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Mike Pompeo la visita in tre Stati: Grecia, Italia e Croazia. Un'agenda ricca di incontri ufficiali, colloqui, volta a mettere sul tavolo argomenti di primaria importanza per l'amministrazione Trump: dal commercio alla sicurezza, dalla pandemia al nucleare. Dunque non solo l'alleanza militare della Nato e la solidità dei rapporti commerciali, ma anche questioni più spinose tra cui quella relativa alle sanzioni iraniane e alla stabilità del Mediterraneo orientale.

In una mossa che potrebbe essere interpretata come una dimostrazione simbolica di sostegno alla Grecia, nel suo teso conflitto con la Turchia, il massimo diplomatico americano ha dichiarato, martedì 29 settembre,come sottolinea "sicurezza internazionale", che gli Stati Uniti posizioneranno una gigantesca nave della Marina in una base militare condivisa con la Grecia, a sole 600 miglia dalla costa turca. La Hershel “Woody” Williams, l'ultima nata della flotta americana, sarà dispiegata a Souda Bay, una base congiunta greco-statunitense, situata nei pressi delle acque territoriali dove la Turchia ha inviato, contro le intenzioni di Atene, le sue navi da ricerca e perforazione energetica. La nave, secondo il New York Times, potrebbe servire da avvertimento simbolico e provocare la crescente irritazione di Ankara. “Il Mediterraneo orientale è un’area molto sensibile che è stata recentemente provata dall’aggressività della Turchia con azioni provocatorie”, ha detto ai giornalisti Mitsotakis dopo l'incontro privato con Pompeo.

Nelle sue dichiarazioni pubbliche di martedì, Pompeo, sulla linea della politica estera perseguita da Trump, ha cercato di stare a cavallo tra Grecia e Turchia. Il diplomatico ha descritto i progressi negli sforzi di mediazione della NATO come positivi e ha affermato che lo sviluppo nel Mediterraneo orientale “dovrebbe promuovere la cooperazione e fornire una base per la sicurezza energetica e la prosperità economica dell'intera regione”.

Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha affermato che Washington sostiene “fortemente” il dialogo tra Grecia e Turchia per risolvere le tensioni nel Mediterraneo orientale. “Incoraggiamo gli alleati della NATO a riprendere la discussione il prima possibile”, ha dichiarato Pompeo durante una visita alla base navale statunitense di Souda Bay, sull'isola greca di Creta, martedì 29 settembre. Il giorno prima, il funzionario USA aveva incontrato il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, nella città portuale di Salonicco, e aveva affermato che il rapporto tra Stati Uniti e Grecia è “ai massimi storici”.

Come sottolinea Francesco De Palo alle "formiche",  Il link Usa-Grecia alla voce difesa può contare sulla presenza, forte, di Lockheed Martin che già ha intrapreso l’upgrade di 84 caccia F-16. Inoltre è stato concluso l’accordo per la fornitura di quattro elicotteri MH-60R alla Marina ellenica mentre è allo studio un passo più pesante in direzione della Marina. In ballo c'è l'acquisto greco di quattro nuove fregate e l'upgrade di altre quattro fregate tipo Meko. Anche in questo caso c'è una proposta americana per costruire quattro nuove fregate multiruolo (Mmcs) con un parallelo potenziamento della Meko in Grecia.

Il tutto andrà impreziosito dalla seconda base navale a Souda,continuano "le formiche",  con l’ambizioso obiettivo che il Quartier Generale del Comando del Mediterraneo Orientale (Sdam) a Souda abbia un reale potenziale nei prossimi anni, magari in parallelo con il disimpegno Usa dalla base turca di Incirlik. Da segnalare la possibilità che il KC-135, dedito al rifornimento in volo, possa decollare anche dalla base aerea di Larissa, dove sono giunti da mesi anche gli elicotteri americani Kiowa. Da tempo si discute anche di due F-35 per Atene (che ha già acquistato 18 Rafale francesi): anche se è nota a tutti l’esosità dell’investimento, la decisione quando sarà presa avrà risvolti geopolitici, prima che economici.

Così oggi il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, dopo la sua visita in Grecia, e' arrivato a Roma e ha avuto un incontro di circa un'ora con il premier Giuseppe Conte, poi vedrà il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin e avrà un bilaterale con il ministro degli esteri, Luigi Di Maio.

Il segretario di Stato americano Michael Pompeo, ha lasciato palazzo Chigi dopo l'incontro con il premier Giuseppe Conte. Il colloquio è durato poco meno di un'ora. Mike Pompeo è arrivato a Roma questa mattina. Dopo l'incontro con Giuseppe Conte, sono in programma incontri con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin.

Tanti i dossier sul tavolo, dalla lotta alla pandemia di coronavirus alla Libia, ma in primissimo piano c'è la partita del 5G che tanto sta a cuore all'amministrazione Usa. Questa mattina il segretario di Stato Usa ha preso parte ad un convegno sulla libertà religiosa organizzato all'hotel Excelsior dall'ambasciata Usa presso la Santa Sede. In quell'occasione ha incontrato il responsabile vaticano dei Rapporti con gli Stati, monsignor Richard Gallagher, prima di un colloquio giovedì con il segretario di Stato Pietro Parolin. La visita di Pompeo a Roma si concluderà giovedì in Vaticano con l'incontro con Parolin preceduto da una tappa del segretario di Stato Usa alla Comunità di Sant'Egidio

L’editoriale pubblicato sulla rivista online First Things, nel quale Pompeo avvertiva che la Santa Sede “metterebbe a rischio la sua autorità morale” in caso di prolungamento dell'Accordo Provvisorio con Pechino, è stato percepito come un’interferenza nei Sacri Palazzi, particolarmente fastidiosa per un pontefice che ha investito non poco nel dialogo con le autorità cinesi.

Sì, e questa è proprio una delle ragioni per cui il Papa non incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo". Così il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Richard Gallagher, subito dopo l'incontro con Pompeo al meeting sulla libertà religiosa organizzato a Roma dall'Ambasciata Usa presso la Santa Sede, risponde all'ansa alla domanda se la stessa mossa di organizzare unilateralmente il simposio non significhi una strumentalizzazione del Papa mentre il presidente Trump è alle battute finali della campagna elettorale.

Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, chiede a papa Francesco di dare prova di "coraggio" nel combattere le persecuzioni religiose, in particolare nei confronti della Cina con la quale il Vaticano è sul punto di rinnovare un accordo sulla nomina dei vescovi. Lo ha detto in presenza dell'arcivescovo Paul Gallagher

 

la visita del segretario di Stato avrà il suo epicentro in Vaticano, anche solo per il fatto che Pompeo non avrà modo di parlare direttamente con il Pontefice. Tuttavia il colloquio con il segretario di Stato Parolin sarà occasione per ribadire il disappunto statunitense sulla conferma dell’accordo tra la Santa Sede e Pechino sulla nomina dei vescovi in Cina. Il Papa su questo va avanti, convinto che con i cinesi sia meglio dialogarci piuttosto che tornare all'epoca del gelo, durata 70 anni.

 

 

 

 

Salvini, sabato il processo Gregoretti. In piazza a Catania anche Meloni e i forzisti «Sabato 3 ottobre in occasione del processo a Salvini sarò personalmente a Catania insieme ad una delegazione di Fdi per portare la nostra solidarietà al segretario della Lega e per ribadire un concetto a noi fondamentale: un ministro non può essere processato per aver fatto ciò che la maggior parte degli Italiani chiedeva, per aver difeso la legge italiana e aver difeso i confini nazionali dall'immigrazione illegale», ha detto Giorgia Meloni in un video sui suoi canali social.

Nelle stesse ore in cui Matteo Salvini sarà nell'aula del tribunale di Catania per l'udienza preliminare sul cosiddetto caso Gregoretti, il centrodestra unito si ritrova in piazza nella città siciliana, per manifestare solidarietà al leader della Lega che, come dice Giorgia Meloni, «ha fatto quello che la maggior parte degli italiani chiedeva: difendere i confini nazionali».Silvio Berlusconi ha chiamato gli azzurri dicendo loro di andare sabato in piazza con la Lega così come sarà presente la leader di Fdi insieme ad una delegazione del suo partito.

Secondo Giorgia Meloni, come riferisce la voce del patriota, Il processo di un Ministro per aver fatto quello che il suo mandato gli imponeva, ovvero difendere la Nazione e i suoi confini e rispettare l'indicazione data dagli elettori con il voto, è un precedente spaventoso nella democrazia Italiana. Non conta più cosa sia giusto, ma cosa piaccia alla sinistra, al mainstream e ai poteri forti. Un altro tassello nella deriva liberticida che denunciamo da tempo. Ma a chi festeggia, senza pudore, voglio dire che quando saltano le regole dello stato di diritto, nessuno è più al sicuro.A Matteo Salvini va la totale e incondizionata solidarietà mia e di tutta Fratelli d'Italia.

Né il processo, né un'eventuale condanna,secondo il quotidiano Romano il Messaggero, in quanto tale. Il vero incubo per Matteo Salvini, adesso che dovrà affrontare due processi con pene edittali altissime, è l'ombra sul suo futuro politico. Che rischia di essere seriamente compromesso. La legge è sempre la stessa. Ed è quella che ha già portato Silvio Berlusconi fuori dal Senato, dopo la condanna per la frode fiscale legata ai diritti Mediaset.

Come riferisce ADNkronos, "Io ho ridotto del 90% gli sbarchi, dimezzato i morti in mare e vado a processo per aver difeso il Paese. Abbiamo organizzato 'Pontida del sud' a Catania perché è lì che mi 'giudicheranno'. In quella città, quindi, faremo dibattiti su molti temi, contrapponendo a questo processo delle idee per il futuro dell'Italia", ha poi detto il leader leghista intervenendo al programma Aria Pulita su 7Gold Tv. "Per chi è curioso - ha aggiunto Salvini - ho pubblicato, sulla mia pagina Facebook, le 50 pagine della mia memoria difensiva. Spero che il giudice che le leggerà dica basta e che da domenica si torni a parlare di altro. quando tornerò al governo tornerò anche a fermare gli sbarchi".  

Secondo l' Agenzia ADNkronos,"Basta una sola parola pronunciata da Conte a spiegare che cosa è successo. Fu il premier a dire 'i migranti prima li ricollochiamo e poi autorizziamo lo sbarco'. E' Conte ad aver detto che gestiva tutto lui". Lo dice Matteo Salvini a Il Tempo.

Come scrive l agenzia adn kronos ci sono norme precise per mettere in salvo i naufraghi e nessuno di noi li lasciò in balia delle onde (...) Io ho fatto solo il mio dovere, e quindi penso che tutto finirà nel nulla, magari proprio sabato davanti al giudice dell'udienza preliminare", prosegue Salvini. "Rifarei tutto quel che ho fatto. Alla fine di quei soli quattro giorni quelle persone - che stavano su una nave militare italiana - sono state nutrite, curate e inviate alle altre nazioni disponibili a farsene carico", ha spiegato il leader leghista.

 

Riesplode il conflitto del Nagorno Karabakh in un crescendo di violenza e tensione che rischia di allargarsi ben oltre le montagne della regione autonoma contesa e i confini dei due Stati nemici, Armenia e Azerbaigian, come ha già minacciato il premier di Erevan. La guerra congelata dal 1994 si è riaccesa improvvisamente la notte scorsa quando l'esercito azero ha bombardato le postazioni delle forze indipendentiste armene che avevano attaccato e poi ha lanciato una controffensiva. Immediatamente i separatisti armeni hanno proclamato la legge marziale e la "mobilitazione generale". A distanza di qualche ora Armenia e Azerbaigian hanno fatto lo stesso. 

Al di là degli opposti nazionalismi secondo Pn,e delle rivendicazioni localistiche, questo conflitto desta interesse dal punto di vista geopolitico per gli stretti legami dell'Azerbaijan con la Turchia e dell'Armenia con la Russia. La Turchia ha forti legami culturali con l'Azerbaijan, nazione anch’essa a maggioranza islamica, oltre a condividere l’ostilità nei confronti degli armeni. Ankara infatti non ha mai voluto riconoscere il genocidio armeno perpetrate dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916. 

L'Armenia invece fa parte del l'alleanza militare tra paesi ex-sovietici guidata dalla Federazione Russa, che ha due basi militari nelle città armene di Gyumri e Erebuni. La Russia ha sempre cercato di porsi come paciere tra i due contendenti per garantire stabilità nell’area.

Così, mentre il presidente turco Erdogan si scaglia contro l’Armenia accusandola di “essere la più grande minaccia alla pace e alla tranquillità nella regione” e sottolineando che “la nazione turca sostiene i suoi fratelli azeri con tutti i suoi mezzi, come sempre”, al contrario il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov preferisce la via del dialogo, invitando ad un immediato cessate il fuoco e telefonando al suo omologo turco Mevlüt Çavuşoğlu. A complicare la situazione c’è anche l'afflusso in Azerbaijan, cominciato già da alcuni giorni, di miliziani jihadisti al servizio della Turchia in Siria e Libia. 

il mondo sta a guardare. Lo scacchiere geopolitico potrebbe subire scossoni improvvisi e pericolosi, perché qualsiasi escalation della violenza potrebbe turbare fortemente i mercati: il Caucaso meridionale, infatti, è un corridoio prelibatissimo per gli oleodotti che trasportano petrolio e gas naturale dal Mar Caspio ai mercati mondiali.

il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si è detto “estremamente preoccupato” e ha invitato entrambe le parti a smettere di combattere, mentre la Francia, sul cui territorio vive una vasta comunità armena, ha chiesto un cessate il fuoco e un dialogo immediati. Il presidente Usa Donald Trump ha invece annunciato che gli Stati Uniti stanno cercando di fermare la violenza.

La Russia ha fatto appello ad Armenia e Azerbaigian per un "cessate-il-fuoco immediato".
"Facciamo appello alle parti perché facciano cessare immediatamente il fuoco e intavolare negoziati per stabilizzare la situazione", si legge in una nota del ministero degli Esteri di Mosca.

Nel comunicato si legge che "bombardamenti intensi sono in corso lungo la linea di contatto" fra le due ex repubbliche sovietiche nella regione autonoma del Nagorno Karabakh.
Da parte sua la Turchia "condanna con forza l'attacco armeno contro l'Azerbaigian, che ha provocato vittime civili", definendolo una "chiara violazione delle leggi internazionali", e "ribadisce il suo pieno appoggio" a Baku: lo scrive l'agenzia turca Anadolu su Twitter, citando il ministero degli Esteri di Ankara.

L'Anadolu cita anche il presidente azero, Ilham Aliyev, secondo cui "l'Azerbaigian difende la sua terra" perché "il Karabakh gli appartiene", promette di "vendicare il sangue dei martiri" e afferma di aver distrutto "mezzi militari" armeni, senza però nominare i due elicotteri che gli armeni affermano di aver abbattuto.

L'immancabile presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dal canto suo, si è impegnato a sostenere l’Azerbaijan, esortando il mondo a schierarsi con il Paese nella sua “battaglia contro l'invasione e la crudeltà”. Gli azeri sono un popolo prevalentemente turco con il quale la Turchia ha stretti legami

Sul Nagorno-Karabakh "è urgente che si cessino tutte le ostilità. C'è un rischio di gravi conseguenze e di destabilizzazione di tutta la regione". Così il portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna, Peter Stano, che sollecita "tutti gli attori della regione a contribuire a fermare il confronto armato. Nessuno può avere interesse" che si alimenti. E invitiamo "ad evitare interferenze dall'esterno.

"Il governo ha deciso di dichiarare la legge marziale e la mobilitazione generale", ha scritto su Facebook il premier armeno Nikol Pashinyan. La presidenza azera, a sua volta, ha comunicato la proclamazione della legge marziale e il coprifuoco nella capitale Baku e in altre città. Assieme a quella delle armi, è iniziata subito anche la guerra della propaganda e delle accuse reciproche a colpi di comunicati e post sui social.

"Siamo tutti uniti dietro al nostro Stato e al nostro esercito, e vinceremo. Lunga vita al glorioso esercito armeno", ha scritto su Facebook il premier armeno dopo la notizia dell'abbattimento da parte dei ribelli filo-armeni di due elicotteri azeri. Il governo di Erevan non ha neanche tentato di nascondere i suoi fini, ha rilanciato il governo di Baku, spiegando che all'alba le forze azere hanno iniziato un'offensiva per "neutralizzare le forze belliche dell'Armenia e salvaguardare la sicurezza della popolazione civile".

Incerto il numero delle vittime. Almeno 32 separatisti armeni secondo l agenzia Ansa, sono stati uccisi, secondo una nota ufficiale. Almeno 15 soldati separatisti della regione del Nagorno-Karabakh sono stati uccisi oggi nei combattimenti con l'Azerbaigian, ha riferito il ministero della Difesa della provincia secessionista sostenuta dall'Armenia. Questo porta a 32 il totale dei soldati uccisi dall'inizio dei combattimenti, ieri mattina. Secondo quanto comunicato, sono morti anche cinque civili azerbaigiani e due civili armeni del Karabakh, portando il bilancio ufficiale delle vittime a 39. L'Azerbaigian non ha dato notizie sulle sue perdite militari.

Quella attuale è la peggior crisi armeno-azera degli ultimi anni, comunque segnati da incidenti continui anche dopo l'accordo di cessate il fuoco del 1994 mediato dalla Russia. Sono stati almeno 30 mila i morti lasciati sul campo dalla guerra combattuta dalle due ex repubbliche sovietiche caucasiche negli anni Novanta dopo che i separatisti armeni hanno preso il controllo della regione azera del Nagorno Karabakh nel 1991. E che è restata di fatto in mano armena. Stati Uniti, Francia e Russia - che guidano la mediazione del gruppo di Minsk - non sono mai riusciti a far firmare un pace vera a Baku e Erevan e a porre fine definitivamente a un conflitto esploso in maniera plateale dopo il crollo dell'Unione Sovietica, ma che affonda le radici molto più lontano, nel confronto tra cristiani armeni e musulmani azeri segnati da influenze turche e persiane. Non a caso le prime reazioni sono arrivate dai rispettivi sponsor, oltre che dall'Unione europea e dall'Italia.

Il presidente russo Vladimir Putin, che ha parlato al telefono con l'amico premier armeno, ha detto che "è importante fare tutti gli sforzi necessari per evitare un'escalation del conflitto". La Turchia, con un comunicato del ministero degli Esteri, ha condannato "con forza l'attacco armeno contro l'Azerbaigian che ha provocato vittime civili", ribadendo "il suo pieno appoggio" a Baku. Mentre dall'Iran è arrivata la disponibilità a mediare per un negoziato mirato al cessate il fuoco. L'Unione europea, attraverso il presidente del Consiglio Charles Michel, ha invocato lo stop "con urgenza" dell'azione militare e il Comitato internazionale della Croce Rossa è pronto a fare da intermediario.

E mentre il Patriarca Karekin II, il Catholicos di tutti gli armeni, ha interrotto la visita ufficiale in Italia "per stare vicino al suo popolo", la Farnesina ha chiesto alle parti "l'immediata cessazione delle violenze e l'avvio di ogni sforzo, in particolare sotto gli auspici dell'Osce, per prevenire i rischi di ulteriore escalation". Proprio quella evocata dal premier di Erevan, che ha ammonito sulle "conseguenze imprevedibili" della guerra "dichiarata dal regime autoritario dell'Azerbaigian" che si potrebbe allargare oltre il Caucaso e ha messo in guardia contro l'ingerenza "aggressiva" della Turchia.

Una disputa territoriale scrive Quifinanza,in cui l'oggetto del contendere è la regione del Nagorno-Karabakh, internazionalmente riconosciuto come parte dell'Azerbaigian ma controllato da armeni, che ha portato in pochi giorni alla morte di almeno 23 persone nelle due ex repubbliche sovietiche, tra cui una donna e un bambino, e almeno 100 feriti.

Il Nagorno-Karabakh è una regione montuosa di circa 4.400 km quadrati abitata tradizionalmente da armeni cristiani e turchi musulmani. In epoca sovietica divenne una regione autonoma all’interno della repubblica dell’Azerbaijan. Oggi si stima che circa un milione di persone siano sfollate nella guerra degli anni ’90 e circa 30mila siano rimaste uccise. Le forze separatiste conquistarono allora alcuni territori attorno all’enclave in Azerbaijan, poi nel 1994 ci fu un cessate il fuoco che fece deporre le armi. Per un po’.

Il governo armeno oggi ha dichiarato la legge marziale e la mobilitazione militare totale. “Preparatevi a difendere la nostra patria sacra”, ha detto il primo ministro armeno Nikol Pashinyan dopo aver accusato l'Azerbaigian di “aggressione pianificata”. Avvertendo che la regione era sull'orlo di una “guerra su vasta scala”, ha esortato la comunità internazionale a unirsi per prevenire ogni ulteriore destabilizzazione.

Il presidente dell'Azerbaijan Ilham Aliyev ha detto di essere fiducioso di riprendere il controllo della regione dopo i tentativi di conquista da parte armena e ha spiegato di aver ordinato un’operazione controffensiva su larga scala in risposta agli attacchi dell’esercito armeno: “Sono fiducioso che la nostra operazione controffensiva di successo metterà fine all’occupazione, all'ingiustizia, all’occupazione che dura da 30 anni”.

Fonti dell'opposizione armata siriana contattate da AsiaNews, affermano che la Turchia ha inviato 4mila mercenari siriani dell’Isis da Afrin per combattere contro gli armeni del Nagorno Karabakh. Alcuni giorni fa convogli via terra hanno raggiunto la Turchia e poi via aerea l’Azerbaijan. L'ingaggio è per 1800 dollari Usa al mese, per la durata di tre mesi. Un dirigente del gruppo terrorista siriano ha affermato: “Grazie ad Allah, dal 27 settembre fino alla fine del mese saranno trasferiti altri 1000 mercenari siriani in Azerbaijan”.  

Le fonti di AsiaNews hanno fornito anche una registrazione audio del nucleo operativo della Brigata del Sultano Murat (fazione armata dell'opposizione siriana, che arruola mercenari da inviare anche in Libia) nella quale si sente dire: “Volontari siriani sono destinati ad essere inviati in prima linea al confine armeno-azero…e combatteranno con gli azeri cioè con gli sciiti”.

   

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