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Copertina del saggio-intervista di Tornielli e Galeazzi

Si è svolta ieri presso l’aula magna dell’istituto Augustinianum di Roma la presentazione dell’ultimo libro dei giornalisti de La Stampa Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, tutto dedicato alla visione di Papa Francesco sull’economia e la crisi globale e con all’interno un’intervista esclusiva allo stesso Pontefice (cfr. G. Galeazzi – A. Tornielli,Papa Francesco. Questa economia uccide, Piemme, Casale Monferrato 2015, Pp. 221, Euro 16,90). Introdotta dal professor Manlio Sodi, docente presso la Pontificia Università Salesiana, la serata ha visto intervenire sul palco dei relatori qualificati esponenti del mondo ecclesiale e politico fra cui il cardinale honduregno Oscar Andrés Rodrìguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Graziano Delrio e il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) Carlo Costalli mentre tra il folto pubblico accorso spiccavano tra gli altri le presenze del cardinale portoghese Josè Saraiva Martins e del sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro e alle politiche sociali del Governo, l’onorevole Luigi Bobba (PD). L’interesse del volume presentato nell’occasione era dato non solo dall’intervista esclusiva su giustizia sociale e sviluppo globale che i due vaticanisti del quotidiano torinese sono riusciti a raccogliere nel Palazzo Apostolico ma anche dall’urgentissima attualità del tema che riguarda indubbiamente ‘il’ problema sociale più sentito – in Occidente e non solo – negli ultimi anni, ovvero l’impoverimento progressivo generale di diverse fasce della popolazione e l’esclusione di intere giovani generazioni dall’ingresso nel mercato del lavoro. A prendere la parola per primo è stato Maradiaga, cheha esordito citando l’obiezione che spesso i mass-media oggi pongono rispetto agli interventi della Chiesa nella laicità del dibattito pubblico: “che ne sanno i preti dell’economia?”. Al che si potrebbe facilmente rispondere che alla Chiesa interessa l’uomo nella sua totalità ed essendo l’uomo anche un essere primariamente economico chiamato a vivere e a realizzarsi lavorando pubblicamente in una società è chiaro che nemmeno le considerazioni economiche sono del tutto estranee all’annuncio del Vangelo. Oltre a questo, Maradiaga ha ricordato come già Papa Giovanni Paolo II, in un documento fondamentale del suo pontificato – la lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente (1994) – avesse evidenziato la necessità per la Chiesa tutta di farsi nuovamente partecipe dei bisogni e delle necessità anche materiali e più concrete delle popolazioni che era chiamata a servire. Non a caso, da questa sollecitazione sarebbe scaturita più tardi la proposta di condonare parte del debito estero dei Paesi più poveri che sarà come noto successivamente accettata all’interno del Fondo Monetario Internazionale (FMI), fino a un taglio del 27%. In terzo luogo, la Chiesa possiede – da almeno dieci anni – uno strumento formidabile (“un tesoro nascosto”) di elaborazione e riflessione sui principali problemi sociali che la rende quasi ‘naturalmente’ un attore interessato alle vicende economiche e finanziarie dell’attualità: il riferimento è al Compendio dellaDottrina Sociale della Chiesa pubblicato nel 2004 ad opera del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e ritenuto ancora oggi conbuona ragione una bussola imprescindibile per orientare l’ispirazione dei cristiani impegnati nella costruzione di una società più giusta e solidale. La voce della Chiesa – ha spiegato ancora il porporato – si muove quindi per sollecitare un deciso “ritorno dell’etica” nelle attuali dinamiche economico-finanziarie globali nella consapevolezza che “la crescita della disuguaglianza crea le premesse per la fine dell’ordine sociale” consolidato e accresce nuovetensioni facilmente generabili in violenza e rivoluzione. In particolare, quello che resta problematico nella configurazione dell’attuale sistema socio-economico per Maradiaga è lo “strapotere della finanza” internazionale autoreferenziale che insegue logiche proprie e non sempre legate all’incremento del lavoro reale e dello sviluppo materiale visibile. Insomma, il mercato nel suo complesso deve tornare a essere per l’uomo e non il contrario, particolarmente quando si tratta di indirizzare le decisioni in materia nel consesso di importanti organismi sovranazionali, come, ha concluso infine Maradiaga, lo stesso FMI.

A seguire è stata la volta di Delrio che ha invece definito le parole del Papa riportate nel titolo della pubblicazione e ribadite da ultimo anche nel messaggio all’Expo di Milano la settimana scorsa, come “fortemente moderne” e intelligentemente provocatorie verso le classi dirigenti politiche dei nostri Paesi spesso invece largamente prone alle concezioni più settarie ed esclusiviste propagate dalla cosiddetta ‘economia estrattiva’ legata a doppio-filo alle logiche della finanziarizzazione e dalla radicale marginalizzazione dei princìpi più basilari del realismo economico in quanto tale. Delrio, citando Keynes e La Pira, si è detto poi convinto che “la tensione alla piena occupazione [dovrebbe essere] l’ossessione della politica” e che il principale deficit politico odierno in Europa sia rappresentato proprio dal fatto che il tema del lavoro è stato quasi rimosso dall’agenda programmatica dei Governi, nonostante il fatto che – ad esempio in Italia – vi siano ormai oltre due milioni di persone che “non studiano e non lavorano” acuendo così ulteriormente i problemi della tenuta dello Stato sociale e della qualità della vita pubblica e della partecipazione democratica al bene comune. Infine è intervenuto Carlo Costalli, presidente di MCL, che da parte sua ha lamentato con parole forti come “l’egemonia dell’economia finanziaria sul sistema mondiale costituisca un unicum storico” senza precedenti, soprattutto alla luce del fatto che i teorici di un tale sistema giustificano sempre più seriamente una crescita a oltranza in termini di ricchezza complessiva senza dover prevedere di rimando la creazione alcuna di nuovi posti di lavoro. E’ questo il tratto più inquietante del nuovo “imperialismo del denaro” (altra espressione resa celebre dal Papa) che si fonda ultimamente sul primato senza se e senza ma dell’economia speculativa che finisce per soppiantare la dignità umana del lavoro a misura di persona per il bene comune. In questo contesto, per Costalli, occorre ripensare urgentemente ancheil quadro della solidarietà a livello sociale in modo che anche nei periodi di maggiore crisi come quello attuale – perlomeno tendenzialmente – siano sempre garantiti i diritti fondamentali dell’uomo. Da questa prospettiva, come propone la stessa Dottrina sociale della Chiesa, sarebbe oggi quantomai opportuno rafforzare le possibilità di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa e alla condivisione attiva di responsabilità, come suggerisce ad esempio la ricca tradizione italiana delle realtà cooperative dove il ruolo di protagonista è svolto proprio dai corpi intermedi e delle aggregazioni familiari da sempre così importanti in una sana concezione cristiana della società ordinata. Il dibattito, come si vede, è quanto mai aperto e vivace, dentro e fuori la compagine ecclesiale, resta da vedere ora se anche a livello di vertice politico e sociale seguiranno nei prossimi mesi delle scelte più concrete in questo senso oppure no.

Friedrich Reck

Settanta anni fa, il 16 febbraio 1945, nel campo nazista di Dachau, veniva ucciso con un colpo alla nuca Friedrich Reck. Era nato a Malleczewen, nella Prussia orientale nel 1884 da una aristocratica famiglia protestante. Si laureò in medicina, ma la sua grande passione era la scrittura alla quale si dedicò scrivendo, fra l’altro, anche molti libri per ragazzi.

Molto famoso in Italia per il volume Il re degli anabattisti (Res Gestae ed.), storia ambientata nel XVI secolo nella città di Munster dove si realizzerà un esperimento sociale nel quale Reck vede la prefigurazione del terrore giacobino e di quello bolscevico. Volume che, appena pubblicato nel 1937, fu subito proibito, forse vi si vedeva una descrizione della follia costruita da Adolf Hitler.

Reck era uno strenuo oppositore del regime nazionalsocialista e la sua villa vicino Monaco, dove si era trasferito nel 1933 quando si convertì al cattolicesimo, era diventata luogo di incontro di numerosi oppositori del regime fino al dicembre del 1944 quando, una soffiata, lo fece arrestare e condurre nel lager di Dachau.

Nel giardino della sua casa fu ritrovato, dopo la sua morte, nascosto in una scatola di latta, il suo diario che descrive in modo spietato gli eventi dal 1936 al 1944. È un’analisi anche ironica dove si mettono a nudo le debolezze e le molte complicità nella società tedesca, una critica ad un mondo colpevole di aver accettato e sostenuto l’ascesa del regime.

Le parole di Hannah Arendt descrivono molto bene lo spirito di questo grande aristocratico tedesco: «La coscienza in quanto tale era morta, in Germania, al punto che la gente non si ricordava più di averla. Ma ci furono anche individui che si opposero senza esitazione a Hitler e al suo regime. Di pochissimi conosciamo il nome, come lo scrittore Friedrich Reck e il filosofo Karl Jaspers».

L’editore Castelvecchi ripropone l’edizione di quel diario col titolo che voleva lo stesso autore, Diario di un disperato, nella stessa traduzione uscita da Rusconi nel 1970.

Ci risiamo con una vicenda che ormai si ripete annualmente: sì, perché se ogni 25 Dicembre arriva Natale, rispunta insieme e puntuale un “primo della classe” che vorrebbe cancellarlo. A dire il vero ci aveva pensato subito…Erode col metodo radicale della “strage degli Innocenti” e del tentato infanticidio del Bambino; ma molti, dopo di lui, ci riprovano con tanti modi come chi vorrebbe trasformarlo nella festa pagana “della luce” o “di fine anno” o impedendo, appunto, l’allestimento del presepio.

Rimango sbalordito e indignato nel constatare come minuscoli detentori nostrani di qualche ritaglio di potere “giudicano e mandano” blaterando di “multiculturalismo”, “uguaglianza tra religioni”, “libertà”, “democrazia” e via cantando con altre parole “talismano” inventate dal Mondo Moderno. Ma la loro è stoltezza. Infatti, se – come sembra – il “signor preside” ha proibito il presepio per non fare un “affronto” allo “zero-virgola” di alunni islamici presenti nella sua scuola, ha cannato in pieno per svariati motivi che nel presente “foglietto” tento di riassumere con i “4” miei amici e benevoli lettori:

1°) perché – a fronte di quello “zero-virgola” – la stragrande maggioranza del popolo italiano, compresa quella parte che non frequenta le chiese, ama e vuole, per secolare tradizione, il presepio o il Crocifisso o gli altri segni del sacro anche nei luoghi cosiddetti pubblici come le scuole; quei segni che fanno parte della nostra civiltà che, piaccia o no, è cristiana; da 2 mila anni.

2°) perché è pia illusione, mista a molta ignoranza, credere che vocaboli propri della cultura occidentale – quali, ad esempio, “democrazia”, “libertà” – abbiano uguali peso e valore presso tutti gli islamici e gli orientali in genere; ne consegue che, se il “nostro”, in sua scienza, ha cogitato con la sparata contro il presepio di favorire il “dialogo” (altra parola magica dell’Occidente infrollito!) ignora che il vero musulmano – giustamente secondo me – si rifiuta di “dialogare” con lo stolto che, spogliandosi nudo, volontario, della sua tradizione, s’è, così, ridotto a “niente”. Ciò avviene pel motivo lapalissiano che con/sul “niente” non può esservi parola né dialogo di sorta; anzi il credente in Maometto, erede consapevole di una grande religione come l’Islam, non potrà che disprezzare lo stolto che s’è spogliato della sua! Se poi è un islamico “fanatico” o “fondamentalista”, come se ne scorgono ormai molti all’orizzonte – intendo quelli di “Allah akbar!” col coltello pronto – allora è meglio che gli occidentali ancora cristiani o già neopagani, ritornino a segnarsi la Croce alla fronte e prepararsi al peggio.

3°) perché è altra illusione che gli islamici, a contatto con gli occidentali, possano “convertirsi”. Mi domando: convertirsi a chi e a cosa se gli europei – specie gli ex protestanti riformati delle nazioni del Nord – stanno apostatando dalla loro religione per un paganesimo vissuto? Convertirsi al… “nulla”? Via, siamo seri! Alcuni, poi, che non credono alla “conversione”, essendo questa una parola di sapore eminentemente “religioso/spirituale”, sperano almeno in una più facile “corruzione” di quelli che, stabilitisi in Europa, facciano proprio il neopaganesimo di questa propagandato e diffuso ormai da tutti i mezzi di comunicazione: indifferentismo religioso, libertà sessuale, edonismo, aborto, disordine familiare, omosessualismo, ideologia del gender… Attenzione! Intanto la “conversione/corruzione” dei musulmani è ancora tutta di là da venire e da dimostrare e, qualora lo fosse in futuro per un numero di essi, l’intellettuale liquido e nichilista non tiene conto di “minoranze” islamiche, quelle “fondamentaliste”, che difficilmente si lasceranno rammollire; l’occidentale del “cupio dissolvi” (voglia di autodistruzione) forse non immagina – povero lui! – il “disturbo” che una tal “minoranza” jihadista e fanatica potrà procurare a lui per primo, al suo relativismo, alla sua quiete, alla sua libertà assoluta, al suo pacifismo, ai suoi soldi, al suo individualismo postmoderno…

4°) perché le famiglie islamiche – forse anche quelle degli alunni della scuola del “nostro” – hanno, come molti di noi, “popolo”, ben altri problemi fra le mani che andarsi ad impicciare di “cultura” o di “multicultura” o chiedere la rimozione del Crocifisso dalle pareti e del presepio; forse parecchie di esse per sopravvivere, bussano alle porte delle Caritas e delle nostre chiese che – come sempre – distribuiscono senza guardare il colore della pelle, la lingua, i costumi e la religione di chi domanda: la “multicultura”, la Chiesa – nonostante peccati ed egoismi di suoi uomini – l’ha applicata nei secoli in concreto e senza fare rumore, chiamandola “carità cristiana” esplicitata nelle “Opere di misericordia” fra le quali “dar da mangiare agli affamati”, “vestire gli ignudi”, etc. etc…”. Sono convinto che, al di fuori di tali “misericordie”, vi siano solo le ideologie di lorsignori.

Se poi il “nostro” preside, come sembra legittimo pensare, con la trovata della “multicultura” ha voluto sparare un calcio alla Religione cattolica, bene avrebbe fatto a dirlo chiaro confessando magari – che so – il suo “sessantottismo” senile e in ritardo, quell’odio che il vecchio Marx formulava nella frase famigerata “la religione è l’oppio dei popoli”; cosa che – guarda caso – ancora qualche anno fa mi è toccato di leggere quasi coi medesimi vocaboli, su “l’Unità”, organo storico del Partito Comunista Italiano e poi del Partito Democratico: “la religione come plagio di massa per il controllo sociale” (4-XI-2008); o, più di recente, ciò che lo stesso quotidiano – prima che chiudesse i battenti per mancanza di lettori! – scriveva a proposito di noi cattolici che saremmo in “beota soggezione alla metafisica della superstizione” (l’Unità” 21-II-2014). Sembra che per certa Sinistra il tempo si sia fermato! E dire che c’è stato Togliatti col celebrato discorso di Bergamo (1963) detto della “mano tesa” ai cattolici, la lettera “benevola” di Berlinguer al vescovo di Ivrea, mons. Bettazzi (1977) che, dopo tre decenni, fa ancora oggi intenerire di nostalgia alcuni ingenui frequentatori di sagrestie; i tanti “cattolici” che hanno preferito diluirsi nel Partito Democratico dei post-comunisti! Prendiamone atto: per alcuni la Religione cattolica è rimasta “superstizione” e “plagio di massa”.

Quindi il “signor preside” può stare tranquillo perché è in buona compagnia; fra gli intellettuali supponenti sono “legione”, come i demoni di Gerasa del Vangelo, quelli che la pensano come lui. A me non serve sfogliare gli appunti dei miei vecchi quaderni o i copiosi ritagli di giornali conservati da anni per scegliere “fior da fiore” e proporre esempi sull’argomento che stiamo trattando; mi basta e avanza quello, fresco di stampa, che segue: “Appello per un muro laico all’Università [di Firenze] per la rimozione dei simboli religiosi presenti in Ateneo” lanciato da “Il Manifesto, quotidiano comunista” il 11-XII-2014.

Due povere riflessioni finali: a) per certuni – quanto a religione – pare non sia cambiato nulla; b) per favore, qualcuno soffi alle orecchie di questi “signori” che sarà molto difficile scancellare le vestigia religiose dai muri delle antiche università visto che molte di queste, in tutta Europa, sono state fondate e costruite da Papi e Ordini Religiosi.

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