In primis, diciamo che l’importo totale medio dei bandi di gara, pubblicati nel periodo 2011-2017, rivela che, ad eccezione del 2015, che presenta una forte crescita dovuta, presumibilmente, all’accelerazione della spesa legata ai Fondi strutturali della passata programmazione europea, si è attestato intorno a 180 milioni di euro (Cfr. Cassa Edile); importo questo chiaramente limitato per risolvere problemi come questi: qualità energetica, sostenibilità ambientale; sicurezza strutturale del nostro territorio; riqualificazione del patrimonio culturale esistente; rigenerazione urbana con qualità architettonica e urbana; vivibilità e una riduzione del consumo del suolo. In questo contesto, piuttosto scoraggiante, a nostro modesto avviso, le imprese muovono “una mossa” contro una crisi, senza fine, delle opere pubbliche. Vediamo come. In particolare, Confindustria ha proposto questi due punti di partenza alla politica nazionale. (Cfr. “Il Messaggero del 17 febbraio 2018): 1) gli interventi sulle infrastrutture, in settori come: ambiente, territorio, logistica e comunicazioni; 2) le riduzioni fiscali riguardo: il costo del lavoro, il credito di imposta per gli investimenti al Mezzogiorno, i premi di risultato e le aliquote, in generale. Questi sono i risultati attesi, secondo Confindustria: già dal primo anno il tasso di crescita si porterebbe all’1,9%, al di sopra dell’1,5% stimato, continuando, poi, in accelerazione fino al 2,9; I nuovi occupati, in 5 anni sarebbero più di 1.800.000; il debito pubblico potrebbe scendere al 110% del Pil, ovvero, ben 14 punti percentuali, più in basso, di dove si troverebbe in assenza di interventi pubblici. In conclusione, ci auguriamo che questa Italia, straordinariamente attiva sul piano industriale, sia di buono esempio per l’intera economia nazionale e riceva riforme ed impegni concreti dalla politica nazionale.