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Domenica, 12 Maggio 2024

Il presidente degli Stati Uniti riconosce il genocidio Armeno

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha usato per la prima volta la parola “genocidio” per parlare del massacro della popolazione armena compiuto dall’impero ottomano tra il 1915 e i primi anni Venti. Lo ha fatto sabato, con una dichiarazione preparata in occasione del 106esimo anniversario dell’inizio del genocidio: «Ogni anno» ha detto «in questo giorno ricordiamo le vite di tutti quelli che morirono nel genocidio armeno dell’epoca ottomana e ribadiamo il nostro impegno a impedire che atrocità simili accadano di nuovo».

Nessun altro presidente americano in carica lo aveva riconosciuto in via ufficiale; prima di lui, soltanto Ronald Reagan aveva citato il «genocidio degli armeni» in un passaggio di un documento sull’Olocausto, nel 1981, ma in seguito non vi aveva più fatto riferimento.

Ormai da anni il movimento per riconoscere il genocidio degli armeni a livello internazionale ha preso sempre più forza. In tutto, secondo l’Armenian National Institute che ha sede a Washington, sono 30 i paesi del mondo che hanno riconosciuto il genocidio, Italia compresa, grazie a risoluzioni dei loro parlamenti.

Le relazioni tra Stati Uniti e Turchia sono tuttora abbastanza complicate, tanto che Biden ha aspettato più di tre mesi prima di fare la sua prima telefonata da presidente a Erdoğan.

Negli ultimi anni poi la Turchia si è avvicinata alla Russia, cosa che ha ulteriormente inasprito la relazione con gli Stati Uniti. Dopo la decisione di Biden sul genocidio armeno, la situazione tra i due paesi potrebbe peggiorare ulteriormente: la Turchia è un paese membro della NATO e potrebbe, per esempio, decidere di limitare la possibilità per l’esercito americano di usare le basi sul suo territorio, essenziali per le operazioni in Medio Oriente, oppure organizzare qualche altro tipo di ritorsione politica, economica o diplomatica.

intanto la Turchia stia da un lato cooperando con la Russia ma dall'altro anche cercando di limitare sempre di più l'influenza è dato dalla cooperazione posta in essere con l'Ucraina.

Durante la sua visita in Turchia il 2 dicembre del 2020 il ministro degli Esteri ucraino Kuleba Dmytro non ha tentato di nascondere le aspettative di Kiev nei confronti di Ankara come scrive startmag. Ha detto che il suo paese si aspetta che Ankara assuma un “ruolo di leadership” nel conflitto di Crimea, sottolineando i legami storici con la Turchia, che faceva parte dell’Impero Ottomano fino al XVIII secolo.

Le relazioni sempre più militarizzate tra Ankara e Kiev portano inevitabilmente la Turchia a essere più coinvolta nel conflitto tra Russia e Ucraina. Con l’obiettivo di controbilanciare la supremazia russa nel Mar Nero, la Turchia ha cercato a lungo di migliorare le sue relazioni con l’Ucraina, attuando una politica che era anche in linea con gli obiettivi della Nato di aumentare il proprio peso nella regione del Mar Nero. 

Sebbene Ankara non abbia consentito all’annessione di ribaltare la cooperazione turco-russa in diversi campi, la Turchia ha mantenuto il suo sostegno al ritorno della Crimea in Ucraina.

Il conflitto è stato un catalizzatore per aumentare i legami di difesa tra Ankara e Kiev. Alcuni considerano questa cooperazione anche un modo per Ankara di fare pressione su Mosca nel proprio cortile come una rappresaglia per gli sforzi russi volti a ridimensionare il ruolo della Turchia nelle guerre in Libia e Siria, dove Ankara e Mosca sostengono i gruppi rivali.

Intanto Ursula von der Leyen come scrive l'agenzia Agi, ha dichiarato per il sofagate  :  sono la prima donna a essere la presidente della Commissione europea e in quanto tale mi aspettavo di essere trattata quando sono stata in Turchia due settimane fa, ma così non è stato" e "concludo che sia successo perché sono una donna" e di fronte alla sedia mancante "mi sono sentita colpita e sola"

"La mia visita in Turchia ha mostrato fino a che punto dobbiamo ancora spingerci prima che le donne siano trattate alla pari. Sempre. Ovunque". Lo ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel dibattito all'Europarlamento sul 'sofagate'. 

"La mia storia ha fatto notizia. Ma ci sono così tante storie di donne, la maggior parte delle quali molto più serie, che passano inosservate. Dobbiamo assicurarci che anche queste storie vengano raccontate", ha aggiunto..

Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel corso di un dibattito al Parlamento europeo. "Cosa sarebbe successo se avessi indossato giacca e cravatta?", si è chiesta la presidente. "Quando sono arrivata al meeting - ha ricordato von der Leyen - c'erano telecamere nella stanza e grazie a loro il video è diventato virale. Non c'era bisogno di sottotitoli o spiegazioni, le immagini parlano da sole", ha concluso.

"Nelle foto delle riunioni precedenti non ho visto alcuna carenza di sedie. Ma ancora una volta, non ho nemmeno visto nessuna donna in queste foto", ha continuato von der Leyen.

"Mi sono sentita ferita e lasciata sola: come donna e come europea. Perché non si tratta di disposizione dei posti o protocollo. Questo va al centro di ciò che siamo. Ciò va a favore dei valori che rappresenta la nostra Unione. E questo mostra fino a che punto dobbiamo ancora spingerci prima che le donne siano trattate alla pari. Sempre e ovunque", ha evidenziato.

"Quando sono arrivata alla riunione, c'erano delle telecamere nella stanza. Grazie a loro, il breve video del mio arrivo è diventato subito virale e ha fatto notizia in tutto il mondo. Non c'era bisogno di sottotitoli. Non c'era bisogno di traduzioni. Le immagini parlano da sole", ha spiegato.

"Ma sappiamo tutti: migliaia di incidenti simili, la maggior parte dei quali molto più gravi, passano inosservati. Nessuno li vede o ne sente parlare. Perché non c'è la fotocamera. Perché nessuno sta prestando attenzione. Dobbiamo assicurarci che anche queste storie vengano raccontate", ha sottolineato.

"Il rispetto dei diritti delle donne è la conditio sine qua non per la ripresa del dialogo con la Turchia", ma "non è l'unica condizione", ad esempio servono anche "una de-escalation nel Mediterraneo orientale e il rispetto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo" ha detto la presidente della Commissione europea.

"Le donne occupano il 40% dei posti dirigenziali in Commissione europea", ha aggiunto la presidente tornando al dibattito sui diritti di genere iniziato dopo il sofagate. "La Commissione a breve organizzerà un incontro con le altre istituzioni per capire come possiamo fare meglio" perché "le donne sono il 50% della società e questo deve essere rispettato anche nelle istituzioni", ha concluso la presidente.

 
Fonti : Post / startmag / Agi

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