Ho conosciuto Maria Patrizia Allotta durante la Cerimonia di Premiazione della scorsa edizione del “Concorso Letterario Himera” ed ho avvertito immediatamente una certa affinità elettiva, della quale ho avuto poi conferma durante la nostra intervista.
Nata a Palermo, dove insegna Filosofia e Scienze Umane, è fattivamente impegnata in attività socio-culturali di elevata caratura; fra le sue onorificenze, è Accademica di Sicilia e dell’Accademia Siciliana Cultura Umanistica.
Interessante il suo coinvolgimento nell’ambito letterario, in qualità di curatrice, giurata in premi letterari, nonché critica.
Nel 2012 ha pubblicato la sua prima raccolta di liriche “Anima all’alba” (Edizioni Thule); nel 2015 ha pubblicato il saggio “Nel buio aspettando l’alba. Speranza che non muore” (Edizioni Limina Mentis).
Maria Patrizia, attenta alla formazione “globale” dei giovani, individua nel dialogo educativo la determinazione dialettica tra docente e discente e concepisce l’attività pedagogica come un percorso di crescita integrale, cosa diversa rispetto all’ordinario processo di trasmissione culturale.
Il suo rapporto con gli studenti è sinergico e positivo e quando afferma “che non tutto è perduto” il messaggio che vuole far passare è di grande speranza.
La sua continua ricerca di risposte rispetto alle tematiche esistenziali, la conduce all’esplorazione e all’interiorizzazione di orizzonti metafisici tradizionali.
La fede, sostenuta da un solido vissuto spirituale, rappresenta per lei il più valido sostegno per fronteggiare il periodo storico che stiamo vivendo, contrassegnato da perdita di valori-pilastro per l’umanità, contraddizioni, disorientamento e una decadenza senza precedenti.
Il suo rapporto con la poesia, intesa come dono e non solo come messaggio, è importante e intenso. Con un approccio estremamente semplice e per questo ancor più sano e vero, definisce la poesia “un avvolgente respiro vitale”, un percorso che regala profondità, fede, speranza e vita. Saper cogliere la verità del linguaggio e del simbolo significa trovare la luce; chi non riesce sarà destinato a rimanere al buio.
Per lei scrivere poesie è come cesellare le parole, in un cammino che porta ad un universo parallelo, al mistero, alla melodia.
Nel suo percorso artistico ha finora vinto numerosi premi letterari e prestigiosi riconoscimenti; nonostante ciò, dall’alto della sua disarmante modestia, si definisce insoddisfatta e mai totalmente appagata da ciò che scrive e pubblica. Quindi, se è vero che l’artista nel suo intimo è sempre più o meno narcisista, è anche vero che il suo essere solare, semplice ed esageratamente autocritica, non può che conferire un valore che si aggiunge alle sue innate capacità umanistiche e liriche, che vive con serenità, senza mai tralasciare una ricerca introspettiva pregna di rara umanità e profonda spiritualità.
Il fatto che nella sua tesi di laurea abbia trattato “I vissuti psicologici del malato. Dall’esperienza soggettiva alla tematica sociale” denota una spiccata ed encomiabile sensibilità verso l’altrui sofferenza. Le confesso che questo ha attirato in primis la mia attenzione nei suoi confronti, poiché non avevo ancora letto le sue poesie. Cosa vorrebbe dirmi a proposito dei vissuti psicologici delle persone che soffrono per malattia?
San Tommaso nella sua Summa Theologica afferma che “Sanitas et aegritudo sunt habitus”, evidenziando così come la salute e la malattia sono “abiti” dai quali l’uomo non può sottrarsi. In effetti, per quanto diverse possano essere le esperienze che caratterizzano l’esistenza di ciascuno di noi, “l’essere malato” è un evento con cui, in generale, ogni individuo si trova prima o poi a dover fare i conti. E basta un mal di testa, una fitta improvvisa, un qualsiasi malore, per fare nascere, anche nel soggetto più equilibrato tanta ansia. In generale - come affermo nella mia tesi - l’uomo percepisce la sua patologia come qualcosa di sfavorevole, da cui è meglio sfuggire, che quando sorge porta sempre inconvenienti, poiché non sono prevedibili le conseguenze, generando così quell’indicibile conflitto interiore determinato dall’accettazione della malattia o dal rifiuto incondizionato.
A favore dell’accettazione giocano la speranza di guarigione; spingono invece al rifiuto tutte quelle paure che immediatamente vengono evocate e che riempiono il futuro del malato di una serie d’incognite. Direi, in buona sostanza, che l’aspetto psicologico peculiare della sofferenza generata da una qualunque patologia è quello d’inserire nell’individuo mutamenti profondi biologici e psicologici, mutamenti che condizionano la sua esistenza, il suo modo di essere, il suo status e il suo ruolo, la sua stessa identità. Infatti, per l’uomo l’infermità è una realtà che contemporaneamente implica sensazioni producendo reazioni fisiche; coinvolge aspetti affettivi, generando emozioni, sentimenti, stati d’animo, fantasie; sconvolge l’assetto cognitivo determinando pensieri, ragionamenti, bisogni di capire e di sapere. Dunque, mentre in qualsiasi animale la malattia è considerata esclusivamente come vicissitudine biologica, nell’uomo essa diviene profonda esperienza esistenziale capace di modificare la progettualità personale e rimettere in causa l’identità personale e sociale.
In linea con il suo percorso accademico, è docente di Filosofia, Pedagogia e Psicologia. Potrebbe descrivermi, nell’ambito della sua esperienza, l’approccio degli studenti nei confronti delle discipline umanistiche, in un’epoca caratterizzata dall’alta tecnologia?
Sarò certamente fortunata, ma le assicuro che i miei allievi nei confronti delle discipline umanistiche dimostrano vivo ed entusiasmante interesse. I giovani - che solo apparentemente sembrano distratti dalla moderna scienza tecnologica - in realtà palesano attenzione e passione per le tematiche e le problematiche legate alla forma e alla sostanza dell’uomo, al suo esistere nell’universo cosmo, al suo divenire nel tempo e nello spazio, al suo sognare, fantasticare, armonizzare, al suo stesso soffrire e perire. Oggi più che mai.
Sanno perfettamente - grazie allo studio della Filosofia e della Psicologia, ma anche della Letteratura italiana, latina e straniera, della storia e della Pedagogia, ma soprattutto in virtù della loro sensibilità - che il sapere è una conquista “esistenziale” e non un progresso “virtuale”, che la bellezza è un dono “vitale” e non un omaggio “potenziale”, che “l’umano” e il “divino” non possono essere confusi né sostituiti con il “meccanico” né con “l’automatico”, che c’è differenza tra il “metafisico” e il “materiale”. Conoscono l’importanza della vita, una, irripetibile, preziosissima e per questo, nonostante l’età tipicamente adolescenziale, la sanno governare, unitamente al loro prossimo. Fortunatamente non tutto è perduto.
In tutte le sue varie attività noto che le Arti letterarie rappresentano un comune denominatore. Da cosa nasce la sua esigenza di scrivere?
Mi dispiace tanto, ma non saprei spiegarlo esattamente. E’ qualcosa che ditta dentro, comunque. Posso certamente dirle che così come è necessario mangiare, bere, dormire… altrettanto necessario è, per me, dare spazio alla parola viva. L’unica differenza consiste nel fatto che i bisogni primari sopra citati seguono, nella stragrande maggioranza dei casi, ritmi costanti e preordinati. La volontà della scrittura, invece, nasce improvvisamente in modo confuso e caotico, a volte paralizzante. Insiste poi prepotentemente nella mente in modo quasi irrazionale, soffocante, drammatico direi; infine, si placa, si pianifica, si armonizza, divenendo, quindi, verbo, parola, messaggio. E’ un parto ogni volta, dolorosissimo, rimanendo poi un dono che si palesa.
La Sicilia, terra che le ha dato i natali, ha radici culturali di un certo rilievo. Qual è lo sforzo maggiore da parte di un insegnante nel trasmettere ai suoi discenti l’interesse e il rispetto per la memoria storica verso le proprie origini?
Sì, la Sicilia è terra fantastica che vanta nobili natali. Sono infinitamente orgogliosa delle mie origini, delle mie radici, della cultura del mio paese natale. Nessuno sforzo, dunque, nel trasmettere ai giovani l’amore e il rispetto per la memoria storica delle proprie origini; all'opposto, con infinito piacere, nella quotidianità, lavoro in tal senso, sempre con lo stesso entusiasmo. Da oltre dieci anni - nell’antico e nobile Istituto “Regina Margherita” di Palermo, dove mi pregio insegnare - unitamente al prof.re Tommaso Romano che ne è l’ideatore, curo un progetto dal Titolo Luce del pensiero che ha già visto la pubblicazione dei dizionari dedicati prima a “Filosofi, Pedagogisti e Liberi Pensatori”, poi “Scienziati in Sicilia”, “Musicisti in Sicilia”, “Letterati in Sicilia” e, infine, “Avvocati, magistrati, giureconsulti e vittime della mafia”.
L’ispirazione di fondo del progetto nasce appunto dalla constatazione che la nostra terra è stata madre di grandi intellettuali e uomini illustri non sempre riconosciuti pienamente nel loro sapere e valore e dalla conseguente necessità di riscoprire il nostro territorio, per rivalutarne il prezioso patrimonio culturale; constatazione che di certo non può e non deve sfuggire ai nostri giovani.
L’ideazione, inoltre, è generata dalla volontà di dare spazio a nuovi percorsi formativi, ad interessanti e stimolanti attività didattiche e a nuove strategie pedagogiche che, in coerenza con le finalità generali del curricolo scolastico possano contribuire seriamente a educare i giovani alla metodologia della ricerca, alla lettura e interpretazione critica, alla capacità di analisi e sintesi, ma anche al lavoro di gruppo, alla collaborazione reciproca e soprattutto al rispetto delle regole. E’ in cantiere un ulteriore volume dedicato a “Sociologi”, “Psicologi”, “Antropologi”, sempre rigorosamente siciliani. Sarà nostro piacere invitarla per la presentazione che è prevista per il mese di Giugno.
Ho letto con sincero coinvolgimento emotivo le splendide liriche di forte intensità spirituale contenute nel suo libro di poesie “ANIMA ALL’ALBA” (Edizioni Thule). Quando ha acquisito consapevolezza della sua fertilità creativa?
Grazie per le sue parole, non merito tanto, ma mi incoraggiano moltissimo. Tuttavia, mi dispiace deluderla; infatti, purtroppo o fortunatamente, ancora oggi, non ho affatto acquisito consapevolezza della mia fertilità e capacità creativa. Sinceramente mi sento infinitamente piccola, impreparata, spesso smarrita. Scrivo, è vero, con passione ma anche con estrema sofferenza, seguendo sempre l’insegnamento di Cristina Campo la quale spesso sosteneva: “Ho scritto poco, avrei voluto scrivere meno”. Non è modestia o falsa umiltà, mi creda, il fatto è che - nonostante i riconoscimenti che pure ci sono e i numerosi premi - mi sento sempre insoddisfatta, mai paga, mai contenta pienamente di ciò che produco e pubblico.
Nessuna consapevolezza, dunque, molta incredulità, invece.
Attraverso la lettura delle sue poesie il lettore entra in un paesaggio interiore, dove emerge la speranza, la ricerca di luce. Parafrasando Cicerone: “mala tempora currunt”, un’affermazione antica, ma di grande attualità. Come è possibile contrastare l’eterna doglie dell’universo?
Nelle mie liriche invoco spesso la speranza, la fiducia, la fede, la sacralità del sacro, l’armonia, la Bellezza, il Cosmo tutto e ….. quell’alba che, dopo la notte buia, spesso tarda a luccicare ma che poi, mi abbraccia, nonostante!! Così combatto “l’eterna doglie dell’universo” e così fronteggio questa crisi odierna, contraddistinta dalla massificazione dei linguaggi, dalla pochezza collettiva, dall’indicibile decadenza. Una crisi, dicevo, segnata dal dissolvimento dei valori tradizionali, dalla bassa volgarità, dalla incredibile violenza, dal nichilismo implorato e dalla morte invocata, come unica possibile liberatrice.
In questi ultimi decenni la centralità dell’uomo nella storia è stata dimenticata. Secondo lei, la poesia può contribuire a scolpire le coscienze, affinché l’essere umano, superata questa dolorosa digressione, torni ad esercitare il ruolo che le appartiene?
La poesia è terapeutica, curativa, medicamentosa. Stimola l’intelletto, rinvigorisce le coscienze, accarezza l’anima. Io credo sia paragonabile a un calore inspiegabile, a una forza straordinaria, a una energia misteriosa. Quasi un respiro vitale eterno, uno pneuma infinito che avvolge, consola, bacia. Attenzione però, questo avviene se parliamo di vera e autentica poesia. Infatti, non tutto ciò che si scrive può definirsi lirica, semmai un moto d’anima, un’aspirazione, una riflessione. Voglio dire, insomma, che la poesia non è solo istinto e buoni propositi sentimentali, non è semplicemente scrivere su carta bianca, con è fare rima, piuttosto è cesello veritativo della parola essenziale, cammino iniziatico, universo parallelo, mistero profondo, magia e mito, musica divina, centro spirituale, dono e non soltanto messaggio. Certamente il “versus” si rivolge a tutti, ma resta profondità, fede, speranza e vita solo per pochi eletti che sanno cogliere la Verità del linguaggio e del simbolo. Il suo ruolo è come la luce: o la si coglie pienamente, o si rimane eternamente al buio.
Quali sono, se posso, i suoi attuali programmi editoriali?
Spero potere pubblicare, quanto prima, un’altra raccolta di poesie. Ma soprattutto mi piacerebbe dedicare un libro al mio papà, maestro fotografo, per ricostruire la sua storia, rivalutare la sua bravura, rivivere il suo sorriso.