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Dal Trio Tommaso/Marcotulli/Paternesi e da Simone Alessandrini, due nuovi cd del Parco della Musica

Il progetto Around Gershwin, portato con successo a Umbria Jazz Winter in quel di Orvieto, è una rilettura gershwiniana arricchita da musiche del contrabbassista Giovanni Tommaso.

In Standard (ma non sempre) Trio il jazzista, direttore artistico delle Umbria Jazz Clinics, con Rita Marcotulli al pianoforte e Alessandro Paternesi alla batteria esegue, del celebre songwriter statunitense, composizioni come Oh Lady Be Good, But not for me, How long has this been going on, in funzione di "navigatori" stilistici.

Da segnalare, fra i brani di Tommaso, Un Italiano a Parigi, per il gioco di citazioni ed intersezioni, e Wintertime, omaggio a Umbria Jazz Winter (e contraltare invernale di Summertime) , per l'abile lavorio di archetto sul contrabbasso che anticipa l'originale esposizione del tema da parte dalla tastiera, ed il bel crescendo in progressione del drumming.

Che il disco vada oltre la semplice rilettura dell'originale lo si rileva anche in Random 5, che decolla da una semplice cellula in cinque note, e in Without a theme, dal magistrale interplay e nonchalance improvvisativa su strutture ben articolate, sia armonicamente che ritmicamente. E dove l'archetipo dell'Autore di Rapsodia in Blu appare più sfocato pur sempre comunque occasione "trasportata nella contemporaneitá in una ideale macchina del tempo musicale" come osserva Paolo Occhiuto.

Tutto il resto è gioia reinterpretativa, e gusto di attingere al linguaggio del vocabolario gershwiniano nel licenziare i modaleggianti Rotating Rhythm e S.O.S. .

L'apogeo del compact è, probabilmente, 'S Wonderful. Qui la Marcotulli miscela i suoi Bill Evans e Oscar Peterson in una conca di erosione sulle cui pareti risuonano gli iperpiani timbrici della sezione ritmica. Siamo al centro dello spazio dimensionale gershwiniano, nel bel mezzo di un repertorio che si potrebbe a buon ragione definirsi patrimonio immateriale dell'umanitá.

L'album di Simone Alessandrini, dal titolo Storytellers, sempre editato a Roma da Parco della Musica, suggerisce diverse considerazioni.

La musica è arte "rappresentativa". Può cioè rappresentare, attraverso i suoni, un oggetto, una figura viva, un evento. Pensiamo ai canti degli uccelli nella Pastorale di Beethoven; o alla composizione Pacific 231 dedicata da Honegger ad una locomotiva a vapore; a tante colonne sonore nel cinema o a melodrammi... Il jazz non fa eccezione alla regola: può evocare personaggi, riscoprire episodi, sceneggiare ambienti, suggerire contesti.

Cosa che avviene in Storytellers, disco d'esordio del sassofonista Simone Alessandrini che ha cercato di "vestire" memorie sommerse del proprio vissuto con una personale narrazione musicale, affollandola di personaggi romaneschi come il sig. Adriano aviatore-poeta, Cetto La Mitraglia trombettista costretto a mitragliare i giapponesi nel Pacifico, il gobbo del Quarticciolo, partigiano sabotatore dei nazisti, morto a soli 18 anni.

Lo storytelling, a cui partecipano il trombettista Antonello Sorrentino, il bassista Riccardo Gola, il batterista Riccardo Gambatesa (con il sassofonista Dan Kinzelman in tre brani) traccia, su tale fauna antropologica, un percorso lastricato di presenze di un paesaggio marginale ormai scomparso, descritto nel libretto allegato al concept album edito da Parco della Musica.

La musica è iridescente, va dal free al new Orleans, come iridati sono i "Racconti romani" a cui Alessandrini, nella sua post-visione, si è liberamente ispirato; è nostalgica quando è "ad eco d'immagine" come nel brano L'imbroglio del cordoglio in cui si racconta di una veglia funebre inscenata per nascondere il furto di un maiale; è lirica laddove è dedicata agli amanti delle lettere smarrite, Olga e Nazario; è carica in Sor Vincè, quello che fregava agli americani.

Ma gli americani l'hanno avuta vinta. Anche in musica. Lasciandoci in ereditá per nipoti e pronipoti swing, blues e jazz.

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