Aristotele, il filosofo che fondò la logica e il pensiero scientifico, aveva una fantasia che sembra aver trasceso il suo tempo. In un passaggio delle Politiche, scritto nel IV secolo a.C., cita un'idea apparentemente incredibile: e se gli strumenti potessero operare autonomamente, senza l'intervento umano?
"Perché ognuno degli strumenti poteva cantare o presciutare la poesia di quest'opera, il seme di Dedalo o di Festo, chiamato come se questo fosse il mito di questo "Kinesthai, se questo stand apparisse e il fianco di questo movimento non legasse i despoti". (Politica, Libro 1, Capitolo 4)
Cioè, se gli strumenti potessero muoversi e lavorare da soli, allora non ci sarebbe bisogno né di schiavi né di artigiani.
La prima idea per l'automazione
Aristotele immaginava una società in cui le macchine avrebbero sostituito gli esseri umani nelle attività di routine. Paragonò la sua idea ai miti di Dedalo ed Efesto, che descrivevano creazioni meccaniche in grado di funzionare da sole.
Questa idea è sorprendentemente profetica, poiché l'automazione moderna e l'intelligenza artificiale funzionano esattamente con questa logica. I robot assemblano le automobili, gli algoritmi scrivono testi e i sistemi informatici prendono decisioni che un tempo richiedevano l'intervento umano.
Il suo rapporto con la moderna Intelligenza Artificiale
Il pensiero di Aristotele non si limitava al lavoro meccanico. La sua visione ha toccato le implicazioni etiche e sociali della tecnologia. Se gli strumenti fossero resi autonomi, allora la società dovrebbe adattarsi. Lo stesso dilemma che affrontiamo oggi con l'IA: cosa succede quando le macchine svolgono compiti che una volta erano esclusivamente umani?
Non poteva, ovviamente, immaginare i computer e gli algoritmi digitali, ma si poneva la domanda fondamentale: se una macchina può svolgere un compito meglio di un essere umano, allora qual è il ruolo dell'uomo nella società?
La risposta rimane aperta fino ad oggi.
Fonte S.T Gr....