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Erdogan ora sfida pure la Nato

“L'Italia in Europa sarà capofila per una decisione forte”, ha assicurato intanto da Avellino il premier italiano Giuseppe Conte, che promette di voler “adottare tutte le misure, a patto che si decida in modo unitario”. Scettico sulla reale efficacia di una moratoria sulla fornitura delle armi, però, è anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che chiede al Consiglio europeo di adottare “sanzioni concrete”. L’Europa, ha aggiunto il presidente dell’Europarlamento dovrebbe esercitare “forti pressioni diplomatiche su America e Russia perché si assumano le responsabilità in un scena in cui loro hanno potere e la possibilità di fermare queste azioni di guerra".

Annullare formalmente i negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea. È la proposta avanzata dal capo della diplomazia austriaca, Alexander Schallenberg, a margine del Consiglio sugli Affari Esteri dell’Ue in corso a Lussemburgo.  

Secondo Sassoli, poi, quella sull’annullamento dei negoziati per l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea sarebbe "una polemica inutile”. “I negoziati con la Turchia – ha sottolineato - non vanno avanti da almeno dieci anni, per cui sono già congelati, non ci sono tavoli in corso".

il ministro belga Didier Reynders ha chiesto che venga fatto un passo ulteriore rispetto all’embargo sulle armi. 

Se un provvedimento di questo tipo non fosse sufficiente, però, il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, assicura di essere pronto ad adottare “altre misure” per spingere Erdogan a fermare la carneficina e l’esodo di centinaia di migliaia di civili. Fermare l’avanzata turca, ha spiegato il capo della diplomazia di Berlino, è essenziale per prevenire "una destabilizzazione della regione che avrà conseguenze ben oltre quella zona”.

Tra gli effetti collaterali dell’iniziativa di Ankara c’è anche quello di “rivitalizzare l’Isis”. Nelle prigioni curde, infatti, sono rinchiusi migliaia di mujahiddin europei pronti ad approfittare del caos, come hanno fatto gli 800 jihadisti fuggiti da un campo profughi del Rojava nei giorni scorsi. “La Turchia e i curdi non devono lasciarli scappare”, ha ammonito stamane anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, invitando gli Stati europei a rimpatriare i propri concittadini prima che sia troppo tardi.

Tra le ipotesi di cui si discuterà alla riunione dei ministri degli Esteri europei all’indomani dell’iniziativa militare lanciata dall’esercito turco nel nord della Siria, c’è quella dell’embargo sulle armi, che finora mette d’accordo i ministri di diversi Stati membri, in particolare Germania e Francia.

L’Europa, sottolinea il ministro austriaco non deve cedere ai “ricatti di Erdogan”. Il riferimento è alle dichiarazioni del presidente turco sui migranti, per Vienna, serve un passo ulteriore per fermare l’invasione turca. “È un po’ ironico e assurdo discutere di sanzioni e di misure come l'embargo sulle armi contro un paese che è formalmente in fase di adesione e che ha in corso dei colloqui con la Ue”, ha notato Schallenberg prima di sedersi al tavolo con gli omologhi europei. “L'Austria ritiene che questi colloqui sull'adesione che sono stati congelati negli ultimi due o tre anni grazie al nostro governo – rilancia - dovrebbero ora essere formalmente annullati”.

“Aldilà di questo ci sono altri mezzi di pressione", ha spiegato. Il presidente turco, però, è determinato a raggiungere l’obiettivo della safe zone e, come previsto, tira in ballo anche l’Alleanza Atlantica. “Con chi vi schiererete? Con il vostro alleato della Nato o con i terroristi?”, si è domandato oggi Erdogan incontrando i giornalisti prima di volare a Baku. “I Paesi della Nato – ha incalzato - devono combattere il terrorismo e stare dalla nostra parte".  il “sultano” turco ha il coltello dalla parte del manico.

Se nelle prossime ore le truppe di Ankara venissero prese di mira dall’esercito di Assad, infatti, la Turchia potrebbe chiedere l’attivazione dell’articolo 5 del trattato Nato e trascinare gli alleati atlantici nella sua personale guerra. Si tratta di una delle opzioni in campo in questo conflitto lampo dagli esiti imprevedibili. Ad assicurarlo è il ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, scettico sull’efficacia dell’interruzione della fornitura di armamenti da parte dell’Ue. "L'embargo delle armi è già stato deciso da Francia, Germania Finlandia, Svezia e Olanda, questo è un bene, ma – ha chiarito - bisogna sapere che Erdogan in questo momento non prende le armi da quei Paesi”.

Perché Erdogan attacca i curdi? Ecco i motivi secondo Federico Donelli, su "start magazine" spiega come docente di History and Politics of the Middle East all’Università di Genova e di Comparative Foreign Politics alla Şehir University di Istanbul ed esperto di storia e relazioni internazionali del Medio Oriente. Il suo ultimo libro “Sovranismo islamico. Erdoğan e il ritorno della Grande Turchia” è in uscita per Luiss University Press.

Un elemento di pressione interna nei confronti del governo Erdoğan è dato dalla presenza in Turchia di quasi tre milioni e mezzo di rifugiati siriani. La gestione di tale flusso ha consentito al Presidente turco di sfruttare una importante leva di contrattazione nei confronti dell’Unione Europea e allo stesso tempo ostentare l’approccio umanitario del paese soprattutto agli occhi della comunità musulmana mondiale. Tuttavia, la questione rifugiati ha assunto una maggiore rilevanza di politica interna negli ultimi mesi.

Infatti, a determinare il malessere nei confronti dell’AKP è stata proprio la gestione dei siriani nei grandi centri urbani e nelle aree di confine dove da alcuni anni sono emersi molteplici problemi di natura socio-economica che hanno interessato soprattutto le classi turche più deboli, da sempre componente essenziale dell’elettorato di Erdoğan. Il progetto turco di reinsediamento dei rifugiati nelle aree conquistate ai curdi risulta non privo di profonde contraddizioni ed effetti deleteri a medio-lungo termine in rapporto agli equilibri demografici della zona.
Dietro alla scelta di avviare una nuova operazione militare in territorio siriano vi sono anche moltissimi interessi economici. In particolare due settori, quello edilizio e quello di difesa, hanno un peso specifico significativo nelle recenti scelte dell’esecutivo.

Il primo è un settore fondamentale dell’economia turca nonché del sistema clientelare gestito dall’esecutivo che sta risentendo della crisi degli ultimi mesi e troverebbe in una Siria devastata da quasi dieci anni di guerra nuove opportunità per commesse multimilionarie. Il secondo, invece, si lega alla trasformazione del settore avviata a partire dal 2011 e finalizzata a far assumere alla Turchia un ruolo di rilievo nel mercato in quanto produttore ed esportatore di hardware militare. 

Secondo la Repubblica.la Turchia sta usando gruppi jihadisti per fare la guerra ai curdi. Ci sono decine di foto scattate dagli stessi miliziani a provarlo. Nell'accozzaglia dell'Esercito siriano nazionale (National Syrian Army, Nsa) filo-Ankara, composto da decine di brigate e battaglioni per un totale - secondo i comandanti dell'Nsa - di 25.000 uomini, c'è anche Ahrar Al Sharqiya: si tratta di un gruppo di ribelli siriani armati originario del Governatorato di Deir ez-Zor, di ideologia nazionalista e islamista, fondato da alcuni fuoriusciti di Al Nusra tra cui Abu Maria Al Qahtani. Sono stati accusati di aver stretto alleanza con il cosiddetto Stato Islamico, aiutando i terroristi europei a raggiungere da Est le sue roccaforti.

“Sotto l'ombrello dell'Nsa – si legge sul profilo twitter "ArabBaathist" che segue l'avanzata dei ribelli in territorio curdo – Ahrar al-Sharqiya è il primo gruppo a tagliare fuori l'autostrada M4 tra Al Hasakah e Aleppo, una delle maggiori rotte di approvvigionamento per i terroristi”. Terroristi che, nell'ottica dell'operazione Fonte di pace lanciata mercoledì dal presidente turco Erdogan, sono i combattenti delle Unità popolari curde Ypg e Ypj: gli stessi uomini e le stesse donne che si sono opposti per anni all'Isis e che ora si sentono traditi dalla mossa della Casa Bianca di ritirare le truppe americane, lasciando così lo spazio ad Erdogan per l'invasione.





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