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Shoah, incontro con Edith Fischhof Gilboa

Ha la voce rotta dall’emozione mentre racconta la prigionia nel campo di concentramento Ferramonti di Tarsia, Edith Fischhof Gilboa, sopravvissuta alla shoah, che ieri ha incontrato numerosi studenti presso l’auditorium don Milani di Sibari.

L’evento è stato organizzato dall’Istituto Comprensivo  sibarita guidato dalla Dirigente Rosanna Rizzo che ha aperto i lavori  sottolineando la grande valenza del giorno della memoria “non come ricordo meramente drammatico del genocidio ebraico, ma come messaggio di uguaglianza, pace e fratellanza . Un filo – ha precisato – tra passato e presente e tra presente e presente stesso che gli educatori devono promuovere per fare in modo che orrori del genere non si ripetano più”.

Durante il dibattito è stato presentato anche il volume scritto dalla Gilboa “I colori dell’arcobaleno sul mare”, titolo ispirato, come lei stessa ha spiegato nelle risposte alle domande degli alunni, ai colori dell’arcobaleno riflessi all’interno di una macchia di olio nel mare veneto mentre era a bordo dalla nave che finalmente stava per riportarla in Palestina. Libro fortemente pensato e scritto per raccontare ai suoi figli il perché in famiglia non ci sono più parenti oltre ai genitori. Un vero e proprio “atto di coraggio – spiega- che spesso nasce proprio dalla disperazione”.

Ad introdurre i racconti di Edith Gilboa, Dina Milone, insegnante dell’Istituto Comprensivo di Sibari, esperta in materia e responsabile di un progetto sulla shoah grazie al quale la scuola è entrata a far parte della rete scuole dell’UNESCO. Secondo la docente l’essenza dell’olocausto è quella di educare al rispetto dell’altro, del diverso, come ricchezza inesauribile. Insiste sul valore del testimone che serve a ridare dignità a chi purtroppo l’ha persa e passando agli altri una “fiaccola” della memoria.

“Sono grata al destino che mi fa essere qui con voi”, spiega in perfetto italiano  la Gilboa, nonostante le sue origini siano austriache. Ha avuto modo di imparare la nostra lingua durante la prigionia nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, luogo che seppur legato ad eventi drammatici, le è rimasto nel cuore. Ricorda con estrema lucidità e tenerezza quando gli abitanti del luogo, gente semplice e povera, sapute le condizioni di precarietà e fame soprattutto dei bambini all’interno del campo, ha racimolato viveri da donare ai prigionieri. Ringrazia inoltre “l’umanità” di tutti gli italiani che spesso hanno messo in pericolo la loro stessa vita pur di aiutare gli ebrei.

Presenti tra gli altri anche il commissario prefettizio del Comune di Cassano all’Ionio Emanuela Greco, Franco Maurella, presidente Club UNESCO di Trebisacce, Franco Panebianco, responsabile della Fondazione Museo della memoria Ferramonti di Tarsia e Alessandra Carelli della Rete Universitaria per il Giorno della Memoria che, insieme alla professoressa Teresina Ciliberti, che ha curato la prefazione del libro della Gilboa, hanno sottolineato l’attualità, sia pure in forme diverse, di alcuni aspetti del fenomeno antisemita, soprattutto nei confronti dei profughi che da anni sbarcano sulle nostre coste in cerca di speranza.

Insiste sul ruolo fondamentale degli insegnanti  Francesco Fusca, dirigente tecnico emerito del Miur, che delega la scuola al delicato compito di formare gli uomini e  le donne di domani,  “esseri umani  liberi grazie alla cultura”.

Una bimba della scuola primaria rivolge timidamente a Edith l’ultima domanda, le si chiede se si è mai sentita abbandonata durante il dramma vissuto, se ha mai pensato di arrendersi o continuare a lottare. Con tono deciso la Gilboa risponde che la forza di vivere è stata talmente forte che non avrebbe mai potuto arrendersi, “la vita vale comunque la pena di essere vissuta –conclude –la speranza non mi ha mai abbandonata, c’è un Dio lassù e dobbiamo fidarci di lui”.

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