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Piu la gente Europea esprime con il suo voto una UE, diversa, una Unione umana,un cambiamento dei trattati, e meno austerita,  piu la Unione fa tutto l opposto..infatti

Il braccio di ferro con l'Ue è appena iniziato. Una via d'uscita per evitare la procedura sarebbe quella della manovra bis. Una manovra aggiuntiva da 3,6 miliardi. Il governo avrà tempo fino all'Ecofin del 9 luglio per decidere in che modo agire per evitare la stangata di Bruxelles. Ma a quanto pare in Europa una decisione è già stata presa. Le parole del Commissario europeo al Bilancio Guenther Oettinger non lasciano spazio a dubbi: "Se i numeri verranno confermati, non potremo sottrarci alla procedura di infrazione. L'Italia non dovrebbe essere un rischio per l'Eurozona". Infine anche dall'Fmi arriva una sonora bocciatura. Secondo quanto anticipato alla Reuters da una fonte europea il Fondo ritiene il debito italiano uno dei maggiori rischio per l'area euro insieme alla Brexit e alle tensioni commerciali in corso tra Stati Unit e Cina.

Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis è stato chiaro: “L'Italia deve riconsiderare la sua traiettoria di bilancio, in modo che debito e deficit tornino a scendere”. “Quello che succede in un Paese” della zona euro, ha detto in conferenza stampa, colpisce anche gli altri: e questo vale anche per l'Italia”, dove “il debito non sta scendendo, ma sta salendo”. Il nostro Paese, ha ricordato Dombrovskis ha “l'economia che cresce più lentamente di tutta l'area euro”. Nel mirino quindi c’è sempre il debito italiano che assieme all’aumento dei tassi d’interesse sui titoli di Stato nel 2018 e nei primi mesi del 2019, e alle misure come Quota 100 rappresentano una “grande fonte di vulnerabilità per l’economia del nostro Paese”.  

Le raccomandazioni di Bruxelles di fatto mettono nel mirino uno dei pilastri della manovra varata dal governo gialloverde: quota 100. Bruxelles ci chiede di fatto di annullare la riforma pensionistica e di aumentare ancora una volta l'età pensionabile che non goderebbe più dello scivolo previsto dalla riforma di Salvini  

Ed è proprio il vicepremier nel corso di un comizio a rispondere per le rime alla Commissione Ue: "Il dibattito sui giornali in questi giorni è incredibile: ’Ma l’Europa vi manda la lettera, l’Europa richiama, l’Europa vigila...’. Noi non vogliamo andare in Europa a chiedere i soldi degli altri. Non abbiamo bisogno dei soldi degli spagnoli, dei tedeschi e dei francesi. Noi vogliamo andare in Europa a chiedere la dignità e il diritto al lavoro per gli italiani, usare per gli italiani i soldi degli italiani. Non abbiamo bisogno di altri che ci paghino il debito. Ma se gli italiani non lavorano il debito cresce".  

Lo scenario peggiore dunque potrebbe realizzarsi e il Mef dovrà fare i conti con le richieste e le sanzioni che arrivano dalla Commissione Ue. Il debito è in salita: a quota 132,2% del Pil nel 2018, 133,7% nel 2019 e 135,2% nel 2020. Ed è su questo piano che di fatto Bruxelles prepara il colpo su Roma. La lettera di risposta inviata da Tria non ha convinto la Commissione che punta ancora il dito contro il governo per il deficit alto: "È una spiegazione che mitiga solo in piccola parte la mancata riduzione del debito. Inoltre sono le scelte politiche del governo ad aver contribuito a questo rallentamento del Pil con un effetto negativo su fiducia e accesso al credito". Una bocciatura tra le righe che espone il Paese alle sanzioni di Bruxelles.

E la Commissione individua in Quota 100 l'anello debole dei conti: "Cancella in parte gli effetti positivi delle riforme delle pensioni e indebolisce la sostenibilità del bilancio italiano nel lungo termine. Fa salire la spesa pensionistica, togliendo risorse a investimenti e istruzione, danneggia la forza lavoro e la crescita potenziale". Insomma Bruxelles lancia l'assalto alle riforme principali varati dai gialloverdi.

Salvini e Di Maio hanno già fatto sapere che non ci saranno passi indietro sulla riforma pensionistica e sul reddito di cittadinanza. Il debito è poi l'altro punto dolente: "Per l'Italia è giustificata la procedura per disavanzi eccessivi per il debito". E ancora: "In Italia le prospettive di crescita e delle finanze pubbliche sono peggiorate, e le recenti misure politiche messe in atto costituiscono una marcia indietro su alcuni elementi di precedenti riforme, incluse quelle legate al sistema pensionistico".

Poi dal palco di Ascoli Piceno, Salvini rincara la dose: "Non ci vuole uno scienziato per capirlo basta guardare quello che si è fatto negli ultimi dieci anni: taglia, taglia, taglia; e il debito cresce. Dobbiamo fare il contrario altrimenti non puoi assumere poliziotti, medici e giudici. È il momento di riaprire, ricostruire". Poi rilancia la riforma fiscale: "L’unico modo per ridurre il debito creato in passato è tagliare le tasse Flat tax e permettere agli italiani di lavorare di più e meglio. Con i tagli, le sanzioni e l’austerità sono cresciuti debito, povertà, precarietà e disoccupazione, dobbiamo fare il contrario. Non chiediamo i soldi degli altri, vogliamo solo investire in lavoro, crescita, ricerca e infrastrutture". Insomma a quanto pare all'orizzonte c'è un braccio di ferro durissimo tra il governo e la Comissione. La data chiave è quella del prossimo 9 luglio. All'Ecofin potrebbe essere ufficializzata la procedura di infrazione. Intanto il governo dovrà trovare le contromisure per evitare il peggio...

Ora sta al Mef trovare la quadra per evitare le sanzioni da parte dell’Ue per la violazione delle regole comunitarie di bilancio.

“La mia porta resta aperta all'Italia”, ha detto il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, visto che per ora quello dell’apertura della procedura di infrazione è solo uno spettro che incombe sui conti pubblici del nostro Paese. L’avvertimento di Bruxelles pesa però sulle decisioni che verranno prese nelle prossime settimane dall’esecutivo gialloverde.

Il debito continua a salire e i numeri parlano chiaro: 132 per cento del Pil nel 2018, 133,7% nel 2019 e 135,2% nel 2020. Ed è proprio la violazione dei parametri comunitari per il 2019 e il 2020 che potrà essere alla base dell’apertura di una procedura di infrazione contro il governo da parte dell’Ue. “L'Italia ha preso scelte politiche dannose, la spesa per interessi è stata più alta delle nostre previsioni di primavera del 2018, il Paese paga di più per gli interessi del debito che per l'istruzione”, ha detto Dombrovskis. “Andiamo ben oltre le piccole inezie su output gap e crescita potenziale”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione Ue, "abbiamo un vero problema macroeconomico”.

Cosa ci chiede quindi l’Europa per aggiustare il tiro? Lo spiega il Corriere della Sera sintetizzando le raccomandazioni arrivate da Bruxelles. Per abbassare il debito bisogna rivedere lo smantellamento della legge Fornero. Le riforme come Quota 100, secondo l’Ue, non sono sostenibili nel lungo termine, complice “il trend demografico avverso”. Roma dovrà poi combattere l’evasione “rafforzando l'uso obbligatorio di pagamenti elettronici” e introducendo “un tetto legale più basso per i pagamenti in contanti”.

Per la Commissione bisognerà abbassare anche la tassazione sul lavoro in un Paese in cui, secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse sul cuneo fiscale, c'è una delle più alte percentuali in termini di differenza tra il costo del lavoro e retribuzione. L’ultimo, ma non meno importante step, è quello di attuare le riforme del passato, come quella delle pensioni varata dal governo Monti. Uscire dai binari della legge Fornero, è l’avvertimento di Bruxelles, potrebbe costare a Roma le sanzioni da parte dell’Ue.

 

 

 

Io dedico la Festa della Repubblica - replica il ministro leghista - all'Italia e agli italiani, alle nostre donne e uomini in divisa che, con coraggio e passione difendono la sicurezza, l'onore e il futuro del nostro Paese e dei nostri figli».

« Più tardi Salvini rincara la dose e dice chiaramente che le parole di Fico «sono state un torto alle migliaia di ragazze e di ragazzi che hanno sfilato». «Qui - attacca - c'è gente che rischia la vita per difendere l'Italia, in Italia e nel mondo.

Sentire un presidente della Camera dire che oggi è la festa dei migranti e dei rom, a me fa girare le scatole. Ma credo che abbia fatto girare le scatole anche a chi ha sfilato. Il 2 giugno è la festa degli italiani non dei migranti, nei campi rom di legalità ce n'è poca».

Ma non sono soltanto le parole del presidente della Camera a riaccendere lo scontro nel governo. Anche l'incidente a Venezia, dove una nave da crociera ha urtato un'imbarcazione turistica, è motivo di attrito tra i due alleati. Per Salvini ogni occasione è buona, e i grillini non si tirano indietro: «Mi risulta che una soluzione fosse stata trovata e condivisa - attacca il leghista - mi risulta che qualcuno aveva messo intorno a un tavolo tutti, predisponendo una soluzione che prevedeva alcuni navi a Porto Marghera e un allargamento del canale, ma che tutto sia stato bloccato perché è arrivato un no da un ministero romano. 

Sono stufo dei no, l'Italia va a fondo, abbiamo bisogno dei sì e non è un ministero della Lega quello che ha detto no». A stretto giro via Facebook la replica del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli: «Siamo già vicini a una soluzione che finalmente tiene davvero assieme le esigenze del turismo, dell'ambiente e del paesaggio. Le chiacchiere le lasciamo agli altri».altro che Festa della Repubblica: il clima di guerra intestina nel governo giallo-verde da quando l'esito delle elezioni europee ha alterato gli equilibri interni all'esecutivo, agita pure la festa nazionale per eccellenza. Il putiferio scoppia mentre la parata militare ai Fori Imperiali è in pieno svolgimento. La miccia accesa dal presidente della Camera Roberto Fico con la dedica a migranti e rom, scatena l'ira del vicepremier Matteo Salvini. Sono temi sensibili per il Carroccio, tanto da suonare come una fin troppo evidente uscita anti-Lega. Proprio ora che i due alleati stavano provando a ricompattare la squadra.

Oggi alle 18.15 terrò una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ho alcune cose importanti da dire a tutti voi".Nel discorso Conte ricorderà le cose fatte in quest'anno dal governo. Responsabilità e dignità saranno due parole chiave. Dove per responsabilità si intende, soprattutto, attenzione ai dossier, alle cose da fare piuttosto che ad una campagna elettorale permanente. Nella dignità, invece, il premier potrebbe individuare la conditio sine qua non per la prosecuzione dell'era giallo-verde. Il quadro, invero, è fosco. Un vertice a tre - con conseguente Cdm - non si dovrebbe avere prima di venerdì, anche perché fino a giovedì Salvini sarà impegnato nella campagna per i ballottaggi, possibile spartiacque, nella strategia leghista, per capire anche cosa fare del governo. E conte in una missione di sistema in Vietnam. Nel frattempo il ministro dell'Interno anche in queste ore non perde occasione per porre condizioni al M5S mettendo in campo quel gioco del cerino ormai emerso da giorni. E, parallelamente, sembrano farsi più stretti i rapporti tra Salvini e i due ministri tecnici, Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi, come dimostra il lungo colloquio registrato, sotto gli occhi delle telecamere, alla parata dei Fori Imperiali.

il premier Giuseppe Conte annuncia l'orario della conferenza stampa invitando, su twitter, a seguirlo "in diretta streaming" sulla sua pagina Facebook. "Auspico che il presidente Conte faccia un miracolo. Continuo a essere dell'idea che la campagna elettorale è finita e i toni si devono abbassare. Il premier deve ricominciare a far parlare la politica, e soprattutto i due contraenti del contratto, di cose concrete". Così il ministro Gian Marco Centinaio, a Circo Massimo, aggiungendo che da parte della Lega "c'è la buona volontà, ma se non ci dovessero essere le condizioni, se non si riesce a mettersi d'accordo, non vedo alternativa a elezioni".

Non sarà un commiato e neanche un vero e proprio ultimatum. Sarà, però, un richiamo netto e anche duro, un ultimo tentativo per evitare il baratro della crisi. Il premier Giuseppe Conte punta molto sul discorso agli italiani che sta limando in queste ore e che oggi pomeriggio pronuncerà dopo ore di silenzio.

il vicepremier Luigi Di Maio prova a prendere le distanze dal collega di partito Fico, Salvini prosegue la giornata senza abbassare i toni. Tutt'altro. Se in mattinata, prima della sortita di Fico, aveva risposto ad una domanda sul futuro del governo che Lega e M5s avevano ancora tante cose fare insieme, nel pomeriggio, in un comizio a Nettuno, sembra aver cambiato idea arrivando a ventilare per la prima volta la possibilità di tornare alle urne:

«Non ho voglia di perdere tempo - dice - se mi lasciano fare le cose di cui questo Paese ha bisogno, avanti altri 4 anni, se mi accorgo che qualcuno ha voglia solo di litigare, torniamo da voi e vediamo cosa vogliono gli elettori. Perché non abbiamo tempo da perdere. Non si possono dire solo no». Qualche ora prima, durante la sfilata e dopo essersi brevemente intrattenuto a colloquio con il suo leader, anche il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti aveva espresso perplessità sulla tenuta dell'esecutivo: «Se sono scettico sul governo? Sono realista. Aspettiamo che Conte, Di Maio e Salvini si chiariscano e vediamo».

Il quadro attorno a lui, tuttavia, sembra un puzzle che va decomponendosi. Con Matteo Salvini deciso a usare la forza del suo 34% e Luigi Di Maio, ancora frenato dall'elaborazione della sconfitta. Insomma, una partita tutta sul filo della crisi. Anche per questo, l'impatto che il discorso avrà sui suoi vicepremier è tutto da vedere. Conte, tuttavia, si avvia a parlare agli italiani forte di un consenso registrato anche alla fine della parata del 2 giugno, quando si è intrattenuto a lungo con decine di persone che gli chiedevano un selfie invitandolo a non mollare. E il premier, da questa sera, potrà farsi forza anche con "l'endorsement" di Papa Francesco, che di ritorno dalla Romania lo definisce uomo "intelligente, che sa di cosa parla".

A questo "gioco del cerino" Di Maio potrebbe anche starci, deciso a fornire meno alibi possibili al suo alleato. Ma il suo Movimento freme. E, non a caso, l'affondo del presidente della Camera Roberto Fico sul 2 giugno "lo dedico a migranti e Rom" ha irritato non poco il leader del M5S, facendo riemergere la frattura tra governisti e ortodossi. Le forze centrifughe, sui provvedimenti innanzitutto, sono dietro l'angolo. A cominciare dallo sblocca-cantieri, che mercoledì approderà in Aula in un Senato dove la maggioranza M5S-Lega langue. E dove l'emendamento leghista sulla sospensione biennale del codice degli appalti porterà nuovo subbuglio nel Movimento.

Del resto, nei gruppi M5S la sensazione che ormai Salvini abbia deciso per il voto è palpabile. "Si vota il 29 settembre? No, prima", è la battuta che circola in queste ore. Al Quirinale, però, l'ipotesi è valutata con serietà. In caso di crisi il percorso sarà lineare, con consultazioni e, in caso di mancato accordo, indizione di nuove elezioni. Quando....A settembre, ovvero con ragionevole anticipo rispetto ad una manovra che si prospetta complicatissima.

Tira aria di crisi. Le Europee con il flop del Movimento 5 Stelle e con il boom della Lega di fatto hanno aperto un fronte di battaglia all'interno della maggioranza.C'è una cosa, una sola, su cui Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono d'accordo: con ogni probabilità il governo cadrà. Intesa anche sulla road map verso l'abisso giallo-verde: crisi tra fine giugno e inizio luglio, scioglimento del Parlamento dopo rapide consultazioni di Sergio Mattarella a metà luglio. Data presunta del voto: il 29 settembre o la domenica successiva, appena in tempo per permettere al governo che verrà di scrivere la legge di bilancio da inviare alla Commissione europea

Il Carroccio sa bene che capitalizzare il successo delle Europee in chiave nazionale potrebbe dare slancio alla stessa Lega e al tutto il centrodestra per tornare al governo senza la stampella grillina. Ma di certo gli scenari su un voto anticipato per il momento restano sotto traccia. Prima di aprire all'ipotesi di un ritorno alle urne bisogna capire quale possa essere il destino di Di Maio che oggi viene "processato" dagli iscritti grillini sulla piattaforma Rousseau. Come anticipato da ilGiornale, al Colle è già scattato l'allarme e Mattarella sembra abbastanza scettico sulla tenuta di questo esecutivo gialloverde. E lo scetticismo è ormai arrivato anche a palazzo Chigi. Conte non si sente più al sicuro. E così, come riporta la Stampa, in Parlamento e tra le mura del governo comincia già a circolare la data di un possibile ritorno al voto per il prossimo 29 settembre.

Il nodo, a questo punto, è chi spengerà la luce. Chi soffierà sul classico cerino. A palazzo Madama i leghisti sono convinti che saranno i dissidenti grillini a far cadere il governo su qualche votazione. Ad esempio sul decreto sblocca cantieri. Giorgia Meloni invece è pronta a scommettere che sarà Salvini: «I 5Stelle non hanno interesse a consegnarsi mani e piedi legati al programma della Lega e alla fine Matteo romperà».

Di sicuro c'è che Salvini, in caso di crisi, non intende dar vita a un altro governo: «Con quale maggioranza? Io maggioranze con gli Scilipoti e i cambia bandiera non ne faccio. Io mi rifiuto di raccattare tre senatori qui e dieci deputati là». L'obiettivo: arrivare al 40% da solo, semmai alleato con Fdi. E uno studio dell'istituto Cattaneo dice che è possibile.

Conclusione, visto che impensabile un'alleanza tra i 5Stelle e il Pd, dopo un rapido giro di consultazioni e constatato che in Parlamento non c'è una maggioranza in grado di sostenere un nuovo governo, Sergio Mattarella scioglierà il Parlamento. Tentativi per esecutivi tecnici il Presidente non ne farà. E manderà tutti a casa giusto in tempo per votare il 29 settembre. Dopo si aprirà il capitolo delicatissimo della legge di bilancio: un dossier sul quale il capo dello Stato non vorrà né pasticci, né azzardi. «I risparmi degli italiani vanno difesi», è il comandamento del Colle.

A quanto pare i Cinque Stelle sono convinti del fatto che Salvini possa andare alla rottura. Ma non sul caso Rixi. I pentastellati notano una certa prudenza nei toni sulla vicenda che riguarda il viceministro alle Infrastrutture. Per i pentastellati il casus belli potrebbe essere un altro. I grillini sussurrano che "Salvini fa cadere il governo solo se può addossare tutta la colpa ai pentastellati". Di fatto lo scenario più probabile pare quello di una rottura sulla manovra e soprattutto sul piano fiscale fortemente voluto dalla Lega. E qui entra in gioco la flat tax che per i 5 stelle è per il momento "irrealizzabile". Solo un "no" dei grillini ad una forte riduzione della tasse potrebbe portare ad una rottura dell'asse di governo con un Salvini che si presenterebbe alle urne con la promessa di uno choc fiscale. E tra le righe dei retroscena emerge anche l'ipotesi di un rimpasto di governo con un ministro dell'Economia leghista: "Così si prendono tutte le responsabilità economiche. Vediamo cosa sanno fare...", sussurrano i pentastellati a la Stampa. Insomma l'ora della resa dei conti è vicina. Salvini dovrà scegliere tra due strade: abbandonare i 5 Stelle e andare al voto oppure quella di un rimpasto con un esecutivo a trazione leghista che però avrebbe sempre il bastone grillino tra le ruote...

Ha messo agli atti un vero e proprio ribaltone elettorale. E ora, forte di questa legittimazione popolare, è intenzionato a dettare l'agenda. Perché ha il dente avvelenato con Di Maio, che l'ha attaccato «con ogni mezzo, anche con i più squallidi» in campagna elettorale. E perché, ora che è il più forte, anche con un filo di perfidia quasi si diverte a far ingoiare ai grillini tutto ciò che per loro è indigeribile e per la Lega è fonte di consenso: il sì alla Tav, all'autonomia differenziata, a una riforma penale «garantista e non manettara» che porti alla revisione del reato di abuso di ufficio e alla separazione delle carriere. E soprattutto il sì alla flat tax: il vero cavallo di battaglia (ora che il tema dei migranti è stato metabolizzato dall'opinione pubblica) del capo leghista. Non a caso, in risposta a Beppe Grillo che ieri l'ha definito «un personaggio unicamente virtuale», Salvini ha detto: «Non ho tempo per le polemiche, io lavoro per la rivoluzione fiscale e a far pagare meno tasse a famiglie e imprese».

Di Maio, fiutata l'aria, è convinto che Salvini mostri la faccia feroce e intenda buttarlo con le spalle al muro perché «vuole umiliarci, spingerci a rompere e andare a votare alla prima finestra utile: il 29 settembre».

Il quadro, insomma, è destinato a non reggere. E non solo perché, come ha confidato il capo grillino, «se dovessimo piegarci e ingoiare tutte le proposte leghiste, a fine anno saremmo sotto il 10%, se va bene...». Ma anche perché, così debole e azzoppato, Di Maio anche volendo - per evitare di tornarsene a casa e di disperdere il cospicuo patrimonio di seggi parlamentari incassato il 4 marzo 2018 - non potrebbe accogliere le richieste di Salvini: l'ala sinistra dei 5Stelle, quella incarnata da Di Battista e Fico, non glielo consentirebbe.
C'è poi, e soprattutto, il problema di Giuseppe Conte. Dopo il no alla Tav e il licenziamento del sottosegretario leghista Armando Siri, il premier riceve ormai legittimazione esclusivamente dalla parte uscita tramortita dalle elezioni. E si trova adesso, per ironia della sorte, a dover applicare il programma del leader leghista che alla vigila delle elezioni l'aveva sfiduciato, definendolo «non più super partes». Operazione molto complessa, quasi impossibile, come ha confidato Conte l'altra sera: «Non posso subire un diktat al giorno da Salvini, così non reggo e non regge il governo».

Conclusione: il programma giallo-verde è destinato a impantanarsi. Ma ora non si può più, come è avvenuto in campagna elettorale, rinviare il Consiglio dei ministri di settimana in settimana per evitare zuffe e bloccare i provvedimenti della Lega. Salvini, l'ha detto chiaro al premier, non lo consentirebbe.

Intanto Il destino del Paese, o piuttosto di chi ne regge le redini, è in questo girare inesorabile delle lancette. Come sottolinea il giornale Giuseppe Conte, il premier, la Commissione europea con le sue «lettere» minacciose, i dioscuri verde-gialli (visto giallo-verdi non lo sono più). Quarantotto ore in cui il popolo del web, quello che si considera civile soltanto a colpi di mouse sopra la «piattaforma Rousseau», dovrà mettere un pollice alto, un like, sulla permanenza (resistenza) di Di Maio alla guida di un Movimento che ha perso molte e sei milioni di voti nel giro di poco più di un anno. E i destini di Di Maio, dei conti pubblici italiani , e di Giuseppe Conte si intrecciano a quello di Edoardo Rixi, il sottosegretario leghista all'Economia del quale un tribunale oggi stabilirà l'innocenza o la colpevolezza (l'accusa parla di peculato). Se i giudici genovesi dovessero condannarlo il movimento grillino imporrà l'aut aut al sottosegretario. Gli diranno che dovrà dimettersi. Il leghista, però, non arretra di un passo.

Le sue 24 ore potrebbero durare anche di più. Potrebbero diventare 48 per lasciare al suo leader, alla sua guida, l'onere della decisione. Riassumendo il senso di un'intervista al Corriere, Rixi dice che il passo indietro lo farà solo se glielo chiede Matteo. E se glielo chiede Conte? No, non scherziamo, sembra dire Rixi. Due passi indietro sono troppi. Sulla sua innocenza scommette anche Armando Siri, uno che ha avuto bisogno di ben più di 48 ore per mollare la poltrona di sottosegretario alle Infrastrutture. 

La lettera di Bruxelles, scrive il quotidiano, spiegano gli addetti ai lavori, è un atto dovuto: niente per il quale mettersi le mani nei capelli. Eppure il diktat è di quelli drastici. Parla proprio di 48 ore per rispondere. La Commissione Europea giudica insufficienti le manovre  per tenere sotto controllo i conti pubblici e vuole sapere come faranno Conte e Tria a rispettare i paletti nonostante il reddito di cittadinanza e il blocco di Iva e della pressione fiscale (proprio ora che anche la Corte dei Conti storce il naso su sussidio e quota cento). A Di Maio serve soltanto la metà di quelle quarantotto ore per capire se sarà ancora il leader del Movimento oppure soltanto un ministro (peraltro dimezzato nel numero dei portafogli da tenere nel suo abito ministeriale). Lo stesso Di Maio, insieme con il suo collega/rivale Salvini ha ricevuto le 48 ore da Conte, l'arbitro e pacere che vuole smettere i panni del «prestanome» per assumere virilmente un ruolo di comando, almeno sulla tolda di Palazzo Chigi.

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