In primis, noi diciamo che, senza investimenti, sia di quelli pubblici, sia di quelli privati, non c’è sviluppo del Mezzogiorno. Senza mezzi termini, va detto, che il rilancio del Mezzogiorno va realizzato in termini di sviluppo economico ma, anche, di sicurezza sociale. Ancora, c’è il problema dei tempi: si sa bene come questo Paese sia caratterizzato da una difficoltà intrinseca, quando si tratta di realizzare degli investimenti; quando anche, questi fossero previsti, i tempi della burocrazia sono tali, per cui mesi diventano anni e gli anni decenni; e solo una piccola percentuale degli investimenti, previsti inizialmente è, poi effettivamente realizzata. Il Sud ha bisogno di una sorta di “Rinascimento industriale” sotto la spinta della nuova ondata tecnologica che è alla base dell’industria 4.0, cercando, così, di recuperare una maggiore capacità di crescita strutturale dell’economia, con un sistema efficiente di co-investimenti tra pubblico e privato, nei settori ad alta innovazione. Poi, sono necessari investimenti in moderne infrastrutture, in tutto il Paese Italia, ma soprattutto, in quelle aree più deboli del Mezzogiorno, per rilanciarle. In tal senso, il quinto comma dell’art.119 della Costituzione, impone, alla politica nazionale, interventi speciali, per rimuovere gli squilibri economici e sociali delle aree più deboli del Paese. Purtroppo, le risorse per gli investimenti pubblici al bilancio, sono ancora diminuite, dopo l’accordo con la Commissione europea: con tagli, anche, al Fsc e al cofinanziamento dei Fondi strutturali. In conclusione, diciamo, pure, che da un ChecK Up sul Mezzogiorno (Cfr. Centro Studi di Intesa San Paolo), nonostante la frenata sugli investimenti, la fiducia delle imprese manifatturiere meridionali resta, prevalentemente, positiva e si mantiene sopra la media nazionale.