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Italia e Germania salvano l'export di armi alla Turchia

Nonostante l'impegno preso dal ministro Luigi di Maio nell'ottobre 2019 di sospendere la vendita di armi ad Ankara per i bombardamenti in Siria contro i curdi, i big dell'industria bellica tricolore hanno continuato a fare buoni affari con il governo turco: solo nei primi 6 mesi del 2020, secondo l'Opal, sono state vendute munizioni made in Italy per 60 milioni di euro. Fondi che si aggiungono agli armamenti venduti dal 2013 al 2019 per la cifra di 1 miliardo complessivi. Stando all'ultimo report dell'istituto Sipri, il 20% delle armi vendute dall'Italia ai Paesi extra-Ue sono andate alla Turchia, di gran lunga il primo acquirente. Ma non è solo una questione di interessi della nostra industria bellica o più in generale della nostra economia: anche l'attivismo del presidente Recep Tayyp Erdogan in Libia spinge la nostra Farnesina a preferire in sede Ue la carota al bastone.  

L’export di armi italiane verso la Turchia rappresenta solo una piccola parte del totale, ma è cresciuto a ritmi alti negli ultimi anni. Nel 2013 le licenze di export verso la Turchia autorizzate avevano un valore di 11,4 milioni. L’importo è salito a 52,5 milioni nel 2014, 128,8 milioni nel 2015, 133,4 milioni nel 2016, 266,1 milioni nel 2017 e 362,3 milioni nel 2018. Se si vanno a guardare quali sono gli altri acquirenti di armi italiane al primo posto troviamo il Qatar: acquista armi per 1,9 miliardi di euro. Come si può notare nel grafico qui sopra, il secondo è il Pakistan con 692 milioni di euro di operazioni autorizzate nel 2018. Il quarto Paese sono gli Emirati Arabi Uniti, ma in passato hanno suscitato polemiche anche le vendite di armi verso l’Egitto (nel 2018 sono state autorizzate operazioni per 69 milioni).

La Turchia, che recentemente ha inviato le sue truppe in Libia al sostegno di Al-Sarraj, è il terzo acquirente di armi made in Italy, dopo Qatar e Pakistan, e negli ultimi 5 anni ha comprato armamenti per 943 milioni di euro dalle fabbriche italiane.

La tipologia di arma italiana più venduta è l’elicottero da guerra: vale 2,6 dei 5,2 miliardi di euro di autorizzazioni concesse nel 2018. Al secondo posto (459 milioni) c’è la categoria “bombe, siluri, razzi, missili ed accessori”. Ma nella relazione non viene specificato quale tipologia di armi viene venduta a ciascun Paese. Si conoscono, però, le aziende che esportano armi all’estero. Quella che nel 2018 ha ottenuto più autorizzazioni è stata Leonardo, la ex Finmeccanica, con 915 autorizzazioni per un valore di 3,2 miliardi di euro. Leonardo, che ha come principale azionista il ministero italiano dell’Economia e delle Finanze, è infatti la principale società che produce armi in Italia e realizza, tra le altre cose, proprio elicotteri.

Ci sono volute almeno tre versioni e una lunga discussione serale, ma alla fine i leader Ue riuniti a Bruxelles hanno dato il via libera a nuove sanzioni contro la Turchia per 'punirla' della escalation militare lanciata nel Mediterraneo per accaparrarsi una fetta di giacimenti di gas nelle acque di competenza economica di Cipro e della Grecia. La lista delle "personalità ed entità turche" da colpire dovrebbe adesso venire redatta da Bruxelles e varata intorno a marzo.

I leader, si legge nelle conclusioni, invitano il Consiglio Ue "ad adottare delle liste aggiuntive basate sulla propria decisione dell'11 novembre 2019 riguardo alle misure restrittive a fronte delle attività di trivellazione non autorizzate nel Mediterraneo orientale". Il vertice Ue, inoltre, invita la Commissione e l'Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune "a sottoporre un rapporto sullo stato delle relazioni Ue- Turchia a livello politico, economico e commerciale, e sugli strumenti e opzioni riguardo a come procedere, ivi compresa l'estensione del campo d'applicazione delle decisioni summenzionate (ovvero delle sanzioni, ndr), da considerare al più tardi durante il "Consiglio europeo di marzo 2021".  

Una misura che accontenta, ma non troppo, il fronte pro pugno duro contro Ankara, guidato in modo palese da Atene, ma con alle spalle il supporto della Francia di Emmanuel Macron. Di contro, nel testo non compare quell'embargo alla vendita di armi alla Turchia che la Grecia chiede da tempo. Una richiesta che, a quanto pare, Germania, Italia e Spagna hanno bloccato sul nascere.

Infatti Giuseppe Conte, insieme alla cancelliera Angela Merkel e al premier spagno Pedro Sanchez, avrebbero spinto per "una linea relativamente morbida" sulla Turchia al vertice Ue, come scrive Jacopo Barigazzi su Politico. "Alcuni diplomatici hanno affermato che l'Ue ha cercato di trovare un equilibrio con Ankara, un membro della Nato e un alleato chiave per la migrazione, usando sia la carota che il bastone per cercare di evitare un'escalation - scrive - Tale approccio si riflette nel fatto che il testo, ad esempio, non contiene un embargo sulle armi richiesto dalla Grecia e anche che non vi è alcuna decisione immediata di imporre ulteriori sanzioni".  

Le ragioni economiche e geopolitiche dello stop di Berlino e Roma a questa proposta sono chiare. La Germania è il principale partner commerciale di Ankara, e anche se rispetto a un decennio fa ha ridotto di molto i suoi rifornimenti di armi all'esercito turco, resta ancora un importante supporto per la costruzione di navi militari (le stesse al centro dell'escalation nel Mediterraneo). L'Italia, dal canto suo, ha un interscambio di beni con la Turchia pari a circa 15 miliardi, secondo i dati 2019 del ministero degli Affari esteri: esportiamo soprattutto prodotti chimici e meccanici (anche la plastica non riciclata), ed importiamo autoveicoli, beni agroalimentari e tessili e prodotti mettallurgici. Alla voce export un ruolo di rilievo lo continua a svolgere il mercato delle armi.

Sanzioni a parte, il resto delle conclusioni dei leader Ue sono più che conciliatorie con Ankara: si riafferma il valore strategico dei buoni rapporti fra le due parti, soprattutto sulla questione migratoria, e si ripropone una "agenda positiva" come via da seguire favorita, Innanzitutto, il vertice Ue "nota il ritiro da parte della Turchia della nave Oruc Reis" dalle acque di competenza greca (una delle navi inviate per accaparrasi il giacimento di gas al largo di Cipro) e "insiste per una de-escalation costante in modo da consentire una tempestiva ripresa e una buona continuazione dei colloqui esplorativi diretti fra la Grecia e la Turchia".

Il Consiglio europeo poi "riafferma l'interesse strategico della Ue nello sviluppo di relazioni cooperative e reciprocamente vantaggiose con la Turchia. L'offerta di un'agenda positiva Ue-Turchia - sottolinea - resta sul tavolo, a patto che la Turchia mostri di essere pronta a promuovere un partenariato genuino con l'Unione ed i suoi Stati membri, e a risolvere le divergenze attraverso il dialogo e in accordo con il diritto internazionale. Una tale agenda potrebbe coprire le aree dell'economia e del commercio, dei rapporti tra le popolazioni, del dialogo ad alto livello e della continuazione della cooperazione le questioni migratorie".

I leader dei Ventisette sottolineano "l'importanza di mantenere aperti i canali di comunicazione fra l'Ue e la Turchia", e assicurano che "l'Ue sarà anche pronta a continuare a fornire assistenza finanziaria ai rifugiati siriani e alle altre comunità ospitate in Turchia, e a cooperare sulla gestione responsabile dei flussi migratori verso gli Stati membri e sull'incremento degli sforzi nella lotta contro i network del traffico di migranti". Ultimo paragrafo delle conclusioni sulla Turchia riguarda l'annosa questione cipriota, l'isola ancora divisa in due: una parte nell'Ue, l'altra nella sfera turca.


Fonti Europatoday/web


 

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