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Riforme: Lega, Sel e Cinque Stelle abbandonano l'Aula del Senato

Ad accendere le polveri è stato il voto ad un emendamento del leghista Stefano Candiani che attribuisce al Senato i pieni poteri legislativi sui temi etici e sui diritti (il riferimento è agli articoli 29 e 32 della Costituzione). Il presidente Pietro Grasso ha concesso lo scrutinio segreto, suscitando l'ira in aula del capogruppo del Pd Luigi Zanda. Nonostante il parere contrario del governo, l'emendamento è stato approvato con 154 voti a favore, 147 contrari e 2 astenuti. Ieri, su un altro scrutinio segreto, la maggioranza aveva ottenuto 171 voti e l'opposizione ne aveva radunati 114. Il sottosegretario alle riforme Ivan Scalfarotto, ha sottolineato che con l'emendamento la riforma "non è intaccata". Il che è vero fino a un certo punto. Il ddl del Governo infatti, ha concepito il futuro Senato come una Camera delle Regioni, come una Camera di compensazione tra le stesse Regioni e lo Stato, con conseguente elezione dei senatori da parte dei Consigli regionali. 

Alla fine, come temeva Renzi, la 'trappola' del voto segreto scatta e manda 'kappaò' il governo che viene battuto su un emendamento alle riforme. Uno scivolone che, inoltre, rende la riforma del Senato incoerente complicando ulteriormente le cose. Se non altro riaccendendo uno scontro sulle procedure tra gli oppositori e il presidente Grasso (criticato anche dal 'suo' Pd), che ha bloccato a lungo i lavori del Senato dopo la 'tregua' di mercoledì.

"A queste condizioni il gruppo del M5s non parteciperà ad alcun lavoro e non voteremo più nessuno degli emendamenti" annuncia il capogruppo M5S al Senato, Vito Petrocelli, mettendo un bavaglio per protestare contro la conduzione del presidente Pietro Grasso in Aula. "Ne prendiamo atto", è la replica di Grasso. "O ci venite a dire che si cambia registro, o non partecipiamo più ai lavori, non si è mai visto procedere a riforme costituzionali con questa violenza" che si sta affrontando come un "regolamento di condominio". Lo afferma il senatore della Lega Sergio Divina annunciando che il gruppo abbandonerà l'Aula.

"Anche oggi siamo partiti con il piede sbagliato. Gestione di Grasso è disastrosa. Non abbiamo più diritto di parola. Finché continuerà così la Lega non rientrerà in Aula. Se Grasso vuol proseguire a fare il super commissario allora smetta di presiedere l'aula", ha affermato Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega, spiegando le ragioni che "hanno costretto ad abbandonare l'aula" il gruppo del Carroccio. "Lasciamo i lavori perché non sono garantite le condizioni per un confronto democratico". Lo afferma la capogruppo Sel Loredana De Petris annunciando che il suo gruppo abbandona l'Aula del Senato. "Grasso mi ha tolto la parola come relatrice di minoranza, un fatto gravissimo inaccettabile", protesta De Petris. "Di fronte alla decisione inaudita del presidente del Senato di togliere la parola al relatore di minoranza ci vediamo costretti ad abbandonare i lavori dell'aula sulla riforma costituzionale. Rientreremo in aula solo al momento del voto finale, per votare contro questa pessima riforma", dichiarano i senatori di Sel spiegando, in una nota, le ragioni che hanno portato il gruppo a lasciare l'Aula. "Non si tratta di Aventino - proseguono - ma del fatto che sono venute meno le garanzie di un reale confronto democratico. Il governo e la maggioranza hanno scelto la linea del muro contro muro e la presidenza del Senato non consente che i senatori possano esprimersi liberamente proprio sul tema che dovrebbe essere quello più ampiamente discusso da tutti: la riforma della Costituzione". "Fino a che non verranno ripristinate le condizioni minime per un confronto libero e democratico partecipare a questa discussione farsesca non è possibile", concludono i senatori Sel.

"I senatori della Lega hanno causato disordini impedendo i lavori dell'Assemblea" con una "condotta inaccettabile", che "mina la dignità del Senato". Lo afferma il presidente del Senato Pietro Grasso, leggendo le decisioni del Consiglio di presidenza sui tumulti di ieri in Aula. "Simili comportamenti non saranno più consentiti", sottolinea. "Il Consiglio di presidenza ha stabilito di incaricare i tre senatori questori di verificare le responsabilità individuali di chi ha fisicamente impedito agli assistenti parlamentari di dare esecuzione alle direttive del presidente e dei questori per poi informare il Consiglio di presidenza" che provvederà a "irrogare le più gravi sanzioni previste dal regolamento". Lo afferma il presidente Pietro Grasso in Aula leggendo le decisioni sui tumulti di ieri in Assemblea.

Sulla partita delle riforme quello che è accaduto ieri, con il governo inciampato su voto segreto, è un campanello d'allarme. Ed è la dimostrazione di quanto va ripetendo il Cavaliere da tempo: «I maggiori problemi per Matteo arrivano da casa sua».

Il Pd resta una pentola a pressione dove bollono odi e rancori e non è detto che nei prossimi giorni si possano verificare ulteriori rappresaglie. Sulla partita del Senato, però, Berlusconi conferma l'appoggio pieno e convinto: sia tramite Denis Verdini sia - si racconta - anche personalmente. I due si sentono al telefono e presto dovrebbe pure vedersi: forse martedì o mercoledì a Roma. Sul tavolo c'è la trattativa per correggere l'Italicum in modo da trovare un compromesso che accontenti la minoranza interna del Pd, i cespugli del centrodestra ma senza stravolgere il senso della nuova legge elettorale: chi vince deve poter governare. Al di là dei tecnicismi sulle soglie del premio di maggioranza, sulle percentuali dello sbarramento e sulle preferenze - file su cui Verdini è ferratissimo - Berlusconi è pronto a rinnovare un patto d'acciaio col premier. I tempi: non prima di settembre; prima s'incassa la riforma del Senato e poi si può pensare di rimettere mano all'Italicum.

Ma è sulla situazione economica che Berlusconi è molto preoccupato. Ha dubbi che l'attuale maggioranza possa tenere, specie alla luce del fatto che tutti i dati di previsione di crescita vanno rivisti al ribasso. Ergo, in autunno i conti non torneranno e all'orizzonte si vede lo spettro di un'ulteriore manovra. Un incubo. In più, il premier dimostra di essere sempre più debole dopo lo scontro con Cottarelli e le ruggini con il ministro dell'Economia Padoan, destinato a svolgere il ruolo del «signor no». Per ora Renzi sembra rispondere con la politica dell'uomo solo al comando. «Ma quanto può durare così?», si chiede il Cavaliere.

Qualcuno avanza l'ipotesi che Berlusconi stia pensando di andare in soccorso a Renzi in autunno, quando sarà chiaro che i conti pubblici non possono tenere. In quali termini non è dato sapere: un rimpasto? Un appoggio esterno.....Una vera e propria crisi di governo per approdare a larghe intese...Fonti azzurre smentiscono con forza questa ipotesi: «Nessun soccorso azzurro».

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