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In ricordo di padre Tatì

padre TATI'

 

Anche se in ritardo è mio dovere rendere omaggio a padre Giuseppe Tatì D'Urso, un caro amico scomparso improvvisamente il 1 gennaio di quest'anno, conosciuto semplicemente come “padreTatì”, sacerdote e parroco per oltre sessant'anni della parrocchia Maria SS delle Grazie di S. Alessio, paese balneare della Riviera Jonica messinese. Ho dovuto attendere il mio ritorno in Sicilia perché a Milano non avevo i suoi libri e i bollettini.

Da qualche anno padre Tatì viveva nell'ospizio per sacerdoti anziani di “Collereale” di Messina. Lo avevo sentito per telefono giusto il giorno di Natale e ho avuto la sensazione che aveva fatto fatica a riconoscermi. Il mio rammarico è per non aver potuto partecipare al suo “veloce” funerale.

Negli anni 80, nello stesso periodo che ho conosciuto mia moglie a Santa Teresa, io che provenivo dalla piana di Barcellona P.G, ho avuto modo di incontrare padre Tatì e di parlargli. Successivamente dopo il mio trasferimento in Sicilia, fin dal 1991 ho collaborato con lui e con la Parrocchia. In particolare sono stato per tanti anni collaboratore del Bollettino Parrocchiale “La Verità vi farà liberi” fino all'ultimo numero di pubblicazione, il n. 2 (luglio-ago-sett. 2006), quello dell'addio alla parrocchia.

Non credo di esagerare se dico che il bollettino parrocchiale è stato un fiore all'occhiello del suo apostolato, un segno di riconoscimento, anche se i parrocchiani e, purtroppo, anche certi confratelli, forse non ne furono completamente consapevoli: qualcuno, infatti, lo biasimava. Eppure avere un foglio parrocchiale o un sito internet, oggi, è straordinariamente importante come si legge, ad esempio, nell'Opera Omnia de ”l'Apostolato dell'Edizione” di Giacomo Alberione, al Capo XX viene indicato un posto eminente per il periodico della parrocchia o “bollettino parrocchiale”. A questo proposito scrive il fondatore delle Paoline: il bollettino “è l'altoparlante del Parroco e delle opere parrocchiali, la campana di carta che chiama silenziosamente i figli della parrocchia, la comune casa paterna nella quale si è nati alla vita spirituale, ove si vivono i momenti più solenni, ed ove si dovrà passare defunti per averne i primi suffragi. E' il veicolo della carità del pastore che vuol fissare sulla carta la sua parola rivolta ai figli, perché teme che la dimentichino. E' l'estensione dello zelo pastorale che oltrepassa le mura del tempio per giungere a tutte le anime, anche a quelle che non frequentano la chiesa, che sono lontane da Dio”. Peraltro, per don Alberione, tra i tanti scopi che dovrà avere il bollettino, è quello di portare la parola del Papa ai parrocchiani, inoltre “è desiderabile che in esso non manchi un'apologia popolare delle verità della fede, fatta però con coscienza e chiarezza”. E mi sembra che il giornale di padre Tatì non è mai venuto meno a questi scopi, come invece purtroppo capita in altri fogli parrocchiali o più in generale religiosi.

Il bollettino di padre Tatì è stato pubblicato per ben 36 anni e per molto tempo è stato punto di riferimento del territorio e forse l'unica pubblicazione religiosa. Mediamente venivano stampati 1500 copie per ogni numero, alcuni di questi sono arrivati ad avere ben 6 pagine, il giornale veniva spedito fino in Australia e in Sud Africa, era probabilmente un ottimo strumento di collegamento per i tanti emigrati sparsi nel mondo. Mi è capitato più volte avere contatti con persone che conoscevano “padre Tatì” proprio tramite il bollettino parrocchiale. Ricordo bene, infatti, la cura attenta che prestava alla preparazione del giornale e ogni volta che portavo il “pezzo” da pubblicare, lui mi raccomandava di accompagnarlo con qualche foto.“Il giornale mi dà molto lavoro ma vi attendo con cura e passione(...)è ricercato, voluto e conservato dai privati e nelle Biblioteche comunali(...)ma anche nella Biblioteca Painiana e nell'Archivio Storico di Messina, ma è criticato, contestato(...)” (Sac. Giuseppe Tatì D'Urso, I miei 50 anni di sacerdozio, stampato da Kopygrafica Service di S. Teresa di Riva in collaborazione con la Furcigrafica di Furci Siculo1996)

chiesa di s.alessio

 

Oltre alla collaborazione con il bollettino voglio ricordare i diversi “seminari” di studio organizzati da me e Alleanza Cattolica, nella sua Parrocchia; generalmente si svolgevano in estate, presso i locali del “Marianum”, nell'ampio auditorium, di fronte alla Grotta della Madonna di Lourdes; poi, nell'ultimo periodo, ci furono le brevi conferenze in Chiesa, prima delle S. Messe domenicali per rilanciare la Nuova Evangelizzazione.

Padre Tatì era un combattente, coraggioso e caparbio nella sua missione di sacerdote: io l'ho visto sempre in abito talare anche in estate perché, se l’abito non fa il monaco, serve però a renderlo “visibile” a tutti, e ciò è buona cosa. Per la verità in una fotografia in Piazza S. Pietro, a Roma, eccezionalmente indossava i pantaloni. La mia collaborazione con padre Tatì non si è mai interrotta, è durata fino alla sua cessazione forzata (ufficialmente per limiti d'età) del suo ministero presso la Parrocchia. Ricordo che non era per niente entusiasta di lasciare la “sua” chiesa di S. Alessio, me lo diceva sempre, anche se subito affermava:“fanno paura gli anni”. A volte, lo scrive esplicitamente in un suo testo, ha dovuto affrontare l'indifferenza e l'ostilità proprio di uomini e donne che magari si fregiavano di essere credenti. Non è nuovo criticare un parroco, capita spesso in certi ambienti, e a volte senza nessun motivo. Padre Tatì ha mantenuto quella fermezza che San Girolamo chiedeva a un sacerdote:“Rimani fermamente attaccato alla dottrina tradizionale che ti è stata insegnata, affinché tu possa esortare secondo la sana dottrina e confutare coloro che la contraddicono”. Ecco padre Tatì durante il suo esercizio sacerdotale ha mantenuto questa fermezza.

La mia collaborazione con padre Tatì non si è mai interrotta, è durata fino alla sua cessazione forzata (ufficialmente per limiti d'età) del suo ministero presso la parrocchia. Ricordo che non era per niente entusiasta di lasciare la “sua” chiesa di S. Alessio, me lo diceva sempre, anche se subito affermava:“fanno paura gli anni”.

Dopo, padre Tatì è vissuto in una sorta di “esilio”, nella sua casa in via Regina Margherita a S. Teresa di Riva, dove andavo spesso a trovarlo specialmente in estate quando ritornavo da Milano. Qui potevo continuare le lunghe chiacchierate che solitamente facevamo prima in sacrestia o nella canonica parrocchiale a S. Alessio. Padre Tatì era una mente fine, da buon prete e confessore, riusciva a dare giudizi precisi su fatti e personaggi pubblici locali e nazionali. Era un grande studioso di Storia, leggeva molto, ha scritto due testi di storia locale, possedeva un'ottima e vasta biblioteca personale. A proposito della conoscenza storica scriveva, parafrasando il grande Cicerone: “Sconoscere cosa sia accaduto prima della nostra nascita è lo stesso che rimanere sempre fanciulli”.

Nell'ultimo periodo della sua vita non avendo più l'impegno del bollettino, collaborava con il mensile locale Jonionotizie di Massimo Cicala. Interessanti le due opere storiche locali che ci ha lasciato:“Motta Camastra e la Vallata dell'Alcantara” e “Capo S. Alessio”, in pratica i suoi due paesi dove ha vissuto. Nella prefazione di quest'ultima opera, Angela Maria Vecchio scrive:“ Sant'Alessio non poteva trovare un ricercatore più paziente e più tenace, uno storico più meticoloso ed informato del reverendo Don Giuseppe Tatì, a cui va il mio apprezzamento e la mia profonda ammirazione per l'impegno e la saggezza da lui distribuiti nel saper puntualizzare, in maniera così coerente ed espressiva la vera e naturale essenza della nostra ferace e munifica Trinacria”. (In “Capo S. Alessio”, Progetto grafico e stampa “Graphic Point” Messina 2006).

E a proposito della meticolosità e puntualizzazione di padre Tatì, leggendo il testo su Motta Camastra, (forse quella più riuscito) oltre alle varie, interessanti e ricche digressioni, sul dialetto, sulla toponomastica dei luoghi, sui personaggi storici, un particolare mi ha colpito, il viaggio nel territorio alcantarino di Papa Urbano II, (quello della I Crociata). Il testo, (capitolo XVII, pag.159), del sacerdote mottese segue il viaggio del Papa fino a Randazzo con un pizzico di fantasia. Dopo aver descritto l'ipotetico attraversamento di Papa Urbano II dei territori intorno a S. Alessio e Taormina, cavalcando una mula, arriva ad ammirare il fiume Alcantara: (...)il corso dell'acqua limpida e cristallina e ne sentiva il dolce mormorio; ammirava i platani, celebrati già dal Bembo e soffermatosi nel territorio basso del nostro paese, oggi Fondaco-Motta, ove esisteva un posto di ristoro, si sarà rifocillato”. Attenzione il passaggio “plastico” che ci offre padre Tatì: “Ripreso il viaggio, avrà dato uno sguardo (certamente) a destra e vedere la Motta, appoggiata su rocce eterne e ne avrà portato impressione certo meravigliosa; avrà accolto i sentimenti religiosi e di speranza di un minuscolo ed umile popolo, che, ignaro, forse, di sì singolare evento, attendeva ai lavori dei campi”.(in “Motta Camastra e la Vallata dell'Alcantara”, stampato da Progetto Grafico: Graphic Point di Roberto Viola; www.messinanet.com 2001).

Padre Tatì fino alla fine ha voluto essere aggiornato sui fatti religiosi socio-politici, era abbonato a riviste, ultimamente era legato particolarmente alla rivista Il Timone. Tra l'altro, acquistava e sosteneva la rivista “Cristianità” che io puntualmente gli portavo. Durante il suo esilio a S. Teresa stava lavorando per la pubblicazione di un'opera a cui teneva molto, “I Vescovi cittadini Messinesi. Pastori nella propria terra” , la storia dei vescovi originari della città di Messina a cominciare dal primo, San Bacchilo. Più di un pomeriggio mi ha sottoposto a leggere e commentare i vari capitoli e le digressioni. Tanti fogli dattiloscritti, appunti, fotografie, raccolti con cura. Ogni volta cercavo di stimolarlo a dare l'ultima limatura e a pubblicarlo. C'era solo un problema bisognava trovare uno sponsor, qualche mecenate sensibile alla cultura, magari un amministratore comunale, ma non era facile, lui stesso era scettico, conoscendo il nostro ambiente poco sensibile alla Storia e poi quella dei vescovi messinesi a chi poteva interessare? Del resto le due opere che ha scritto le ha dovute pubblicare a sue spese.

 

 

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