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Quando milioni di persone di tutta Europa riemergeranno dai blocchi imposti dalla pandemia da coronavirus avranno il forte desiderio di intrecciare le esistenze seguendo un modello di "blended living" ovvero lavoro, socializzazione ed educazione vissuti insieme. Un modello pionieristico di The Student Hotel diffuso in più paesi. Lo ha dichiarato il fondatore del gruppo Charlie MacGregor in un'intervista video sull'aggiornamento operativo - il secondo di una serie.

"Penso che la novità, o il desiderio di lavorare da casa per molte persone sia esaurito ... gli esseri umani vorranno sempre più essere vicini gli uni agli altri: imparare, lavorare, condividere esperienze, prendere un caffè, o un cocktail insieme. Riteniamo che il concetto di "vita mista" di TSH sia qualcosa che sarà sempre più desiderato ... sopratutto da parte delle generazioni future" ha detto MacGregor.

Charlie MacGregor ha messo in evidenza l'esempio dell'Italia dove il Covid-19 ha colpito per primo in Europa e in modo così aggressivo. Proprio nel paese dove TSH ha un piano di investimento e di sviluppo alberghiero tra i suoi più importanti.

“L'italia è la nostra seconda casa. Ne siamo assolutamente innamorati. Conosciamo molte persone e sentiamo e condividiamo profondamente il loro dolore e i momenti difficili che stanno attraversando. Guardando i giovani di questo paese pensiamo che l'Italia abbia un enorme potenziale, quando osserviamo le sue università, il mondo degli affari e ovviamente le sue infrastrutture con treni ad lata velocità che collegano tutte le città ... c'è qualcosa nell'aria che consente agli italiani di vedere il lato positivo di questi giorni bui", ha aggiunto MacGregor.

“In tutti i nostri progetti di costruzione, creiamo dei "buffer", delle scorte di sicurezza per i ritardi e con questi "buffer" siamo ancora in grado di raggiungere i nostri obiettivi. (A Torino) abbiamo assicurato il progetto e stiamo attraversando il processo di pianificazione. Siamo ancora molto lontani dall'avvio della costruzione ma riteniamo che uno o due mesi di blocco non influenzeranno su questo progetto."

MacGregor ha affermato che è difficile vedere uno spiraglio di luce tra le attuali nuvole scure, ma un'area in TSH ste beneficiando, la crisi si è rivelata un catalizzatore per l'accelerazione dell'adozione delle nuove tecnologie da parte dell'azienda.

“Da un punto di vista professionale e commerciale, siamo stati impegnati nella implementazione tecnologica. Questi strumenti sono sempre difficili da integrare quando gestisci un hotel completo che funziona a tutta velocità. A causa di questa crisi, ovviamente, ci sono molte meno prenotazioni e mentre abbiamo ancora ospiti negli hotel, siamo anche in grado di disporre questi aggiornamenti e upgrade tecnologici molto, molto più velocemente. Riteniamo che al termine di questo blocco, saremo pienamente operativi, con una piattaforma tecnologica nuova di zecca, a partire da un nuovo sito web, un nuovo motore di prenotazione, un nuovo sistema di gestione delle proprietà e un nuovo sistema di gestione delle entrate", MacGregor ha concluso.Ringrazio Cecilia Sandroni e Italiens PR per questa intervista di Charlie Mac Gregor

Grandissima partecipazione di fedeli ieri, 15 aprile, al “Rosario per l’Italia” recitato nel Santuario di Pompei e trasmesso da Tv2000 e InBluradio. Per la quinta volta, dopo il primo appuntamento del 19 marzo, l’Italia si è rivolta in preghiera a Maria chiedendoLe l’intercessione presso Dio affinché si arresti la pandemia di coronavirus.

A guidare la recita della preghiera, durante la quale sono stati meditati i Misteri della Gloria, è stato l’Arcivescovo, monsignor Tommaso Caputo, che, ad ogni Mistero, ha legato una particolare intenzione di preghiera.    

Gli scritti del Beato Bartolo Longo, fondatore del Tempio mariano e delle Opere di Carità, e quelli del Servo di Dio monsignor Francesco Saverio Toppi, arcivescovo della città mariana dal 1990 al 2001, hanno introdotto e ispirato la preghiera. «Il beato Bartolo Longo, nei “Quindici Sabati”, invita ad entrare spiritualmente nel cenacolo per pregare con Maria, attendere fiduciosamente e desiderare con Maria il Consolatore». È stato il responsabile della Casa Famiglia “Oasi Vergine del Sorriso” a leggere questo passo tratto dai pensieri di monsignor Toppi che, poi, invita ad entrare «ancora nel cenacolo, come suggerisce il nostro beato» e a trattenerci «con Maria ad implorare una rinnovata Pentecoste per noi e per la Chiesa».

Il “Rosario per l’Italia” ha visto la partecipazione anche della Madre Generale delle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei”, di un Fratello delle Scuole Cristiane, di un altro responsabile delle Case Famiglia del Santuario, della presidente diocesana di Azione Cattolica e di una dottoressa che hanno recitato l’Ave Maria, e del vice rettore della Basilica che ha invece letto il Vangelo e recitato le Litanie.

«La preghiera dà conforto e speranza» – ha detto monsignor Caputo nell’introdurre la recita del Rosario. «Mediteremo sui Misteri della Gloria per ravvivare la nostra fede in Gesù morto e risorto, e per rinsaldare la nostra speranza in Lui che è la Risurrezione e la vita. Nel commentare la Risurrezione di Gesù dal sepolcro, Bartolo Longo scrisse: “Spuntava appena l’alba del terzo giorno e Gesù in un istante risorge da morte ed esce dalla tomba chiusa, come era uscito dal seno immacolato di sua Madre”. No, non siamo stati creati per la morte e l’angoscia, né per la tristezza e le tenebre, ma per la vita, la gioia, la luce!».

Nelle intenzioni sono state ricordate le vittime del terribile virus, in particolare il personale medico, i sacerdoti e gli anziani. Non è mancata la preghiera per il Papa e per coloro che «ci governano: abbiano sempre volontà e impegno di mettersi a servizio degli altri con perseveranza e gratuità».

Ad animare il “Rosario per l’Italia”, rispettando le distanze sociali e con la consueta grande capacità di guidare la preghiera con la musica, sono stati don Franco Di Fuccia, all’organo, e le Suore Domenicane.

12 aprile 1927 è un martedì. Quest'anno l'anniversario della sua morte è stato il giorno della resurrezione. Il medico dei poveri, San Giuseppe Moscati nasce nel 1880,130 anni fa, e muore il martedì santo dell'aprile del 1927. Preludio di quella santità che verrà ufficializzata da San Giovanni Paolo II nel 1987. Il giorno della sua festa, il 12 aprile, si recita la preghiera di guarigione per gli ammalati e mai come in questo momento è più opportuna. 

Moscati si laurea in medicina il 4 agosto 1903 e subito entra negli Ospedali Riuniti degli Incurabili diventandone primario nel 1919 dopo che, per restare tra i suoi malati, aveva rinunciato alla cattedra universitaria e all'insegnamento (1917). La libera docenza arriva ugualmente nel 1922 grazie ai suoi titoli che lo esonerano dalla prova pratica e dalla lezione tale era infatti la sua fama. Muore a soli 46 anni e nel 1930 i suoi resti sono traslati nella chiesa di Gesù Nuovo o della Trinità Maggiore nel centro di Napoli. Chiesa barocca dei Gesuiti con all'interno numerose cappelle, la seconda della navata di destra è dedicata a San Giuseppe Moscati e a sinistra dell'altare si accede all’oratorio del santo dove è possibile vedere libri, foto, rosari, gli arredi della stanza da letto e dello studio che la sorella ha donato ai Gesuiti di Napoli. 

Il medico Moscati sosteneva lo stretto rapporto tra scienza e fede e come ricercatore e scienziato aveva ben presente che l'unica scienza incrollabile era quella rivelata da Dio. Tutto il resto andava indagato e continuamente sottoposto a critica e ricerca. Una particolare attenzione metteva nell'insegnamento pensando alle "qualità dei futuri medici, prendendo anche pubblica posizione affinché non venisse in alcun modo mortificata la loro preparazione e e formazione". Così si esprime San Giovanni Paolo II durante l’omelia del rito di canonizzazione del 25 ottobre 1987. In quell'occasione il Santo Padre evidenzia anche la novità nell'approccio medico-paziente: "Il calore umano con cui il Moscati visitava premurosamente i malati, specie i più poveri e abbandonati (…) era tale che la gente lo cercava; il suo tratto era ricco di quella bontà rispettosa e delicata, che Gesù Cristo diffondeva intorno a sé quando andava per le strade della Palestina facendo del bene e sanando tutti (cf. At 10,38). Fu quindi anticipatore e protagonista di quella umanizzazione della medicina, avvertita oggi come condizione necessaria per una rinnovata attenzione e assistenza a chi soffre". Medico, primario ospedaliero, ricercatore, docente universitario di fisiologia umana, e di chimica fisiologica, ma anzitutto il medico dei poveri e dei bisognosi. Vicino al suo cappello su una sedia del suo studio c'era e ancora si può vedere una scritta: "chi ha metta, chi non ha prenda". Questo era lo spirito del servizio di Moscati e questa frase l'abbiamo vista riproposta su un cesto con dei cibi per chi è nella necessità nella sua Napoli al tempo del coronavirus: la sua eredità è viva. 

San Giuseppe Moscati prega per noi.

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