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No all'impeachment, Grillo: "vada via"

La messa in stato d'accusa nei confronti di Giorgio Napolitano, chiesta dal Movimento 5 Stelle, è stata bocciata. Questo l'esito della votazione avvenuta in seno al Comitato per la messa in stato d'accusa: ventotto sì (a favore dell'archiviazione manifesta infondatezza proposta dal Pd), otto no del M5S
28 voti per l’archiviazione, 8 per fare le indagini. Richiesta M5S bocciata. Ma non è finita qui": è il punto della situazione sul dossier impeachment che i grillini al Senato affidano a un messaggio pubblicato su Twitter
Forza Italia e Gal non ha partecipato al voto (secondo regolamento non ci si poteva astenere). I due presidenti, Ignazio La Russa e Dario Stefàno, non hanno espresso alcuna indicazione di voto. "Siccome abbiamo applicato il regolamento della Camera per tutta la discussione - ha spiegato l’esponente di Fratelli d’Italia - per dovere di imparzialità non abbiamo partecipato al voto".
Hanno vinto i patti e i ricatti dopo una notte di incontri al Quirinale. Ma non finisce qui. Raccoglieremo le firme in Parlamento per chiedere che il caso-Napolitano venga portato in aula in seduta congiunta". E più tardi, in una nota congiunta, i deputati e i senatori del Movimento 5 Stelle tuonano: "Dopo una notte di tentennamenti, il partito del Quirinale si è ricompattato contro la Costituzione e contro la volontà popolare". Si fa sentire, ovviamente, anche Beppe Grillo: "Come può rimanere ancora al Quirinale? Napolitano deve avere la dignità di dimettersi", dice il guru del Movimento. "Bisogna capire quando si è a fine corsa e fuori ruolo. Lui lo è. Napolitano sta per compiere novant’anni, è in politica dal 1945, in Parlamento dal 1953, è peggio di una condanna all’ergastolo", incalza Grillo. "L’Italia non può essere condannata a Napolitano a vita e alle sue originali interpretazioni monarchiche del ruolo di presidente della Repubblica. L’Italia ha scelto la Repubblica il 2 giugno del 1946". E allora, insiste Grillo, "qualcuno lo avverta. Napolitano è oggi il problema principale di questo Paese, prima viene rimosso, prima l’Italia potrà ripartire".
Per chiudere la "vicenda impeachment" il Partito democratico stamani aveva presentato la mozione. La Russa (FdI) l'ha posta in votazione. E i parlamentari hanno bocciato la messa in stato d'accusa nei confronti del Capo dello Stato. Nervosismo tra i parlamentari di Forza Italia. Come annunciato durante la dichiarazione di voto, gli azzurri hanno lasciato l’aula in segno di protesta per "l’accelerazione dei lavori" del Comitato, al quale Forza Italia aveva chiesto un ulteriore approfondimento a seguito delle rivelazioni contenute nel libro di Alan Friedman.
Intanto che cosa succede riguardo la legge elettorale e il Governo :
''Nelle prossime ore presenterò una mia proposta di patto di coalizione fra i partiti che sostengono il governo''. Così ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta, che stamattina ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per parlare delle "prospettive di governo e le scelte da fare". L'incontro, si sottolinea in ambienti di Palazzo Chigi, e' stato positivo. Il premier Letta è confortato e ancor più determinato ad accelerare per la presentazione di Impegno Italia, base del rilancio programmatico del governo.

''Il progetto di governo che presenterò è convincente e sono convinto che convincerà tutti i partiti che lo sostengono'': così ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta: ''Sono convinto - ha aggiunto - che il piano convincerà tutti partiti anche il Pd''. Letta ha assicurato che uno degli obiettivi è ''il rilancio dell'economia''.

Uno slittamento di 48 ore, per votare in Aula gli emendamenti alla legge elettorale "dopo la direzione del Pd", anticipata al 13 febbraio. Lo hanno chiesto i democratici per voce del capogruppo in commissione Affari costituzionali Michele Fiano, dopo l'approvazione da parte del Comitato ristretto dei tre emendamenti del relatore Francesco Paolo Sisto (Fi) che recepiscono le nuove soglie del 37% e del 4,5% e il meccanismo di assegnazione dei seggi nei collegi. Sulla richiesta deciderà la capigruppo, in programma nel primo pomeriggio.

"Io mi fido del Pd e il Pd ne esce solo come una squadra unita. Se non portiamo a casa questo passaggio salta l'Italia e l'Italicum. Non salta solo una leadership ma tutto". È l'appello all'unità del Pd che Matteo Renzi ha rivolto all'assemblea dei deputati alla vigilia del voto sulla legge elettorale. La legge elettorale, ha proseguito, è frutto di un accordo tra alcuni partiti e "non può essere modificata in modo unilaterale". La riforma è "innovativa perché dà certezza sul bipolarismo, mette fine a coalizioni litigiose e la sera si sa chi ha vinto".

Il segretario del Partito Democratico ha poi toccato il tema del governo. "All'esigenza di tenere insieme legge elettorale e riforme non basta rispondere con un emendamento. La domanda è: il governo così com'è aiuta le riforme o no?". Quindi l'annuncio. "Non c'è un problema tra Pd e governo, noi siamo sempre stati leali", ma il tema "è politico e per questo chiedo di anticipare al 13 la Direzione". "C'è bisogno di un approfondimento in sede politica. Decidiamo se la batteria di questa legislatura va cambiata o ricaricata. Il punto è se è nelle condizioni di utilizzare l'81% dell'energia che le rimane davanti dopo che ha utilizzato il 19% della barra vita". Usando la metafora di un videogame Matteo Renzi pone dunque della discussione sul governo "nelle forme che decideremo con il presidente del Consiglio".

"C'è bisogno di un approfondimento in sede politica. Decidiamo se la batteria di questa legislatura va cambiata o ricaricata. Il punto è se è nelle condizioni di utilizzare l'81% dell'energia che le rimane davanti dopo che ha utilizzato il 19% della barra vita". Usando la metafora di un videogame Matteo Renzi pone il tema all'assemblea dei deputati Pd annunciando l'inversione dell'odg della Direzione che giovedì "nelle forme che decideremo con il presidente del Consiglio" approfondirà la discussione sul governo.

E su tre emendamenti alla legge elettorale, attesa in Aula, la minoranza Pd non demorde: il primo è che la riforma entra in vigore solo dopo il superamento del Senato, il secondo chiede primarie obbligatorie pur prevedendo deroghe, il terzo vuole la parità di genere. E' l'esito della riunione dell'area Cuperlo.

Per la minoranza del Partito Democratico i 3 punti sono dirimenti e "irrinunciabili" a fronte della disponibilità espressa a ritirare gli altri emendamenti, riguardanti collegi e soglie di sbarramento. Per la sinistra, che stasera si riunirà in assemblea con il segretario Matteo Renzi, è segno di "responsabilità" portare avanti queste richieste che devono essere "di tutto il partito". Del resto, spiegano alcuni partecipanti alla riunione, l'emendamento Lauricella, che chiede che la legge elettorale entri in vigore solo dopo la riforma del Senato, va proprio nella direzione indicata dal segretario di un pacchetto di riforme complessivo.

Sono intanto circa 450 gli emendamenti alla riforma elettorale presentati in Aula alla Camera dai deputati dei vari gruppi.

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