europee. Il compito di edificare un Complesso unico al mondo fu affidato all’architetto italiano Luigi Vanvitelli. Il Maestro, di cui quest'anno si celebrano i 250 anni dalla morte, però, morì prima di terminare il progetto. Carlo Vanvitelli, suo figlio, e altri architetti della sua scuola portarono a conclusione la grandiosa residenza reale. Il Palazzo ha una superficie di circa 47.000 metri quadrati. Il Parco si sviluppa su 123 ettari, cui si aggiungono gli oltre 70 ettari del Bosco di San Silvestro. Le grandi estensioni della Reggia di Caserta non avevano solo la finalità di esprimere la grandezza del Regno, venivano utilizzate anche per finalità produttive. La corte era espressione di un antesignano sistema economico autosufficiente. La Reggia di Caserta, di cui sono parte anche il Bosco di San Silvestro e l’Acquedotto carolino, è oggi Museo autonomo del Ministero della Cultura. Nel 1997 è stata riconosciuta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

 

Torna anche nel mese di dicembre l’opportunità di visitare gratuitamente, nella prima domenica del mese, gli spazi del Sistema Musei di Roma Capitale e alcune aree archeologiche della città. Domenica 3 dicembre saranno aperte a ingresso libero l’Area Sacra di Largo Argentina (via di San Nicola De’ Cesarini di fronte al civico 10, dalle ore 9.30 alle ore 16.00 ultimo ingresso ore 15.00), l’area archeologica del Circo Massimo (dalle ore 9.30 alle ore 16.00, ultimo ingresso ore 15.00) e i Fori Imperiali (ingresso dalla Colonna Traiana 09.00 – 16.30, ultimo ingresso un’ora prima della chiusura).

L’offerta si completa con i seguenti Musei Civici aperti: Musei Capitolini; Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali; Museo dell’Ara Pacis; Centrale Montemartini; Museo di Roma a Palazzo Braschi; Museo di Roma in Trastevere; Galleria d’Arte Moderna; Musei di Villa Torlonia; Serra Moresca di Villa Torlonia; Museo Civico di Zoologia; Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco; Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese; Museo Pietro Canonica a Villa Borghese; Museo Napoleonico; Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina; Museo di Casal de’ Pazzi; Museo delle Mura; Villa di Massenzio.

L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Ingresso libero compatibilmente con la capienza dei siti. Prenotazione obbligatoria solo per i gruppi al contact center di Roma Capitale 060608 (ore 9 - 19).

A ingresso gratuito sia le collezioni permanenti che le esposizioni temporanee, a partire dai Musei Capitolini (piazza del Campidoglio 1) dove sarà possibile ammirare la nuova esposizione FIDIA ospitata nelle sale di Villa Caffarelli. La prima esposizione monografica dedicata al più grande scultore greco dell’età classica si compone di un percorso inaspettato e coinvolgente tra installazioni multimediali, reperti archeologici, originali greci e repliche romane, dipinti, manoscritti, disegni, alcuni esposti per la prima volta.

A Palazzo dei Conservatori, nelle sale piano terra, prosegue la mostra I sommersi. Roma 16 ottobre 1943, a cura di Yael Calò e Lia Toaff, che commemora attraverso l’esposizione di documenti, giornali, disegni, fotografie ma soprattutto oggetti di vita quotidiana di persone – donne, uomini, bambini – le storie di chi quel giorno, da tutti i quartieri della Capitale, fu arrestato e non tornò mai più.

Nella Pinacoteca Capitolina, ultimo giorno utile per ammirare la Deposizione di Cristo, spettacolare capolavoro del celebre pittore veneziano Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, il pittore più geniale e anticonformista del Rinascimento veneziano.

Nella Sala degli Arazzi del Palazzo dei Conservatori la mostra VRBS Roma in cui ammirare il vetro dorato raffigurante la dea Roma, personificazione della città secondo l’iconografia diffusa, con l’elmo e la lancia, rinvenuto nel corso degli scavi per la realizzazione della stazione della Metro C a Porta Metronia e per la prima volta esposto al pubblico.

Nelle sale al terzo piano di Palazzo Caffarelli La Roma della Repubblica, secondo capitolo (dopo la mostra La Roma dei Re del 2018) del ciclo Il Racconto dell’Archeologia, basato principalmente sulle collezioni di proprietà comunale conservate nei magazzini e nei musei della Soprintendenza. La mostra è arricchita da contenuti multimediali che narrano in maniera evocativa e coinvolgente le vicende della storia repubblicana di Roma attraverso i secoli.

Infine nella Sala della Lupa e dei Fasti antichi di Palazzo dei Conservatori, ne L’eredità di Cesare e la conquista del tempo, si narra la storia di Roma dalle sue origini fino agli albori dell’età imperiale, mentre a Palazzo Clementino è ospitata I Colori dell’Antico. Marmi Santarelli ai Musei Capitolini, un’ampia panoramica sull’uso dei marmi colorati, dalle origini fino al XX secolo, attraverso una raffinata selezione di pezzi provenienti dalla Fondazione Santarelli.

Duplice offerta per i Musei di Villa Torlonia (via Nomentana 70). Nelle sale della dipendenza della Casina delle Civette sarà possibile ammirare la nuova esposizione Nel segno di Cambellotti. Virgilio Retrosi artista e artigiano. Il progetto espositivo, dedicato a Virgilio Retrosi (Roma 1892-1975), artista presente nelle collezioni del Museo di Roma con i 14 piatti da parata dedicati ai Rioni storici di Roma, intende presentare al grande pubblico la figura di un artista che ha dedicato la sua vita alle arti applicate. Al Casino dei Principi la prima mostra in Italia di FERRARI SHEPPARD (Chicago 1983), considerato attualmente uno degli artisti americani più interessanti delle ultime generazioni. L’esposizione, dal titolo “CRUCIBLE” e a cura di Ludovico Pratesi, presenta diciotto opere, delle quali undici realizzate appositamente per la mostra romana, oltre al video Be in My Mind.

Al Museo di Roma a Palazzo Braschi prosegue l’esposizione Vis-à-vis. Tenerani Spina. Dialogo in immagini: un “incontro-confronto” tra venticinque modelli per sculture in marmo di Pietro Tenerani, che ritraggono personaggi di spicco della società italiana e internazionale dell’Ottocento, e le immagini fotografiche di Luigi Spina, tra i maggiori fotografi di arte contemporanei.

Per il programma di arte italiana contemporanea QUOTIDIANA, ospitato nelle sale al piano terra e promosso dalla Quadriennale di Roma, in esposizione, per la sezione PAESAGGIO, le opere degli artisti Francesco Arena, Rossella Biscotti, Claire Fontaine, nata a partire da un testo di Daphne Vitali, mentre per la sezione PORTFOLIO sarà esposta l’opera The Adoubement. Ceremony for Extremophiles Bodies. Estremofilo 4 (2022) della giovane artista Camilla Alberti. (www.museodiroma.it)

Nelle sale della Galleria d’Arte Moderna (via Francesco Crispi 24), numerose le proposte, fra cui “La poesia ti guarda". Omaggio al Gruppo 70 (1963-2023) una selezione di opere di uno dei sodalizi artistici più interessanti sorti nel contesto delle neoavanguardie e delle ricerche verbovisuali italiane, in occasione della ricorrenza dei sessant’anni dalla nascita del Gruppo 70. Le altre sale della GAM ospitano inoltre L'allieva di danza di Venanzo Crocetti. Il ritorno, una delle prime sculture di grande formato dedicate al tema della danza di Crocetti, che torna in tutta la sua magnificenza dopo circa due anni di un accurato e specialistico restauro da parte dei tecnici dell’ICR. E ancora, Laboratorio Prampolini #2 - Taccuini, disegni e progetti inediti dal Futurismo all'Art Club, un progetto esclusivo per mezzo del quale s’intende riportare l’attenzione sul multilinguismo artistico e l’interdisciplinarietà di Enrico Prampolini, nell’arco di tempo che va dagli anni Trenta ai Cinquanta del Novecento, all’apice quindi della carriera e dell’esuberanza progettuale dell’artista. Infine, nel chiostro-giardino è ancora possibile ammirare Sten Lex. Rinascita - Intervento artistico site specific e stendardo urbano, appositamente realizzato per la Galleria in collaborazione con Wunderkammern Gallery..

Il Museo Pietro Canonica a Villa Borghese ospita la mostra El Dorado, a cura di Alessandra Mammì con opere di Renata Boero, Paolo Canevari, Valerio D'Angelo, Gianni Dessì, Rä di Martino, Flavio Favelli, Sabina Mirri, Elisa Montessori, Luigi Ontani e Alfredo Pirri. La figurazione a “fondo oro”, tecnica di cui si hanno tracce fin dall’epoca paleocristiana e bizantina, non ha mai smesso di attrarre gli artisti influenzando le loro pratiche e stimolando nuove interpretazioni fino a giungere alla contemporaneità.

Al Museo Carlo Bilotti, sempre a Villa Borghese la mostra tense intense, con le opere di Barbara Doser e Hofstetter Kurt, esponenti dell'arte concettuale contemporanea austriaca. Un affascinante percorso espositivo costellato da video, installazioni, stampe di immagini, proiezioni e sculture, il cui filo conduttore è l'intreccio e la simultaneità degli opposti. 

Al Museo delle Mura la mostra "Patrimonio Mondiale: la Natura e le Impronte Umane", che presenta alcune importanti testimonianze dei luoghi Patrimonio Mondiale, attraverso 51 immagini fotografiche di Michele Spadafora, suddivise in 7 aree tematiche: Civiltà scomparse, Natura e paesaggio, Disegno urbano, Architettura difensiva, Luoghi di culto, Tradizione e vita, Eredità del passato. 

Tre le mostre che si possono ammirare al Museo di Roma in Trastevere (piazza S. Egidio, 1/b) in questa domenica a ingresso gratuito. La nuova esposizione Illustrazioni per libri inesistenti. Artisti con Manganelli, in occasione del centenario della nascita dello scrittore Giorgio Manganelli presenta una cospicua mole di scritti da lui dedicati alle arti visive, oltre a opere d’arte esplicitamente ispirate ai suoi testi, soprattutto quelle degli artisti amici e compagnons de route. Nelle sale del piano terra Philippe Halsman. Lampo di genio, esposizione fotografica dedicata a Philippe Halsman, tra i più originali ed enigmatici ritrattisti del Novecento con oltre cento immagini di vario formato, tra colore e bianco e nero, che percorrono la sua intera carriera, selezionate da Contrasto e Archivio Halsman di New York. 

Fanno eccezione alla gratuità: Helmut Newton. Legacy, al Museo dell’Ara Pacis (con ingresso alla mostra da Via di Ripetta n. 180) esposizione nata in accordo con la Newton Foundation, e curata da Matthias Harder e Denis Curti, che attraverso circa 250 fotografie, riviste e documenti racconta con un nuovo sguardo l’unicità, lo stile e il lato provocatorio del celebre fotografo.  la visita immersiva del Circo Massimo in realtà aumentata e virtuale, Circo Maximo Experience. Ingresso a tariffa ridotta per i possessori della MIC Card.

Fonte Zètema Progetto Cultura.

In questi giorni dopo l'assassinio della povera Giulia Cecchettin abbiamo ascoltato e letto un profluvio di commenti, alcuni aberranti a cominciare dai sinistri che son partiti lancia in resta per combattere la “crociata” contro il patriarcato e i maschi sempre e comunque selvaggi. Ha cominciato la stessa sorella di Giulia, che invece di chiudersi nel dolore ha lanciato una specie di appello generico accusando tutti i maschi di patriarcato. Certamente le sue parole sono musica per le orecchie di una certa sinistra, che voleva sentire proprio questo. A proposito come mai non abbiamo sentito  una parola, una manifestazione contro quel cattivo “patriarcato” all'interno delle comunità islamiche che ha fatto fuori la povera Saman e tante altre donne? Un'altra dichiarazione è quella del Ministro Antonio Tajani, che ha purtroppo debordato (sempre se l'abbia pronunciata). Di fronte alla mattanza di donne, vittime della follia degli uomini. “Come uomo chiedo scusa a tutte le donne, a cominciare da mia moglie e da mia figlia per quello che fanno gli uomini”.

Ho letto diversi commenti, ne prendo qualcuno tra i più significativi. A cominciare da quello di don Antonello Lapicca è intervenuto su fb con una interessante nota cogliendo alla radice la vera questione: “L'odio per il patriarcato è l'odio mascherato verso Dio Padre. La follia di questa società che, eliminando Dio padre e con lui il padre, pretende di instaurare una fraternità di rivoluzionaria memoria, libera ed egalitaria. Ma senza Dio Padre gli uomini si trasformano in fratellastri di menzogna, senza identità, orfani condannati a mendicare vita gli uni dagli altri, senza mai saziare la fame inestinguibile d'amore”. Continua don Antonello: “È questa una generazione che sorge dalla più grave delle mancanze, figlia del taglio violento con il proprio Padre, fonte unica di vita e amore”.

Sullo stesso tema è intervenuto padre Francesco Solazzo, che fa un elogio dell'ambiente patriarcale, dove lui è cresciuto. Senza giri di parole scrive:“A questi criminali, manca proprio il patriarcato (quello vero e genuino, non la caricatura di cui si parla in questi giorni). Questi criminali sono stati educati dai media, dai giornali, dai film: è questa la realtà. Sono stati educati a pensare che ogni capriccio è diritto, che è bello essere guidati unicamente dal ventre e dai genitali. Un esempio celebre è quello di Alessandro Serenelli che uccise S. Maria Goretti: quando molti anni dopo l'evento funesto ebbe cambiato realmente vita e uscì dal carcere, fu egli stesso ad ammettere che furono i cattivi giornali e i cattivi libri ad averlo abbrutito fino al punto di arrivare ad accoltellare una bambina che non si piegava a ai suoi insani desideri.

Quindi, cari amici giornalisti, registi, attori e strimpellatori d'ogni genere, non colpevolizzate il patriarcato, perché i colpevoli siete voi. Io non sono Filippo Turetta, perché Filippo Turetta è opera vostra”.

Infine un altro intervento meritevole di attenzione è quello di Massimo Gandolfini, dottore  in neurochirurgia e presidente del Family Day, pubblicato dal quotidiano “La Verità” (L'uomo ha cancellato Dio dalla sua vita. Così qualsiasi dolore diventa violenza, 22.11.23) Certo di fronte a un fatto di morte così dolorosissimo, dovremmo fare silenzio e pregare. Ma non basta, segue la naturale ricerca del perché, per tentare di dare risposte a tanta disumanità. Tutti si interrogano e avanzano spiegazioni di ogni genere, ma spesso si ripete, “per l’ennesima volta, un copione che, purtroppo, abbiamo detto e ascoltato ad ogni tragico appuntamento”. Neanche Gandolfini ha la pretesa di esaurire il problema, è d'accordo sulle “pene più dure, di norme giuridiche di prevenzione più stringenti, di programmi di educazione scolastica e culturale incentrati sul tema della violenza di genere: tutto vero, tutto importante, tutto necessario”. Ma queste sono misure parziali, occorre fare uno sforzo di analisi della “condizione morale in cui tutti noi, oggi, viviamo”. Esiste una “cultura diffusa” che caratterizza questo nostro tempo il terreno fertile dove allignano e si sviluppano odio e violenza. Di genere e non di genere, perché la radice è unica. Una “cultura diffusa”, trasmessa dallo strapotere delle agenzie della comunicazione di massa, che sta condizionando e rimodellando la nostra “coscienza comune”, imponendo che ogni valore assoluto di riferimento debba essere riletto, manipolato, decostruito,[...]”. Pertanto, per Gandolfini, se questa è la situazione, di fondo, “appare molto parziale e semplicistico prendersela solo con le famiglie e con l’educazione scolastica, con il “patriarcato” e la cultura sessista: se pensiamo a Caivano può essere così, ma se pensiamo a Filippo Turetta, cresciuto in ambiente familiare ed educativo ottimi, i conti non tornano”.

E' indispensabile una riflessione più profonda: “chi e che cosa ha così tragicamente manipolato le coscienze, le menti, i pensieri, i sentimenti di quelle povere “brave persone”? Tentare una risposta è doveroso, anche se scomodo, difficile, anche doloroso e, soprattutto, non politicamente corretto: perché si tratta di avere il coraggio di dire che l’aver cancellato Dio dalla storia dell’uomo, l’aver costruito e deificato un “superuomo” cittadino di un nuovo umanesimo che può fare a meno di Dio, ponendolo al centro dell’universo, “etsi Deus non daretur”, sta provocando la perdita della dimensione umana, di creatura, che riconosce valori e norme iscritte nella legge naturale, che l’uomo stesso non si è dato, ma che deve imparare a conoscere e servire”.

Pertanto in una società così delineata, tutto è possibile, fruibile, addirittura lecito, al fine di ottenere felicità, soddisfazione, appagamento o, almeno, lenimento del dolore. La cultura della felicità ad ogni costo, la cui cifra fondamentale è la negazione di ogni senso e significato del dolore e della sofferenza, fisica e spirituale – coniugata con la visione di un uomo infinitamente potente, dotato di libertà assoluta e pieno possessore dei suoi diritti – sta producendo la società dell’ “homo homini lupus”(Plauto), l’unica soluzione diventa la cancellazione del dolore, con la droga, il suicidio, l’eutanasia fino all’omicidio”.

Continua Gandolfini, pertanto,“Amore e odio, nel cuore dell’uomo, sono sentimenti fortissimi perché strutturanti la vita stessa, e la linea di separazione fra i due è terribilmente fragile, al punto che assai spesso il primo si trasforma nel secondo. Così l’amore – parola vergognosamente manipolata tanto da diventare possesso per la soddisfazione personale, basta guardare fiction, telenovelas, pubblicità, slogan mediatici, con corpi trattati come pupazzi per il godimento – scompare nel suo significato originale di donazione per la felicità dell’amato, e diventa solo capriccio e piacere, potendosi trasformare in ’odio violento quando l’altro non corrisponde, rifiuta e si allontana”.

L'unica via d'uscita per il professore  “è quella di ritornare a Colui che duemila anni fa ci aveva indicato il fondamento della vita comune “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”. Occorre tornare a Gesù Cristo.

All'inizio del mio intervento avevo fatto riferimento all’assenza del padre nel compito educativo in famiglia. Il tema viene affrontato in un interessante volumetto di qualche anno fa del professore Claudio Risé, “Il mestiere di Padre”, edito da San Paolo. Un testo che potrebbe aiutarci a comprendere certi disagi della nostra gioventù. Scrive Risè: “Ad insegnare all’uomo- maschio a diventare tale è sempre stato il padre e una serie di figure che lo affiancavano: dal maestro d’arti e mestieri, all’insegnante, all’istruttore militare, a quello ginnico (sopravvissuto, ma non basta). Senza questa iniziazione – scrive Risé – l’uomo non si sente tale a livello profondo”.

Interessante il racconto estratto da un testo di uno studioso americano, dove un giovane uomo cresciuto con la madre lesbica, circondata da un gruppo di donne intraprendenti, l’uomo alla fine si ritrova senza una sua identità istintuale, sessuale, nessun padre gliel’aveva trasmessa. Infatti, “il giovane senza padre, che non viene ‘iniziato’ al maschile, non ha volto: è portatore di un’identità debole, e ha paura”.

Così secondo Risé, “Il padre assente, insomma, già figlio matrizzato a sua volta, tende a diventare un eterno adolescente, in perenne ricerca di rassicurazioni narcisistiche alla sua esistenza”. Tuttavia, secondo lo psicanalista, tutte queste patologie scompaiono, quando il padre accetta di fare il mestiere di iniziatore dei figli.

Certamente è “un lavoro complesso, abbastanza impopolare, difficile da mettere a fuoco, anche perché richiede di andar contro pregiudizi, luoghi comuni, e superficialità di ogni genere”.Un altro aspetto che il libro di Risè prende in considerazione è quello della scuola. Anche qui si nota una mancanza di docenti uomini. La femminilizzazione del corpo insegnante nella scuola italiana, ma anche in tutto l’Occidente, è un dato di fatto documentato. E l’assenza nella scuola della figura maschile può portare a un disturbo che può influire nella psiche degli allievi, che non vedono una figura simile a quella paterna.

Risè, è fortemente critico della nostra “società dove le attività educative, di addestramento e formazione dei giovani, a tutti i livelli (tra cui la scuola e la famiglia), non sono più svolte da figure maschili, legate all’immagine archetipica del padre e alla sua particolare energia. Bensì da figure femminili, che rimandano al mondo della madre, con la sua diversa energia e cultura [...]”.

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