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Giovedì, 01 Maggio 2025

Il romanzo dello scrittore Saverio Simonelli “L’infinito non basta”, edito dalla casa editrice Città Nuova, ci riporta nel mondo ottocentesco tratteggiato con sapienza di richiami storici e letterari che fanno rivivere i più importanti personaggi che hanno segnato il periodo della musica classica, fra cui Beethoven e Franz Liszt.

La narrazione si dispiega fra continui intrecci e richiami alla vita degli attori che sembra intersecarsi, ora volutamente ora casualmente, in ampie volute armoniose che creano scenari di una trama strutturata in modo tale da rendere il racconto avvincente e coinvolgente. Colpisce la particolarità dei dettagli e la descrizione degli ambienti storico-sociali dell’epoca in cui vengono descritti i vissuti di tali personalità calate in un ambiente quotidiano e familiare. Saverio Simonelli riprende, inserendola in una atmosfera realistico-fiabesca, la vita di Herman Grimm, figlio di Wilhelm, uno dei due fratelli autori delle celebri fiabe. Quest’ultimo desidera emulare il padre raccontando la vita di Franz Liszt, musicista sublime in grado, in gioventù, di improvvisare in maniera tale da commuovere addirittura un diffidente Beethoven, ma che ora è atteso da una sfida: conciliare il talento con le esigenze della vita. Ogni capitolo del libro suggella e sviluppa le vicende dei protagonisti che si susseguono in una brillante composizione melodica caratterizzando la scena con note ad effetto sorpresa che stupiscono il lettore e lo invogliano sempre di più nel proseguire la lettura così coinvolgente di questo romanzo. Vengono descritti in modo sublime i sentimenti che legano gli attori delle storie fra di loro in un completo spettro cromatico composto dalle svariate emozioni e sensazioni che rappresentano una umanità universale. E’ facile immedesimarsi in questi racconti di un tempo senza tempo frutto della contemplazione immaginifica che si rende realtà concreta nella sua rappresentazione umana e valoriale. Infatti, dopo le tante conquiste ottenute, l’eccelso pianista si trova a dover gestire un amore difficile, una figlia sfuggente e spinosa, una vocazione tardiva. Accanto a lui un giovane e talentuoso di nome Ludwig, in fuga dal destino di musicista iscritto nel suo nome ma che, proprio come Liszt, è costretto a fare i conti con l’amore e con la figura paterna. Nel romanzo vengono affrontati vari temi che approfondiscono le storie e le tradizioni locali dei paesi internazionali con una forte attenzione agli aspetti e alle componenti della profonda umanità collettiva. In questi echi e in questi rimandi così attenti e pertinenti si rivela la professionalità degli studi approfonditi compiuti da Saverio Simonelli, giornalista e vicecaporedattore del Tg2000, che è laureato in filologia germanica e traduttore di testi. Formatosi come filologo germanico si muove da sempre nell'alveo della grande tradizione classico romantica tedesca, con un interesse particolare anche per la produzione letteraria delle isole britanniche che traspare particolarmente agli inizi della sua produzione. Nel romanzo è molto sentito l’aspetto religioso che si esplica e si rivela come componente teologica che indirizza i personaggi verso una finale “rivelazione” e conoscenza interiore che svela l’intelligenza della fede e il valore dei miracoli. Come nelle fiabe, padri e figli intrecciano i propri destini: riuscirà Herman a districarne la trama? “Ora sotto il cielo di Roma, sotto quel cielo che dovrebbe essere così chiaro desidera il silenzio. Saluta solo con un cenno due carbonai che gli passano accanto scendendo verso il Tevere. Uno di fianco all’altro. Neanche loro parlano. Sotto i lecci scorge il questurino che sbadigliando compie l’ultimo giro fino alle Botteghe Oscure, dove sa che si gioca d’azzardo. Nessuno di loro guarda il cielo. E sua madre chissà se lo sta guardando il cielo o se pensa a lui lassù a Parigi. Neanche lei sa quello che lui sta per fare a Roma. Nessuno lo sa. Quanto gli piace questa cosa. E’ proprio da lui, sì, pensa, so ancora sorprendere il mondo”. L’elemento fiabesco rivela tutta la sua efficacia come insegnamento di vita che i protagonisti scoprono nel dipanarsi delle vicende storiche e personali. La bellezza e unicità di questo romanzo risiede nell’abilità di saper incrociare e far rivivere i vissuti di personaggi così noti nel mondo culturale calandoli in una dimensione calda e quotidiana che tocca le corde dei sentimenti collettivi universali.   

 

 

La settimana scorsa Antonio Socci su Libero ci spiegava perché la Sinistra, ormai orfana del comunismo ha trasformato l'europeismo in religione sostituendo Mosca con Bruxelles, diventando bellicista per andare contro la pace di Trump. (La Sinistra, vedova del comunismo, ha trasformato l'europeismo in religione sostituendo Mosca con Bruxelles. Diventando bellicista per andare contro la pace di Trump e riscrivendo il suo passato, 9.3.25, Libero) Dopo la manifestazione per l'Europa in Piazza del Popolo a Roma del 15 marzo organizzata dal giornalista scrittore Michele Serra, è tutto più chiaro. A Roma hanno partecipato intellettuali, attori, scrittori e musicisti alternandosi al microfono con uno slogan comune: "L'Europa siamo noi". Mentre sotto il palco c'erano gli esponenti e i leader politici delle opposizioni, da Elly Schlein a Carlo Calenda, passando per Riccardo Magi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, fino a Maria Elena Boschi di Italia Viva. Mancava solo Conte che si è schierato contro la guerra. Tutti erano uniti contro Donald Trump, peraltro “presente” attraverso una testa di cartapesta che lo raffigurava mentre addenta delle banconote, Bene tutte queste figure più o meno “figlie” di una certa ideologia socialcomunista, professata dogmaticamente come una religione con una fede cieca e assoluta nell'Unione Sovietica dove c'era la salvezza. “Vedevano nei Paesi dell’est il paradiso in terra, - scrive Socci - incuranti di ogni tragica smentita. E il capitalismo occidentale era il Male, il diavolo. Crollati miseramente i regimi marxisti, sotto il peso dei loro fallimenti e dei loro orrori, i compagni dirottarono la loro fede su altre ideologie. Da allora la sinistra e in particolare i post-comunisti tendono a considerare tutte le cause che sposano come dogmi indiscutibili: lo hanno fatto, di recente, con l’ecologismo, trasformando il riscaldamento globale in un’emergenza metafisica che non si può valutare criticamente e che giustifica qualsiasi sacrificio “per la salvezza”. Pertanto continua Socci, la sinistra passa dalla “devozione assoluta da Mosca a Bruxelles e hanno cambiato il nome della loro religione: dal comunismo all’europeismo”. Il loro europeismo vede come entità malefica, quello che chiamano “sovranismo”. E quando sentono parlare di sovranità nazionale, di patriottismo o di difesa dell’interessa nazionale, inorridiscono come se fosse il demonio. Il loro europeismo è un dogma indiscutibile – come il comunismo di un tempo. Anche se la realtà invita ad avere un approccio più disincantato sull'Europa (perché ciò che va sotto il nome di Europa è spesso l’interesse di Germania e Francia). Per loro “l’Europa” è il Bene e chi avanza critiche a Bruxelles è il Male.

Naturalmente “per giustificare questa nuova fede devono cancellare quella vecchia (facendo dimenticare di essere stati comunisti) e devono riscrivere la storia dando ad intendere di essere sempre stati europeisti”. A questo punto Socci descrive un po' il percorso culturale e politico di chi ha organizzato la manifestazione a Roma, cioè del giornalista Michele Serra, con alcuni suoi interventi (imprecisioni storiche, o meglio strafalcioni) in riferimento alla nascita dell'Unione Europea.Non si sa quali libri di storia Serra abbia letto”, scrive Socci, facendo una serie di confusioni, che lo porta a dimenticare per esempio che i comunisti, durante la guerra fredda avevano da sempre avversato l’europeismo. Nel libro di Luca Cangemi, “Il Pci contro l’europeismo”, si trovano “perle” come questa di Togliatti del 1952: “Tutte queste chiacchiere sull’unità dell’Europa, sul ‘federalismo europeo’, dobbiamo dunque saperle smascherare a dovere, mostrare a tutti che si tratta di un ciarpame vergognoso, col quale si copre la rinascita del militarismo tedesco e del militarismo italiano e la costituzione di un blocco di forze aggressive al servizio dell’imperialismo americano”. Poi Socci continua a descrivere il camuffamento del Pci, e poi Pds, ma solo per entrare nelle stanze del potere. E così la Sinistra riducendosi a trasformare la loro nuova fede europeista in una religione ha abbracciato fideisticamente tutti i dogmi della UE, nonostante gli evidenti disastri che provocavano (dai famosi parametri di Maastricht al recente Green Deal). Pertanto, oggi la sinistra abbraccia l’idea di Serra di organizzare, per il 15 marzo, “una manifestazione contro gli Usa di Trump contrapposti alla Ue della Von der Leyen. Invece di sostenere il presidente americano che vuole fare la pace in Ucraina, applaudono la Von der Leyen che in tre anni non ha fatto nulla per la pace e che ora ha lanciato un colossale piano di riarmo (ha scandalizzato pure la Santa Sede)”. Per Socci si tratta

di “un riarmo varato con toni bellicisti in polemica con Trump”. Infine una stoccata ai pseudo cattolici della Comunità di S. Egidio o di don Luigi Ciotti, che si dicono pacifisti e hanno aderito alla manifestazione. Una clamorosa contraddizione.  

Intanto, Repubblica spiegava che “l’idea di Serra nasce dallo shock provocato da Trump”. Non dallo scandalo di una guerra che da tre anni massacra migliaia di persone, ma dallo “shock” provocato da chi vuole mettere fine a quella guerra”. Alla fine sono tornati al rosso antico: l’anti-americanismo, commenta Socci.

 

Possono le parole, il Logos, generare un salto quantico della coscienza?
La risposta è sì, come ha brillantemente illustrato il Dr. Haris Koudounas, Presidente dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale (IEDC-Ancona), durante l’incontro “Il Logos Quantico e la Scrittura Creativa”, svoltosi pochi giorni fa presso la Mole Vanvitelliana.

L’evento rappresentava il quarto appuntamento del ciclo di conferenze “Armonia dell’Essere: dialoghi su Filosofia, Mitologia e Cultura”, che si concluderà il 28 marzo prossimo.
Attraverso un’esperienza immersiva, il relatore ha mostrato come il Logos, in connessione con i principi della fisica quantistica, possa favorire un vero e proprio salto di consapevolezza.

Gli esercizi di scrittura creativa hanno evidenziato il potere trasformativo di parole greche “chiave” – Φως (Fos-Luce) , Άγαλμα (Agalma-Statua), Άνθρωπος (Anthropos-Uomo), Άλογο (Alogo-Cavallo), Ψυχή (Psiche-Anima, Βίος/Ζωή (Bios/Vita) e altre – dimostrando come, proprio come in fisica quantistica, la realtà venga modellata dall’osservatore e dal linguaggio. I continui riferimenti ai filosofi dell’Antica Grecia e ai concetti quantistici, come la sovrapposizione e l’entanglement, hanno aperto nuove prospettive sulla possibilità di ampliare la coscienza e accedere a livelli più profondi di conoscenza e presenza nel qui e ora.
Un tema di straordinaria innovazione che ha conquistato il pubblico, suscitando grande interesse e il desiderio di un ulteriore approfondimento.

Dr. Haris Koudounas e gli studi sul Logos Quantico

Il Dr. Haris Koudounas è un ricercatore, pensatore e docente pionieristico che ha dedicato la sua vita allo studio della connessione tra Logos, filosofia, fisica e linguistica, sviluppando la sua innovativa teoria del Logos Quantico.

Cos'è il Logos Quantico?

Il Dr. Koudounas introduce un nuovo approccio al linguaggio e al pensiero, basato sui principi della fisica quantistica e della filosofia del Logos. Nelle sue ricerche, esplora come le parole, i concetti e la coscienza interagiscono con la realtà, sostenendo che il Logos non è solo uno strumento di comunicazione, ma una forza dinamica che modella e rimodella l'esistenza. Ispirandosi ai presocratici, al isopsefia (valore numerico delle parole in greco), alla semiotica e ai principi della meccanica quantistica, propone che la coscienza e il linguaggio possano generare un "salto quantico" nella comprensione e nell'evoluzione umana.

Temi centrali dei suoi studi


L’interconnessione tra Logos e Fisica Quantistica

Il Dr. Koudounas sostiene che la fisica quantistica e il Logos condividano meccanismi comuni, come l’entanglement (intreccio quantistico), la sovrapposizione (superposition) e il ruolo dell’osservazione nella creazione della realtà.

Isopsefia e Struttura Archetipica della Lingua Greca


La lingua greca, attraverso l’isopsefia (relazione alfanumerica tra parole e numeri), rivela armonie nascoste legate a modelli filosofici, cosmologici e scientifici.

Scrittura Creativa come Porta d’Accesso all’Esperienza Quantica
Attraverso la Scrittura Creativa Quantica, le parole diventano veicoli di espansione della coscienza, aiutando le persone a percepire la dinamica interna dei concetti e a riconnettersi con una conoscenza archetipica.

La Filosofia del Logos e la Necessità di un Nuovo Modello Interpretativo
Il Dr. Koudounas propone un nuovo modo di comprendere il mondo, in cui linguaggio, pensiero e realtà fisica non sono entità separate, ma un campo unificato e interconnesso di esistenza.

Applicazioni del Logos Quantico


In Diplomazia e Comunicazione Interculturale: Creazione di un nuovo modello di dialogo, basato sui principi della coscienza quantistica e dell'unità linguistica.
In Educazione: Sviluppo di metodologie che promuovono il pensiero interdisciplinare, la capacità critica e la riscoperta della profondità concettuale delle parole.
Nella Ricerca Umanistica e Sociale: Studio di come le parole e le strutture linguistiche influenzino la percezione, la psicologia e l’evoluzione sociale.

Una Visione per il Futuro


Attraverso il suo lavoro interdisciplinare, il Dr. Haris Koudounas invita il pensiero contemporaneo a superare i confini dei modelli teorici tradizionali e a muoversi verso un nuovo paradigma scientifico e filosofico, in cui coscienza, Logos e realtà sono in un’interazione continua e creativa.
Il Logos Quantico non è solo una teoria: è uno strumento per espandere la nostra percezione e scoprire nuove dimensioni dell’esistenza.

 

Fonte : Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale (IEDC-Ancona)

 

Quando mi capita di conversare con qualche rappresentate dei Testimoni di Geova, prima di iniziare il discorso o per chiuderlo dico subito io cattolico rispetto a loro e a tutte le altre religioni sono un privilegiato perché quando ho qualche dubbio, in particolare sulle cose fondamentali, ho una persona a cui fare riferimento, questa persona è il Papa. Pensate a quello che succede con l'Islam, quando si discute in quegli ambienti spesso “si mette il revolver sul tavolo”, diceva uno studioso. Ebbene il privilegio di fare affidamento a un Papa, vale anche per questi giorni che è fisicamente assente in S. Pietro, o in Vaticano. che è sofferente in un letto di ospedale, accudito dai medici e dagli operatori sanitari, che si prendono cura della sua persona, in mezzo a tanti altri malati. “Avverto nel cuore la “benedizione” che si nasconde dentro la fragilità, perché proprio in questi momenti impariamo ancora di più a confidare nel Signore», dice il Pontefice. Papa Francesco ringrazia il Signore perché gli dà l’opportunità di condividere nel corpo e nello spirito la condizione di tanti ammalati e sofferenti. Eppure il Papa c'è anche in queste giornate senza le sue parole e la sua presenza fisica. Ma proprio in questi momenti è opportuno porsi la domanda: chi è il Papa? Che cosa rappresenta? A questa domanda ha risposto il responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, il professore Marco Invernizzi. (Il Papa e l'unità della Chiesa, 10.3.25, alleanzacatolica.org) Citando il N. 882 del Catechismo della Chiesa Cattolica : «Il Papa, Vescovo di Roma e Successore di san Pietro, “è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli”», ricorda che il Papa, governa la Chiesa e insegna con il suo Magistero, ma soprattutto è il garante dell’unità, cioè del corpo visibile di tutti i fedeli, dai vescovi suoi confratelli ai fedeli cattolici, oltre un miliardo e 300 milioni sparsi nel mondo.Nessuna religione ha questa caratteristica, perché nessuna religione è caratterizzata dall’adesione a una Persona, Gesù di Nazareth, uomo e Dio, prima che a una serie di valori e principi”. A cominciare da noi cattolici facciamo fatica a comprendere in profondità questo principio, sancito nelle parole di Cristo: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». Parole rivolte a un semplice pescatore, che sarebbe stato assistito direttamente da Dio e, così, garantito dal Signore. Pietro era un uomo, con tutti i suoi limiti e difetti, ma un uomo investito di una missione speciale per la quale Dio stesso si fa garante. Così vale per tutti i Pontefici, compreso Papa Francesco. Un uomo che non cessa di essere un peccatore, tuttavia il Figlio di Dio ci invita a seguirlo, con fiducia. E' forse questo che provoca scandalo e incredulità, ma è il fondamento della fede cattolica, che si basa sul rapporto personale della creatura con il suo Creatore, attraverso la mediazione della Chiesa, raccolta intorno al Vicario del Signore. Certo la Storia della Chiesa non sempre è stata lineare, limpida, coerente con il messaggio evangelico. “In oltre duemila anni la Chiesa ha avuto Papi molto discutibili, - scrive Invernizzi - alcuni addirittura riprovevoli, ma non ha mai abbandonato questa fede, che da 1700 anni, dal Concilio di Nicea, professiamo tutti con le stesse parole ogni domenica durante la Messa”. Chi si è staccato da questa verità ha rotto la comunione e ha creato ferite che permangono ancora oggi e continuano a fare sanguinare il corpo di Cristo. Del resto tutti i Santi, nonostante le tante difficoltà, sono rimasti uniti alla Chiesa e al Papa. “Ma l’unità della Chiesa non è soltanto quella visibile, scrive Invernizzi, Si può rompere la comunione anche nel foro interno, mantenendo una apparente unità, formale ma non sostanziale”. E questo purtroppo succede anche oggi ed è successo molte volte, nella storia, per esempio con il giansenismo e con il modernismo, due “eresie bianche”, cioè due eresie che non volevano rompere l’unità giuridica, ma la minavano dall’interno, con malizia più o meno consapevole”. E' avvenuto anche con la rivolta contro san Paolo VI, quando pubblicò l’Humanae vitae nel 1968, con i manifesti dei teologi contro san Giovanni Paolo II e, poi, contro Benedetto XVI, e ancora di più oggi contro Papa Francesco, accomunando ambienti di diversa tendenza teologica e ideologica. Attenzione, però, “questo non significa che ogni gesto del Papa sia infallibile o che un Papa non possa peccare, ma vuol dire che alla sua persona va riconosciuta un’assistenza divina particolare, così che ogni atto del suo Magistero ordinario, pur non essendo infallibile, necessita dell’«ossequio dello spirito», come scrive il Catechismo al n. 892”. La questione che affligge il nostro mondo è la penetrazione del relativismo dentro la Chiesa e, di conseguenza, anche il rifiuto pratico del principio dell’obbedienza e dell’ascolto, per cui si giudicano gli atti del Pontefice alla luce del proprio sentire e non viceversa. Il cattolico oggi dovrebbe riscoprire due parole fondamentali: obbedienza e unità.

Obbedire non significa capire tutto e capirlo subito: spesso comporta anche il sacrificio della propria opinione. Obbedire non esclude di porre domande quando non si capisce, senza spirito di polemica e con un atteggiamento filiale. Soprattutto, obbedire significa confermare nei fatti che l’unità attorno a una persona scelta dallo Spirito Santo è uno dei più grandi doni che Dio ha fatto agli uomini, dando loro qualcuno da seguire e dando a questo qualcuno la sua assistenza continua e benefica”.

La svolta politica negli Stati Uniti con l'elezione di Donald Trump è stata molto importante anche per le speranze del movimento conservatore in Occidente. In questa direzione si inquadra la nomina del vice di Trump, James David Vance. Abbiamo apprezzato con molta attenzione la sua prima “uscita” politica del mese scorso a Monaco di Baviera. Ora apprendo che Vance oltre ad essere cattolico conservatore, ha come punto di riferimento culturale lo studioso e politologo, Rod Dreher, l'autore del pamphlet, “L'Opzione Benedetto”. Ci offre una dettagliata informazione Gianfranco Amato su Lanuovabussola (Il vicepresidente degli USA. Le radici culturali cristiane di J. D. Vance, 28.2.25, lanuovabq.it). “L'opzione Benedetto. Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano” è diventato un libro che alcuni definiscono un manifesto dei conservatori. E' stato scritto da Dreher nel 2018 (trovate la recensione nel mio blog). La tesi di fondo del testo è semplice: in un mondo come il nostro, molto simile a quello che vide la fine dell’Impero Romano con l’arrivo dei barbari, è necessario fare come Benedetto da Norcia, separarsi dall’Impero per poter ritrovare le proprie origini, radici e identità, così da poter essere in prospettiva “sale della terra” non insipido. Il libro di Dreher “ha avuto un discreto successo a livello planetario nel mondo conservatore, a cui Dreher si è rivolto consigliando di abbracciare l’esilio dalla cultura dominante e costruire una controcultura resiliente basata sulle virtù cristiane”. Dal 2021, Dreher si è trasferito principalmente in Ungheria, dove è diventato una specie di consigliere intellettuale nel governo di Viktor Orbán.

Quello tra Vance e Dreher non è semplicemente un rapporto tra autore e lettore. I due sono stretti amici dal 2016, cioè da quando lo stesso Dreher divenne uno dei primi sostenitori di Elegia Americana, il libro scritto da Vance sulla destra, definendolo «uno dei migliori libri» che avesse mai letto, e realizzando una coraggiosa intervista con Vance per la rivista politica The American Conservative. Mentre Vance ricambierà il favore all’amico nell’agosto del 2023, sponsorizzando pubblicamente l’ultimo libro di Dreher, intitolato “La resistenza dei cristiani – Manuale per fedeli dissidenti”. I due sono amici al punto che Dreher nel 2019 ha partecipato alla cerimonia del battesimo di Vance nella fede cattolica, celebrata da padre Henry Stephan, un domenicano, presso il Priorato di Santa Gertrude (St. Gertrude Priory), a Cincinnati. Anche di questo evento Dreher è autore di una intervista a Vance, uscita sempre sulla rivista The American Conservative. Alla domanda di Dreher sul perché avesse deciso di diventare cattolico, Vance ha risposto di essersi convinto che proprio il cattolicesimo sia l’autentica risposta alla sua ricerca della fede, non tanto in una prospettiva intellettuale, ma semplicemente osservando il fatto che le persone per lui più significative nella sua vita erano proprio cattoliche. Si è trattato di un incontro con una testimonianza di vita più che di un ragionamento intellettuale. Sempre nell’intervista Vance ha spiegato perché ha scelto, come patrono, sant’Agostino. Intanto perché le Confessioni del grande santo d’Ippona lo avevano commosso. Un altro motivo è che proprio un capitolo del De civitate Dei di sant’Agostino gli è apparso incredibilmente rilevante ora che pensa alla politica anche in una prospettiva culturale di ampio respiro. Per quanto riguarda, l’attuale crisi della Chiesa, il vicepresidente degli Stati Uniti, nella citata intervista resa all’amico Rod Dreher, ha espresso un’idea chiara: «Una delle cose che amo del cattolicesimo è che è molto antico. Guarderei la questione in una prospettiva temporale molto più ampia. Le cose sono oggi più scoraggianti rispetto alla metà del XIX secolo? O rispetto al Medioevo? O rispetto a quando la Chiesa aveva un secondo Papa ad Avignone? Non credo. La speranza della fede cristiana non è radicata in una conquista a breve termine del mondo materiale, ma nel fatto che essa è vera e che, a lungo termine, con varie fasi, le cose si risolveranno».

Vance è convinto che è necessario un’azione politica coerente con la dottrina sociale della Chiesa. Un insegnamento che dovrebbe guidare ogni cattolico, ma anche chi non crede. E aggiunge: «Parte della sfida del conservatorismo sociale per la vitalità nel XXI secolo è che non può limitarsi a questioni come l’aborto, ma deve avere una visione più ampia dell’economia politica e del bene comune». Vance è convinto che la conversione al Cristianesimo è un processo che dura sempre e bisogna lavorare molto per tentare di essere una persona migliore.

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