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Gli Stati Uniti hanno lanciato nella notte un attacco, con 59 missili Tomahawk  partiti da navi Usa nel Mediterraneo, contro la base militare siriana di Shayrat, nella provincia di Homs, da dove sarebbero partiti i raid con armi chimiche del 4 aprile scorso sulla zona di Idlib, che hanno causato la morte di almeno 86 persone tra cui 30 bambini. Durissima la reazione della Russia. Mentre il presidente siriano Bashar al Assad va all'attacco bollando il comportamento degli Usa come "spericolato e irresponsabile". 

A sostegno dell'azione americana, si schierano anche i nemici storici del regime di Assad. Da Israele all'Arabia Saudita, alla Turchia. Ankara auspica che il lavoro venga "completato" e invoca la rimozione di Assad "il prima possibile". Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, prevede "nuove ondate di migranti" in fuga dalla Siria e chiede una "safe zone". Intanto è salito a 15 il numero dei morti nell'attacco: 6 soldati della base e 9 civili, tra cui quattro bambini, secondo un bilancio fornito dall'agenzia ufficiale siriana Sana. I missili avrebbero colpito anche case attorno alla base. Mosca non registra invece vittime russe. Sempre secondo la Russia infine, i miliziani antigovernativi hanno lanciato un vasto attacco contro le truppe siriane dopo il raid missilistico degli Usa

Ieri in serata il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer ha riferito che al presidente Trump sono state presentate "molte opzioni" sulla Siria. Spicer non è entrato nel dettaglio delle opzioni. Poi il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha rincarato: "Non ci sono dubbi" sul fatto che il regime di Assad e' responsabile per l'attacco chimico di Idlib. Tillerson ha sottolineato come l'attacco richiede una "risposta seria". "Sono in corso sforzi da parte della coalizione internazionale per rimuovere dal potere Bashar al Assad". "Ritengo importante che Mosca consideri attentamente il suo sostegno al regime", ha aggiunto il capo della diplomazia Usa.

In una nota il Pentagono ha definito la risposta americana "proporzionata" rispetto all’odiosa azione di Assad contro la propria gente. Il raid è scattato quando in Siria erano le 4.40 del mattino. "Dalle prime indicazioni - si legge nella nota - emerge che è stato severamente danneggiato o distrutto un aereo nonché infrastrutture ed equipaggiamenti di supporto". Secondo i media siriani le vittime del raid sono 15, di cui nove civili.

Donald Trump, dunque, ha voluto lanciare un avvertimento : "Questa notte chiedo a tutte le nazioni civilizzate di unirsi a noi per far cessare questo bagno di sangue e questi massacri in Siria e per porre fine al terrorismo di ogni tipo". Parlando ai giornalisti dal suo resort di Mar-a-Lago, in Florida, dove stava ricevendo il presidente cinese Xi Jinping, Trump ha detto che il governo siriano "ha ignorato le sollecitazioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite". "È di vitale interesse per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti prevenire e scoraggiare la diffusione e l'uso di armi chimiche letali".

"La Siria e i suoi alleati risponderanno in maniera appropriata a quest'aggressione",  ha detto oggi Buthayna Shaaban, consigliere politico del presidente siriano Bashar al Assad, commentando l'attacco americano compiuto nella notte contro una base militare governativa nella Siria centrale. Intervistata dalla tv panaraba al Mayadin, vicina all'Iran, Shaaban ha assicurato che "il coordinamento tra Damasco e suoi alleati (la Russia e l'Iran) continua".

Il presidente Vladimir Putin ha accusato Washington di aver compiuto "un'aggressione contro uno Stato sovrano", che comprometterà le relazioni tra Usa e Russia. Mosca ha annunciato che rafforzerà le difese aeree di Damasco per proteggere le infrastrutture e ha sospeso l'intesa con gli Stati Uniti che garantisce la sicurezza dei voli durante le operazioni in Siria. Secondo il ministero della Difesa tuttavia, "solo 23" dei 59 missili hanno raggiunto la base di Shayrat, mentre gli altri 36 sarebbero caduti in un luogo "sconosciuto".

La Russia, che conferma di essere stata avvisata prima del raid, ritiene inoltre che l'attacco chimico sia stato solo "un pretesto" per l'operazione americana decisa in precedenza, e chiede una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

"L'azione di questa notte come noto si è sviluppata nella base aerea da cui erano partiti gli attacchi con uso di armi chimiche nei giorni scorsi. Contro un crimine di guerra il cui responsabile è il regime di Assad". Lo dichiara il premier Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi. Il premier ha puntualizzato che "gli Stati Uniti hanno definito la loro azione come puntuale e limitata e non come una tappa di una escalation militare".

Chi fa uso di armi chimiche non può contare su attenuanti e mistificazioni", ha detto ancora Gentiloni. "Credo che le immagini di sofferenza che abbiamo dovuto vedere nei giorni scorsi in seguito all'uso delle armi chimiche non possiamo pensare di rivederle".

"L'Italia è sempre stata convinta che una soluzione duratura per la Siria vada cercata nel negoziato. Era e resta la nostra posizione. Il negoziato deve comprendere tanto le forze di opposizione quanto il regime, sotto l'egida delle nazioni unite con ruolo decisivo e costruttivo della Russia". "C'è l'impegno comune perché l'Europa contribuisca alla ripresa dei negoziati in Siria". "Sono convinto che l'azione di questa notte non ostacoli ma acceleri la chance per il negoziato politico". "Con il presidente francese Hollande e la cancelliera Merkel abbiamo preso il comune impegno perché l'Europa contribuisca alla ripresa dei negoziati in Siria".

Intanto momenti di terrore in Svezia: a Stoccolma un camion è finito contro la folla in pieno centro. Ci sarebbero alcuni feriti. L'episodio è avvenuto in una delle principali strade commerciali di Stoccolma, secondo quanto riferisce la polizia citata dai media locali.

E' Akbarzhon Jalilov, 22 anni, russo di origini kirghise l'autore dell'attentato nella metro di San Pietroburgo. Il suo Dna è stato trovato sulla borsa in cui era contenuto l'ordigno rinvenuto nella stazione di Ploshchad Vosstania, quello che non è esploso. Secondo gli investigatori russi, Jalilov è l'unico autore dell'attentato. Intanto, sono state riaperte le stazioni della metro chiuse ancora oggi per un allarme bomba. Il secondo ordigno, a quanto si è appreso, doveva essere attivato da un cellulare. Circostanza che porta gli inquirenti a 'non escludere' che pure la bomba esplosa sul vagone della metro sia stata innescata a distanza da complici dell'attentatore suicida.

La pista è quella della jihad, la guerra santa dettata dal Corano. I servizi segreti di Mosca sapevano della preparazione di attentati terroristici  : erano stati avvertiti da un russo che collaborava con l'Isis ed era detenuto dopo il suo ritorno dalla Siria. Secondo il servizio di sicurezza russo Fsb sono almeno settemila i cittadini provenienti dalle diverse Repubbliche dell'ex-Urss, dei quali 2.900 russi, ad aver raggiunto come foreign fighters le fila dello Stato islamico.

La cronaca : e stato un attentato terrificante che ha sconvolto San Pietroburgo, l'antica capitale degli zar e città natale di Vladimir Putin, proprio nel giorno in cui il presidente russo era in zona per l'incontro con il collega bielorusso Alexander Lukashenko. Un vagone della linea blu del metrò è stato sventrato da un'esplosione mentre correva fra le stazioni Tekhnologicheskiy Institut e Sennaya Ploshchad causando 14 morti, come è stato confermato dal Ministero della Salute. A compiere l'attentato sarebbe stato un kamikaze russo di origine kirghisa.Un secondo ordigno, mascherato da estintore, è stato rinvenuto in una terza stazione, la Ploshchad Vosstaniya, ed è stato disinnescato dagli artificieri: si trattava di una bomba ben più potente - un chilo di tritolo - di quella usata nel vagone della metropolitana ma di fattura simile, ovvero zeppa di "corpi lesivi" (biglie e chiodi mozzati) utilizzati per massimizzare l'impatto mortifero.

E il ministero della Sanità ha ufficializzato il bilancio della strage: 14 morti. Ieri in serata Putin è andato a deporre fiori sul luogo dell'attacco.Trump lo ha chiamato esprimendogli le sue condoglianze; i due intendono combattere insieme il terrorismo, afferma il Cremlino. Il Consiglio di sicurezza Onu parla di "vile terrorismo". Da oggi tre giorni di lutto cittadino a San Pietroburgo.

Dopo che ieri notte i media russi hanno riferito che si traterebbe di un attacco suicida sferrato da un giovane proveniente dall'Asia centrale Anuar Zhainakov, il capo del servizio stampa del ministero degli Esteri kazako, aveva infatti invitato alla calma. Le foto diffuse, che indicano il ragazzo come originario dell'Asia Centrale, lo mostrano con gli occhiali, una giacca marrone con il cappuccio e un cappello blu. In spalla, lo zainetto che avrebbe contenuto l'ordigno rudimentale, poi esploso nel terzo vagone tra la metro "Tekhnologhichesky Institut" e "Sennaya Ploshchady". il giovane prima di infilarsi nel vagone e compiere l' attenatato avrebbe lasciato l'ordigno poi trovato inesploso alla stazione di "Ploshchad Vosstaniya". La sua follia jihadista lascia a terra quattordici morti e quarantacinque feriti.

L'antiterrorismo russa starebbe seguendo la pista di un kamikaze membro di un'organizzazione terroristica islamista messa al bando nel Paese. "Il kamikaze - sostiene una fonte dei servizi di sicurezza - avrebbe celato l'ordigno in uno zaino". Il tutto "sulla base dei resti ritrovati che fanno propendere per un'esplosione causata da un attentatore suicida - ha aggiunto la fonte dietro condizione di anonimato - ma la certezza potrà solo venire dopo l'esame del dna". Ieri alle 21.06 (ora locale) al Consolato generale kazako di San Pietroburgo è arrivata la chiamata di Irina Arishev da Almaty che ha riferito che, dopo l'attentato in metropolitana , non è riuscita più a mettersi in contatto con il figlio Maksim Arishev, studente del terzo anno di studi di economia nell'università della città sul Baltico. Oggi, poi, la smentita e la nuova pista. Adesso gli occhi sono puntati su Akbarjon Djalilov (o Akbarzhon Jalilov), nato nella città di Osh nel 1995. Il kirghiso aveva ricevuto un passaporto russo nel 2011 su richiesta del padre che in quel momento era cittadino della Federazione russa, dove lavorava da circa dieci anni.

Intanto sono state riaperte le stazioni della metropolitana di San Pietroburgo chiuse per un allarme bomba.

I servizi segreti osservavano l'attività degli estremisti coinvolti nell'attentato di San Pietroburgo e sono riusciti a prevenire il secondo attentato - quello di Ploshchad Vosstania - bloccando dopo la prima esplosione la rete di telefonia cellulare nella stazione. L'ordigno nascosto nell'estintore, infatti, "doveva essere attivato da un telefono cellulare e non da un meccanismo a orologeria". Circostanza che porta gli inquirenti a "non escludere" che pure la bomba esplosa sul vagone della metro possa essere stata innescata "a distanza" dai complici dell'attentatore, che forse "controllavano i suoi movimenti".
I servizi, riporta il quotidiano Kommersant Kommersant, tenevano d'occhio "da tempo" la cellula ma avevano individuato con certezza solo un elemento di "basso rango" dell'organizzazione, di cittadinanza russa, fermato dopo il suo rientro dalla Sir

Il Comitato Investigativo russo ieri ha confermato di aver lanciato un'indagine per "terrorismo" ma ha sottolineato che ogni altra ipotesi verrà analizzata. Le piste privilegiate, ad ogni modo, sono quella "estremista", dunque di matrice islamica, e quella "nazionalista". La polizia, sulle prime, aveva detto di essere sulle tracce di due attentatori ma in serata - stando a quanto riporta Interfax - gli inquirenti si sono convinti che ad agire sia stato un solo uomo. Ovvero il kamikaze, che prima avrebbe lasciato l'ordigno-estintore alla Ploshchad Vosstaniya e poi sarebbe salito sul treno, dove si è fatto esplodere. 

Il kamikaze della metropolitana di San Pietroburgo sarebbe un cittadino russo di origine kirghisa, secondo l'intelligence del Kirghizistan. Il comitato di stato kirghiso per la sicurezza nazionale ha reso noto che l'autore dell'attentato è di nazionalità russa e di origine kirghisa, secondo la Ap. L'agenzia di intelligence ha precisato che sta cooperando nelle indagini con le autorità russe. Secondo la stampa britannica, che cita sempre i servizi di sicurezza kirghisi (Gknb), l'attentatore si chiamerebbe Akbarzhon Jalilov, è nato a Osh e ha 22 anni (e' nato nel 1995).

Intanto sono 20 i bambini morti nei raid compiuti ieri su Khan Shaykhun: lo ha reso noto l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) rivedendo così al rialzo il bilancio di 11 bimbi deceduti comunicato nelle ore successive alla strage. Tra le 72 vittime, ha aggiunto l'organizzazione che ha sede nel Regno Unito, ci sono anche 17 donne.

Mosca ha definito "provocatorie" le accuse di alcune nazioni occidentali secondo cui il governo siriano ha usato armi chimiche nella provincia di Idlib e ha definito come "inaccettabile" la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu proposta da Francia, Stati Uniti e Regno Unito. Così una fonte del ministero degli Esteri russo a Interfax. "Tutta questa situazione non è altro che una provocazione", ha detto la fonte aggiungendo che "la bozza di risoluzione suggerita dai tre paesi non è accettabile così com'è". 

"La Russia e le sue forze armate continuano l'operazione per sostenere la campagna antiterroristica per la liberazione del Paese svolta dalle forze armate della Repubblica araba siriana", ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se Mosca continuerà a sostenere il regime di Damasco dopo il presunto attacco chimico in Siria centrale di cui viene accusata l'aviazione siriana.

 

 

"Ci sono norme e vincoli europei che non dobbiamo dare per intoccabili, c'è un margine di negoziato. Certamente da qui all'autunno la discussione con Bruxelles sarà aperta e potrà produrre risultati, sapendo che da un lato dobbiamo mantenere gli equilibri, dall'altro dobbiamo ottenere una cornice europea più realistica". Lo dice il premier Paolo Gentiloni incontrando le Regioni a Palazzo Chigi.

"Abbiamo bisogno nei prossimi mesi di una interlocuzione tra Governo e Regioni per affrontare nel modo migliore possibile le scadenze che avremo. Oggi è il primo incontro, per ragionare insieme su priorità e metodo". Lo dice, a quanto si apprende, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, nell'incontro in corso a Palazzo Chigi con i presidenti delle Regioni. Al tavolo sono presenti, a quanto si apprende, Stefano Bonaccini, Michele Emiliano, Roberto Maroni, Giovanni Toti, Catiuscia Marini, Sergio Chiamparino, Luca Zaia, Debora Serracchiani, Vincenzo De Luca, Luciano D'Alfonso, Enrico Rossi, Pierluigi Marquis.

"Entro una quindicina di giorni avremo la presentazione del Def in Parlamento, poi a settembre la nota di aggiornamento in vista della Legge di Bilancio. Tra le priorità c'è l'interesse comune a salvaguardare e a rafforzare l'impegno su lavoro, infrastrutture e investimenti". "Dobbiamo mettere in campo - ha evidenziato - un quadro di politiche economiche che ci consenta di mantenere gli equilibri di bilancio e razionalizzazione della spesa e accompagni e sostenga la crescita, che per quanto limitata inizia a manifestarsi".

Poi il premier ha chiesto "un quadro di politiche economiche che ci consenta di mantenere gli equilibri di bilancio e di razionalizzazione della spesa, e contemporaneamente accompagni e sostenga la crescita, che per quanto limitata inizia a manifestarsi"

Intanto Bruxelles alza i toni di quella che sarà una vera e propria contesa. Non è andata giù infatti al già giustiziere del Referendum greco, la scelta britannica di assecondare la votazione popolare dello scorso giugno 2016. “Juncker puts price on Brexit” “Juncker fissa il prezzo del Brexit”, titolava Bloomberg qualche giorno fa. La cifra che Westminster deve sborsare, stabilita unilateralmente da Bruxelles, si aggirerebbe intorno ai 62 miliardi di dollari.

L’Hard Brexit è tutta vincolata alla “modica” cifra di 62 miliardi di dollari. L’inasprimento della trattativa è stato scelto in maniera “scientifica” da parte di Juncker, che insiste nel dire che “non voglio che altri prendano la stessa strada della Gran Bretagna”. Dichiarazioni rilasciate sabato, durante i festeggiamenti per l’anniversario dei trattati di Roma, che danno un forte segnale alle velleità euroscettiche francesi e tedesche. Il messaggio è chiaro. Se volete lasciare l’Unione la tassa sarà salatissima. Juncker sa bene quanto i cittadini siano sensibili rispetto a eventuali tasse da pagare e cerca così di “spostare” gli equilibri delle prossime votazioni verso scelte più “euro-friendly”

Non sarà dunque un nodo facile da sciogliere, quello riguardo alla cifra da pagare. All’accettazione di questa Bruxelles ha infatti vincolato l’inizio di qualsiasi accordo parallelo con Londra. “No negotiation without notification” è lo slogan usato da Bruxelles per soffiare un po' di pressione sul Governo May. 

Un’infelice scimmiottatura del ben più nobile “no taxation without representation”. Lo slogan urlato dai coloni americani contro un’autorità che voleva tassarli senza garantire uno spazio di discussione democratica. Proprio ciò che fa oggi la stessa Unione europea. Così Londra “without representation” a Bruxelles si trova ora a dover accettare il pagamento di una cifra esorbitante per sottoscrivere accordi cui non può rinunciare. Come tutto ciò che concerne la gestione di cittadini britannici risiedenti nei 27 Stati dell’Unione. Così come la volontà di uscire dalla giurisdizione della Corte europea e dall’area commerciale dell’Unione.

Ma Juncker rassicura alla BBC che non si tratta di “una punizione”, ma “l’Unione europea deve usare un deterrente per evitare che altri Stati seguano l’esempio britannico”. Una tassazione repressiva dunque, che trova ragione soltanto nella paura di Juncker e dei tecnocrati di Bruxelles. Un meccanismo che ricorda un po’ quello posto in atto dal Congresso di Vienna per evitare le insurrezioni nazionali. Se allora vennero usati i cannoni della Santa Alleanza, oggi si usano le tasse. I 62 miliardi di dollari richiesti da Bruxelles alla Gran Bretagna sono stati definiti  “assurdi” da Liam Fox, Ministro del Governo May. In effetti finora Londra non ha avuto voce in capitolo sul calcolo fatto in maniera “scientifica” (così ha detto Juncker) per i costi d’uscita della Gran Bretagna.

 

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