Dicesi dissolvenza, in cinematografia, l'effetto visivo di graduale scomparsa o apparizione dell'immagine. Nell'arte contemporanea Gerhard Richter la teorizza in quanto pittura sfocata fino alla dissoluzione della forma mentre dal canto suo Bill Viola ne ritrae i profili di mortalitá.
In letteratura sembrano dissolventi le poesie di Edgar Allan Poe a cui si ispirò Lou Reed in Vanishing Act. E se in poesia, in genere, rappresenta trame di ricordi, flashback ricuciti, lacerti di memorie, in musica è dissolvente lo sfumare evanescente, lo svanire fino al silenzio, lo stato di transizione di audio (o video) fino al disappearing.
In Wagner, Debussy, Ravel, Puccini, Stravinskj, Cage, può essere ambiguitá modale o "dissoluzione" armonica. Ma dissolventi possono apparire le ghost notes usate da chitarristi, batteristi, sassofonisti...come il toscano Giovanni Benvenuti che licenzia al riguardo Dissolvenze, titolo dell'album editato dalla label della Doppia I, tratto dal terzo brano in scaletta, da ascoltare per primo per subire l'impressione di un movimento sonoro da mdp, una macchina da presa virtuale che cattura e sprigiona atmosfere minimali, pallidi chiaroscuri, situazioni di lievità.
Non si tratta in senso stretto di jazz, e neanche di musica "involontaria" anche perchè il quartetto d'archi che lo accompagna - Katia Molig, viola; Andrea Libero Cito, violino; Francesco Pierotti, contrabbasso; Andrea Beninati, violoncello (e batteria) - oltre a far da cornice cameristica, lavora in gran parte su partiture date dal compositore per meglio esprimersi tramite la procedura di dissolvenza di trame, musicali ed extramusicali, in altre di varia provenienza, come un D.J. abilissimo nel missaggio.
In apertura, ispirata a Thomas Mann, ecco La montagna, di impianto classico e di impronta filmica, impostata sul contrasto, portato a sintesi, fra il pathos dettato dagli archi e il sereno fluire del soprano. Benvenuti, che oltre al quintetto si muove in altri contesti progettuali, in duo oltre che con lo stesso Pierotti, col chitarrista Federico Carnevali e col Fuel Quartet, saetta poi in Personaggi da fumetto, quelle che sono le "frecce" migliori a disposizione del suo arco pardon del suo tenore, e cioè un fraseggio jazzistico caratterizzato da un improvvisare garbato anche quando lambisce il free e se digrada nelle blue notes. Ancora.
In Minore ha il "motivo" principale nell'incedere degli archi e del basso e nell'incidere, da parte del sax, lo spazio sonoro con linee di percorsi armonici alquanto arditi.
Finestre ha un crescendo che irrompe e rompe il clima temperato del disco. Ma è solo per poco. Si rientra presto nei binari e si chiude con citazione-omaggio per Nino Rota. Infine sia le "ghost" notes, diciamo così, di Fantasmi che il monologo del sax di In Solo forniscono accurati esempi laboratoriali di limatura stilistica.
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Altra novitá da segnalare, sempre per i tipi di Improvvisatore Involontario, lo scoppiettante disco d'esordio del Trio Galactus, al secolo Alessio Alberghini ai sax e flauto, Simone Pederzoli al trombone e Giorgio Casadei alle chitarre, che firma composizioni e arrangiamenti: un Trio propulsore di spunti figurativi e propulsivo di forte spinta ritmica. La mente va a certe performances di piccoli gruppi targati Carlo Actis Dato, per l'ironia marcata (nella citazione dell'Internazionale, per esempio) ed ad una certa icasticitá alla Frank Zappa, con la particolaritá di una fantasiositá dettata dal richiamo a supereroi a fumetti Marvel tipo Capitan America, Iron Man, La vedova nera e via disegnando, una fantasiositá che rasenta talora la fantascienza. Galactus è infatti il divoratore di mondi, colui che distrugge pianeti come Skrull per assorbirne l'energia vitale. Che il trio, da parte sua, metabolizza e ci restituisce in musica corposa e spumosa.