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Il Presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha così dichiarato:

“Il voltafaccia della classe politica sulla service tax, sconforta. Ad agosto il Governo era per la service tax senza riserve, la Presidenza del Consiglio diffuse una dettagliata nota descrittiva della nuova tassa, le forze politiche di maggioranza non sollevarono eccezione alcuna su un impianto impositivo che avrebbe allineato l’Italia all’Europa, qualcuno si spinse addirittura a dire che la parola IMU non si sarebbe più sentita. Due mesi dopo, il Governo non ne parla più, la service tax è scomparsa, cancellata senza alcuna spiegazione, per tutti silenzio assoluto da parola d’ordine. Invece di un’IMU ce ne ritroviamo così due, il Sottosegretario alla fiscalità Baretta continua a chiamare service tax l’IMU bis solo per celia. Evidentemente, la classe politica si è arresa al partito della spesa pubblica locale, che dalla service tax sarebbe stata ridimensionata. Si è arresa all’inaccettabile dogma dell’incomprimibilità della spesa, e dello spreco, di Regioni ed enti locali, difesa a denti stretti dalla relativa corporazione bypartisan. Si continua ad agire solo su quella dello Stato e delle sue funzioni. La classe politica governativa, per corporativismo o condizionamenti vari, si arrende dal canto suo all’alta burocrazia, che suggerisce in un disegno di legge il proposito di allargare, addirittura, l’area di privilegio delle immobiliari del grosso capitale, finanziario e cooperativo, quando si dovrebbe ridurre questi privilegi per non infierire ulteriormente sulla piccola proprietà diffusa: per recuperare risorse, nessuno pensa a questa sacca di disponibilità. Ci si arrende anche al diktat di Confindustria di tassare immoralmente le case vittime dello sfitto involontario per locupletare una categoria, quella degli industriali, che gode già di trenta miliardi all’anno di agevolazioni: si rifà una legge, quindi, che ad agosto si era cancellata.

Se venisse abbandonata l’idea di istituire la service tax come propone il Governo con la legge di Stabilità, considerandola il frutto di un colpo di sole agostano, il nostro Paese perderebbe l’ultima occasione per arrivare ad un vero federalismo, quello competitivo, l’unico che riuscirebbe a mettere sotto controllo una spesa locale che di controllo non ne ha più. Incredibile. Regioni ed enti locali contano di più del Governo”.

La Banca Centrale Europea nella riunione di oggi ha tagliato il tasso di riferimento di 25 punti base allo 0,25%.
I tassi resteranno bassi per un periodo prolungato ha detto il presidente della Bce Mario Draghi sottolineando che la Bce stima un possibile ''prolungato periodo di bassa inflazione'' per la zona Euro. Inoltre la Bce è pronta a considerare tutti gli strumenti a disposizione per sostenere l'Eurozona dato il permanere di rischi al ribasso per la crescita
La scelta dell'Eurotower, che ha abbassato il tasso marginale allo 0,75% e lasciato invariato quello sui depositi a zero, ha portato a un calo dello spread tra Btp e Bund, scesi a 241 punti di differenziale. Il rendimento dei titoli decennali è calato al 4,11%.

Il taglio a sorpresa della Bce è stato deciso come reazione al peggioramento di alcuni indicatori economici, come il forte calo dei prezzi, e ha portato il costo del denaro a un nuovo minimo storico.

Il presidente della Banca centrale, Mario Draghi, ha spiegato che sui tassi la decisione è stata presa a maggioranza, ma che se l'unanimità è mancata è stato solo per divergenze "sui tempi" e non sull'operazione in sè. Ha poi garantito che la soglia minima ancora non è stata raggiunta.

Ricordando la necessità di "rafforzare la solidità" delle banche, Draghi ha dichiarato che nel futuro dell'Unione Europea non c'è "deflazione", ma soltanto "un protratto periodo di bassa inflazione".

Le borse europee si risvegliano dopo l'inatteso taglio dei tassi dallo 0,50 allo 0,25% deciso dalla Bce. Milano (+0,87%) è superata Madrid (+1,83%) ma anche da Francoforte (+1,12%), Madrid (+1,21%) e Parigi (+1,15%). Resta in tensione, a Piazza Affari, Pirelli (+4,63%), su nuovi massimi sull'onda del piano, e strappa A2a (+5,12%) grazie alla trimestrale mentre l'incertezza sulla governance continua a penalizzare Bpm (-2,98%). Riduce il calo infine Telecom (-1,33%) mentre è in corso il board su conti e piano.
Lo spread tra btp e bund tedesco scende a 241 punti dopo il taglio dei tassi della Bce allo 0,25%. Il rendimento del titolo decennale cala al 4,11%.

Euro in brusca discesa dopo il taglio dei tassi della Bce. La moneta unica segna ora quota 1,335 sul dollaro rispetto a 1,3507 prima del taglio (-1%). In calo anche sulla sterlina a 0,8312 da 0,841, ai minimi da gennaio. Sullo yen è a 132, contro i 133,3 precedenti alla decisione di Francoforte.

La Banca d'Inghilterra lascia i tassi invariati allo 0,50%. Nessuna variazione neanche sul piano di riacquisto Bond, confermato a 375 miliardi di sterline.

Borse asiatiche in genere leggermente negative e futures sull'avvio dei mercati europei incerti in attesa della decisione di metà giornata sui tassi d'interesse dell'euro e della sterlina. Gli operatori non sembrano aspettarsi una riduzione, con Tokyo che ha concluso in calo dello 0,76% e Seul dello 0,48%. Deboli anche i listini cinesi, tiene con convinzione solo Mumbai che in chiusura sale di circa un punto percentuale.

Nel Decreto del “Fare e Lavoro”, varato l’8 agosto scorso, dall’Aula della Camera, si ripropongono, a nostro modesto avviso, grandi speranze per una leva della ripresa, in particolare, del Mezzogiorno: l’economia digitale. La liberalizzazione del wi-fi , la banda larga e l’applicazione dell’Agenda digitale possono costituire dei buoni inizi, in grado di attirare investitori, capitali e incrementare l’occupazione. Mentre, sarebbero oltre, 190mila(di cui 54mila operanti nel Mezzogiorno), le piccole e medie imprese orientate ad utilizzare gli incentivi per assumere giovani a tempo indeterminato, nei prossimi 12 mesi(Cfr. Comunicato del Ministero del lavoro). Ancora, il Rapporto “Crescita Digitale” della London School of Economics, riferisce che gli effetti occupazionali di internet si amplificano se, nel contempo, cresce il capitale umano del Paese: crescono, cioè, i livelli di formazione volti alla creazione di una cultura digitale e, allo stesso tempo, vengono implementate politiche per far crescere l’eco-sistema digitale nel suo complesso. Peraltro, va detto, senza mezzi termini, che le aziende italiane attive su internet fatturano, assumono ed esportano di più e sono quelle più produttive di quelle che su Internet non sono presenti(Cfr.Fattore Internet). Per quanto riguarda, poi, l’utilizzo degli incentivi previsti dalla nuova normativa,   per l’economia digitale, -considerando solo le imprese innovatrici da 1 a 49 addetti-, il 38% di esse afferma che, in mancanza di incentivi, non procederebbe ad alcuna assunzione; percentuale che sale al 39%, per le imprese del Mezzogiorno. E, dulcis in fundo, noi diciamo che le istituzioni nazionali e locali hanno tutte le condizioni e le risorse necessarie per investire sullo sviluppo tecnologico del Mezzogiorno: in primis, puntare sulle università meridionali, come incubatori di nuove opportunità, ovvero, le Start- Up e le Star-Cap per aspiranti giovani mprenditori; poi su una nuova industrializzazione tecnologica, più rispettosa del grande patrimonio naturale del nostro Mezzogiorno.

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