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Covid, Zangrillo smonta la paura

Il Professor Alberto Zangrillo, primario dell'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare e Referente Direzionale Aree Cliniche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha detto la sua riguardo il distanziamento sui treni.In una intervista a La Verità, il professore ha spiegato perché secondo lui è assurdo. E il motivo è semplice: “Tutti i sedili occupati da gente educata e responsabile valgono più di mille posti liberi. In altre parole il problema vero non è se li occupi ma chi li occupa e come”.

Secondo il medico scrive il Giornale, si può benissimo partecipare a un matrimonio o a un battesimo o a un compleanno. Il rischio è lo stesso che andare al supermercato. Ma le cerimonie civili sono state uccise, e di conseguenza anche tutte le aziende che ruotano intorno a esse. Con problemi economici sempre più importanti. Il professore non è interessato a polemizzare con Massimo Galli che ha definito lui, Massimo Clementi e altri otto, “la minoranza rumorosa”. Anche perché, come ha ammesso, non ha nulla da guadagnare in tutto questo, ma solo da perdere. Ma lo fa perché “mi pongo delle domande. E so che il 17% di Pil in meno è una catastrofe che mi riguarda come e quanto i malati in corsia. È stato detto che il distanziamento è un grave problema, come abbiamo visto sui treni. Ma io voglio contare sul buonsenso della gente”. In poche parole, su un centinaio di persone che si incontrano, solo il 30% indossa la mascherina nel modo corretto. Sul convoglio invece tutti con la mascherina utilizzata nel modo giusto. Il rischio è quindi maggiore in situazioni normali.

Alberto Zangrillo continua il quotidiano il giornale, dice di mettere queste benedette mascherine! Ma allo stesso tempo è evidente che la violenza del virus è incredibilmente abbattuta rispetto a questo inverno. Basta ricorrere alla paura” ha infine rimarcato spiegando che tanti personaggini invece alimentano il terrore nella popolazione. Mentre si deve imparare a convivere con il virus. Ovvio che si aspetti il vaccino, ma intanto? Con le precauzioni che stiamo adottando e usando la testa possiamo ritornare alla vita normale. Alla domanda se si sia pentito di aver accettato l'invito di Vittorio Sgarbi all'ormai famoso convegno al Senato, definito da alcuni un'adunata di negazionisti, Zangrillo ha detto che la definizione usata è deprimente

E guai a dargli del negazionista conclude il Giornale, in faccia, perché “negazionista è chi nega l'Olocausto, la persecuzione degli ebrei, i crimini di Adolf Hitler. Il tentativo di squalificare le nostre posizioni accostandosi ai carnefici è infame”. Considera Sgarbi molto intelligente, anche se a volte eccessivo nelle sue manifestazioni. Le quali però hanno sempre un fondo di verità. Nello specifico, “quel convegno ha posto, con alcuni dei migliori esperti medici e dei costituzionalisti, il tema della libertà e della cura. Per questo malgrado la campagna diffamatoria che abbiamo subito sono contento di averci partecipato”.

Secondo meteo.it, "Questo far emergere che ci possa essere divergenza di vedute fra addetti ai lavori, che in questa vicenda sono prevalentemente medici, ma anche tanti biologi, statistici, qualche veterinario e qualche epidemiologo, no fa bene. L'importante è che tutti coloro che parlano posseggano l'argomento. E possedere l’argomento significa comportarsi con ottimismo e buon senso, evitando estremismi in un senso o nell'altro". Alberto Zangrillo, chiedendo scusa per i toni utilizzati, rincara comunque la dose e va dritto per la sua strada, quella per cui da tempo si batte invitando a mantenere alta la guardia, ma senza scadere nella psicosi da virus.

Zangrillo si è poi definito umile, attento a chiunque incontri sulla sua strada. Ma polemico se necessario, soprattutto con gli “sparaballe” come li ha definiti lui stesso. Ha poi spiegato: “Non posso sopportare che persone prive di competenze provino a mettersi sul mio stesso piano, soprattutto a livello scientifico”. Lui che dallo scorso 22 febbraio al 18 aprile ha passato le sue giornate con malati di Covid, dimenticando gli orari, persino di dormire, e “poi arriva un tizio che nella vita fa lo statistico, e pretende di spiegarmi cosa sia il Covid. Non è presunzione mia.

È ridicolo che senza esperienza sul campo qualcuno cerchi di pontificare su cose che non conosce”. Contagio non è uguale a malattia, e ha sbagliato la Protezione civile con il bollettino medico quotidiano, una incredibile mistificazione rispetto “alla verità clinica. In tutto il gruppo San Donato, quello in cui lavoro, abbiamo solo 10 pazienti in cura, nessuno recente, nessuno in intensiva. Prima non c'era un letto libero. Ecco l'evidenza clinica!” ha sottolineato Zangrillo. Bisogna quindi distinguere tra coloro che hanno una normale degenza, alcuni anche asintomatici, dai malati gravi. Se fosse al posto del Comitato tecnico scientifico certo non favorirebbe il terrore.  

Il medico è tornato anche sulla famosa frase scrive il meteo.it, che lo ha visto attaccato da ogni parte, ovvero ‘il virus è clinicamente è inesistente’: "Ci tengo a chiarire un’ultima volta: probabilmente ho sbagliato nei toni, chiedo scusa. Ma nessuno è riuscito a contraddirmi e fortunatamente, con i colleghi del San Raffaele, continuiamo ad assistere a questo tipo di situazione, a questo tipo di evidenza. Dobbiamo convivere con il virus", ha ribadito. Concludendo poi così: "Voglio che sia chiaro a tutti che esiste un’enorme differenza fra contagio e malattia. Tutti i contagi che stiamo contando ogni giorni in Italia, fortunatamente non sono in grado di produrre una malattia con clinica tale da portare la persona in ospedale o, peggio, in terapia intensiva. Speriamo che la situazione si confermi tale...

"Non datemi del negazionista,scrive l agenzia Agi,  il virus esiste ma la malattia è cambiata" "Dire che il virus oggi non sta producendo una malattia clinicamente significativa non vuol dire affatto negare l'esistenza del Sars-Cov-2. Rifiuto in tutti i modi la definizione di negazionista".

"Io - spiega il primario al ADN Kronos - a differenza di alcune nuove 'star' televisive, ho curato davvero i pazienti. Sin dal primo giorno. Sono stato tra i primi ad andare nella zona rossa per aiutare i colleghi di Lodi. Qui al San Raffaele abbiamo dedicato ai pazienti positivi a Covid cinque terapie intensive, dove abbiamo assistito 130 malati gravi. E abbiamo prestato cure anche a 1.300 malati, con sintomatologia medio-grave, ricoverati in altri reparti".

Zangrillo non nasconde il fastidio per le accuse che gli sono state mosse, soprattutto dopo la partecipazione al convegno organizzato tre giorni fa al Senato, a cui ha partecipato anche Andrea Bocelli. "Se colleghi universitari milanesi si permettono di dare del negazionista a chi come me è andato in mezzo ai malati e se ne è preso cura, ne risponderanno", conclude Zangrillo nell'intervista alla Repubblica insiste su un concetto: "Lavoro di clinica e ricerca - dice - e sin dall'inizio ci siamo occupati dell'epidemia. Io riporto solo l'evidenza, ovvero che oggi il virus non produce una malattia clinicamente rilevante. Ma questo non vuol dire che il virus non esista piu': sono stato il primo, gia' ad aprile, a dire che dovremo convivere con il Sars-Cov-2 finchè non arriva' un vaccino".

Cresciuto in una famiglia normale, con il padre funzionario di banca e la madre casalinga, una volta trasferitosi dalla Liguria alla Lombardia aveva pensato di studiare per diventare chirurgo. Strada difficile e nessuna raccomandazione. Sceglie quindi di cambiare rotta e diventare intensivista che, come da lui stesso asserito, è “la figura più completa, quella che deve sintetizzare tutti i saperi, dalla chirurgia alla medicina interna”. Agli inizi degli anni novanta la prima grande esperienza lavorativa, a Londra. Dove si accorge che gli italiani erano provinciali. Nella Capitale londinese tanti ospedali multietnici con professionisti da tutto il mondo. Il futuro, insomma.





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