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La vita del Beato Cardinale Ildefonso Schuster (1880-1954)

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Parlare del Beato card. Alfredo Ildefonso Schuster per me è un onore e un dovere per due fatti personali. Il primo raccontatomi più volte da mia madre e dal mio parroco don Ernesto Essi è legato ad una mia situazione di salute: a pochi mesi di vita mi diagnosticano una mastoidite con gravi rischi per l’intervento. Il Cardinale si trovava in visita pastorale nella mia parrocchia di S. Sebastiano a Bregazzana e il parroco presenta al Cardinale mia madre che è preoccupatissima per quanto diagnosticato. Il card. Schuster dice che le farà avere l’olio del Bambino di Praga e che faccia per tre giorni un segno di croce sulla parte malata e reciti la preghiera che lui le farà recapitare. Così fece. Con grande meraviglia poi dei medici non si riscontrò più alcun sintomo di quanto diagnosticato. Il secondo è che ebbi il grande dono nel 1953 di ricevere la prima Comunione e la Cresima dalle mani del santo Arcivescovo con la “profezia” che certamente – disse al parroco e a me – il Signore ti vuole suo ministro. Tutto pensava il parroco per me, meno che a questo.

“Mementote prepositorum vestrorum” (Ebr 13,7)

Nella mia vita ho sempre tenuto sul mio scrittoio l’immagine del Cardinale e del S. Curato d’Ars. Alla sua morte il 30 agosto 1954 mi recai con mia mamma ad onorare le spoglie dell’ Arcivescovo sulla strada, in mezzo a tanta gente, tra Venegono e Saronno verso Milano, dove passava il carro funebre del grande Monaco-Vescovo che si spense consumato letteralmente dalla fatica pastorale alla vigilia del suo venticinquesimo di episcopato nella terra dei Santi Ambrogio e Carlo.

 

La famiglia e i primi anni di Alfredo

Schuster nasce a Roma il 18 gennaio 1880 da una modesta famiglia il cui padre Giovanni, originario della Baviera, era capo sarto degli Zuavi pontifici, e la madre Maria Anna Tutzer originaria di Bolzano ma da più di dieci anni residente a Roma, profondamente religiosa e laboriosa secondo la tradizione tirolese.

Egli nasce settimino all’ombra della Basilica di S. Giovanni in Laterano e il 20 gennaio riceverà il Battesimo nel Battistero costantiniano con i nomi Ludovico, Alfredo, Luigi. Verrà da tutti chiamato Alfredo sino alla professione monastica.

Fu sempre di salute gracile e, come racconta lui stesso, vi fu una circostanza, quando era ancora bambino, che i medici disperarono della sua salute e la mamma allora corse alla chiesa di S. Agostino a Roma affidando il suo bimbo alla Vergine Maria che la esaudì. E da allora – disse spesso il Cardinale – sino alla sua morte non conobbe più malattia seria.

Nella sua infanzia romana volentieri seguiva la mamma alle funzioni religiose, particolarmente nella chiesa dei Carmelitani alla Traspontina e già verso i quattro/cinque anni fece servizio all’altare con tanta devozione. A sette anni, il 2 aprile 1887, ricevette il sacramento della Cresima dalle mani di mons. Giulio Lenti, Vicegerente per la Diocesi di Roma e gli fece da padrino il marchese Clemente Sacchetti.

Dopo una lunga malattia che costrinse a letto il padre Giovanni, il 18 settembre 1889 sopraggiunse la morte lasciando la famigliola, composta dalla moglie Maria Anna, da Alfredo e dalla piccola Giulia, in non poche difficoltà.

Fece la prima Comunione, dopo coscienziosa preparazione, presso la chiesa di S. Rocco a Ripetta, il giorno di Pentecoste del 1890 nella chiesa di S. Anna a Porta Angelica.

Frequentò le scuole elementari all’Istituto Domenico Sacchi, scuola privata e parificata ubicata in via Giulia a Roma. Dopo la quinta elementare entrò nella scuola monastica formata da 10 alunni dell’abbazia di S. Paolo fuori le Mura all’età di undici anni, era il novembre 1891. Di quei primi anni il card. Schuster serbò sempre un ricordo riconoscente. Egli fu studente desideroso di sapere e incline alla vita di preghiera. I suoi divertimenti erano lo studio e la preghiera. Durante l’estate era consuetudine del monastero di S. Paolo dare l’opportunità, per sfuggire alla calura romana, ai ragazzi della scuola e a qualche monaco di trasferirsi in Sabina presso l’abbazia di Farfa la cui fondazione risale al V secolo. Qui Alfredo conobbe, e ne portò sempre un grato e devoto ricordo, il Beato don Placido Riccardi.

 

Preparazione alla vita monastica

Conclusi gli studi umanistici chiede di poter iniziare l’anno di noviziato: è accolto e prende il nome di Ildefonso. Il 1° novembre 1899 la Comunità monastica darà il placet per la professione semplice del novizio don Ildefonso Schuster che sarà emessa il 13 novembre di quell’anno.

Frequentò gli studi teologici presso il collegio di S. Anselmo sull’Aventino voluto da Papa Leone XIII per la formazione specialistica dei giovani benedettini di tutte le nazioni. Schuster il 18 aprile 1893 aveva assistito alla posa della prima pietra di quell’opera tanto preziosa anche oggi. In quegli anni di teologia egli continuò ad interessarsi agli studi archeologici ai quali sarà legato culturalmente per tutta la sua vita anche da Arcivescovo di Milano, recuperando antichi reperti e preziose reliquie di santi. L’abbazia di Farfa lo ebbe come prezioso ricercatore. Il 13 novembre 1902 don Ildefonso Schuster emise la professione solenne da Monaco benedettino. Ricevette il suddiaconato il 7 marzo 1903 e il 6 giugno 1903 il diaconato in S. Giovanni in Laterano. Il 28 maggio dello stesso anno aveva conseguito la laurea in filosofia. Il 19 marzo 1904 fu ordinato sacerdote e il 20 marzo, domenica di Passione, celebrò la prima messa alla quale parteciparono la madre e la sorella Giulia che poi entrerà nella Congregazione di S. Vincenzo de’ Paoli. In quella circostanza ricevette dei doni, tra i quali un bel crocifisso di madreperla, ma per spirito di distacco si privò di quel prezioso dono consegnandolo all’Abate don Bonifacio Osländer affinché ne disponesse secondo il suo criterio. Dalle cronache del monastero di S. Paolo fuori le Mura si riscontra che don Ildefonso fu, per i giovani aspiranti, apprezzato insegnante in esegesi, ebraico e patrologia. Inoltre gli fu spesso assegnata la predicazione nella Basilica. Fu degna di elogio da parte di molti l’omelia che tenne per il centenario della morte di S. Gregorio Magno, il 10 aprile 1904, neppure un mese dopo la sua ordinazione presbiterale. A lui era affidata la direzione delle cerimonie liturgiche nella Basilica di S. Paolo. Era inoltre richiesta la sua presenza nelle visite dell’Abate Osländer ai vari monasteri.

Nel maggio del 1908 si recò con il nuovo Abate don Giovanni Del Papa, su mandato di S. Pio X, a Trieste per la visita canonica al monastero di S. Cipriano e vi rimase sino al 6 giugno, vigilia di Pentecoste. In quei giorni venne invitato al Collegio di N. D. de Sion a tenere un ritiro alle religiose e vi celebrò la S. Messa il 3 giugno nella bella chiesa di Notre Dame de Sion, di cui il sottoscritto oggi è parroco, con edificazione della Comunità delle Religiose per la pietà nel celebrare e la dottrina espresse nella sua riflessione.

Viene designato maestro dei novizi e iniziò il suo ministero il 9 di giugno 1908 di ritorno dalla visita canonica al Monastero di S. Cipriano a Trieste. Il suo grande rammarico per questo incarico gli venne dal distacco della sua presenza nell’Abbazia di Farfa e dalla spirituale fraternità monastica con il Beato Placido Riccardi. Comunque continuerà a frequentare con i novizi Farfa e non trascurerà i suoi studi archeologici e storici di quella antica Badia. Viene richiesto in altri monasteri per la predicazione. Nel settembre del 1910 si reca all’Abbazia di Pontida (Bergamo) per predicare la novena di S. Alberto. Vi è notizia delle sue predicazioni presso la monache Benedettine di S. Grata in Bergamo. In quegli anni il P. Abate gli dà l’obbedienza di insegnare canto gregoriano presso l’istituto superiore di musica sacra in via del Mascherone a Roma. Arricchisce il monastero di S. Paolo di reliquie autentiche di santi come: Ambrogio, Agostino, Anselmo d’Aosta, Pier Damiani, Martino di Tours, richieste da lui ai vari Vescovi. Questo “santo desiderio” lo accompagnerà anche da Arcivescovo di Milano. Già nel 1913 don Ildefonso iniziò quel prezioso lavoro storico-liturgico e teologico che formerà la preziosa opera da lui titolata “Liber Sacramentorum”. Nel 1914 trascorrerà un periodo a Montecassino per la redazione delle nuove Costituzioni della Congregazione Benedettina Cassinese.

 

Abate di S. Paolo

Il 25 marzo 1918, dopo la morte dell’Abate don Giovanni Del Papa, il capitolo dei monaci di S. Paolo elegge come Abate don Ildefonso Schuster a maggioranza assoluta con due voti contrari.           L’elezione fu confermata dalla Sacra Congregazione Concistoriale l’8 aprile e la solenne benedizione abbaziale si celebrò la domenica 14 all’abside della Basilica Ostiense presieduta dal card. Basilio Pompili. Nel pomeriggio dello stesso giorno quale Abate ordinario della Abbazia Nullius di S. Paolo prende possesso della diocesi.

Alla comunità monastica chiese l’esemplare osservazione della Regola. Raccomandava ai monaci lo spirito di sacrificio, dandone lui l’esempio e chiese la maggior osservanza in monastero del silenzio per un autentico clima di raccoglimento. La sua attenzione precipua fu quella che la liturgia fosse preparata e curata affinché le celebrazioni parlassero al cuore. Ci teneva molto ad essere presente agli atti conventuali che riteneva di grande importanza per lo spirito monastico.       Faceva di tutto per non mancare. Esigeva che i monaci custodissero il raccoglimento in ogni luogo. Due volte la settimana teneva il “Capitolo delle colpe” facendo delle profonde riflessioni sulla Regola e sulla professione religiosa. Voleva e vigilava che si facesse l’elemosina ai poveri che “bussavano” al monastero e all’economo chiedeva per i poveri gesti di generosità. L’Abate Schuster fece del monastero di S. Paolo una “casa accogliente” anche per i monaci mechitaristi armeni che, a causa della guerra, si rifugiarono a Roma. I novizi furono accolti da Schuster a S. Paolo dove poterono celebrare la liturgia nel loro rito. Tutti furono colpiti dalla pietà dell’Abate e dalla sua perfetta osservanza dello spirito benedettino, della povertà, laboriosità, studio e dignità liturgica.

L’abbazia di S. Paolo aveva anche la cura di un piccolo territorio che comprendeva le parrocchie di Nazzano, Capena e Civitella S. Paolo, in tutto circa quattromila persone. Schuster fu presente tra la sua gente nei momenti belli come in quelli tristi con il suo zelo pastorale, la sua competenza teologica, la sua carità sempre attenta e discreta. Fu solerte anche ad appoggiare opere sociali e culturali-religiose, soprattutto per far conoscere la vita dei cristiani all’epoca delle catacombe e dell’Editto di Costantino.

Costituito da Benedetto XV l’Istituto Pontificio Orientale, tra i primi docenti nel 1918 fu chiamato anche l’Abate Schuster. Fu convocato a dare il suo apporto anche presso la Sacra Congregazione dei Riti nella sezione liturgica quale consultore per la sezione della Causa di beatificazione e canonizzazione.

Pio XI lo nominerà visitatore apostolico per i seminari della provincia ecclesiastica milanese. Compito che svolse con scrupolosa attenzione. Si recò di frequente a Milano anche perché gli era affidata la cura dell’opera Cardinal Ferrari che muoveva i suoi primi passi e che stava molto a cuore a Pio XI. Nel 1923 venne nominato presidente della pontificia commissione di arte sacra per l’Italia.

 

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