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Giovedì, 01 Maggio 2025

La Presidente Monica Corte della Lega Navale Italiana Chiavari-Lavagna, con il significativo contributo di Claudia Sanguineti giornalista addetta stampa della Lega Navale Italiana, in collaborazione con l’azienda Cannon e il patrocinio del Comune di Chiavari, in provincia di Genova, ha organizzato la mostra, con ampio successo di pubblico, sull’artista “Nitti” presso il nuovo magazzino culturale della Lega Navale di Chiavari, dalla stessa ideato, al porto turistico di Chiavari. 

Stefano Risso, “Nitti”, è nato il 22 agosto 1934 a Taranto, dove il padre Luigi, ufficiale di Marina, era stato destinato. La carriera militare del padre lo portò a vivere gli anni dell’infanzia a Venezia per poi tornare a Chiavari, città d’origine della famiglia. Durante il secondo conflitto mondiale il piccolo Stefano, insieme alla mamma, sulla banchina a Trieste salutò il papà che partiva con la nave da lui comandata e che fu affondata al largo di Otranto da un siluro inglese. Per Luigi Risso, poi decorato con medaglia d’argento al valor militare, non ci fu mai una tomba su cui piangere. La tragedia influì profondamente sulla vita del giovane Stefano, a cui la madre proibì di seguire la carriera paterna. In età adulta e sul lavoro veniva chiamato “Nitti”, così come lo aveva soprannominato una volta l’attendente del padre. Stefano conseguì nel 1959 la Laurea con lode in Ingegneria Meccanica all’Università di Genova, con specializzazione in Macchine Navali che lo avrebbe abilitato alla carriera di ufficiale di macchina. Tutta la sua carriera scolastica, per la sua bravura, fu finanziata con borse di studio, mancando in famiglia il sostegno economico del padre. Nel 1962 entrò nel gruppo Grace, gigante americano di film e processi di imballaggio per packaging alimentari a Passirana di Rho. La sua naturale propensione alla comunicazione e la passione per la meccanica lo portarono a progettare e vendere negli anni ’70 questi impianti nell’Europa dell’Est e nel Medio Oriente. Nel 1971 si sposò con Andreina Varani e formarono insieme una coppia inseparabile per tutta la vita. Nell’ottobre 1973, interessato alle prime applicazioni della schiuma poliuretanica, Stefano trovò impiego presso la Cannon Afros dove per i primi tempi ricoprì un incarico tecnico, ma successivamente si dedicò alla vendita e allo sviluppo dei mercati nei Paesi dell’Est. Tramite la Società Coeclerici di Genova, Risso aprì il mercato russo, dove ancora oggi Cannon è presente con una filiale diretta ed è leader nel suo settore. La sua facilità ad imparare le lingue straniere e a comunicare concetti di tecnologia tramite il disegno lo portarono ad occuparsi di altri mercati multilingue dell’Est Europeo, nonché a dedicarsi all’introduzione della tecnologia Cannon nel mercato cinese fin dal 1983; anche in questo mondo in grande crescita Nitti ha assicurato a Cannon la leadership sul mercato nei decenni successivi.  Egli fu in grado così spesso di proporre un sistema completo di ingegneria, comprendente non solo i macchinari espressamente sviluppati dal gruppo per cui lavorava, ma tutto quanto serviva per le prime produzioni in quei mercati emergenti. Dopo il pensionamento nel 2004, mantenne un rapporto di consulenza ed amicizia con Cannon, ma si dedicò sempre più ai suoi hobby: la vela e la storia della navigazione. Oltre alla fotografia e al disegno, una delle sue passioni era il modellismo navale, che esercitava costruendo, in legno, sezioni di antichi galeoni riprodotti in ogni minimo dettaglio.

Nitti è mancato il 28 dicembre 2014 all’ospedale di Sestri Levante (GE) dopo una lotta coraggiosa contro la malattia che si era manifestata esattamente un anno prima. E’ stato una delle pietre miliari della storia del Gruppo Cannon, al quale ha lasciato tanti ricordi, tanti successi e tanto affetto. Alla fine degli anni ‘80 nacque in Cannon l’idea di produrre un calendario poster “di lavoro”, dove i clienti potessero segnare gli appuntamenti più importanti. Risso si mise con passione al lavoro per realizzarlo. Per l’anno 1992 (quinto centenario della scoperta dell’America) realizzò un poster con le tre caravelle di Colombo. Per il 1993 seguì un calendario molto “grafico” realizzato con un’atmosfera cromatica piuttosto cupa, a significare la preoccupazione per la crisi economica in corso. Il primo calendario della serie “L’Evoluzione Continua!” fu realizzato per il 1994. Illustrava come le varie tecnologie Cannon per la plastica venivano praticate nella Preistoria. Puro Fantasy, ovviamente… Il poster ebbe successo e si decise di continuare. Ha rappresentato ogni anno un flash nella Storia, inserendo scherzosamente prodotti e personaggi del Gruppo Cannon, e immancabilmente lui stesso, Andreina e i loro cani. Divenne ben presto un oggetto di culto presso clienti e dipendenti del Gruppo, che ha persino differenziato l’attività promozionale della Cannon da quella dei concorrenti. Stampato in migliaia di copie, per molti anni raggiunse clienti in tutti i Paesi del mondo che così spesso volevano averne ulteriori copie da esporre nelle loro sedi; ebbe anche una grossa diffusione nelle scuole, nelle università e persino in negozi di pregio, che richiedevano regolarmente l’edizione dell’anno successivo. Risso iniziava ogni calendario partendo da un foglio di cartoncino (rigorosamente Fabriano!) da 70x100 cm, quindi in rapporto 1:1 con il poster finale. Ad una prima fase di abbozzo, eseguita a matita per posizionare le varie scene del poster, seguiva una lunga fase di ripasso ad inchiostro di china, realizzata con una penna Rapidograph con pennino da 0,1 mm. Ogni dettaglio del disegno, compresa la riproduzione di tutte le zone in ombra, ottenute con una trama fittissima di righe perfettamente parallele, veniva definito in questo modo. Questa fase del progetto poteva durare anche due mesi, generalmente i più caldi dell’estate. Risso lavorava in un laboratorio nel piano interrato della sua abitazione, i cui locali erano decorati dalle sue riproduzioni di splendide carte geografiche antiche e di bandiere navali dei porti di tutto il mondo. Al termine del disegno a china il progetto veniva valutato per qualche giorno. Se si accorgeva di qualche evidente errore, Nitti ritagliava la parte interessata del cartoncino e la sostituiva con una “toppa” in uguale materiale, incollata dal retro, su cui ridisegnava a china la scena corretta. A questo punto iniziava la fase di colorazione, realizzata con acquerello e tecnica mista, utilizzando pennelli di incredibile finezza per riuscire a delineare i dettagli di ogni singolo personaggio, anche quelli più microscopici che riempivano di gente le scene di massa, piene di figure umoristiche, bandiere -rigorosamente riferite all’epoca del soggetto trattato in quel calendario- e soluzioni tecnologiche realizzate con i materiali disponibili in quel periodo. Effettuata una scrupolosa verifica per controllare che ogni minimo dettaglio fosse colorato correttamente – ed apportate le ultime microscopiche correzioni – il poster veniva firmato a china e consegnato allo studio grafico per la digitalizzazione e la stampa. Una paginetta di commento, tradotta in varie lingue, ha sempre facilitato la lettura del calendario, guidando il lettore alla scoperta di tutti i dettagli umoristici o tecnologici nascosti nel disegno.

Il caso straordinario di un padre e un figlio, entrambi pittori e disegnatori di eccezionale talento, sarà protagonista ai Musei Capitolini nelle sale di Palazzo Caffarelli dal 15 maggio al 25 agosto 2024 grazie alla mostra “Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento”, promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Associazione MetaMorfosi, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura

L’esposizione, a cura di Claudia La Malfa, intende illustrare, attraverso una selezione di dipinti, disegni e documenti d’archivio, il talento del pittore fiorentino Fra’ Filippo Lippi (Firenze 1406-Spoleto 1469) e quello di suo figlio Filippino (Prato 1457-Firenze 1504).

In mostra alcuni capolavori dell’arte di Filippo Lippi su tavola, dalla magnifica Madonna Trivulzio del Castello Sforzesco di Milano, manifesto della pittura del Lippi della quarta decade del Quattrocento, alla Madonna con angeli e committente della Collezione Cini di Venezia in cui si mostra il modo in cui il Lippi conia un linguaggio intimo per la devozione privata. Il doppio registro, ufficiale e privato, della produzione pittorica del Lippi si propone in mostra anche attraverso l’accostamento di due piccole tavole della Galleria degli Uffizi, raramente esposte al pubblico, raffiguranti l’Annunciazione della Vergine e i Santi Antonio Abate e Giovanni Battista con due tavole di grandi dimensioni raffiguranti i Santi Agostino e Ambrogio, Gregorio e Girolamo della Pinacoteca dell’Accademia Albertina, Torino, che originariamente formavano i laterali di un trittico la cui parte centrale è oggi conservata al Metropolitan Museum di New York.

La sezione di dipinti di Fra’ Filippo Lippi è corredata da un nucleo di documenti provenienti dagli archivi di Firenze e di Spoleto. In essi non solo emerge la rete di contatti del pittore con Cosimo de’ Medici e con il re di Napoli, ma è anche narrata, non senza una certa ironia, la storia del rapimento da parte del pittore di Lucrezia Buti dal convento a Prato in cui si trovava la giovane diciassettenne a studiare, la fuga d’amore dei due e la nascita del figlio Filippino.

Il percorso espositivo include una selezione di importanti disegni, concessi in prestito dalla Galleria degli Uffizi e dall’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, in cui si evidenzia il debito di Filippino Lippi oltre che con il padre, nella cui bottega si forma, anche con Sandro Botticelli nella cui bottega fiorentina Filippino entrò in seguito alla morte del padre del 1469.

In mostra il capolavoro di Filippino Lippi: l’Annunciazione dei Musei Civici di San Gimignano. Nell’opera, realizzata in due separati tondi su tavola, Filippino Lippi conia le geometrie prospettiche e l’intima narrazione degli interni del padre con il respiro più ampio delle figure sinuose di Botticelli, in un’inedita concezione del contrappunto pittorico tra una nuova profondità prospettico-paesaggistica e un primo piano caratterizzato da preziosi colorismi e trasparenze che determinerà la fortuna di Filippino Lippi nella grande produzione pittorica delle ultime decadi del Quattrocento sia a Firenze che a Roma.

In mostra è incluso anche un disegno di Filippino Lippi proveniente dall’Accademia di Venezia che illustra l’ingegnosa invenzione realizzata nell’impresa ad affresco per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma nella cappella del cardinale napoletano Oliviero Carafa. La parete della cappella dove sono raffigurate l’Annunciazione alla Vergine e l’Assunzione della Vergine è infatti una scatola cinese di immagini all’interno di immagini il cui ingegnoso meccanismo verrà svelato in mostra attraverso l’esposizione del disegno prestato dall’Accademia di Venezia. Apice della produzione pittorica di Filippino Lippi, la Cappella Carafa è un condensato di citazioni dall’antico – le grottesche, la statua equestre del Marco Aurelio che all’epoca si trovava ancora a San Giovanni, il grande fregio antico che si trovava a San Giovanni, la statua di re barbaro prigioniero oggi nel cortile dei Capitolini, la piccola statua di putto che gioca con oca, – che rivelano il fascino incondizionato di Roma sulla produzione artistica dei maestri del Rinascimento.Il catalogo, edito da Gangemi Editore, è a cura di Claudia La Malfa 

Vita e eredità degli artisti

Maestro assoluto della stagione dorata del Rinascimento fiorentino, Fra’ Filippo Lippi si forma nel convento dei carmelitani di Santa Maria del Carmine di Firenze dove cresce studiando le opere dei grandi maestri che vi avevano lavorato nel corso del Trecento e studiando i dipinti che Masolino e Masaccio stavano realizzando tra 1424 e il 1425 nella Cappella Brancacci.

Al contatto con questi due maestri, Filippo Lippi acquisisce gli strumenti per una moderna concezione di volumi tridimensionali costruiti da luce e colore e per il suo ingegno nella costruzione di spazio pittorico concepito prospetticamente. Nascono così i capolavori della produzione pittorica del Lippi che comincia la sua attività muovendosi nella fitta rete di contatti dei carmelitani in Italia. Ancora giovane, il Lippi si reca a Padova sviluppando un linguaggio pittorico che diventa il punto di contatto, insieme con le opere di Donatello e Leon Battista Alberti, tra la cultura artistica della Firenze di Cosimo de’ Medici e quella del Nord Italia.

Se è vera la testimonianza di Giorgio Vasari che l’artista fu catturato dai Mori sul mare di Ancona in una giornata in barca, per poi essere liberato dopo aver dipinto a carboncino l’immagine del loro signore, il Lippi dovette vivere una vita avventurosa che lo vide negli anni Cinquanta a Prato, dove dipinge gli affreschi per il coro della Pieve, e dove seduce e rapisce la bella e giovanissima ragazza del convento della città, Lucrezia Buti, dal cui amore nasce Filippino Lippi.

Filippino Lippi nacque a Prato nel 1457 da dove si sposta a Spoleto nel 1467 sempre assieme al padre impegnato nella sua ultima grande impresa pittorica, la tribuna della Cattedrale di Spoleto. Nel 1472, qualche anno dopo la morte del padre, Filippino, probabilmente quindicenne, è documentato “dipintore con Sandro di Botticello”. La relazione fra Botticelli e i due Lippi è singolare. Botticelli aveva svolto il suo discepolato presso Filippo Lippi, da cui aveva appreso i rudimenti di una pittura di linea e colori, e un’idea narrativa fatta di figure in pose piene di grazia. A sua volta Filippino, figlio di Filippo, si forma nella bottega di Botticelli, di lui poco più anziano, dove acquisisce anche parte degli elementi stilistici del padre. Questa triplice confluenza spiega una certa uniformità di linguaggio stilistico che si manifesta nella pittura fiorentina del Quattrocento, pur nella peculiarità espressiva di ciascuno di questi artisti dalla personalità unica.

Nel 1481 Filippino è a Firenze dove si iscrive alla Confraternita di San Paolo alla quale non solo sono associati i pittori Domenico Ghirlandaio e suo fratello Davide, ma anche il signore di Firenze Lorenzo de’ Medici e il poeta Angelo Poliziano, con i quali intratterrà rapporti di lavoro. Nei primi anni Ottanta del Quattrocento Filippino riceve l’incarico di completare gli affreschi della Cappella Brancacci al Carmine, cioè quegli affreschi che tanta importanza avevano esercitato sulla formazione di suo padre Filippo. Arrivano poi gli incarichi importanti: i tondi per il Palazzo Comunale di San Gimignano, in mostra, magnifica prova di uno stile maturo capace di creare una nuova intimità monumentale in spazi quotidiani dove il divino si manifesta improvvisamente attraverso la perfezione della luce; la pale d’altare per Tanai de’ Nerli, Rucellai, per Prato, Lucca e Bologna, e la Visione di San Bernardo (c. 1484-86) commissionata da Piero di Francesco del Pugliese per la cappella di famiglia nel convento delle Campore dei monaci di Badia fuori Porta Romana a Firenze.

Nel 1487 Filippino riceve la chiamata da parte del potente banchiere Filippo Strozzi, ma viene subito dopo convocato, nel 1488 a Roma dal cardinal Carafa per dipingere la sua monumentale cappella privata nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, indicato da un suggerimento di Lorenzo de’ Medici. L’esperienza romana segna un’ulteriore tappa nell’invenzione figurativa di Filippino sia nelle opere su tavola sia negli affreschi della Cappella Strozzi cui lavora al suo ritorno a Firenze. Filippino Lippi muore improvvisamente all’età di 47 anni il 18 aprile 1504.

 Fonte Zetema

È aperta da sabato 20 aprile a domenica 24 novembre 2024, la 60a Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, a cura di Adriano Pedrosa e prodotta dalla Biennale di Venezia. La pre-apertura ha luogo nei giorni 17, 18 e 19 aprile, la cerimonia di premiazione e inaugurazione si svolgerà il 20 aprile 2024.

Prima dell’apertura del 20 aprile, la ministra finlandese della Scienza e della Cultura, Sari Multala, accompagnata dall’ambasciatore di Finlandia in Italia, Matti Lassila,  presenzia all'inaugurazione, nel Padiglione Aalto, della mostra finlandese alla 60a Biennale d'Arte di Venezia il 17 aprile; visita. tra gli altri, anche i padiglioni dei paesi nordici, dei Paesi Bassi, dell'Ucraina, degli Stati Uniti e dell'Islanda.

 Il Padiglione Finlandia presenta una mostra dal titolo The pleasures we choose, “I piaceri che scegliamo”. Commissario: Raija Koli, Frame Contemporary Art Finland; Curatore: Yvonne Billimore & Jussi Koitela; Espositore: Pia Lindman, Vidha Saumya, Jenni-Juulia Wallinheimo-Heimonen

Sede: Giardini

 “Gli artisti finlandesi hanno preso parte alla Biennale di Venezia sin dalla sua ideazione.  L'importanza della Biennale di Venezia sull'arte contemporanea europea e sugli artisti e professionisti dell'arte finlandesi non può essere sottovalutata. In questi tempi in cui ci sono così tanti gravi conflitti nel mondo, l’arte e la cultura, insieme alla cooperazione internazionale e allo scambio di idee, svolgono un ruolo sempre più importante”, dichiara la ministr Multala.

 Il Ministro Multala ha in programma di presenziare anche all'inaugurazione della mostra presso il Padiglione Nordico.  Quest’anno, la Svezia è responsabile della mostra del Padiglione, intitolata “The Altersea Opera”; Commissari: Gitte Ørskou, Moderna Museet, Leevi Haapala, Kiasma Museum of Contemporary Art / The Finnish National Gallery, Ruben Steinum, Office for Contemporary Art Norway (OCA); Curatore: Asrin Haidari; Espositori: Lap-See Lam con Kholod Hawash e Tze Yeung Ho. Sede: Giardini

La Biennale di Venezia è la più antica biennale d’arte contemporanea al mondo.  Si tiene ogni due anni e riunisce nel parco dei Giardini della Biennale mostre provenienti da diversi paesi.  La mostra al Padiglione finlandese è stata commissionata e prodotta da Frame Contemporary Art Finland.  La Biennale sarà aperta al pubblico dal 20 aprile al 24 novembre 2024.

Sfumando i confini tra arte, architettura e critica sociale, il Padiglione della Finlandia riunisce tre artisti per i quali arte, vita e attivismo si intrecciano. Incorporato come un progetto collettivo, The Pleasures We Choose si è evoluto attraverso lo scambio di esperienze condivise e individuali per creare aree di diverse "occupazioni" in cui i visitatori sono incoraggiati a rivalutare e (ri)considerare le aspettative della società. Le opere di Lindman, Saumya e Wallinheimo-Heimonen sono profondamente informate dalle loro esperienze incarnate di squilibri strutturali, ambientali e sociali. Articolate attraverso un'ampia gamma di materiali e processi – tra cui disegno, ricamo, scultura e guarigione – le loro opere celebrano il piacere personale come potente mezzo per reinventare il mondo come lo conosciamo.

In seguito all'avvelenamento da mercurio, l'artista Pia Lindman sperimenta una maggiore sensibilità del sistema nervoso e una consapevolezza dei microsegnali all'interno del suo corpo. Traduce questi segnali in immagini visive, melodie, parole e colori e li incorpora in opere d'arte che le consentono di esplorare le sfumature di diversi ambienti e situazioni sociali.

Spesso impegnato con l’intricata relazione tra presenza umana e ambiente, il lavoro di Vidha Saumya sfida le norme dell’estetica, del genere, del mondo accademico e dello stato-nazione. Nel suo lavoro, gli spettatori incontrano un’interazione tra desiderio, intimità e (casa)terra, controbilanciata dalle esigenze eteronormative di utilità, tempo e (s)posizionamento. 

L'opera di Jenni-Juulia Wallinheimo-Heimonen porta alla luce la varietà di forme di discriminazione e violenza a cui sono sottoposte le persone con disabilità. Le sue realtà intricate celebrano un mondo in cui una diversità di corpi umani ha conquistato il diritto di scegliere una vita piacevole rispetto alla mera esistenza.

“ I piaceri che scegliamo rifiutano l’eccezionalismo dell’arte e il mito che l’artista sia separato dal mondo, al contrario sono proprio le esperienze che richiamano l’attenzione sulla convivenza – mettersi in fila, scendere in strada, ricevere cure mediche , respirando la stessa aria tossica che ci spinge a dare vita a nuovi futuri collettivi ”, spiegano i curatori Yvonne Billimore e Jussi Koitela.

Presentate nel Padiglione Aalto della Finlandia, le opere degli artisti sono collegate concettualmente e materialmente attraverso interventi architettonici progettati da Kaisa Sööt . Ripensando il padiglione e il tipo di arte, corpi ed esperienze che può supportare, la mostra introduce un’“architettura di accesso” che considera l’accesso e le esigenze corporee attraverso i registri, incoraggiando al contempo esperienze multisensoriali.

“È stato meraviglioso testimoniare il processo di collaborazione e gioia tra artisti e curatori”, afferma Raija Koli , direttrice di Frame e commissaria della mostra. "Siamo felici di condividere questo progetto significativo con il pubblico nella prossima mostra".  La mostra è accompagnata da una pubblicazione edita da K. Verlag . (gn)

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