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Liberati i due tecnici della Bonatti rapiti insieme a colleghi uccisi a Sabrata

"Sono Gino Pollicardo e sono qui con il mio collega Filippo Calcagno. Siamo in un posto sicuro, in un posto di polizia qui in Libia. Stiamo bene e speriamo di tornare urgentemente in Italia perché abbiamo bisogno di ritrovare la nostra famiglia": questo il testo del primo video diffuso dei due ostaggi italiani in Libia. Aggiunge Calcagno: ci stanno trattando bene".

 

Cosi sono stati liberati questa mattina a Sabratha i due operai italiani ancora in mano all'Isis. Gino Pollicardo e Filippo Calcagno stanno bene e sono loro stessi a confermarlo. Gino Pollicardo ha chiamato la famiglia, il figlio Gino junior è felice: "È finita, è finita". La moglie Emma Orellana in lacrime ha detto: "L'ho sentito al telefono". Pollicardo le avrebbe detto: "Sto bene e presto vengo a casa", poi ha confermato anche la liberazione dell'altro ostaggio italiano Filippo Calcagno. Il figlio di quest'ultimo: "Abbiamo appreso la notizia dagli stessi giornalisti. Poi abbiamo ricevuto conferme attendibili sul fatto che mio padre sia libero. E ora voglio parlare con lui".

Filippo Calcagno e Gino Pollicardo sono in mano alla polizia locale. Fonti della Farnesina invitano alla prudenza: sono ancora in corso verifiche per accertare le effettive circostanze di quanto accaduto e che i due italiani si trovino effettivamente in mani sicure. Presto saranno trasferiti 'zona sicura' e presi in consegna da agenti italiani che li riporteranno in patria. La liberazione è uno sviluppo dei tragici fatti dell'altro ieri che hanno portato all'uccisione degli altri due sequestrati.

La 'cabina di regia' delle operazioni congiunte delle milizie di Sabrata ha confermato la liberazione dei due. Il profilo Facebook del Centro di informazione di Sabrata pubblica anche le loro foto scattate dopo la liberazione. Sul profilo appare la foto di un biglietto scritto a mano nel quale si legge: "Io sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi. Stiamo discretamente da un punto di vista fisico, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia".

Il presidente del Copasir, il senatore leghista Stefano Stucchi, ai microfoni di Rai News 24: "E' arrivata la notizia anche a me (della liberazione dei due ostaggi italiani, ndr). Avevanmo sempre detto che l'importante era riportarli a casa vivi".

Il capo del Consiglio municipale di Sabrata, Hussein al-Zawadi, ha sostenuto che Gino Pollicardo e Filippo Calcagno sono riusciti a sfondare da soli la porta principale della casa in un cui erano tenuti prigionieri nella parte nord-ovest della città libica, liberandosi così dalla prigionia di un gruppo affiliato all'Isis. Hussein al Zawadi, ha anche confermato all'Ap che i due ostaggi italiani, Fausto Piano e Salvatore Failla, sono rimasti uccisi negli scontri tra jihadisti dell'Isis e truppe fedeli a Tripoli insieme a milizie alleate.

Ieri il sottosegretario con delega all'Intelligence Marco Minniti, citando informazioni degli 007 sul terreno, aveva assicurato che i due italiani "sono vivi". Pollicardo e Calcagno erano stati rapiti in Libia nel luglio del 2015 insieme a Fausto Piano e Salvatore Failla.

Secondo le genzie di stampa Italiane la storia del rapimento e questo : Nel luglio scorso il rapimento dei quattro operai della Bonatti. Partono subito i tentativi dell'intelligence di stabilire il canale giusto con il gruppo dei sequestratori. Compito non facile in un Paese in cui spadroneggiano milizie tribali contrapposte le une alle altre. Trovato il contatto, partono le trattative per capire il tipo di contropartita richiesta.

Ma non tutto fila liscio. Nel corso dei mesi i mediatori si rivelano inattendibili, la posta in gioco sale: si parla di richieste di denaro, ma non solo. I rapitori, inoltre, tramite mediatori più o meno attendibili, avrebbero contattato direttamente le famiglie degli ostaggi chiedendo alcune condizioni per la loro liberazione. La situazione appariva difficile, dunque, ma non impossibile, anche perché fino a pochi giorni fa gli 007 erano ragionevolmente certi che i rapiti si trovavano ancora nelle mani di un gruppo criminale e non di fanatici dell'Isis.

Ma il 19 febbraio scatta lo 'strike' americano a Sabrata che uccide una trentina di miliziani tunisini di al Baghdadi ed anche due ostaggi serbi. Scatta l'allarme anche per gli italiani, che si trovavano in zona. E scatta anche la rappresaglia dell'Isis il 25 febbraio con la decapitazione di una decina di uomini della forza di sicurezza della città.

Nella zona è il caos: milizie contro Daesh. "Lo scenario - spiega il presidente del Copasir Giacomo Stucchi - cambia, le milizie presenti tentano di riprendersi le loro posizioni". In mezzo si trovano gli ostaggi italiani, all'epoca ritenuti dall'intelligence ancora tutti e quattro insieme.

Potrebbe esserci stata a quel punto una cessione o un 'furto' degli ostaggi, molto appetiti come merce di scambio. O anche un tentativo dei rapitori di spostarsi in un posto più al sicuro. Lo scontro a fuoco di ieri, la cui dinamica non è ancora chiara, è stato fatale a due italiani che viaggiavano in un convoglio attaccato da una milizia.

Non è detto, secondo l'intelligence, che fossero stati separati dagli altri due, ma potevano semplicemente viaggiare in convogli diversi. Gli 007 sono molto cauti anche perché la situazione sul campo è quanto mai caotica: difficile distinguere tra gruppi criminali, milizie islamiste e Isis. Un'analisi dei cadaveri dei rapitori che viaggiavano sul convoglio attaccato insieme ai due ostaggi uccisi potrebbe dare delle risposte: il gruppo che nel luglio scorso ha prelevato gli italiani era composto da libici, se invece i morti sono tunisini, ciò indicherebbe un passaggio di mano.

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