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Casalino nel mirino di Renzi

Per una volta il comunicatore non ha voglia di comunicare. Niente interviste, poche parole concesse, anche quando ripete «io non mollo».Matteo Renzi avrebbe chiesto la sua testa, come una delle condizioni per sedersi a un tavolo e trattare. Ma lui non si arrende: «Io non mollo manco morto. Certo non mi dimetto perché lo chiede Renzi».

Eppure, rivela sempre il Corriere,scrive il Secolo d italia “c’è stato un tempo in cui Renzi e Casalino erano quasi amici e avevano preso a chattare via WhatsApp. Conte era da poco a Palazzo Chigi con la Lega e l'ex sindaco di Firenze, forse colpito dal talento comunicativo del portavoce, gli scrisse per complimentarsi. Ne nacque una confidenza, persino una simpatia reciproca. Finché il capo dell’ufficio stampa della presidenza del Consiglio scrive qualcosa che fa saltare i nervi a Renzi, il quale blocca il contatto e non si fa più vivo. Lì finisce il feeling e comincia la guerra, spesso giocata con le armi dei social  

Ma lui – scrive il Corriere – non si arrende: «Io non mollo manco morto. Certo non mi dimetto perché lo chiede Renzi». Finché il giurista pugliese sarà a Palazzo Chigi, ci sarà anche lui. Perché i 5 Stelle lo hanno blindato sin dal primo giorno, quando lo imposero come tutor e vigilante del professore arrivato dal nulla. E perché lui è sicuro che, se miracolosamente Conte dovesse mai tornare premier, il rapporto di stima e reciproca fiducia che ha costruito non potrà spezzarsi per le pressioni dei partiti. A turno Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, il Partito democratico e Italia viva hanno chiesto il suo licenziamento, ma lui si è sempre fatto una risata: «Chi pensa di imporre al presidente del Consiglio i suoi collaboratori personali non sa di cosa parla e forse ha visto troppi film. Conte non ha mai pensato di cacciarmi e anche oggi è una fake news»”.  

Secondo il quotidiano il giornale, a visibilità è da sempre la sua ossessione. La partecipazione al primo Grande Fratello gliene regala parecchia, ma è un’ubriacatura passeggera. Spente le luci della casa e finite le azzuffate televisive, il mondo dello spettacolo sembra voltargli le spalle. Ci riprova diventando giornalista, senza riuscire però ad emergere dal circuito delle emittenti locali.

Allora sottolinea il giornale si butta sul carro del grillismo e prova ad entrare in politica dalla porta principale, ma gli va male. La base boicotta la sua candidatura alle regionali lombarde del 2013 e lui è costretto a fare un passo indietro. Beppe Grillo però lo prende in simpatia e gli spalanca le porte del Palazzo. Inizia come responsabile della comunicazione del gruppo parlamentare al Senato e alla legislatura successiva migra a Palazzo Chigi.

Croce e delizia dell’avvocato del popolo, scrive il giornale, Rocco è il deus ex machina del "fenomeno Conte" ma anche uno dei suoi principali guai. Sì perché tanto di questa crisi è dovuto a lui. Ai suoi continui sconfinamenti, alla sua smania di apparire, alle gaffe, alla spettacolarizzazione con cui ha curato la comunicazione del premier.

Intanto Matteo Renzi scrive il giornale, il giorno in cui ha ritirato la sua delegazione: "Capisco che nella cultura del Grande Fratello è difficile da accettare, ma i testi di legge non sono post, i decreti non sono tweet, una riforma non è una storia su Instagram". Concetto ribadito anche ieri dopo il colloquio con Mattarella ("Questa non è una saga, non è una fiction, non siamo al Grande Fratello").

In primo luogo, secondo Andrea Muratore, Conte ha pagato la sua presunzione di intoccabilità. La pandemia ne ha esaltato la centralità, la fabbrica del consenso mediatica e social guidata da Rocco Casalino ne ha valorizzato più volte la presenza scenica, specie in occasione delle fasi più critiche dell'emergenza e dell’emanazione dei nuovi Dpcm, facendo passare agli occhi dell'opinione pubblica l'impressione che Conte fosse lo statista imprescindibile per la salvezza del Paese. Il premier si è dimenticato che a una crescente centralità nell’esecutivo corrispondono oneri legati all'amministrazione del Paese. E quando i nodi sulla gestione della pandemia e sulla crisi economica sono venuti al pettine, le responsabilità del premier nell’insufficiente programmazione della risposta alla seconda ondata e delle politiche anti-recessione sono emerse in tutte la loro nitidezza.

Per circa un anno e mezzo, secondo "insideover"durante il suo primo governo, Conte ha costruito una fitta rete di alleanze e amicizie con i grandi della Terra: da Angela Merkel a Donald Trump, da Vladimir Putin a Papa Francesco. Specie sull'asse euro-atlantico Conte ha voluto pensarsi come uomo decisivo e pontiere dei rapporti internazionali dell'Italia. Il sostegno di Donald Trump e dell'Unione Europea al suo re-incarico nell’agosto 2019 dopo l'uscita della Lega dal governo lo aveva rinfrancato in questa sua assunzione. Che scontava una concezione personalistica dei rapporti internazionali: e così, mese dopo mese, quando in Europa i risultati non sono arrivati e sul fronte dei rapporti con gli Usa le mine (Cina, Venezuela, Iran) hanno iniziato a essere sempre più numerose l'appannamento della stella di Conte si è fatto sempre più palese.

Scrive Andrea Muratore  al inside Over, Conte non ha mai fatto mistero di questa sua percezione, parlando apertamente dell’aumento del prestigio dell’Italia agli occhi dell’Europa e del mondo. Mese dopo mese, però, le sue aspettative sono sempre di più state deluse mano a mano che i referenti internazionali dell’Italia tornavano ai loro tradizionali interlocutori: Usa ed Ue, ad esempio, hanno nel Partito Democratico, in seno alla maggioranza, solidi ancoraggi. E mano a mano che Conte vedeva la sua azione di governo perdere efficacia, anche l’idea di essere il faro dell’Italia di fronte al mondo si avviava a un inesorabile declino. Le critiche Ue al Recovery Fund italiano e l’avvicendamento alla Casa Bianca tra Trump e Joe Biden hanno fatto il resto: per Conte è sempre stato più difficile rivendicare il suo prestigio internazionale come fattore di condizionamento della politica interna.

Secondo errore, continua Andrea Muratore  al inside Over Conte ha pagato lo sgraziato protagonismo con cui ha voluto personalizzare la gestione di dossier cruciali per il sistema-Paese. Trovandosi nella delicata situazione di essere una figura depositaria di un forte consenso personale ma priva di un partito alle sue spalle Conte ha provato a saldare il suo consenso nelle burocrazie strategiche, prima fra tutti quella dell’intelligence che ha presidiato con suoi fedelissimi fino al punto da portare la maggioranza giallorossa alla rivolta esplicita contro il suo rifiuto a cedere le deleghe per il coordinamento dei servizi. Renzi ha tacciato Conte di “analfabetismo istituzionale” per questa scelta, su cui poi Conte è ritornato nominando, pochi giorni prima delle dimissioni, l’ambasciatore Piero Benassi come autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.

Il terzo errore è, sottolinea Andrea Muratore al tempo stesso, un errore di Conte e dei partiti maggiori che ne sostengono il governo, Pd e Movimento Cinque Stelle. Da un lato contenti di trovare in una figura “terza” un punto di sintesi di una complessa alleanza e di evitare a un proprio uomo le responsabilità dell’amministrazione nell’ora più buia della storia recente del Paese, ma dall'altro privi della necessaria forza politica per dettare tempi e ritmi all'agenda politica. E di conseguenza costretti a focalizzarsi sull’operato personale dei singoli ministri o a seguire i condizionamenti legati ai ritmi dettati al governo dal presidente del Consiglio. Che a lungo è riuscito a tenere assieme l'impossibile, facendo passare agli occhi dei pentastellati il via libera alla riforma del Mes, difendendo davanti a Italia Viva politiche come il reddito di cittadinanza e facendo digerire ai dem il giacobinismo giustizialista incarnato dal ministro della Giustizia pentastellato Alfonso Bonafede. Rifiutare l'idea di mettere a terra un'agenda di lungo periodo è stato un errore di Conte e dei partiti che M5S e Pd hanno pagato duramente quando Italia Viva, piccola e agguerrita scheggia impazzita, ha iniziato a pungolare sui ritardi dell’esecutivo.

fonti il giornale / inside over /secolo d'Italia

 

 

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