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Il rapporto elaborato dal CENSIS e le valutazioni espresse da autorevoli Agenzie ed Istituti ci mostrano l’immagine di una Italia che, progressivamente e in modo inesorabile, sta profondamente cambiando. Per far fronte alle sfide che il futuro ci prepara, sono necessari sia una nuova e diversa mentalità, sia operare delle scelte maggiormente radicali rispetto a quelle adottate, fino ad oggi, dai nostri governanti.

Il 47° rapporto Censis, relativo alla situazione generale dell’Italia, riporta che sono in costante aumento le famiglie che vivono una situazione di forte disagio economico e, quindi, socio-esistenziale.

Quello che appare subito evidente è che quel benessere economico vissuto dalle famiglie italiane fino ad un decennio addietro, oggi, si è notevolmente affievolito.

Particolarmente inquietante appare la situazione inerente alle possibilità di lavoro, con una disoccupazione che sembra non volersi più arrestare, anche se i mezzi di comunicazione di massa, nel decorso mese di gennaio, lasciavano intravedere una importante ripresa a seguito di un numero non trascurabile di persone che hanno trovato, finalmente, una opportunità lavorativa.

È, ormai, un luogo comune, una frase fatta, che gli italiani aspirano a divenire dipendenti pubblici; persone che, una volta ottenuto un impiego, vi si aggrappano per l’intero periodo lavorativo. Questo non corrisponde affatto alla realtà, in quanto, proprio l’ultimo rapporto Censis, mette in evidenza che sono molti quelli che, non appena si è presentata loro l’occasione, non hanno esitato affatto a lanciarsi in una nuova e diversa esperienza.

È, forse, il caso di ricordare che, oggi, sia i giovani che i meno giovani, si stanno avvicinando con crescente interesse a lavori, quali: il commercio, l’agricoltura, l’allevamento, il turismo, oltre ai lavori stagionali. I motivi di queste scelte sono da ricercare nella esigenza di rendersi indipendenti, di disporre di un reddito in grado di soddisfare almeno le esigenze primarie, di sentirsi utili a se stessi ed alla propria famiglia.

Sebbene questi positivi segnali, il mercato del lavoro appare ancora alquanto immobile, bloccato, stagnante e non in grado di soddisfare le richieste che, quotidianamente, diventano sempre più pressanti.

Le spese delle famiglie sono notevolmente diminuite non solo per quanto riguarda l’acquisto di capi di abbigliamento, dell’uso dell’automobile, delle visite mediche, ma anche per l’acquisto di prodotti alimentari. Basti pensare che anche le misure adottate inerenti al dimensionamento dellestrutture ospedaliere ha fatto sì che l’insorgere di una malattia diventi, per molte famiglie, un qualcosa particolarmente difficile da affrontare. I risparmi si sono ormai esauriti, quindi, anche il pagamento delle bollette, delle visite mediche, dei ticket sanitari, ecc., rappresenta un ostacolo non facile da superare.

Il rapporto Censis muove, comunque, da una critica alquanto importante alla attuale nostra classe politica. Nel Rapporto 2013 si legge che, soprattutto nell’ultimo periodo, sono emerse alcune criticità, quali: la rissosità, l’ostinazione, l’incompetenza, la superficialità di una classe politica incapace di affrontare e risolvere, o quanto meno attenuare, i tanti problemi che stanno spingendo l’intera nazione in un abisso da cui difficilmente potrà fare ritorno, se non a costo di enormi sacrifici a carico dei soliti cittadini.

Nel rapporto si legge, inoltre, che i nostri politici, per mantenere salde e inamovibili le loro poltrone, utilizzano e si avvalgono, da tempo, delle ormai evidenti difficoltà economiche in cui versa la maggior parte delle famiglie italiane; classe politica che non perde occasione per cercare di dimostrare, con persuasive e convincenti argomentazioni, la propria solerzia, la propria diligenza e il proprio impegno per dare, finalmente, solidità e garanzie all’intero sistema economico e finanziario italiano e, di conseguenza, delle famiglie, pur sapendo che tutte le manovre che intendono adottare non apporteranno mai nessun cambiamento concreto, valido e sostanziale alla odierna situazione, ma serviranno solo a perpetrare il noto enunciato latino “Mutatismutandi”, ovvero cambiare tanto per cambiare, tanto la sostanza delle cose resterà sempre la stessa.

Si tratta di una instabilità politica divenuta ormai cronica; infatti, corruzione, sprechi, illeciti, malaffare, dilagano sempre di più. Infatti sono proprio questi gli elementi sostanziali che continuano a creare disavanzo del debito pubblico, disoccupazione e conseguente calo dei consumi.

Raffaele Squitieri, Presidente della Corte dei Conti, nel suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario 2015 ha affermato che “Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso, nel quale l’una è causa ed effetto dell’altra”. Ed afferma ancora che la crescita, di cui tanto si parla, “è continuamente minacciata dalla crescente corruzione e dalla illegalità”, e che “il pericolo più serio per la collettività è una rassegnata assuefazione al malaffare, visto come un male senza rimedi”. Ecco perché, rivolgendosi a Sergio Mattarella, neoeletto Presidente della Repubblica, precisa ulteriormente: Non possiamo permetterci che questo accada”.

Certamente siamo tutti d’accordo con le incisive, mordaci ed efficaci parole del Presidente Squitieri, ma siamo ugualmente convinti che se si vuole, di fatto, combattere la corruzione, il malaffare, gli illeciti, gli sprechi, gli sperperi, le appropriazioni indebite, in una parola, la “Criminalità economica”, è necessario e vincolante rendere la giustizia più efficiente e veloce e, soprattutto, avere la certezza della pena.

Ma occorre anche dare ai giovani, oltre alla certezza di un lavoro e alla fiducia nella giustizia, la consapevolezza che ognuno di noi è in grado di cambiare qualche cosa, che ognuno di noi può e deve contribuire a cambiare le cose, a migliorare il nostro Paese, senza cullarsi nell’attesa che debbano farlo sempre e solo gli altri. Puntare sempre il dito troppo in altro, ci porta a giustificare ogni nostro comportamento, anche quelli sbagliati.

Ora, perché i giovani, come dice il Presidente“Non vedano il male come qualche cosa di inevitabile, o, peggio, non si abituino al male, abbiamo bisogno di esempi di vita positivi, abbiamo bisogno di veri preti, di veri maestri, di veri genitori, in una parola, di veri educatori!”.

Spesso si sente dire:“Ci vorrebbe una rivoluzione!”, è vero, e ne siamo anche convinti tutti, ma si tratta, però, di una rivoluzione culturale ed educativa; di una rivoluzione che scardini dagli animi delle persone la sfiducia e la rassegnazione;di una rivoluzione che porti speranza, consapevolezza del bene comune, voglia di lottare per la costruzione di una comunità migliore!

E’, certamente, facile e comodo, ma assolutamente inutile, puntare sempre il dito solo contro i nostri politici; non perché siano improvvisamente divenuti fulgidi esempi di onestà e rettitudine, ma perché questo serve solo a “lavarci la coscienza”. Spesso sentiamo dire: “Ormai, non ci si può far niente, quindi tanto vale …..!”, oppure “E’ tutto un mangia mangia, quindi …. mangiamo anche noi quello che possiamo!”.

E’ anche vero che il pesce puzza dalla testa, ma parlare solo di questo aspetto, non facciamo altro che alimentare il disinteresse per la “Cosa pubblica”. Dovremmo ricordare sempre, invece, che ilmale generalizzato non è affatto un male minore.Setutti, o quanto meno in tanti,agiscono e si comportano male, questo non significa che sono autorizzato a farlo anch’io!

Spesso ci lamentiamo per l’evasione fiscale, ma, a volte, siamo anche noi i primi a preferire uno sconto al posto della ricevuta fiscale. Altre volte ancora, per far valere un nostro diritto, cerchiamo la raccomandazione, la conoscenza, non siamo disposti a lottare per averlo perché ci spetta.

È anche vero che in taluni uffici pubblici ci sono delle persone che non fanno bene il loro dovere, che non controllano, che non comunicano, ecc…ecc……, ma è altrettanto vero chein talune circostanzela persona scorretta è proprio il singolo cittadino.

Certamente, molto dipende dall’educazione e dall’esempio che abbiamo ricevuto nelle nostre famiglie, anche perché troppo spesso preferiamo non ricordare l’espressione evangelica “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, cosa che, invece, dovremmo assumere come nostra“Regola di vita!”.

Ebbene, sono anche queste quelle famose “Gocce che fanno il mare!”.

 

Ognuno di noi si sarà chiesto, almeno una volta: “Cosa posso fare per dare vita ad un mondo migliore?”.

Il Natale ci dà la risposta giusta, forse, l’unica possibile: “Posso migliorare me stesso! Posso cercare di rinascere ogni giorno migliore!”.

La persona dotata di un animo sensibile accetta e si avvicina agli altri in modo pieno e completo, in quanto l’amore e il rispetto per l’altro è ricchezza interiore, è nobiltà d’animo, è indice di elevata cultura e altruismo, è sinonimo di quella generosità che conduce alla costruzione di un mondo migliore.

Non è certamente grande quella persona che alla minima occasione dice: “Gliela farò pagare”, oppure: “Devo difendermi”, o “Occhio per occhio …..”. La persona davvero grande è quella che è in grado di cambiare il male in bene; è quella che è capace di mutare il negativo in positivo, la disonestà in rettitudine, il vizio in virtù, la corruzione in moralità. Ebbene, il primo modo di comportarsi è certamente più semplice e più facile da seguire; il secondo, invece, richiede un impegno notevole, il possesso di particolari doti, la condivisione di specifici principi, il possesso e la comprensione dei valori autentici.

E’ necessario, perciò, essere, a tutti costi, persone dabbene, virtuose e brave, anche se essere sempre disponibili e generosi, il più delle volte, determina incomprensioni, fraintendimenti, esiti negativi. Talune persone finiscono con il confondere la disponibilità e la bontà con la dabbenaggine, con l’ingenuità, e spesso la interpretano come vera e propria stupidità.

Voler cambiare il mondo è impossibile, agire per incominciare a cambiare qualcosa è, invece, l’impegno che ogni persona dovrebbe assumere.

Sarebbe veramente bello se le armi venissero raccolte in grossi capannoni, in attesa di essere distrutte; se i terroristi dell’Isis e di altre appartenenze ancora non stroncassero più vite innocenti; se le sostanze stupefacenti si trasformassero in cibo per sfamare chi vive una situazione di indigenza e di disagio; se ognuno avesse un lavoro, una casa, una famiglia unita; se l’illegalità, le ingiustizie, le prepotenze, gli sprechi non ci fossero più e tutti potessero disporre delle risorse necessarie per mangiare, vestirsi, curarsi. Sarebbe veramente bello se la pace regnasse sull’intero pianeta. Sarebbe veramente bello se ….. Forse sono davvero tanti i se…..! Forse nessuno di questi “se” si realizzerà mai! Forse l’unica certezza è che gli uomini continueranno ad essere sempre gli stessi. Continueranno ad essere indegni di cotanto nome e del ruolo che svolgono all’interno dell’armonia dell’universo.

Sebbene questa nota di diffidenza e di scetticismo, è necessario, comunque, avere fiducia nella persona e continuare a sperare; è necessario supporre che, in tempi non particolarmente lunghi, ognuno potrà vedere in chi ci sta di fronte una persona da rispettare, da sostenere e difendere senza mai sminuire l’altrui dignità.

Il tema della pace è, oggi, diventato argomento di particolare importanza tanto da coinvolgere e interessare sia il campo della politica, sia quello della morale, della sociologia, della filosofia, del diritto, della religione.

Pace, legalità, socialità, libertà, salute, salvezza, sono valori saldamente connessi tra loro e non separabili l’uno dall’altro. Della pace se ne sono sempre occupati non solo i vari governi, ma soprattutto la Chiesa. Ha come fondamento la morale, la giustizia, la carità, il rispetto delle leggi e dell’altro. È, in sintesi, conquista dei valori effettivi e concreti della persona e della società.

La pace è, soprattutto, il messaggio saldo e irremovibile della Chiesa, in quanto è il messaggio primario di Cristo. Il suo esempio ed i suoi princìpi sono insegnamenti di redenzione, di riscatto, di carità, di amore; precetti, questi, che conducono alla pace. Si tratta, comunque, di una pace che affonda le sue radici nella giustizia, nella lealtà, nella carità, nell’etica, nella osservanza e nel rispetto delle leggi.

Spesso l’uomo è portato a differenziare e ad attribuire significati diversi al concetto di pace, distinguendo tra una pace “politica”, cioè una pace degli uomini e dei popoli che ha come fine il perseguimento di interessi materiali e personali, e una pace “cristiana” intesa in senso religioso, ovvero una pace rivolta all’equilibrio interiore, alla relazione uomo/Dio il cui obiettivo primario e determinante è il raggiungimento della salvezza eterna della persona e dell’intero genere umano in quanto tutti figli dell’unico Padre: Dio.

La pace si trova nella giustizia, ma va ricercata, soprattutto, nella carità intesa come rispetto e amore per l’altro. Ebbene, sono proprio questi due elementi, carità e giustizia, che rappresentano i principi determinanti, necessari e sostanziali su cui fondare ogni dissertazione e ogni discussione sulla pace.

La giustizia abbraccia e racchiude l’armonia sociale; ed è proprio l’armonia sociale che determina quell’essenziale equilibrio, necessario per offrire, a tutti, una determinata certezza di vita.

Ma la pace non si ottiene né si raggiunge una volta per tutte. Bisogna ricercarla sempre, di continuo, ininterrottamente e, sebbene questa ricerca incessante, non sarà mai definitivamente raggiunta. È, nello stesso tempo, ricerca e conquista continua. Lo stesso Salvatore, Gesù Cristo, si è fatto uomo per portare la pace nel mondo. Egli si annuncia agli uomini con il messaggio: “Pace agli uomini di buona volontà”.

La pace è un impegno, una grazia, una promessa divina; è una benedizione del Signore che arricchisce e pervade la vita degli uomini. È dalla pace con se stessi che sboccia e cresce l’amore per l’altro e per il creato; mentre è dalla pace con se stessi, con il mondo e con Dio che nasce la Fede.

Ma la pace può anche venir meno, può essere persa; la sua conservazione è legata al modo in cui gli uomini riescono a salvaguardarla, a difenderla ed a tutelarla.

Ecco perché salvaguardare e promuovere la pace vuol dire agire sempre verso la sua più completa e piena attuazione.

Non un segnale di fiducia, non uno spiraglio di speranza, non un segno di ottimismo sembra giungere dalla realtà che ci circonda. Ma ormai il Natale è vicino.

Il Natale non è solo una importante occasione per stare insieme con altri; non è neanche un momento opportuno per scambiarsi dei doni, né una favorevole circostanza per ritrovarsi nella intimità familiare e con gli amici. Il Natale è qualcosa di più significativo e profondo. È la festa dell’uomo. È la ricorrenza della rivelazione di Dio all’uomo. È un evento che determina un cambiamento profondo nella vita degli uomini.

Per il Natale ogni persona è un valore da rispettare e tutelare. Questo vuol dire che gli avvenimenti che, oggi, sovvertono e turbano la nostra realtà, se vissuti alla luce che il Natale emana e diffonde, acquistano un significato particolare, diverso e profondo. Si tratta, comunque, di eventi importanti e, spesso, drammatici; ma si tratta, comunque, di eventi che ci offrono la possibilità di sentirci vicini a quanti soffrono e di condividere le loro difficoltà. Condividere non significa commuoversi di fronte alle altrui difficoltà; vuol dire, invece, denunciare le prepotenze e l’arroganza di quanti detengono il potere commettendo varie forme di abusi nei confronti della collettività. Ma significa, soprattutto che nessuno potrà mai sentirsi in pace con se stesso fino a quando la luce della speranza in una realtà migliore e più umana non ritornerà ad illuminare il volto dei disoccupati, degli emarginati, dei sofferenti, degli ammalati. Ecco perché il Natale deve entrare nel cuore di ogni persona per portare quella percezione e quel senso di fiducia, di serenità e di pace che solo il Natale emana ed effonde nell’aria e nell’animo di ogni persona.

Se ognuno pulisse davanti al proprio portone, alla fine tutta la strada risulterebbe pulita; se ognuno vivesse il Natale tutti i giorni, il mondo diventerebbe certamente migliore!

 

Siamo tutti a conoscenza del continuo dilagare della violenza. Si tratta, di certo, di una modalità della condotta dell’uomo che, nell’attuale realtà sociale, ha assunto una portata e una entità allarmanti. Viviamo, oggi, sommersi da comportamenti violenti, sebbene il proliferare di sempre nuove ed articolate indagini e teorie sulla sua origine.

Sia nelle grandi città che nei piccoli centri la violenza non è da addebitare alla sola presenza di gruppi eversivi, ma soprattutto al comportamento di tanti giovani che, noncuranti delle conseguenze, saccheggiano, violentano, abusano, prevaricano, devastano locali e interi quartieri. Sono giovani che si mostrano sempre più baldanzosi, arroganti, presuntuosi e convinti di poter calpestare, a loro piacimento, le regole più comuni del vivere civile. Si tratta, in ogni caso, di forme di violenza prettamente giovanile che nulla hanno a che vedere con proteste di ordine sindacale o politico.

E proprio nel momento in cui si parla della giovane generazione, l’attenzione viene subito rivolta alleistituzioni, le quali se da una lato hanno contribuito notevolmente alla crescita culturale ed alla solidarietà sociale, dall’altro hanno dato origine anche alla nascita di un elevato numero di persone incuranti di compiere azioni di devastazione, di distruzione, di inaudita violenza. Quantoaccaduto nel quartiere di Pianura, a Napoli, rappresenta uno dei tanti incresciosi, spiacevoli e condannabili casi di assurda e non giustificabile violenza.

L’ignara vittima è Salvatore, un quattordicenne, ricoverato, in gravissime condizioni, all’ospedale San Paolo di Napoli, dove gli èstato asportato il colon, a seguito delle numerose e gravi lesioni riportate. Gli autori del raccapricciante gesto sono tre giovani di 24 anni, di cui uno fermato con l’accusa di tentato omicidio e violenza sessuale.

Ai medici che l’hanno preso in cura il minorenne ha raccontato di essere stato oggetto, in un primo momento, di insulti perché troppo grasso e,poco dopo, di una violenta aggressione.

La dinamica dei fatti è spaventosa, terribile, sia per la violenza usata, sia per lo strumento adoperato: una pistola compressore utilizzata per gonfiare pneumatici.

Siffatti episodi denotano che la violenza rappresenta, ormai, uno degli elementi costitutivi di una società, in cui il degrado culturale, sociale ed economico dell’ultimo decennio, associato alla crescente crisi di valori e assenza dello Stato e delle Istituzioni, sta determinando un profondodeclino. Questo vuol dire che la violenza può insorgere in qualsiasi momento e senza motivo alcuno.

Cosa ancora meno accettabile è la giustificazione fornita dai familiari dell’irresponsabile gesto, i quali hanno asserito, in modo semplicistico, che si trattava solo di un “gioco”.

Si tratta di affermazioni che ci presentano una società deviata, degenerata, deteriorata nei valori e nella stima degli elementi portanti e connotativi della coesistenza socialee dei suoi sentimenti essenziali.

Si tratta di un gesto del tutto privo di qualsiasi senso della vita, di rispetto dell’altro e dell’altrui decoro.

Anche questi parenti dell’autore del censurabile e spiacevole gesto, nel cercare in tutti i modi di giustificare il proprio congiunto, dimostrano di non essere esenti da colpe in quanto, con le loro scelte educative e con la loro discutibile e opinabile idea di rispetto dell’altro, hanno contribuito ad infondere ed ispirare la formazione di questo giovane. Si tratta, quindi, di una persona cresciuta nella convinzione che il rispetto delle leggi e delle norme che regolano la convivenza civile sono solamente degli ostacoli che bisogna superare ad ogni costo; che la vita degli altri è semplicemente un “gioco”, e che il proprio compito e il proprio dovere, è quello di prevalere sugli altri, di vincere sempre e ad ogni costo, di prevaricare, di opprimere, di soffocare e annientare i più deboli e gli indifesi.

Ebbene, è proprio il desiderio di sentirsi superiori che fa nascere, in queste persone,il desiderio di assumere comportamenti primitivi, incivili, privi di qualsiasi oggettività morale.

Oggi viviamo fenomeni di devianza nuove sia nei modi in cui si presentano, sia nell’insieme dei sistemi che coinvolgono. Per quanto riguarda le cause delle devianze, allo stato attuale, vengono valutate nuove ipotesi rispetto al passato. In un recente passato si sosteneva che le persone che presentavano comportamenti deviati erano dei soggettiaffetti da disturbi del comportamento e da disturbi psicologici. Oggi, invece, si valutano anche i disturbi a livello medico, sociale, sociologico. Spesso ci si interroga su che cosa questi ragazzi intendono comunicare ai propri familiari, agli adulti, alla comunità sociale,con questi loro gestianomali e deviati.Ecco perché è necessario, sempre di più, far leva sulla prevenzione; ma è necessario soprattutto valutare con attenzione i problemi dei fanciulli, degli adolescenti, dei giovani, attribuendo loro l’oggettiva responsabilità per gli eventuali reati e misfatti che compiono, senza mai dimenticare che la pena o la sanzione da infliggere rappresenta la giusta e necessaria dimensione.

Siamo, perciò, tutti vicino al giovane Salvatore ed alla sua famiglia e ci auguriamo che, in tempi brevi, possa uscire dalla grave situazione clinica in cui, attualmente, versa.

Di fronte a siffatti eventi nascono spontanee tante domande: è vero che la violenza è una caratteristica del nostro tempo o c'è sempre stata? Forse l'uomo è violento per natura e non avendo le ultime generazioni potuto scaricare in guerra la loro innata violenza lo fanno con altre forme? Non è forse vero che queigenitori che si disinteressano dei propri figli equegli insegnanti che picchiano i propri alunni,assumono comportamenti violenti? E, poi, è giusto parlare solamente di violenza giovanile? Dove l'hanno respirata gli attuali giovani? Da dove l'hanno assimilata? A quali figure di adulti si sono ispirati?

Anche nelle scuole e nelle famiglie, istituzioni con competenze intenzionalmente educative e formative, il più delle volte non c'è rispetto per i ruoli, per le istituzioni, per i colleghi, per i propri superiori gerarchici, per i vari componenti; non c’è più rispetto per niente!

Questo significa che ogni adulto dovrebbe chiedersi con maggiore frequenza: con quale coraggio, domani, potrò chiedere ai miei alunni di attendere il loro turno, di ascoltare i propri compagni e i docenti, di non essere prepotenti e prevaricatori? Con quale coraggio potrò dire a mio figlio di compiere il proprio dovere di studente, di rispettare le leggi, le istituzioni, gli altri?

Ebbene, sono proprio taluni comportamenti discutibili di tanti adulti che rappresentano le radici della violenza; sono una grave forma di violenza, anzi, costituiscono la base di ogni forma di violenza.

In Parlamento, nei Consigli comunali, provinciali e regionali non siedono ragazzini; nelle riunioni dei collegi dei docenti non ci sono giovani, così come in alcune famiglie, oggi, non si riesce più a dialogare, a discutere. Assistiamo, spesso, a sceneggiate veramente deprimenti; in questi adulti c'è violenza allo stato puro! Ci sono genitori che giustificano, padri che istigano, docenti che non sanno "docere"; dall’altra parte ci sono, invece, tanti ragazzi e tanti giovani che imparano!

Ma, in definitiva, dove sono le radici della violenza? È certamente difficile dare una risposta esauriente e completa a questa domanda. In effetti non lo sappiamo, forse "è la somma che fa il totale", diceva il grande “Totò”. E, allora, dove ricercarle, dove risiedono! Non nella crisi economica e nella disoccupazione .... ma è pur vero che l'ozio è il padre di tutti i vizi; non nella società ..... ma è pur vero che l'ambiente in cui viviamo ci condiziona; non nella famiglia .... ma è pur vero che è nel periodo dell'infanzia che si plasma il nostro "io"; non nella scuola .... ma è pur vero che è una delle prime forme di aggregazione sociale che incontriamo; non nella fede .... ma è pur vero che spesso ideali religiosi o politici sono il paravento di gravissime violenze!

La violenza è una pianta che ha tantissime radici; radici che pescano nel presente e nel passato, radici che assorbono veleni, radici che vanno in profondità e che è difficile sradicare.

Ma anche questa pianta, come tutte le piante, se incontrerà il sole, riuscirà a trasformare tutto in linfa vitale: il sole dell'AMORE, che è rispetto, tolleranza, solidarietà, disponibilità, speranza! La speranza non può mancare perché sono "giovani" anche i ragazzi che vanno a spalare il fango nelle zone alluvionate, i ragazzi che operano in tante associazioni di volontariato, i tanti ragazzi che in modo semplice e naturale fanno il loro dovere in un mondo non certo facile!

 



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