Oggi, è opinione diffusa che la storia non è al centro delle passioni e degli interessi di vita, soprattutto dei giovani; si dice, anche, che il pensiero storico non serve a niente, perché, non è in grado di dare risposte a problemi, alle angosce e alle urgenze della contemporaneità. Diversamente, noi pensiamo che in un periodo come quello attuale, in cui i temi del federalismo e del Mezzogiorno, del rapporto pubblico –privato, Stato nazionale e identità locali sembrano inconciliabili e i partiti politici tentano di reinventare il loro rapporto con i cittadini, può essere utile rivolgersi alla storia, per una crescita del Paese legata ad una rilettura dell’eredità del pensiero dei nostri grandi meridionali. Pertanto, rileggere, oggi, alcune figure della storia italiana, come Francesco Crispi, Francesco Saverio Nitti, Giuseppe Di Vittorio, Donato Menichella e Luigi Sturzo, tutti meridionali, significa mettere in evidenza le loro profonde diversità sul piano culturale, politico, ideologico, ma , anche, le loro molte sintonie. Essi, in primis, sono infatti, accomunati da una “grande visione” dell’intero Paese Italia; da uno spiccato pragmatismo, alimentato dall’indagine sul e nel territorio nazionale; tutti animati da una forte proiezione nazionale e internazionale e, al contempo, con notevole capacità di coniugare anche la dimensione locale. Inoltre, hanno un forte senso delle istituzioni, sono protagonisti della costruzione nazionale e sensibili a sperimentare forme originali di intervento dello Stato. Tutte questioni e temi questi che, a nostro modesto avviso, rimandano a tanti problemi del nostro Paese di oggi. In particolare, noi diciamo che, oggi, va riconsiderato, superando facili stereotipi nella politica, il pensiero di Don Luigi Sturzo sull’intervento dello Stato, sul rapporto Stato- mercato e va richiamato il suo lucido e sferzante monito a mantenere saldo il rapporto tra economia, politica ed etica. Ma c’è di più. Egli nel 1959, lanciò un appello su una questione, tuttora presente nel nostro Paese: la moralizzazione della vita pubblica; contro la degenerazione dello Stato, contro le “tre male bestie” che minacciano la “democrazia”, che sono “lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso del denaro pubblico”. In tale prospettiva è di grande interesse, anche oggi, la figura di Don Luigi Sturzo, per la crescita dell’intero Paese.