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Il premier Conte è uno dei nove leader europei che ha chiesto a gran voce l'adozione dei coronabond; Berlino e Olanda sono invece i capifila di chi non vuole nemmeno sentirne parlare.Se nessuna delle due parti in campo dovesse spuntarla, non è da escludere un compromesso a metà strada tra gli estremi. Una di queste possibili soluzioni, sottolinea il quotidiano La Stampa, è quella di finanziare spese specifiche con emissioni della Banca europea degli investimenti. La Francia, per bocca del ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, chiede di operare al di fuori del bilancio europeo mentre la Germania, la cui costituzione vieta di condividere debiti, non ha alcuna intenzione di spingersi oltre  

Per evitare di finire in trappola, Conte ha provato a spiegare la situazione in questi termini: “L'Italia è pronta a prendere in considerazione il ricorso al Fondo se in prospettiva verrà elaborato in maniera diversa, e snaturato, con i soldi accessibili a tutti i Paesi senza condizionalità preventive o successive”. Tradotto: Meccanismo europeo di stabilità (Mes) senza austerità e Troika. Soltanto in un caso del genere il Mes passerebbe da “strumento inadeguato” a “strumento tra gli altri della strategia europea”. Il braccio di ferro continua ma il tempo stringe.

Il nostro Paese, che alla fine del 2020 dovrà fare i conti con un debito oltre il 150% della ricchezza prodotta (oltre a un pil al ribasso), sostiene che Bruxelles possa fare di più. Il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri, ad esempio, ha annunciato che l'Italia emetterà “garanzie per le imprese fino a 500miliardi di euro”. Fatto sta che domani, mentre prosegue la trattativa in Europa, il Consiglio dei ministri italiano annuncerà il decreto con le misure per le imprese.

In ogni caso, all'orizzonte, c'è un'insidia enorme. Senza un accordo forte adesso, in autunno, a emergenza (si spera) finita e quando lo scudo Bce si indebolirà, l'Italia potrebbe ritrovarsi a fare i conti con gli spread in rialzo e la pressione degli investitori. A quel punto il rischio è che il nostro Paese possa chiedere l'assistenza del Fondo salva-Stati.

Intanto l’Unione europea cambia idea, recita una sorta di mea culpa e ora dice di essere è pronta ad aiutare l’Italia. A leggere la lettera di autocritica pubblicata da Ursula von der Leyen sul quotidiano La Repubblica a nome dell’intera Ue, sembrerebbe che dai piani alti di Bruxelles abbiano finalmente capito l’entità dell’emergenza economica in corso. Eppure la sensazione è che qualcuno stia piangendo lacrime di coccodrillo, fingendo di provare compassione quando in realtà è più disinteressato che mai.

Il presidente della Commissione europea, dopo settimane passate a fare spallucce di fronte a ogni concreta proposta d’aiuto partorita dal fronte degli anti rigoristi, di cui fa parte anche l’Italia, adesso si scusa apertamente con tutto il popolo italiano. E lo fa con parole calibrate alla perfezione, così da indurre i lettori a credere in un cambio di rotta dell’attuale mamma Europa: “Scusateci, ora la Ue è con voi”. “Ora”, è bene ricordarlo, significa che fino a ieri, ovvero quando il nuovo coronavirus costringeva un disperato governo italiano a varare le prime misure anti Covid-19, l’Europa non era assolutamente “al fianco dell’Italia”.

Ad oggi l'Ue, e cioè le istituzioni europee e gli Stati membri, hanno mobilitato 2.770 miliardi di euro. E' la più ampia risposta finanziaria ad una crisi europea mai data nella storia". Lo ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.Per aiutare i Paesi più colpiti dal coronavirus come Spagna e Italia la Commissione europea conferma la proposta di un fondo anti-disoccupazione SURE, "che potrà mobilitare 100 miliardi di crediti, sulla base di garanzie messe a disposizione dagli Stati membri, per 25 miliardi. 

L'iniziativa sarà presentata all' Eurogruppo e confido che sarà adottata velocemente", ha ribadito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentando un pacchetto di misure solidali.  'Oggi l'Europa si mobilita al fianco dell'Italia, ma va riconosciuto che nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune, in troppi - ha sottolineato hanno pensato solo ai problemi di casa propria. La riflessione è della presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen in una lettera a 'La Repubblica' in cui fa il punto sugli ultimi interventi, ricordando fra l'altro lo strumento SURE per la salvaguardia dell'occupazione nei Paesi più colpiti. Quello passato, osserva, è stato un comportamento dannoso e che poteva essere evitato, ma ora l'Europa ha cambiato passo.

Il premier olandese Mark Rutte sta lavorando ad una proposta per un Fondo di emergenza Covid-19 per aiutare gli Stati membri più colpiti dalla pandemia a far fronte alle spese legate all'emergenza sanitaria, senza alcuna condizionalità. I Paesi Bassi - pronti a contribuire con un miliardo di euro - presenteranno l'iniziativa al prossimo Eurogruppo. Lo spiegano fonti diplomatiche all'ansa. L'iniziativa è stata presentata ieri al Parlamento olandese per una prima discussione

"La Ue deve usare tutti gli strumenti. Attivando il Mes senza stigma e con condizionalità light, cosa che dovremmo essere in grado di decidere all'Eurogruppo" ma oltre alla risposta immediata che comprende anche Bei e schema anti-disoccupazione, dobbiamo "riflettere su strumenti a lungo termine per far ripartire la crisi, dobbiamo mettere insieme risorse, perciò la Francia ha proposto di creare un fondo temporaneo che emette bond garantiti dagli Stati". A sostenerlo è il ministro dell'economia francese, Bruno Le Maire.

"Non dobbiamo esitare a ricorrere a strumenti straordinari per accompagnare il rilancio anche industriale dopo la crisi, la proposta 'Sure' è un ottimo esempio degli interventi di cui abbiamo bisogno". Così il commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton, durante la riunione della commissione per il Mercato interno del Parlamento Ue, parlando del nuovo strumento da 100 miliardi proposto da Bruxelles contro la disoccupazione nei Paesi più colpiti dall'emergenza Covid-19.
"L'impatto" del coronavirus "sulle nostre economie sarà enorme e dobbiamo pensare anche al dopo, quando il mondo sarà molto diverso", ha aggiunto Breton, sottolineando che "l'Europa ha imparato molto dalla crisi del 2008 e alla fine ci sarà solamente una parola che dovremo ricordare: solidarietà"

Intanto una notizia che è passata un po’ sottotraccia in queste ultime ore è quella dell’arrivo in Spagna e in Italia di aiuti da parte della Repubblica Ceca per cercare di sostenere le capacità sanitarie nazionali nella lotta contro l’epidemia da coronavirus Covid-19.

In ogni caso, la notizia è che dopo settimane di silenzio assordante, alternato a mezze prese di giro, l’Europa “vuole dare una mano, stanziando nuove risorse per finanziare la cassa integrazione”. Proclami al vento? Assolutamente no, sottolinea von der Leyen. Che mette le mani avanti e spiega come “l’Unione stanzierà fino a cento miliardi di euro in favore dei paesi colpiti più duramente, a partire dall’Italia, per compensare la riduzione degli stipendi di chi lavora con un orario ridotto”.

Un aereo da trasporto militare C-130 con 10mila tute protettive e 90 respiratori per la ventilazione polmonare donati dal governo di Praga è atterrato domenica 29 marzo a Madrid, mentre un convoglio carico di altri 10mila dispositivi di protezione individuale di questo tipo è arrivato lunedì 30 a Milano, sempre proveniente dalla Repubblica Ceca.

Queste prime spedizioni rientrano nella richiesta, partita da Spagna e Italia, di aiuto nel quadro del sistema della Nato per la gestione delle emergenze civili che si chiama Euro-Atlantic Disaster Response Coordination Centre (Eadrcc). Il centro di comando, che funge da organo di coordinazione sovranazionale per i Paesi dell’Alleanza e per i suoi partner, è attivo, come si legge nel sito ufficiale “tutto l’anno su base 24/7”.

 

 

 

 

 

“L’Europa ha il dovere di difendere l’Italia dal dumping fiscale degli altri Paesi europei: bisogna stimolare la cooperazione e non la contrapposizione interna, specialmente in questo momento di emergenza legata all’epidemia. Il Garante della Concorrenza e del Mercato stima che il nostro Paese perda ogni anno tra 5 e 8 miliardi di euro a causa della concorrenza di paradisi fiscali interni all’Ue, quali Irlanda, Lussemburgo e Olanda, che attraverso offerte a società estere di tassazioni su dividendi e profitti di capitale estremamente convenienti, attirano investimenti in molti caso fittizi, atti esclusivamente a ridurre il peso fiscale in capo alle multinazionali, generando situazioni di concorrenza sleale e perdite fiscali per gli stati in cui la ricchezza viene effettivamente prodotta. Questo e’ inaccettabile e Paesi come l’Olanda, prima di voltarci le spalle o farci lezioni, dovrebbero guardarsi in casa propria: ho presentato una interrogazione alla Commissione Europea per chiedere come pensa di agire per tutelare Paesi come l’Italia dal dumping fiscale degli altri partner europei, cosi’ che gli Stati membri danneggiati possano riappropriarsi delle risorse perse per utilizzarle, ad esempio, per affrontare la crisi Coronavirus, garantendo che le imprese multinazionali paghino i tributi nei Paesi dove realmente operano e generano profitti”.
 
Lo dichiara in una nota Vincenzo Sofo, europarlamentare della Lega al Corriere del Sud, che ha presentato l’interrogazione alla Commissione Europea, firmata anche da Marco Zanni (presidente gruppo ID), Marco Campomenosi (capo delegazione Lega) e dagli europarlamentari della Lega in commissione ECON Francesca Donato, Valentino Grant, Antonio Maria Rinaldi.
 

Giuseppe Conte entra nelle case dei tedeschi per spiegare il suo punto di vista sulla necessità di un'azione comune da parte dell'Unione europea per gestire l'emergenza sanitaria ed economica legata alla pandemia di coronavirus. Lo fa con un'intervista alla tv tedesca Ard come riferisce Ansa.

"Io e la Merkel abbiamo espresso due visioni diverse durante la nostra discussione. Ne approfitto e lo dico a tutti cittadini tedeschi: noi non stiamo scrivendo una pagina di un manuale di economia, stiamo scrivendo una pagina di un libro di storia".

"E' un' emergenza della quale non è responsabile nessun singolo Paese, non si tratta di tensioni finanziarie. L'Ue come risponde? L'Ue compete con la Cina, con gli Usa che hanno stanziato 2 mila miliardi per reagire, in Ue cosa vogliamo fare? Ogni Stato membro vuole andare per conto suo? Se la reazione non sarà coesa, vigorosa, coordinata, l'Europa diventerà sempre meno competitiva nello spazio globale di mercato".

"L'Italia non sta chiedendo ai cittadini olandesi di pagare il debito italiano. Non chiediamo neanche un euro ai contribuenti olandesi. L'Europa deve poter agire in modo solidale ed efficace, perché è impensabile che qualcuno possa giovarsi di questa crisi". Così il premier Giuseppe Conte, secondo l ansa in un'intervista al quotidiano olandese De Telegraaf. "Gli european recovery bond sono il modo migliore per rispondere, anche per i cittadini olandesi. Anche loro hanno bisogno di garanzie". La recessione ci sarà "pressoché ovunque".

Dal primo decreto che iniziava ad introdurre misure veramente limitative alla libertà personale e di circolazione (11 marzo), fino ad oggi, pur avendo il governo annunciato un primo intervento di 25 miliardi, in tasca agli italiani non è arrivato neppure un centesimo. Certo, stanotte i lavoratori autonomi hanno presentato domanda dei 600 euro una tantum, ma prima di un mese nessuno vedrà un euro.

A parte i dipendenti pubblici, che lo stipendio ce l’hanno garantito, così come pure i pensionati fino a quando non si sa, i lavoratori autonomi (bar, ristoranti, negozi, librerie, parrucchieri, studi professionali etc), dal 12 marzo sono chiusi e non vedono un centesimo. Gli affitti commerciali vanno comunque pagati ma di incassi, causa la chiusura per decreto, nemmeno l’ombra

Eppure bollette e rate condominiali continuano ad arrivare. Anche gli affitti abitativi vanno pagati, sono stati sospesi gli sfratti (fino al 30 giugno), non l’obbligo di pagare il canone. Per ottenere invece la sospensione dei mutui prima casa, bisogna autocertificare una riduzione del fatturato del 33% nei tre mesi successivi al 20 febbraio 2020 rispetto all’ultimo trimestre 2019. …  

State a casa, mi raccomando, suonate e cantare sui balconi, ma qui sono passate tre settimane e dei 25 miliardi nemmeno l’odore. Per di più, la UE ci ha messi spalle al muro imponendoci sostanzialmente di accettare il Mes il vecchio Fondo Salva-Stati con le condizionalità capestro che non sto a ripetervi.
Di condivisione del debito – i cosiddetti coronabond – Germania, Austria e Olanda non ne vogliono neppure sentir parlare.

Intanto la Germania allenta la presa sull’utilizzo del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per far fronte all’emergenza economica provocata dal nuovo coronavirus. Le proposte che Berlino metterà sul tavolo nelle prossime riunioni si preannunciano interessantissime, soprattutto per il fronte guidato da Italia, Francia e Spagna.

Secondo quanto riferisce l’agenzia Agi, i tedeschi sono pronti a concedere tanto la massima flessibilità sulla condizionalità per accedere a una linea di credito del Fondo salva-Stati quanto un meccanismo leggero di verifica di come gli Stati membri spendono i soldi

Germania e Paesi del Nord Europa continuano insomma a ritenere follia pura adottare i coronabond. Ecco perché il citato Consiglio europeo si è concluso con il mandato all’Eurogruppo di presentare proposte nelle prossime due settimane per rispondere alla “sfida eccezionale rappresentata dal coronavirus”, ha affermato Merkel. Berlino ha preso tempo ma gli altri leader non intendono tergiversare. Nel frattempo il clima si è fatto sempre più teso ed emblematica, a questo proposito, è stata l’invettiva del premier portoghese, Antonio Costa, all’indirizzo di Wopke Hoekstra, ministro delle Finanze olandese.

Secondo il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier spagnolo Pedro Sanchez la Bei, adeguatamente ricapitalizzata, potrebbe essere un volano per un’energica emissione di titoli comunitari unificati per i Paesi membri. Un’altra chiave di lettura la vede in sinergia con altre due istituzioni operative, il Fei e il Feis, per coordinare una “troika buona” capace di favorire politiche per la crescita.

Curioso, in un certo senso, che l’istituzione basata in Lussemburgo e esistente dal 1958 venga ripescata solo ora nelle discussioni di dominio pubblico. Parliamo di un vero e proprio colosso con una capitalizzazione da oltre 240 miliardi di euro, 600 miliardi di euro di prestiti attivi e un giro d’affari che annualmente varia tra i 60 e i 70 miliardi di euro. Il motivo di questa scarsa popolarità della Bei nelle discussioni europee ad alti livelli e nell’informazione economica è forse legata alla sua natura profondamente pragmatica, operativa e in netta controtendenza con l’ideologia del rigore e dell’austeritàsu cui i Trattati europei hanno modellato l’Unione Europea dagli Anni Novanta ad oggi.

Alla competizione sfrenata sotto l’ombrello del mercato comune la Bei contrappone solidarietà e cooperazione negli investimenti; al mito del rigore il sostegno all’investimento produttivo in capitale fisso; all’architettura barocca delle istituzioni di Bruxelles un’organizzazione agile e flessibile. Forse, adeguatamente ricapitalizzata, la Bei potrebbe benissimo procedere a fare ciò che, da tempo, porta avanti: promuovere la crescita sfruttando una dimensione operativa dieci volte maggiore di quella della Banca Mondiale

A Pasqua l’Italia sarà stremata, con la piccola-media impresa e le partite Iva distrutte, e Conte sarà costretto (in realtà lo sa già) ad accettare il Mes. Chiederà piccole modifiche – non rilevanti – che gli verranno concesse, e farà passare la cosa come una grande vittoria. Ma in realtà le condizionalità più importanti resteranno, soprattutto quella della ristrutturazione del debito (alias consolidamento fiscale e tagli selvaggi alla spesa pubblica).

Pd e ItaliaViva sono già uscite allo scoperto:  Marattin ha detto esplicitamente che non vi sono alternative al Fondo Salva-Stati. Gentiloni idem.

A resistere è solo la “parte buona” del M5S, che capitolerà per non rendersi responsabile di far restare, tra 10-15 giorni, gli italiani senza soldi. In Parlamento, ma anche prima, il MoVimento darà il suo assenso al ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità per non lasciare il Paese senza soldi: i 15 giorni di vantaggio dati alla Germania sono stati un errore gravissimo, del Presidente del Consiglio. Gli sarà più facile farci accettare il Mes portando a casa piccole modifiche non rilevanti (un Mes mascherato), ma cantando vittoria nonostante le condizionalità più pesanti resteranno invariate! Il resto lo faranno i media, esattamente come fecero con Mario Monti nel 2012 quando sottoscrisse il Mes.

Intanto come riferisce il Giornale due avvocati denunciano Conte: "Migliaia di morti per le misure prese in ritardo" - "Stamattina ho depositato presso la Procura della Repubblica di Roma la denuncia contro Giuseppe Conte, Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, a firma mia e dell’avvocato Alfredo Lonoce", scrive sulla sua pagina Facebook Augusto Sinagra, magistrato e accademico, per oltre dieci anni ordinario di diritto dell’Unione europea nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma.

L’accusa a Conte è quella di aver sottovalutato l’emergenza e di non aver agito in modo tempestivo "omettendo nei tempi e nei modi necessari ogni misura di contenimento e di prevenzione" , consentendo, quindi, la "enorme diffusione" del virus "con l'impressionante numero avutosi di contagiati e di deceduti". La tesi sostenuta dai due avvocati nell’esposto è più o meno la stessa degli analisti americani: il governo avrebbe dovuto fare attenzione a quello che stava succedendo in Cina, dove per contenere il contagio era stato messo in campo, già nel mese di gennaio, un lock down totale.

Da noi però nessuno si è preoccupato, denunciano i legali e le prime misure sono arrivate a venti giorni di distanza dalla dichiarazione dello stato di emergenza. Sarebbe stata proprio questa "sottovalutazione del problema" a far adottare "in ritardo" provvedimenti cruciali come la chiusura delle province del Nord maggiormente colpite e l’estensione della zona rossa a tutto il territorio nazionale. Quando è stato pubblicato il decreto dell’8 marzo, accusano gli avvocati nell’esposto, il virus ormai stava viaggiando in tutta Italia, anche a bordo dei treni presi in tarda serata da decine di persone in fuga dalla Lombardia dopo la circolazione della bozza del decreto che avrebbe disposto l’isolamento della regione.

Insomma, come gli accademici statunitensi, anche i due legali accusano Conte di aver "inseguito il virus", più che prevenirne la diffusione. E poi l’esposto, visionato dal quotidiano La Verità che ne riporta alcuni stralci, continua con l’accusa al ministro dell’Interno, di aver continuato a tenere i porti aperti consentendo lo sbarco dei migranti. Persone, continua la denuncia "affette in molti casi da gravi patologie, come per esempio la Tbc", con "il rischio di nuovi e diversi focolai di infezione oltre a quelli del Covid-19".

In breve avrò il numero di registro generale e subito dopo pubblicherò il testo con le relative istruzioni per la presentazione da parte di chi voglia", scrive Sinagra su Facebook invitando i cittadini a seguirlo nell'iniziativa. "Matteo Salvini? È stato indagato per molto meno", incalza il collega Lonoce, intervistato da La Verità. Anche il direttore del quotidiano, Maurizio Belpietro, fa il paragone con il processo al leader della Lega.

"Per aver lasciato dei migranti qualche giorno in mezzo al mare, un ritardo allo sbarco a quanto pare ingiustificato, Matteo Salvini dovrà rispondere addirittura di sequestro di persona, dunque è possibile che per la stessa ragione, un ritardo dell'istituzione politica nella predisposizione delle misure contro l'emergenza, nell' acquisto dei dispositivi di protezione e nell'emanazione dei divieti di circolazione possa essere oggetto di un giudizio", scrive il giornalista in un editoriale pubblicato stamattina.

L'economia italiana è stata colpita al cuore dal Coronavirus. Uno shock che viene dall'esterno, come «un meteorite», e che rischia di provocare una «depressione prolungata» con un «aumento drammatico delle disoccupazione e un crollo del benessere sociale». Ecco perchè occorre tutelare il tessuto produttivo e «agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri Paesi si stanno già muovendo in questa direzione». E' questo l'appello rivolto al governo e al mondo politico dal Centro Studi di Confindustria.

«Mai nella storia della Repubblica - è la premessa del Csc - ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni». Questo, secondo gli economisti di Confindustria «è il momento di agire affinchè il nostro Paese possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l'emergenza sanitaria sarà mitigata».

Le istituzioni europee «sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza della situazione». Le prime azioni messe in campo vanno accompagnate da un «cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». In Europa, secondo il Csc, «dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della Bce, che hanno fermato per ora l'impennata dello spread sovrano per l'Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato». Queste azioni, però, «vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». L'Europa, insomma, è chiamata a compiere «azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale».  

Roberto Gualtieri è al bivio tra Roma e Bruxelles. Ovvero di fronte alla necessità di capire come districarsi in una fase in cui gli interessi dell’Italia, di cui è  ministro dell’Economia, cozzano con il “pilota automatico” dell’indecisione sulla risposta alla crisi dell’Europa dimostrata dalla Commissione europea di Ursula von der Leyen. Assieme a lui, il Partito democratico di cui fa parte si gioca una grossa fetta della sua credibilità politica, interna ed esterna al Paese, dalla gestione della crisi in coabitazione con il Movimento cinque stelle maggioritario nel governo Conte II.

Gualtieri è a un bivio perché per la prima volta emerge con cristallina nitidezza la completa divaricazione tra le prospettive che il Paese avrebbe seguendo il pilota automatico di Bruxelles o, peggio, i condizionamenti dei falchi del rigore del Nord e quelle che si aprirebbero portando avanti la campagna iniziata nella risposta alla crisi da coronavirus. Prospettiva scomoda per chi a settembre era stato chiamato dal ruolo di Europarlamentare a quello di ministro dell’Economia del neonato governo giallorosso proprio per consolidarne i legami con l’Unione

In questi tempi bui, con quel che sta avvenendo, assistiamo in maniera sempre più evidente, al fallimento di un modello, quello europeo, o meglio, di questa Europa, che ci avevano presentato come vincente, rassicurante, solidale, attento e vicino ai bisogni delle Nazioni, delle persone.

purtroppo le Imprese Italiane sono a rischio, Italia stessa a rischio. Per Confindustria oggi «è urgente evitare che il blocco dell'offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili, tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive». Bisogna evitare che «la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell'epidemia avevano bilanci e prospettive solide».  
 
Abbiamo parlato con Marcello Austini funzionario in aspettativa..mi ha spinto di fare questa intervista il suo ex lavoro a Bruxelles ma anche la nostra vecchia amicizia e cosi nasce questa chiacchierata di come Lui da Italiano che vive a Bruxelles vede questa UE, in questo momento particolare :

Come vedi l Italia in questa Europa in questo critico momento e particolare   ?

In questo momento di crisi e di emergenza, l’Italia è sola! Nessun aiuto europeo, alcun sostegno, nemmeno un po’ di solidarietà!
E’ questo il risultato del “castello di carta” a cui, da più di 60 anni dall’edificazione delle c.d. istituzioni europee, si è giunti.
Senza entrare in questa sede nella critica del diritto comunitario così denominato, non possiamo non constatare, oggi, che ha prevalso la costruzione dell’Europa del tecnicismo giuridico, del particolarismo, degli interessi privati e personali, dei burocrati, dei potentati economico-finanziari, delle lobbies, delle banche, del mercato.
Si, proprio del mercato, così come ce lo descrivono e ce lo magnificano, criticabile già di per sé, ma che in momenti come quelli attuali, mostra ancor più la sua essenza, il suo vero volto, il suo lato peggiore. Proprio come un mercato rionale, infatti, gli Stati membri forti, quell’asse portante franco-tedesco ma non solo, fanno la spesa.
Ognuno cerca di accaparrarsi tutto o quantomeno il meglio, in tutto gli ambiti, in tutti i settori.
Luoghi, quelli europei di Bruxelles e Strasburgo , dove prevalgono egoismi e individualismi. E tale predisposizione, tali atteggiamenti, si badi bene, non rappresentano l’eccezione, ma costiutiscono la regola.

pensi che questa UE e fuori da idea dei padri fondatori pensano solo il profito ?

Gli Stati membri, quasi da subito e sempre più, hanno compreso che quello che ancora in molti chiamano il “mercato comune europeo” , poteva essere un’occasione immensa di arricchimento, di sfruttamento, di approvvigionamento, un’opportunità di farsi gli “affari propri” (uso volutamente un eufemismo per non apparire volgare), e per di più a spese di altri Stati, quelli più deboli o più arretrati come dicono gli “opinionisti bravi”, quelli dell’area mediterranea, i “Paesi Pigs” , e aggiungerei quelli che hanno perso la guerra, come l’Italia, la cui immagine è risultata svilita, sminuita, se non addirittura derisa.
D’altronde i comportamenti cialtroneschi, gli atteggiamenti voltagabbana, le frenetiche fughe da Brindisi, pesano e si sedimentano nelle coscienze dei Popoli e delle Nazioni.
Ma tornando a questa immensa opportunità di guadagno e di profitto  in tutti i sensi, al di là e al di sopra degli Stati, lo hanno compreso (e forse propugnato) soprattutto, come già espresso, le lobbies, i potentati economico-finanziari, gli speculatori senza scrupoli.
E allora, eccoci qui, al punto da cui siamo partiti, soli, abbandonati in un simile drammatico frangente, addirittura additati come “untori internazionali” e si chiede e ci si domanda: serve davvero ancora questa Europa?

Serve ancora questa Europa?

Mi si conceda ora, un po’ di sano qualunquismo politico che non è lontano, tuttavia, dalla realtà e, soprattutto,  da ciò che le persone comuni, i cittadini, avvertono.
Un’Istituzione, quella europea, che è assente nel fronteggiare la situazione di pandemia attuale e che anzi si mostra divisa e per certi versi cinica; che non è servita nella lotta al terrorismo islamista (dove ogni Stato prendeva le proprie misure interne e qualcuno, forse, ha da farsi perdonare qualcosa); che è parsa tiepida, se non addirittura insensibile, nel caso di gravi fenomeni naturali (mi riferisco agli eventi sismici che hanno colpito il centro Italia nell’estate del 2016); che non interviene, specula e al più “gioca allo scaricabarile”sul fenomeno immigratorio di massa, lasciando sole Nazioni come l’Italia e la Grecia.
Senza poi minimamente contare il disinteresse delle Istituzioni europee e dei burocrati di Bruxelles, per chi, causa la crisi economica che ci attanaglia da quasi un decennio, abbia perso tutto o quasi: risparmi, lavoro, casa, dignità!

Il Coronavirus come “un’assurda opportunità” ?

Fatte queste debite premesse, serve ancora questa Europa? E’ vero e mi rendo conto che la domanda presta il fianco ai fautori del globalismo, ai no borders, a chi vorrebbe, al contrario, più Europa, proprio per intervenire e provvedere (sic), a detta loro, per simili evenienze, per simili sciagure.
A tali tipi di obiezioni e ad essi risponderò solamente in un modo: Pietà!
invece, che sia giunto il momento di rivedere la partecipazione italiana in seno all’Unione Europa, propendendo decisamente per una sua uscita (Italia-exit) e di considerare, pertanto, la riappropriazione della nostra piena sovranità: da quella politica a quella monetaria.

Rimodulare il nostro assetto nel quadro delle attuali alleanze atteso che le nostre tradizionali alleanze rappresentano un fardello che ci portiamo addosso dal dopoguerra, dalla c.d. “guerra fredda”.
Nella situazione di attuale emergenza, peraltro, gli aiuti ci sono giunti proprio da chi meno te l’aspetti (la Cina, la Federazione russa, Cuba e non da quegli “alleati classici”,che si dichiarano, a parole, sempre amici dell’Italia, salvo poi riempirla di soldati, di basi militari, oltre ad averla abbondantemente bombardata, giovi qui ricordarlo.
Avere, cioé, mano libera nello stringere alleanze con altre potenze a livello mondiale, e rafforzare contatti di tutti i tipi, con Stati terzi e indipendenti.
Tutto ciò, permetterebbe di uscire, una volta per tutte, da quell’amministrazione controllata su base americanocentrica, rappresenterebbe un’immensa opportunità per l’Italia, con l’apertura di nuovi e impensabili scenari internazionali dai quali trarre reciproco vantaggio.
Un’ulteriore opportunità è rappresentata dal fatto di riconsiderare i nostri stili di vita, i nostri comportamenti sia pubblici che privati.  A cominciare dal rispetto delle regole – specie in situazioni emergenziali come quelle attuali - e quindi disciplina, abnegazione, spirito di sacrificio, prevalenza dell’interesse nazionale rispetto a quello individuale, preminenza del bene comune e dei bisogni collettivi su quelli personali, di categoria, di ceto sociale.
In tempi di quarantena e di “domicilio forzato”, accanto ai valori appena citati, occorre ricostituire/ricostruire quelli legati alla riscoperta e al rinsaldamento dei vincoli familiari, ripensare ad un “sano egoismo” nazionale (specie in campo economico), una “sana” autarchia, alla preferenza e alla valorizzazione di prodotti italiani, in tutti gli ambiti e settori commerciali. Anche più banalmente, facendo un esempio, devono sparire dal nostro lessico quotidiano frasi del tipo: “andiamo dal cinese” (piuttosto che “dall’indiano”),  che pronunciamo per la scelta di un ristorante o di un negozio. Anche così, si accetta un modello ed uno stile di vita globalisti, si determina l’espandersi di un’economia straniera in Italia, si incide sull’affossamento delle aziende nazionali.
Eppoi la riscoperta di fondamentali valori quali quello dell’amore per la propria Patria, la difesa dei confini e del Sacro Suolo nazionale, l’orgoglio e la fierezza di essere italiani.

Una volta il refrain era quello del “ ce lo chiede l’Europa”, oggi a maggior ragione per quello che ci siamo appena detti, il motivo deve essere quello del “ce lo chiede l’Italia”, “ce lo chiede la nostra Storia, la nostra Tradizione”, “ce lo chiede chi ci ha preceduto e chi ci seguirà”!
Ringrazio Marcello Austini per la sua intervista fatta telefonicamente da Bruxelles

Vale la penna ricordare che nei tre decenni seguiti alla riunificazione tedesca più volte Berlino ha visto nell’Italia un Paese instabile e problematico su cui “scaricare” i costi delle sue politiche interne, della centralizzazione del suo potere in Europa e delle riforme agognate per il suo sviluppo.

Lo stiamo vedendo in queste settimane con il duello tra rigoristi del Nord e Paesi mediterranei sugli Eurobond di cui tanto si discute come risposta alla crisi del coronavirus; lo abbiamo visto negli anni scorsi con il bagno di sangue dell’austerità, delle riforme sistemiche e dei tagli alla spesa pubblica imposti ai Paesi del Sud Europa dall’impennata degli spread su cui aleggia il sospetto di una spinta finanziaria tedesca; ma il caso maggiormente emblematico di questo atteggiamento risale agli albori della Germania riunificata, a quel drammatico 1992 che fu anno di svolta per il nostro Paese.

In molti ricordano l’assalto speculativo di George Soros alla lira nel “mercoledì nero” del 1992: il magnate ungaro-americano attaccò la moneta italiana vendendo lire allo scoperto sui mercati finanziari, realizzando un forte profitto, ma nessun finanziere d’assalto avrebbe il potere di mettere in ginocchio un grande Paese come l’Italia senza una sponda politica esterna

A raccontarlo è stato lo stesso Soros in un intervento pubblico a Udine del 2013: “L’attacco speculativo contro la lira fu una legittima operazione finanziaria. Mi ero basato sulle dichiarazioni della Bundesbank, che dicevano che la banca tedesca non avrebbe sostenuto la valuta italiana. Bastava saperle leggere”. Soros non mente: la banca centrale tedesca, infatti, si era disimpegnata dalla scelta di difendere il regime di cambi fissi del Sistema monetario europeo quando il suo presidente Helmut Schlesinger aveva dichiarato che l’unione monetaria europea basata sull’European currency unit non era “un’unità monetaria omogenea”, facendo riferimento in particolar modo alla debolezza della lira.
 
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