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Cento telecamere in più in città per acquisire 'preventivamentè immagini utili in vista delle manifestazioni in occasione del 60/o Anniversario dei Trattati di Roma. È questa, secondo quanto si è appreso, una delle misure del piano di sicurezza previsto per sabato prossimo in occasione delle celebrazioni per i Trattati di Roma. Le telecamere saranno già attive giovedì 23 marzo e saranno dislocate nelle due zone di massima sicurezza e in quelle dei cortei

I negoziati per limare il testo della dichiarazione che sarà siglata il 25 marzo al Campidoglio per i 60 anni dei Trattati di Roma si sono conclusi positivamente: è stato raggiunto un compromesso per riavvicinare i Paesi dell'Est Europa del gruppo di Visegrad, scettici sulla formula dell''Ue a più velocità. A quanto si apprende, il testo potrà ora essere firmato da tutti i 27 Paesi dell'Ue.

"La cerimonia di Roma cade in un momento particolarmente importante e sarà l'occasione per insistere sulle nostre battaglie. Da quelle sulla ricerca, l'innovazione, la conoscenza a quelle sulla flessibilità e gli investimenti. Dall'immigrazione fino alla democrazia. Sì, la democrazia. Io penso che una delle sfide più grandi che abbiamo sia quella di trasferire sempre di più il potere europeo dalla burocrazia alla democrazia". Lo scrive Matteo Renzi sull'e-news in vista dell'anniversario dei Trattati di Roma.

l enorme apparato di sicurezza con le telecamere, palesi e nascoste, monitoreranno da giovedì le due zone di massima sicurezza, blue zone e green zone, e saranno utilizzate dalla polizia scientifica anche «per catturare le caratteristiche delle persone, da utilizzare nella fase, eventuale, dell'attività di identificazione di autori di violenze». Inoltre, le interdizioni al transito veicolare e pedonale saranno attive, per l'area del Campidoglio dalle ore 00.30 del 25 marzo e per l'area del Quirinale dalle ore 7 dello stesso giorno.

Inoltre, la soprintendenza speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma fa sapere che venerdì 24 marzo il Colosseo resterà chiuso dalle 19 e non si svolgeranno le visite serali 'La luna sul Colosseo. Sabato 25 marzo Colosseo, Foro Romano - Palatino e Domus Aurea resteranno chiusi per l'intera giornata. Il provvedimento è stato adottato dalla Questura di Roma per ragioni di sicurezza e per garantire il regolare svolgimento delle celebrazioni.

Sanzioni per i Paesi che rifiutano di accogliere le quote di migranti previste dall'Unione Europea: lo promette il commissario Ue per le migrazioni Dimitris Avramopoulos in un'intervista a "la stampa"

Il politico greco titolare delle deleghe per gli affari interni, le migrazioni e la cittadinanza lancia un ultimatum a quei governi - e sono tanti - che si sono rifiutati di adempire alle direttive di Bruxelles in materia di ricollocamenti. Grecia e Italia, infatti, gemono sotto il peso dell'accoglienza riservata a decine e decine di migliaia di richiedenti asilo che, in base al regolamento di Dublino III, sono obbligati a presentare domanda di protezione internazionale nel primo Stato dell'Unione in cui mette piede.

"È vero, è stato un anno e mezzo di delusioni amare - ammette Avramopoulos - Ma tra qualche mese (in autunno, ndr) questo programma si concluderà e allora sarà il momento per tutti noi di prendere delle decisioni: spero di non avere bisogno di procedure di infrazione, perché quello che è stato deciso è legalmente obbligatorio e vincolante per tutti i Paesi membri dell'Ue. E per il futuro sono fiducioso"

Al 14 gennaio scorso dei 160 mila migranti che gli Stati membri avrebbero dovuto espatriare da Grecia, Italia e Ungheria, erano stati ricollocati solo 272, pari allo 0,17%. I posti messi a disposizione dagli Stati erano invece 4237, pari al 2,5% del totale.

Mentre a Roma si discute del futuro della UE, la Francia si prepara per un cambiamento di pensiero politico :  L'irresistibile ascesa di Marine Le Pen, l'uomo nuovo Emmanuel Macron, Francois Fillon e i suoi guai giudiziari, Benoit Hamon con il partito che non lo segue, Jean-Luc Mélenchon e la sua "Francia indomita": si sono riuniti per la prima volta ieri sera i cinque principali candidati all'Eliseo per un dibattito tv a 5 settimane dal primo turno delle presidenziali, una prima assoluta in Francia.

E il candidato di En Marche, Emmanuel Macron, è risultato il più convincente almeno secondo un sondaggio realizzato dall'istituto Elabe per BFM-TV. Il giovane ex ministro, a capo di un nuovo movimento, ha convinto il 29% dei telespettatori, seguito, al 20%, dal leader della sinistra alternativa, Jean-Luc Mélenchon. Marine Le Pen, candidata del Front National, e quello dei Républicains, Francois Fillon, sono entrambi al terzo posto, al 19%. Il socialista Benoit Hamon chiude la classifica con l'11%.

Intanto dopo il referendum sul presidenzialismo del 16 aprile, la Turchia potrebbe modificare il suo rapporto con l'Europa "fascista e crudele", che non potrà più ricattarla negando l'adesione all'Ue. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, citato da Hurriyet, avvisando anche che Ankara non permetterà più lo "spionaggio" degli europei in Turchia. Il riferimento è in particolare al giornalista turco-tedesco della Welt, Deniz Yucel, arrestato a fine febbraio.

Le polemiche con l’Europa hanno raggiunto il massimo della tensione in seguito al divieto di atterraggio che le autorità olandesi hanno emesso lo scorso 10 marzo nei confronti di un aereo che avrebbe dovuto portare il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, a Rotterdam per un comizio. La situazione è poi peggiorata quando, a distanza di 24 ore, la ministra per le politiche sociali e famigliari, Fatma Betul Sayan Kaya, è stata fermata alla frontiera insieme al suo staff e giornalisti al seguito, per poi essere scortata in territorio tedesco nonostante fosse a bordo di auto con targa diplomatica, in possesso di passaporto diplomatico e fosse diretta presso il consolato turco di Rotterdam. Prima dell’Olanda era stata la Germania a vietare comizi su suolo tedesco a ministri turchi, spingendo Erdogan e Cavusoglu al contrattacco, parlando addirittura di "reminiscenze naziste e fasciste".

Dopo lo scontro con l'Olanda di qualche giorno fa, Erdogan rincara la dose affermando che i rapporti con l'Europa saranno "rivisti" dopo il referendum del 16 aprile per il comporatmento "fascista e crudele" di alcuni Paesi europei. Un atteggiamento che ricorda "i tempi che hanno preceduto la seconda Guerra mondiale", ha affermato il presidente turco. Secondo Erdogan è finito il tempo dei ricatti da parte di Bruxelles, in cui il processo di integrazione della Turchia in Europa è stato utilizzato come "arma di ricatto" nei confronti di Ankara, permettendo ai Paesi Europei di "spiare e controllare la Turchia con dei pretesti". Parole dure quelle di Erdogan che ha parlato questa mattina durante un comizio per il ’Sì' al referendum del prossimo 16 aprile, con cui la Turchia è chiamata a decidere del passaggio al sistema presidenziale, una riforma fortemente voluta dallo stesso Erdogan.

Il meccanismo di avvio della Brexit scatterà il 29 marzo. Lo annuncia Downing Street, secondo la stampa britannica. E' stato l'ambasciatore britannico a Bruxelles, Sir Tim Barrow, ad informare l'ufficio del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, della data scelta dalla premier Theresa May.

Il primo ministro Theresa May attiverà l'articolo 50 per il 29 marzo. La May dunque sembra intenzionata a rispettare gli impegni. Da tempo aveva annunciato come ultimo termine proprio fine marzo. Dopo il 29 marzo di fatto occorreranno 24 mesi perché l'uscita dall'Ue diventi effettiva. In questi due anni Londra e Bruxelles cercheranno di mediare per definire un accordo chiaro sulle modalità di addio all'Unione Europea. In questo momento la richiesta formale verrà recapitata al Presidente del consiglio europeo, Donald Tusk.

Subito dopo la richiesta dovrà arrivare una risposta dall'Ue in 48 ore. E il documento redatto da Bruxelles indicherà a Londra i tempi e i negoziati per l'uscita dall'Ue. Intanto in Gran Bretagna cresce il timore per una disgregazione del Paese. Secondo una rilevazione dell'Observer il 54 per cento dei britannici vede più probabile, dopo la Brexit, una rottura dell'unità nazionale. E l'allarme è scattato proprio dopo la richiesta da parte di Edimburgo di un nuovo referendum per l'addio della Scozia al Regno Unito. Ipotesi rifiutata dalla May che ha chiuso le porte ad una nuova consultazione. Ma il processo di addio all'Ue potrebbe essere il primo segnale di un futuro incerto per il Regno Unito.

"Siamo all'inizio del più importante negoziato per il Regno Unito nell'arco di una generazione", ha affermato in una nota il ministro per la Brexit, David Davis.

Il portavoce della Commissione Ue, Margaritis Schinas, ha confermato che l'esecutivo "è stato informato in anticipo" dal governo britannico sull'intenzione di inviare il 29 marzo la lettera che invoca l'applicazione dell'art.50 per l'uscita del Regno Unito dalla Ue. "Siamo pronti a cominciare il negoziato" ha aggiunto specificando che "subito dopo" la Commissione pubblicherà le raccomandazioni per il negoziato e che il presidente Ue, Donald Tusk, convocherà un vertice straordinario per formalizzare il mandato negoziale per Michel Barnier.

Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha confermato con un messaggio tweet che "entro 48 ore dall'invocazione dell'art.50 da parte del Regno Unito, presenterò ai 27 la bozza delle linee guida" per il negoziato. Tusk giá in occasione del Consiglio europeo di due settimane fa aveva anticipato che sarebbe stato in grado di varare le linee guida entro 48 ore.

Può bastare un libro per comprendere il caos della guerra globale in Siria? Forse, certamente un buon tentativo è stato quello profuso da Randa Kassis e Alexandre Del Valle, “Comprendere il caos siriano. Dalle rivoluzioni arabe al jihad mondiale”, pubblicato all'inizio dell'anno dalla D'Ettoris Editori di Crotone. Quasi quattrocento pagine dense di nomi, di sigle, gruppi, movimenti, di fatti, avvenimenti ben documentati sulla sanguinosa guerra che impazza ormai dal 2011. Leggendo questo libro si comprende ancora una volta che per capire il presente, l'attualità, è indispensabile conoscere, studiare la Storia, soprattutto per decifrare il ginepraio siriano. Infatti non è un caso che il testo dei due autori nel 1 capitolo affronta,“le radici storiche del mosaico e del caos siriani”. E' corretta la frase  di Giovanni Cantoni, fondatore di Alleanza Cattolica, quando dice:“Chi sbaglia Storia, sbaglia politica”

Gli autori aiutano molto a “comprendere il caos siriano”, nonostante affrontino temi abbastanza complessi come quello degli intrighi politici e delle minoranze religiose, delle distinzioni a volte sottili, all'interno dello stesso islam sunnita o sciita.

“La Siria è diventata l'epicentro di un conflitto che oppone da una parte i democratici alle dittature nazionaliste e ai fondamentalisti islamisti, e dall'altra l'asse sciita – fra cui il regime di Bashar al-Assad, Hezbollah e l'Iran - a quello sunnita, sempre più totalitario”. Del fronte sunnita fa parte il neo-califfatto dell'Isis, lanciato all'assalto del mondo intero.

Randa Kassis è scrittrice e antropologa siriana, fondatrice del movimento per una società pluralista e già membro del “Consiglio nazionale siriano”(CNS), da cui è uscita a causa dell'influenza delle componenti islamiste. Mentre Alexandre Del Valle, è uno studioso di geopolitica, professore, editorialista autore di diversi libri sull'islamismo radicale e sul terrorismo islamico.

I due per aiutarci a comprendere meglio la complessa situazione siriana, partono da una analisi storica e sociale del Paese siriano. Dimostrano che l'Occidente ha sbagliato nel promuovere la cosiddetta “primavera araba”, rapidamente trasformatasi in un “inverno islamista”. Nel libro dopo aver raccontato la guerra, con documenti alla mano, propongono una transizione politica che porti a una soluzione federale del complesso mosaico del Paese, l'unica che possa garantire la pace e un 'vivere insieme' senza che un gruppo tiranneggi un altro. Però,“nessuna soluzione potrà mai trovarsi in Siria – sostengono gli autori – escludendo dalla concertazione la Russia, l'Iran e lo stesso regime di damasco, il quale non è solo 'parte del problema' ma anche 'della soluzione'”.

Per gli autori del libro pubblicato da D'Ettoris Editori il principale errore dell'Occidente, degli Usa e quindi dell'Europa, è quello“di rifiutarsi di individuare il vero e principale nemico nel totalitarismo islamista”. E' un nemico che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno:“ci fa la guerra sia col terrorismo, il jihad globale, sia attraverso un proselitismo neo-imperiale sponsorizzato dagli 'strani amici' sunniti del Golfo”.

Gli autori mettono a nudo la politica europeista del multiculturalismo, della penetrazione degli islamisti radicali nelle nostre società, indebolite dal politicamente corretto e dai sensi di colpa di una certa politica progressistoide che ci sta portando al suicidio completo.

Nell'introduzione i due autori ricordano uno dopo l'altro i vari attacchi dell'islamismo totalitario, rappresentato dai tanti”islamikaze”, come quello nel mercatino di Natale a Berlino. E poi di tutti gli altri che si sono susseguiti nel cuore dell'Occidente. Che cosa ci insegnano queste stragi? Che ormai in tutti i paesi europei anche quelli più 'aperti', esterofili, immigrazionisti, come la Germania sono dei bersagli del totalitarismo islamista armato che ha dichiarato guerra a tutte le società aperte e occidentali.

Gli autori puntualizzano un aspetto fondamentale: “la Siria non è la Libia”. Infatti, “i precedenti dell'Iraq(2003) e della Libia(2011) costituiscono una clamorosa smentita a questo punto di vista allo stesso tempo ingenuo e pericoloso fondato sul concetto del 'regime change', dato che hanno dimostrato che il rovesciamento di dittature che osteggiano i loro nemici islamisti per mezzo di bombardamenti aerei omicidi non è mai riuscito a rendere più pacifici gli Stati colpiti, e nemmeno a calmare la loro 'collera', che trova sempre nuovi pretesti...”.

I due ribadiscono che “la Siria non è un paese arabo qualsiasi. La sua storia e la posizione geografica eccezionale fanno di essa una delle nazioni più strategiche e più antiche del vicino Medio Oriente”. Ed è proprio così, come possiamo notare dalla lettura del 1 capitolo, dove si constata che la Siria affonda le sue radici nell'antichità e la cui islamizzazione, iniziata a partire dall'VIII secolo con le invasioni arabe (fath). Il saggio della Kassis e Del Valle ci fanno conoscere degli aspetti storici sulla Siria poco conosciuti. E' qui che sono apparse le prime forme di urbanizzazione, che risalgano all'anno 3000 a.C. Si può citare la città di Biblo, nel vicino Libano, insieme a Damasco, la cui fondazione risale intorno all'anno 5000 a.C. Quindi in Siria prima della nostra era, si costruivano città, templi religiosi, statue come gli Egizi.“La lista dei progressi di cui la Siria è stata il luogo d'incubazione è impressionante: questa terra, che è un crocevia, ha scoperto l'arte di utilizzare il rame e di fabbricare delle elghe come il bronzo, la coltura del grano- innovazione fondamentale che permise all'uomo di sedentarizzarsi e di fondare una vita sociale e urbana- o ancora la prima nota di musica”. Ma soprattutto è in Siria, vicino Lattakia,“che fu inventato il primo lafabeto, antesignano di quello greco, latino, arabo, etc”.

In Siria, insieme alla Palestina, al libano, alla Grecia antica e l'Egitto, è uno dei luoghi di nascita del cristianesimo. Poi fu luogo di passaggio dei pellegrini cristiani che si recavano a visitare la tomba di Cristo e uno dei campi d'azione privilegiati delle crociate. “Antiochia fu il primo grande centro di propagazione della fede cristiana e uno dei luoghi principali dello sviluppo della teologia cristiana, impregnata di filosofia ellenistica”. Fu la prima Chiesa nel 37 d.C. Fondata da San Pietro in persona. Poi altre città siriane si sono cristianizzate. Tuttavia sin dall'antichità la Siria è stata ben lungi dall'essere un paese omogeneo.

Le rivalità e le controversie teologiche tra cristiani e dell'Impero romano d'Oriente greco-bizantino, favorirono la conquista arabo-musulmana proveniente dal deserto dell'Arabia dopo la morte di Maometto e l'instaurazione dei primi imperi o califfati. “E in questo contesto che nel 639 Damasco, attuale capitale della Siria, venne conquistata in nome del Jihad dagli arabi recentemente islamizzati”. Naturalmente il prestigioso centro di civiltà rivestiva un interesse particolare per i conquistatori arabo-musulmani, che ne fecero la nuova capitale del nuovo impero omayyade. Pare che i jihadisti dello Stato islamico, la cui strategia si basa sul terrore del jihad, sono ispirati da questo impero.

Non possiamo intrattenerci a fare la storia dei vari domini arabo musulmani o di quello turco-ottomano. Rimandiamo alla lettura del saggio. A questo punto è opportuno dare uno sguardo alla storia recente del partito Baath o Hizb al-Baath al-Arabi (“partito del risorgimento arabo”), che propugna l'idea di uno Stato arabo transnazionale che si basa su due pilastri: il nazionalismo e il socialismo. L'obiettivo principale è quello di realizzare l'”unità araba” e di portare a termine l'”indipendenza del mondo arabo, dal Marocco al Golfo persico”. I due centri politici e fratelli del movimento sono la Siria e l'Iraq. Una volta preso il potere “entrambi i Baath divennero partiti di massa il cui ruolo è quello di inquadrare la popolazione”. Praticamente, “non sono altro che strumenti di controllo di quest'ultima e di legittimazione del potere”. Il partito Baath ostile al califfato della Umma al-islamiyya, che deve riunire tutti i musulmani del mondo. Il Baath preferisce quello della Umma al-arabiyya, della nazione araba allargata e unita da un'ideologia secolare socializzante e panaraba.

Pertanto in Siria, il Baath entra in conflitto con i“Fratelli musulmani, che preconizzano il ritorno alla sharià e la rifondazione progressiva del califfato in nome di una nozione teocratica, anti-socialista e anti-modernista della società”.

Il partito Baath si consolida in Siria con il clan alauita della famiglia Assad, il generale Hafez al-Assad e poi ora con il figlio Bashar al-Assad. Gli alauiti dai responsabili e saggi sunniti sono considerati dei semplici “apostati”, assimilabili ai pagani.

Con lo scoppio delle varie primavere arabe, e con la caduta dei regimi a Tunisi e a Il Cairo, anche in Siria iniziarono le rivolte, il regime di Bashar all'inizio fa delle aperture ma dopo pochi mesi ritira tutte le aperture, intanto l'opposizione aveva creato il Consiglio nazionale siriano (CNS) e l'ESL e così la guerra civile fu inevitabile. Si arriva ben presto allo scontro totale, i sauditi dell'Arabia Saudita che credono nella nozione totalitaria del sunnismo (wahhabismo/salafismo)si rallegrerebbero di vedere la Siria finalmente sotto il controllo di sunniti intransigenti e ostili a ogni forma di laicità e di pluralismo religioso, al contrario degli alauiti e del partito Baath. Anche se i sauditi e le petromonarchie del Golfo secondo gli autori del libro, fanno un gioco pericoloso, perchè nello stesso tempo non sono visti di buon occhio dai jihadisti salafiti dallo Stato islamico (Daesh Isis), che li accusano di essere corrotti al soldo degli americani.

In pratica i due autori vedono un conflitto totale tra sciiti e sunniti, sullo sfondo di una “nuova guerra fredda” tra l'Occidente e la Russia di Putin. Ma si spera che non succeda ora che c'è Trump alla presidenza americana.

Intanto la guerra civile siriana “è divenuta in gran parte una guerra confessionale, in un contesto di guerra per procura che contrappone l'Iran ai suoi nemici rappresentati dalle monarchie sunnite del Golfo, e di rivalità tra grandi potenze regionali e mondiali[...]vi sono tante guerre dentro la guerra e molte fonti di conflitto”.

Per concludere secondo Kassis e Del Valle, il teatro operativo siriano costituisce, “l'epicentro di uno scontro politico-religioso molto più esteso, che ha incendiato tutta la regione dopo il sorgere del caos iracheno instaurato dall'invasione americana del 2003 e in seguito alle rivoluzione arabe, che hanno riaperto la 'guerra civile' o Fitna tra sciiti e sunniti”. La proclamazione dello Stato islamico all'inizio del luglio del 2014 da parte di Abu Bakr al-Baghdadi “è stata la conseguenza diretta di tutto ciò”.

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