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Ingiustificata la crisi che affossò il Cav

Quando arrivò la lettera della Bce, ad agosto di quello stesso anno, i conti stavano migliorando». Parola di Luca Ricolfi, presidente della Fondazione David Hume e docente dell'Università di Torino, che ieri ha presentato un nuovo strumento di misurazione dello stato di salute delle finanze pubbliche dei Paesi sviluppati: l'indice di vulnerabilità strutturale. L'equazione sottostante a questo nuovo indicatore, calcolato dal 1999 a oggi per 40 nazioni dell'Ocse, è in grado di predire le crisi strutturali dell'economia. Ebbene, nel famigerato 2011 l'Italia del vituperato governo Berlusconi stava migliorando rispetto al picco di rischio del 2009-2010.

In una sua inchiesta il quotidiano il Giornale con la firma di Gian Maria De Francesco scopre che tra maggio e giugno del 2011 i fondamentali dell'economia italiana stavano migliorando e non indebolendosi

Perché allora quel crollo? continua il quotidiano : Perché l'indice è stato elaborato in base parametri diversi rispetto a quelli utilizzati dalle agenzie di rating e dei mercati finanziari. Si tiene molto in conto l'andamento del debito pubblico e dei suoi detentori esteri, insomma non si concentra su fattori estemporanei che le Borse, ad esempio, sopravvalutano. In quest'ottica, ha aggiunto Ricolfi, «i governi Monti e Letta hanno aumentato molto la vulnerabilità del nostro Paese» che ha iniziato a ridursi lentamente solo a partire dall'anno scorso. 

L'indice di vulnerabilità strutturale attualmente colloca l'Italia allo stesso livello di Francia e Belgio, leggermente al di sotto del Giappone. Le grandi agenzie di rating, però, valutano il nostro rischio default superiore a quello della Spagna e solo un po' minore di quello della Romania. «Non sarebbe un problema se dal rating non dipendessero pesantemente le scelte dei grandi investitori internazionali», ha sottolineato al giornale Ricolfi, presentando anche il nuovo sito Internet della Fondazione, e adombrando il pericolo di una nuova crisi se «le nuove regole per valutare i titoli di Stato detenuti dalle banche, dovessero essere alterate in funzione dei report delle agenzie».

Potrebbe, quindi, crearsi una tempesta perfetta come nel 2011 quando il mercato restò indifferente dinanzi alle azioni intraprese dall'esecutivo Berlusconi colpendo l'Italia a suon di spread. «Meglio cominciare a ridurre il nostro debito pubblico seriamente piuttosto che negoziare con l'Europa una flessibilità che ci renderebbe più vulnerabili agli attacchi», ha concluso Ricolfi.

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