Piero Sansonetti durante la conferenza stampa con Renzi, all'Associazione della Stampa Estera fa una rivelazione : "Se Colombo racconta il vero, il pool di Mani Pulite commise un reato piuttosto serio: violò l’articolo 338 che punisce la minaccia a corpo politico, un atto che è difficile non considerare un vero e proprio colpo di Stato". Così Piero Sansonetti durante la conferenza stampa con Renzi per il lancio della nuova direzione de Il Riformista.
"Tangentopoli fu un colpo di Stato": il concetto pubblicato su Il Riformista è tanto chiaro quanto sconvolgente. Gherardo Colombo, ex pm del pool Mani Pulite,"racconta di uno scambio che i magistrati avrebbero proposto ai politici finiti sotto inchiesta: impunità in cambio di confessioni. E"lo mette nero su bianco"nellʼintroduzione al libro "LʼUltima Repubblica" di Enzo Carra, lʼultimo portavoce della Dc scomparso il 2 febbraio.
Un tentato golpe nel 1992 tentò di rovesciare la democrazia. A denunciarlo oggi è Enzo Carra scrive il Riformista . Sì, perché Enzo Carra parla. Parla ancora. A tutti. L’oscenità delle manette con cui lo volevano umiliare non lo ha messo a tacere. È morto lo scorso 2 febbraio, l’ultimo portavoce della Democrazia Cristiana. Ma poco prima di morire ha affidato all’amico Vincenzo Scotti, patron della Link Campus e della casa editrice Eurilink, un testo. Un manoscritto denso di rivelazioni, informazioni, ricostruzioni. Un memoriale inestimabile, soprattutto perché costruisce un terreno di confronto con la controparte – i magistrati della Procura di Milano – che ci permette di leggere anche i disegni dei Pm senza più tanti filtri. Senza infingimenti.
Che dietro la furia giustizialista di Mani Pulite si celasse una sorta di rivoluzione atta a sostituire per via giudiziaria la classe politica che aveva governato l’Italia per quattro decenni era noto ormai da tempo. Che uno dei magistrati-rockstar di quel pool che, a suon di avvisi di garanzia e carcerazioni preventive, rase letteralmente al suolo la Prima Repubblica potesse arrivare fare certe rivelazioni, è invece una novità assoluta scrive S.di Bartolo su porro.it.
Queste le sconvolgenti rivelazioni del membro del pool milanese che racconta, senza neanche troppi giri di parole, la proposta indecente avanzata dalla Procura meneghina alla “politica”, intesa nella sua accezione più ampia, ovvero in quanto potere politico. In pratica, una sorta di trattativa segreta Stato-Tangentopoli, come la definisce Piero Sansonetti dalle colonne del Riformista, con un potere dello Stato, quello giudiziario, che di fatto propose alla politica di abdicare per aver in cambio l’immunità. Sconvolgente, sì. Ed anche illegale, dal momento in cui la proposta in questione rappresenta una palese violazione del codice penale, e, nella fattispecie, dell’art. 338, che punisce, ed anche abbastanza severamente (le pene prevedono fino a sette anni di reclusione), la minaccia a corpo politico dello Stato.
Gherardo Colombo, l’ex Pm che è stato nei primi anni novanta uno dei cinque grandi protagonisti dell‘inchiesta “Mani Pulite” – quella che rase al suolo la prima Repubblica – ha scritto una introduzione al libro di Enzo Carra (uscito postumo in libreria in questi giorni) nella quale ci svela un aspetto finora sconosciuto di quella stagione. Sconosciuto e sconvolgente.
Le rivelazioni le fa il giornale "Il Riformista".
Ci dice che nel luglio del 1992, quando le indagini erano ancora alle prime battute, fu suggerito ai politici di confessare i propri delitti e di uscire dalla vita pubblica in cambio dell’impunità.
Colombo dice esattamente che se i politici avessero accettato le condizioni dei Pm, in cambio non avrebbero avuto “a che fare con la giustizia penale”. In pratica fu proposta una trattativa segreta Stato-Tangentopoli .
Ovviamente del tutto illegale scrive il Riformista . Dal punto di vista del codice penale, se Colombo racconta il vero, il pool commise un reato piuttosto serio. Violò l’articolo 338 che punisce severamente la “minaccia a corpo politico”. Nella sua ricostruzione dei fatti, Colombo non parla di singoli politici, o di imputati: parla di “politica”, al singolare, cioè si riferisce esattamente del “soggetto collettivo” al quale, evidentemente, fu proposta la trattativa con la minaccia del carcere. L’articolo 338 del codice penale prevede pene fino a sette anni di reclusione. Ovviamente i reati sono caduti in prescrizione, però resta la ferita allo Stato.
Come scrive il Riformista Se davvero la procura di Milano chiese a quella che allora era la classe dirigente, legittimamente eletta, di farsi da parte, minacciando altrimenti l’arresto e il carcere, compì un atto che è difficile non considerare un vero e proprio colpo di Stato. Non in senso metaforico, simbolico: nel senso pieno e letterale della parola. L’accordo non ci fu. La politica si dimostrò migliore della magistratura. Il ricatto non funzionò. E però la Storia ci dice che il disegno politico della Procura di Milano – sempre se è vero quello che dice il dottor Colombo – fu comunque portato avanti, con gli arresti sistematici, con l’aggiramento del Gip, con i mandati di cattura a rate, col sistema delle relazioni ottenute in cambio di scarcerazioni o con nuovi mandati di cattura, con una lunga scia di suicidi. Ed eliminò dalla scena tutta la classe politica di governo, più o meno come succedeva spesso in America Latina.
Cinque partiti sottolinea il Riformista che avevano governato l’Italia per quarant’anni, distrutti. E il partito forte dell’opposizione di sinistra, il Pci, colpevole come gli altri ma salvo perché complice dei pubblici ministeri e traditore dei sodali con cui aveva sempre spartito il “bottino”. Che poi bottino non era, ma finanziamento illecito. Tutto era partito da Milano, da quella che diventerà proprio allora la procura più famosa e vezzeggiata d’Italia e che oggi piange le proprie macerie. E proprio a Milano i due tesorieri della Dc e del Pci avevano illustrato ai magistrati il meccanismo del trenta per cento nella spartizione delle tangenti che gli imprenditori pagavano alla politica sulle grandi opere. Avevano anche spiegato che nella quota destinata al Pci, due terzi andavano nelle casse della segreteria nazionale occhettiana e un terzo era destinato alla minoranza “migliorista”. Questa parte del finanziamento illecito dei partiti rimase però in ombra, per motivi generali (ai magistrati era utile avere un partito importante che appoggiava la loro inchiesta) e anche relativi all’impronta di sinistra dei principali uomini del pool.
Continua sui suoi articoli il giornale il Riformista : Mani Pulite e Mani Sporche. Tutto sta a intendersi, per giudicare questi trent’anni, quelli che ci separano da un piccolo episodio che creò una grande valanga politica, un colpo di Stato senza armi. Ma con il sangue, quello dei morti suicidi, da Sergio Moroni a Gabriele Cagliari e gli altri quaranta. Le vittime di quella rivoluzione che assunse un nome da Stato Etico, quello di Mani Pulite. Il contraltare di chi aveva invece le Mani Sporche. La storia la scrivono i vincitori, questo lo si sa. Ed è chiaro che da quei due anni tremendi che furono il 1992 e il 1993, quelli delle bombe con le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e in contemporanea le inchieste di Tangentopoli, chi uscì con le ossa rotta fu la Politica.
Insomma, la “trattativa” non si poté concretizzare per l’indisponibilità della politica a farsi da parte, ma i magistrati trovarono comunque altre vie per mettere in atto, con la connivenza dei media e della ‘grande finanza’, il golpe mediatico-giudiziario che nel biennio ’92-‘94 soppresse dalla scena politica i partiti storici della prima Italia repubblicana.
Fonte Il Riformista / Porro.it