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Venerdì 02 Febbraio 2024, l'Istituto Per la Famiglia Nazionale ODV ha celebrato la conclusione positiva del Progetto N.O.A. (Never you Own Alone-Mai più solo), finanziato dalla Regione Calabria con risorse statali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con l’evento di sensibilizzazione e formazione al volontariato “A scuola di solidarietà: Educazione alla cittadinanza attiva per i giovani delle scuole Calabresi” rivolto agli studenti dell'Istituto Tecnico Statale Economico Raffaele Piria - Ferraris/da Empoli.

 Il seminario formativo ha visto la partecipazione del Presidente Emmanuela Perri, dell’avv. Maurizio Fiorenza (nonché comandante della pattuglia nazionale di Protezione Civile LIONS dell’I.P.F.), della Dott.ssa Zsuzsanna Turtsanyi (Assistente Sociale) e del Dott. Filippo Ripepi (Psicologo) che hanno approfondito, attraverso la partecipazione attiva degli studenti, temi di rilevanza sociale tra cui il mondo del volontariato e le caratteristiche del terzo settore, la cittadinanza attiva, la protezione civile, e l'importante ruolo svolto dall'unità di strada e dai suoi operatori. Inoltre, si è parlato del progetto N.O.A. e di tutte quelle che sono le attività giornaliere che l’Istituto Per la Famiglia ODV porta avanti attraverso i suoi volontari.

Si ringrazia il dirigente scolastico avv. Anna Rita Galletta e la Prof.ssa Patrizia Praticò per l'opportunità preziosa che è stata concessa di poter condividere con i giovani il valore e l'importanza del volontariato. La sinergia e collaborazione tra l’I.P.F. ODV e l’I.T.E. Piria hanno reso possibile la realizzazione di un momento formativo significativo e stimolante.  Tale sinergia diventa fondamentale per costruire un legame solido tra mondo associativo e realtà educativa, permettendo agli studenti di accedere a opportunità di crescita personale e di comprendere appieno il loro ruolo nella costruzione di una società più inclusiva. La profonda interazione con gli studenti si è quindi rivelata un'esperienza altamente arricchente, auspicando che le riflessioni avviate nel corso del seminario possano fungere da catalizzatore per la formazione di cittadini consapevoli e attivamente impegnati nel tessuto della solidarietà.

L’Associazione di volontariato composta da 450 sezioni su tutto il territorio nazionale operanti da oltre 30 anni, afferente al Sistema A.C.U. fondato dal Missionario cristiano Gilberto Perri, conferma il suo ruolo di forza motrice nel terzo settore, promuovendo iniziative virtuose volte a eliminare ogni manifestazione di povertà, e si distingue per la sua rilevanza sociale e umanitaria, e  guarda con fiducia al futuro, sicuro che l'entusiasmo e la dedizione degli studenti coinvolti contribuiranno a promuovere un impegno sempre più profondo nel volontariato e nella solidarietà sociale basato sui principi cristiani.

Finanziato nell'ambito dell'avviso pubblico per il finanziamento di iniziative e progetti di rilevanza locale ai sensi degli artt. 72 e 73 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, della Regione Calabria, il Progetto N.O.A. (Never you Own Alone-Mai più solo) ha visto nei mesi la realizzazione di numerose iniziative tra cui spiccano attività di formazione e sensibilizzazione dei giovani nelle scuole, la promozione del volontariato, la creazione delle "Giornate della Bontà" con raccolte mensili di beni di prima necessità, e l’attivazione dell'"Unità di Strada" per la creazione di una rete tra le persone senza dimora e le risorse del territorio. Il progetto ha altresì supportato attivamente le famiglie attraverso servizi a 360 gradi, con consegne a domicilio di beni essenziali e supporto nel disbrigo pratiche, consulenze fiscali e legali. Il Progetto N.O.A. ha quindi rappresentato un impegno tangibile dell'Istituto Per la Famiglia nel promuovere il benessere sociale e affrontare le sfide locali con iniziative concrete e solidali dando una risposta concreta, perseguendo i valori cristiani di giustizia, amore e altruismo, a tutte le tipologie di bisognosi presenti nel territorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria che sempre di più versano in una condizione di grave indigenza e che spesso si ritrovano soli ad affrontare problemi quotidiani.  

Mi dimetto con effetto immediato da sottosegretario del governo e lo comunicherò nelle prossime ore alla Meloni": è quanto ha detto Vittorio Sgarbi a margine di un evento a Milano.

"Mi dimetto e lo faccio per voi. Adesso sono solo Sgarbi, non sono più sottosegretario", ha aggiunto. "L'Antitrust ha mandato una molto complessa e confusa lettera dicendo che aveva accolto due lettere anonime, che ha inviato all'Antitrust il ministro della Cultura, in cui c'era scritto che io non posso fare una conferenza da Porro". Lo ha detto il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, a Milano

"È un colpo di teatro, sono due ore che medito se farlo o se non farlo". Così Vittorio Sgarbi dopo aver annunciato le sue dimissioni da sottosegretario alla Cultura, parlando durante l'evento 'La ripartenza' organizzato da Nicola Porro a Milano. 

"La legge consente che io, attraverso il Tar, indichi quelle cose che ho detto", ossia "che non può essere in conflitto di interessi chi non ha un lavoro, chi non fa l'attore, chi non fa il professore, chi è in pensione come professore e come sovrintendente" ha aggiunto, sottolineando che "io ho fatto occasionalmente conferenze come questa. Questa conferenza - ha spiegato - secondo quello che l'Antitrust mi ha inviato, sarebbe incompatibile, illecita, fuorilegge". 

Quindi, "per evitare che tutti voi siate complici di un reato, io parlo da questo momento libero del mio mandato di sottosegretario. Avete comunque un ministro e altri sottosegretari - ha concluso -. Io riparto e da ora in avanti potrò andare in tv e fare conferenze".

"Non mi devo scusare con nessuno, ho espresso le mie imprecazioni come fa chiunque" ha detto il sottosegretario alla Cultura a margine dell'evento 'La Ripartenza' a Milano, interrogato sulla sua reazione alle inchieste dei giornalisti di Report e de Il Fatto Quotidiano."Ovviamente, io sono noto per le mie imprecazioni e per le 'capre', non ho nessuna volontà di crudeltà e di morte per nessuno. 

Mi scuso - ha aggiunto Sgarbi durante l'evento 'La ripartenza' - con i giornalisti che si sentono in pericolo di morte, perché ho detto: 'Vorrei che tu morissi'. Mi scuso, per chi l'ha interpretato in una trasmissione che è stata particolarmente cruda, ma che era sostanzialmente una trasmissione con un'intervista non autorizzata, non voluta". 

A un certo punto, "non essendo un'intervista, io ho fatto imprecazioni, che sono sembrate anche a qualche giornalista offensive. I oritiro il mio augurio di morte, mi scuso di averlo pensato e non sono più neanche il sottosegretario. D'ora in avanti - ha concluso - augurerò la morte senza essere responsabile di essere sottosegretario"

A chi gli chiedeva che immagine arriva all'estero dopo l'inchiesta pubblicata da Report, Sgarbi ha precisato di non aver rilasciato alcuna intervista, quindi, quelle erano immagini "rubate".

"Io ritiro il mio augurio di morte - ha proseguito Sgarbi - mi scuso di averlo pensato e non sono più neanche un sottosegretario. D'ora in avanti augurerò la morte senza essere responsabile di essere sottosegretario". "Mi scuso - ha aggiunto - con i giornalisti che si sentono in pericolo di morte, perché ho detto: 'Vorrei che tu morissi'". 

 

Fonte agi / ansa

 

 

 

 

La maestra 39enne è accusata di aver aggredito due neonazisti nel "Giorno dell'Onore": a loro fu prescritta una prognosi di 5 e 8 giorni, lei rischia di restare in cella fino al 2047.

Ilaria Salis è stata mandata a processo con l’accusa di lesioni aggravate per un episodio del febbraio 2023, quando avrebbe aggredito insieme ad altri attivisti antifascisti due militanti neonazisti, i quali non hanno sporto denuncia e si sono ripresi dopo due giorni di prognosi. Quell’episodio è avvenuto, sostiene l’accusa, nell’ambito di una iniziativa promossa da un’associazione a delinquere tedesca, la Hammerband, che si era data appuntamento nella capitale ungherese per attaccare simpatizzanti di estrema destra, skinheads e fascisti in occasione del cosiddetto Giorno dell’onore.

Questa rievocazione celebra il tentativo, risalente al 1945, di un battaglione nazista d’impedire la presa di Budapest da parte dell’Armata Rossa sovietica, che stava liberando l’Europa centrale dal giogo nazionalsocialista.

In aula - dove oltre a Salis erano presenti altri due coimputati, un uomo e una donna tedeschi - la pm ha presentato la 39enne come l'imputata principale, che avrebbe partecipato a più aggressioni causando lesioni corporali aggravate, in "associazione per delinquere" con due persone. Il magistrato poco prima aveva esposto l'atto di accusa che ha portato al rinvio a giudizio secondo il quale gli imputati farebbero parte di un'organizzazione estremista di sinistra, formata in Germania e composta soprattutto da giovani che, oltre partecipare a manifestazioni e dimostrazioni, avrebbero pianificato di lottare con aggressioni fisiche contro simpatizzanti di estrema destra di ideologia neonazista e neofascista. 

"E' in dubbio lo stesso fatto che fosse presente alle aggressioni in questione, o che sia intervenuta incontrando i neonazisti - ha sottolineato ancora il legale difensore -. L'atto di rinvio della Procura è privo di fondamento e non ci sono prove nemmeno per il concorso in associazione per delinquere, presenteremo le nostre prove".

Una "situazione carceraria e processuale che vìola le nostre leggi", ha detto il suo avvocato Eugenio Losco, presente in aula. Anche perché "Ilaria si è dichiarata non colpevole ma ha spiegato di non aver mai potuto leggere gli atti, che non le sono stati mai tradotti, e di non aver ancora visto le immagini su cui sostanzialmente si fonda l'accusa. E quindi ha riferito di non poter presentare nessuna memoria, cosa che è ammessa nel processo ungherese".

Scelta diversa per l'altro coimputato tedesco, che si è dichiarato colpevole e è stato condannato a 3 anni di reclusione.

In un video, le autorità ungheresi hanno riconosciuto Salis, accusandola di far parte di un collettivo antifascista responsabile dell’aggressione. Ilaria si è sempre dichiarata innocente, affermando di non essere lei nelle immagini diffuse, in cui si vede l’assalto con calci e pugni ai militanti di estrema destra. Arrestata nel febbraio 2023 in un momento successivo, mentre era in un taxi con due amici, sarebbe stata trovata in possesso di un manganello retrattile, usato per difesa personale (avrebbe sostenuto la diretta interessata).

La pubblica accusa del Tribunale di Budapest si è mossa senza denuncia di parte, incriminata la 39enne milanese più due altri attivisti che erano con lei. Ora la maestra lombarda rischia fino a 11 anni di carcere, mentre uno dei suoi compagni, tedesco, si è dichiarato colpevole e ha patteggiato una pena di tre anni. Le è stata negata la revoca della custodia cautelare per il pericolo di fuga. La prossima udienza del processo è fissata al 24 maggio.

La premier Giorgia Meloni ha sentito al telefono il primo ministro ungherese Viktor Orban «nel pieno rispetto dell’indipendenza e autonomia della magistratura ungherese». L’obiettivo per ora è quello di ottenere pene alternative da scontare in Italia. Se si parla appunto dell’ipotesi di arresti domiciliari in Italia, i giudici ungheresi hanno già respinto nel giugno scorso la richiesta per il trasferimento di Salis agli arresti domiciliari, avanzata dagli avvocati della 39enne. Il motivo era il pericolo di fuga. A quanto si apprende, la richiesta potrebbe essere rivalutata solo a seguito di una preventiva applicazione dei domiciliari in Ungheria, su decisione dei giudici: solo in seguito a questa disposizione, quindi, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di applicare la decisione quadro del Consiglio europeo per il reciproco riconoscimento delle decisioni sulle “misure alternative alla detenzione cautelare”.

Un'altra possibilità sarebbe quella di ricorrere alla giurisdizione europea, un'eventualità che rientra già nella strategia difensiva di uno degli avvocati di Ilaria Salis Eugenio Losco: «Stiamo valutando la possibilità di fare ricorso immediato alla Corte europea di Strasburgo per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che è già costata altre condanne all’Ungheria», ha spiegato. «La violazione è palese, visto come è stata portata con un guinzaglio in aula».

il caso Ilaria Salis a Budapest sta scuotendo le coscienze non solo italiane: la scena dell'italiana apparsa in manette, incatenata e coi ceppi alle caviglie in un tribunale nella capitale ungherese fa tornare in primo piano il rispetto dei diritti dell'uomo in Europa. Il caso, dalle accuse mosse a Salis alla scena vista in tribunale, è diventato politica: la Farnesina ha convocato l'ambasciatore magiaro in Italia. Il nostro ambasciatore invece ha incontrato il ministro della Giustizia ungherese.

E' una maestra originaria di Monza di 39 anni in carcere dall’11 febbraio 2023 a Budapest con l’accusa di lesioni aggravate. Salis avrebbe aggredito due neonazisti durante una manifestazione nella capitale ungherese. L’attivista era partita dall’Italia per unirsi a movimenti antifascisti che stavano lavorando a una contromanifestazione in occasione del Giorno dell’Onore.

La previsione era corretta. Il Giorno dell’Onore 2023 è stato contrassegnato da numerosi scontri. Quasi tutti filmati. Uno di questi video ritraeva due neonazisti presi a manganellate l’11 febbraio da un gruppo di contro manifestanti a volto coperto, praticamente irriconoscibili. Per i magistrati ungheresi uno di quei manifestanti era Ilaria Salis, arrestata qualche ora dopo a bordo di un taxi con altre due persone. La prognosi per i due feriti era di 5 e 8 giorni.

Gli avvocati della donna hanno contestato l'impossibilità di visionare le immagini di quelle telecamere, prova regina dell’intera inchiesta. Da un punto di vista formale è inoltre contestata anche la mancata traduzione degli atti giudiziari in inglese e in italiano, circostanza che ha impedito alla nostra connazionale di conoscere appieno i reati contestati. La difesa ha chiesto l'esame delle persone offese, la perizia di un consulente antropometrico e quella di un medico legale sulla natura “potenzialmente letale” (come sostiene l'accusa) delle botte prese da neonazisti.

Inoltre la difesa contesta la natura stessa del reato (lesioni personali, non tentato omicidio) e l'aggravante di aver agito “nell'ambito di un'associazione a delinquere” tedesca. Si tratterebbe degli Hammerband di Lipsia, organizzazione anarco-rivoluzionaria guidata dalla 28enne Lina Engel e dal compagno Johann Guntermann

Fonte varie agenzie

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