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Italia-Cina, Via della Seta: ok del Colle ma senza 5G

Disco verde all'accordo con la Cina, in vista dell'imminente arrivo in Italia del Presidente Xi Jinping, con la benedizione del Quirinale. Il Premier Giuseppe Conte, i due Vicepremier Salvini (tra i più dubbiosi rispetto all'operazione) e Di Maio con Enzo Moavero e diversi ministri, alla fine superano le divergenze e sdoganano il dossier "Via della Seta" nei saloni del Colle sotto la scrupolosa supervisione del Presidente Sergio Mattarella che ha seguito con attenzione e in profondità il nodo dell'accordo quadro con la Cina che, giorni scorsi, ha fatto storcere il naso agli Stati Uniti, sollevando anche qualche preoccupazione dalle parti di Bruxelles.

"Operiamo per un futuro di crescita e sviluppo e il memorandum con la Cina offre preziose opportunità per le nostre imprese", aveva anticipato il Presidente del Consiglio Conte in una intervista al Corriere della Sera, proprio in riferimento all'intesa con Pechino, al centro del dibattito nelle scorse ore che aveva fatto storcere il naso agli Usa e allarmato dalle parti di Bruxelles.

Nel frattempo, nella serata di ieri è arrivato l'ennesimo warning del Dipartimento di Stato Usa: anche l'Italia valuti "rigorosamente" i rischi di fornitori soggetti a governi stranieri prima di prendere qualsiasi decisione su infrastrutture critiche come la rete 5G. Una posizione condivisa sia dal Quirinale che da Palazzo Chigi che, proprio per questo, spazza il campo da qualsiasi dubbio e anzi si affretta a sottolineare che il memorandum d'intesa con la Cina è molto meno pregnante di tanti altri siglati bilateralmente da altri Paesi europei - sono già 13 i Paesi Ue che lo hanno siglato - e che le regole d'ingaggio italiane riguardo agli accordi con Pechino sono "molto più severe e stringenti del documento dell'Unione europea". Ma soprattutto che il problema del 5g non c'entra nulla con questo memorandum ed è - si rassicura l'alleato americano - un tema sensibilissimo anche per l'Italia. 

L’idea americana è che l’Italia stia scherzando col fuoco. Secondo Washington, Roma non ha bisogno di firmare memorandum con Pechino per ottenere un riequilibrio  della bilancia commerciale con Pechino. Per gli Usa, basterebbero accordi commerciali con il Paese asiatico. Inoltre, gli Usa ritengono che la One Belt One Road sia soltanto uno strumento cinese per controllare i Paesi europei conquistando asset strategici portuali e aeroportuali. E per questo hanno già messo in guardia l’Italia.  

A gettare acqua sul fuoco, ci pensa anche una dichiarazione da Bruxelles dove si precisa che "gli stati membri non possono negoziare accordi in contraddizione con la legislazione europea".

Italia che però non è da sola. Gli Stati Uniti hanno infatti avvertito non solo l’Italia, ma anche la Germania. Washington ha detto a Berlino che condivideranno meno dati sensibili e di intelligence con le agenzie di sicurezza tedesche se la Huawei approderà nella rete 5G della Germania. Secondo Reuters, Richard Grenell, ambasciatore americano in Germania, ha avvertito il governo della Cancelliera in una lettera. Il ministro dell’Economia Peter Altmaier ha detto in una trasmissione della Zdf che la Germania non vuole vietare Huawei, ma ha anche confermato di voler modificare la legge per rendere più sicuri i componenti delle reti 5G.Ecco la mossa degli Stati Uniti se l'Italia aderisce alla Nuova Via della Seta Ecco la mossa degli Stati Uniti se l'Italia aderisce alla Nuova Via della Seta  

Intanto la conferenza stampa di Sanvini è stata un'occasione per parlare del memorandum sulla 'via della seta' tra Italia e Cina. "Non è un testo sacro, si sta rileggendo. Tutto è perfettibile", ha detto il vicepremier. "Da ministro dell'Interno è mia competenza garantire la protezione e la sicurezza dati sensibili italiani, se ci sarà un lontanissimo dubbio che certe presenze e acquisizioni possano compromettere la sicurezza ci sarà un secco no", ha chiarito Salvini ribadendo che il dossier 5g-Huawei e quello sulla "via della seta' sono "separati, anche se giornalisticamente assimilati".­ 

"Negli anni passati c'è stato un enorme shopping sottocosto di aziende italiane a cui i governi di sinistra hanno assistito senza muovere un dito, marchi storici ormai sono di multinazionale stranieri, che continuano a spacciare per made in Italy cose che non lo sono", ha aggiunto Salvini sottolineando che alla Lega interessa "che il consumatore sappia cosa compra, cosa che oggi non è permessa, nel nome del libero mercato, che è caos totale". "

Se poi vuoi aprire con il nome della Pernigotti o della Borsalino aziende in Russia o Cina, devi comunque mantenere la produzione in Italia per conservare il marchio storico", è il ragionamento che il vicepremier ha fatto alla presenza del capogruppo del Carroccio a Montecitorio, Riccardo Molinari e alla presidente delle Commissione per le Attività produttive, Barbara Saltamartini, promotori della legge che intende salvaguardare i marchi storici italiani, con oltre 50 anni. Stesso discorso vale per la Pernigotti, aziende piemontese finita in mano ai turchi: "Se produci cioccolato in Turchia ci metti allora una etichetta così grande dove scrivi 'Made in Turchia', cosa che oggi l'Europa impedisce", attacca Salvini che promette: "L'etichettatura obbligatoria dei prodotti, quando andremo al governo, dell'Europa sarà una delle nostre prime preoccupazioni, gli equilibri che verranno fuori dopo il 26 maggio metteranno al primo posto il lavoro". 

Secondo Nicola Porro la Comunità europea, poi Unione, è stata possibile per oltre quaranta anni anche perché la Germania è stata divisa in due, mentre gli ultimi quasi trenta anni sono stati vissuti nella speranza che il Trattato di Maastricht e poi l’euro risolvessero lo sbilanciamento creatosi alla fine dell’Ottocento. Analizzare quanto la realtà attuale corrisponda alle speranze dei due grandi patrocinatori (François Mitterrand e Helmut Kohl) della scelta dell’integrazione monetaria come anticipatrice di quella politica, è un compito da assolvere senza arrendersi all’inveterato propagandismo corrente, sapendo che il ben giustificato senso di colpa del popolo tedesco per gli orrori commessi tra 1933 e il 1945, che al momento inibisce qualsiasi voglia militarista, non può essere l’unico pilastro sul quale costruire un futuro.

Come evolverà “il potere” tedesco, riuscirà a superare la riluttanza ad assumere responsabilità solidali ben diverse da quelle assunte durante la crisi greca e da debiti sovrani, resterà un potere essenzialmente civile, saprà esprimere una qualche leadership reale? Secondo le risposte agli interrogativi che si pone Barber possono essere diverse, ma saranno sempre sbagliate se le domande saranno puramente retoriche.

­Secondo "Occhi alla Guerra"  gli Stati Uniti hanno più volte avvertito l’Italia sui rischi in caso di ingresso nella Nuova Via della Seta. E adesso, la minaccia da parte di Washington si fa sempre più seria, come dimostrato dagli ultimi richiami da parte americana nei confronti del governo italiano e della nostra Difesa.

Come riporta Il Corriere della Sera, gli Stati Uniti hanno minacciato hanno lanciato un messaggio netto. In caso di adesione italiana alla One Belt One Road, vi sarà lo “stop alla condivisione di informazioni riservate con i servizi segreti italiani e stop alla consegna di materiale ‘sensibile’, per esempio attrezzature militari, nei porti di Genova e di Trieste“.

Questa mossa è stata spiegata da due funzionari Usa allo stesso quotidiano di via Solferino. Gli americani, stretti collaboratori del consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, hanno parlato con Il Corriere in una conversazione organizzata da Garrett Marquis, l’uomo che al Financial Times ha già spiegato i rischi per l’Italia in caso di congiunzione con la Nuova Via della Seta. Un’irritazione che l’America covava da mesi e che adesso è esplosa: probabilmente anche a causa dei crescenti dissapori fra amministrazione Trump e governo giallo-verde per alcune decisioni di politica interna ed estera.

La questione, per gli Stati Uniti, è tutt’altro che conclusa. In questi giorni sono innumerevoli i richiami di Washington a Roma per quanto riguarda l’iniziativa della Nuova Via della Seta. La Casa Bianca, ha più volte affermato i rischi “per la reputazione dell’Italia” e ha addirittura messo in dubbio lo stesso ruolo all’interno della Nato.

Una notizia molto importante visto che Roma ha sempre fatto pienamente parte dell’Alleanza atlantica e anzi, proprio attraverso questo esecutivo, ha voluto confermare e sostenere il ruolo italiano all’interno del blocco occidentale. In questo senso, il fatto che Washington metta in dubbio l’essenza dell’impegno italiano nel sistema di alleanze, è una minaccia molto grave, per quanto chiaramente da provare in concreto.


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