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Venerdì, 24 Gennaio 2025

Con un evento speciale all’Ambasciata d’Italia nella capitale austriaca, la città ha presentato le nuove edizioni del Monteverdi Festival e la riapertura di Casa Stradivari, parte di un ricco programma di eventi musicali e culturali

La città di Cremona, nota in tutto il mondo per la sua storia musicale e per l’arte del “Saper Fare liutario”, ha portato questa tradizione secolare a Vienna nel prestigioso Palazzo Metternich, con un gemellaggio culturale che proietta a livello internazionale la sua prossima candidatura a Città Creativa dell’UNESCO per la Musica.

Con un evento unico, organizzato in collaborazione con l’Ambasciata italiana nella capitale austriaca, la città lombarda ha presentato la nuova edizione del Monteverdi Festival, in programma dal 16 al 25 giugno, lo Stradivari Festival in programma dal 7 al 22 ottobre, e la riapertura a luglio della storica Casa Stradivari.

Il legame indissolubile di Cremona con la musica va ben oltre la tradizione della liuteria e si estende alla promozione della cultura e dell'arte musicale in tutte le sue forme. La candidatura entro fine giugno a Città Creativa UNESCO per la Musica rappresenta un'opportunità unica per condividere e promuovere lo sviluppo delle attività musicali attraverso un progetto di cooperazione con le altre città creative a livello nazionale e internazionale.

Cremona ambisce, dunque, a diventare una destinazione unica nel panorama musicale internazionale e crede fermamente che investire nella cultura e nella creatività possa costituire un motore per la crescita economica e un'opportunità per rafforzare il ruolo della musica come strumento di promozione della sostenibilità, dell'inclusione sociale e della pace.

“Siamo tornati a Vienna con tanti progetti da raccontare, tra cui la candidatura di Cremona a Città Creativa UNESCO per la Musica. In questi anni Cremona ha costruito percorsi importantissimi, di cultura, lavoro, innovazione, sviluppo e futuro. Noi patria di Monteverdi e Stradivari, noi terra della liuteria e del saper fare cibo buono da terra buona, noi città di fiume e di natura, noi luogo che investe su conoscenza, ricerca e giovani. In particolare, il turismo è molto cresciuto in questi anni nella nostra città, e uno dei mercati principali è proprio l'Austria. Abbiamo tanto da raccontare e tanto abbiamo da ascoltare e imparare. Perché lo scambio tra città, l’incontro di paesi, il confronto tra progetti e visioni culturali, fonda la convivenza tra i popoli, unisce l’Europa, rende vera e concreta la volontà di pace”, ha detto il Sindaco Gianluca Galimberti.

L’Ambasciatore d’Italia in Austria Stefano Beltrame ha celebrato il gemellaggio ideale fra le due città nel nome della Musica, dando il benvenuto alla delegazione di Cremona e al suo sindaco a Palazzo Metternich.

“Vienna è la capitale mondiale della musica classica grazie ai grandissimi compositori che qui hanno lavorato nel passato, alle sue grandi orchestre e ai suoi celebri teatri. Alcuni sono dei veri templi della musica come il Musikverein e lo Staatsoper e la Konzerhaus. Cremona è la capitale mondiale del violino e della liuteria, tra i più grandi liutai cremonesi figurano Stradivari, Amati e Guarneri del Gesù. Oggi la città preserva questa tradizione e la celebra con il suo ineguagliabile Museo del Violino. Mi piace ricordare che un legame diretto tra Vienna ed i violini di Cremona fu intessuto proprio dal Principe di Metternich, ammiratore ed amico di Rossini e che qui invitò il grande Paganini”, ha commentato l’Ambasciatore Beltrame.

“La risonanza 'universale' dei violini di Antonio Stradivari è stata fonte di ispirazione non solo per i violinisti e compositori del suo tempo, ma per i musicisti di ogni tempo. Nel programma eseguito a Vienna ho cercato di spiegare il 'perché' del genio di Stradivari e l’influenza che la scuola cremonese del ‘700 ebbe nella storia della musica. Un racconto musicale tradotto con l’esecuzione di vari brani che attraversano tre secoli di storia. Da Bach a Vivaldi, da Paganini a Sarasate, fino ad arrivare ai nostri giorni. Antonio Stradivari nel corso della sua vita di rado ha viaggiato: i suoi strumenti l’hanno fatto per lui, portando il nome di Cremona in tutto il mondo.  Presentare a Vienna, una delle capitali mondiali della musica, lo Stradivari ‘The Angel - Ex Madrileno 1720’, che ha proprio come missione quella di essere messaggero di arte, cultura e bellezza è, per me, un grande onore”, ha dichiarato il Maestro Fabrizio von Arx.

Cremona è una città dalle caratteristiche uniche per qualità e quantità di tradizioni, istituzioni e patrimoni legati all’arte dei suoni, con una storia che conta personaggi del calibro di Claudio Monteverdi, Amilcare Ponchielli, Antonio Stradivari, le famiglie Amati e Guarneri.

Il mondo della produzione musicale è ben rappresentato dal Teatro Ponchielli, dal Festival Monteverdi, da STRADIVARIfestival, e da una vivace realtà di spettacoli ed esecuzioni musicali.

Le scuole, i centri di formazione, le masterclass, le università e i centri di ricerca che ruotano intorno ai temi della ricerca musicologica, dell’apprendimento della pratica musicale e della costruzione di strumenti costituiscono un unicum già diventato Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel 2012. La comunità dei liutai, con il Comune, il Museo del Violino e il Ministero della Cultura è ora impegnata nella scrittura del Piano di Salvaguardia del Saper fare liutario tradizionale cremonese.

Festival Monteverdi

Il 16 giugno inaugurerà la 40esima edizione che prevede un nuovo allestimento dell’opera “Incoronazione di Poppea”, sotto la guida del maestro Antonio Greco, e si concluderà il 25 giugno con la presenza di Sir John Eliott Gardiner per il concerto di chiusura.

La 41esima edizione, prevista dal 4 al 23 giugno 2024, proporrà Opera, concerti e proposte insolite e sarà aperta alla città e al mondo.

Un ricco calendario che inaugurerà con l’opera monteverdiana per eccellenza, L’Orfeo, con una nuova produzione e un nuovo allestimento. La direzione musicale sarà curata dal Maestro Francesco Corti che dirigerà l’ensemble Il Pomo d’Oro.

STRADIVARI

festival

È la principale manifestazione concertistica del Museo del Violino, nata nel 2013 per attirare un pubblico internazionale di appassionati della grande musica attraverso una rassegna che celebri – in tutte le sue sfaccettature – lo strumento simbolo di Cremona, oltre a esaltare le straordinarie caratteristiche dell’Auditorium Giovanni Arvedi.  Nel prossimo mese di ottobre, dal 7 al 22, va in scena l’undicesima edizione e il cartellone prevede stelle del violino quali Midori, Daniel Lozakovich, Nurie Chung, Julian Rachlin, Gilles Apap, e il ritorno di un violoncellista cremonese, Giovanni Gnocchi.

Casa Stradivari

L’antica dimora riaprirà le sue porte il prossimo 4 luglio. Una data non casuale poiché fu proprio il 4 luglio 1667 che Antonio Stradivari fece ingresso nell’edificio di corso Garibaldi a Cremona, in cui allestì il suo primo laboratorio di liuteria.

Grazie al progetto di restauro e rilancio voluto dalla Fondazione Casa Stradivari, la dimora in cui visse e lavorò il geniale liutaio tornerà a nuova vita: sarà un centro di promozione culturale e artistica e accoglierà giovani artigiani per percorsi di formazione e specializzazione, legati ai temi della tutela della trasmissione del sapere tra scuola e bottega e del rapporto tra musicisti e liutai.


Museo del Violino

Al Museo del Violino è possibile ripercorrere cinque secoli di liuteria cremonese attraverso l'incontro diretto con i grandi Maestri - Amati, Stradivari, Guarneri, Rugeri - e i loro capolavori, seguendo una traccia equilibrata di arte e artigianalità, creatività e tradizione che, dalle botteghe tardo rinascimentali, giunge fino a oggi.

Una collezione unica al mondo, strumenti preziosi, da ammirare nelle sale e ascoltare in Auditorium Giovanni Arvedi, installazioni multimediali, incontri e concerti consentono a ogni visitatore di realizzare un percorso suggestivo e coinvolgente dove strumenti, suoni, profumi e immagini concorrono a dar forma a storia, sogni ed emozioni.

Fonte Comune di Cremona

I Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale consegnano alla Soprintendenza di Venezia due pregiati reperti archeologici oggetto di ricettazione.

Un askos e un’anfora apuli sono stati confiscati e consegnati il 20 aprile 2023 alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Venezia, a parziale conclusione dell’indagine ‘Magna Grecia’, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. L’individuazione dei beni, provenienti da contesti archeologici italici, è avvenuta a seguito di specifici servizi di controllo del mercato dell’arte, finalizzati a prevenire e contrastare il commercio di beni culturali di provenienza illecita.

Un primo reperto è costituito da un askos apulo a figure rosse, che si data tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C. La forma della ceramica richiama un’anatra stilizzata, cui la testa è costituita dal bocchello del recipiente, e la coda da una testina decorativa suddipinta in ocra. Il ‘lato A’ è decorato da una coppia di cavalieri su cavalli rampanti e affrontati. Giustapposti sono altresì 2 cani in basso. Il ‘lato B’ presenta la classica decorazione fitomorfa.

Segue un’anfora apula a figure rosse con anse a nastro, databile alla metà del IV sec. a.C. La decorazione del ‘lato A’ è costituita da 2 figure umane giustapposte, ai lati di un plinto sormontato da un’anfora. A sinistra un giovane nudo regge una coppa e una corona; a destra una giovane donna stringe una fascia decorata e un ramo. Sul ‘lato B’ vi è una scena di conversazione tra 2 uomini affrontati e ammantati, di cui uno regge un bastone.

Entrambi i manufatti per classe ceramica, tipologia, produzione e dimensioni sono risultati essere, agli esami tecnico-scientifici effettuati, provenienti da contesti archeologici ubicati in territorio italiano. L’ottimo stato di conservazione degli oggetti suggerisce una verosimile provenienza da contesti funerari, come parti di corredo.

Le indagini sono state avviate nell’agosto 2021, su segnalazione di uno studioso veneziano, mentre i beni venivano posti in vendita all’incanto da una casa d’aste romana. I beni individuati, sono stati sequestrati a seguito di perquisizioni presso private abitazioni, nelle province di Crotone e Firenze: attività effettuate con l’ausilio dei Nuclei CC TPC competenti per territorio. L’azione prettamente investigativa, in cui è stata di fondamentale importanza la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” in uso ai CC TPC, si è avvalsa di esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, che collabora strutturalmente con il Nucleo CC TPC di Venezia. In particolare, gli accertamenti condotti dai Carabinieri TPC di Venezia hanno permesso di appurare che i reperti archeologici in questione, oggetto di varie alienazioni che hanno interessato anche l’estero, non erano all’origine accompagnati dalla necessaria documentazione attestante la legittima proprietà. La normativa vigente, infatti, prevede sui beni archeologici italici una presunzione di appartenenza allo Stato. Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati in premio di ritrovamento, o che gli siano stati ceduti dallo Stato, o che siano stati in proprio, o altrui possesso, in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909.

Oltre al recupero dei beni descritti, le indagini hanno portato al deferimento all’Autorità Giudiziaria romana di 8 persone per ricettazione di beni culturali.

Il contrasto al traffico illecito dei reperti archeologici rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo CC TPC di Venezia persegue, attraverso verifiche costanti presso gli esercizi commerciali di settore, mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione con gli uffici centrali e periferici del Ministero della Cultura. La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, testimonianze materiali aventi valore di civiltà, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia di territori e di comunità.

 
Fonte : Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

È in fase di ultimazione un modello 3D ad alta definizione della facciata, del tetto di copertura, del quarto cortile e di metà della galleria centrale del Cannocchiale della Reggia di Caserta. Il progetto è stato realizzato grazie a una donazione della Micron Foundation, che si pone l’obiettivo di arricchire la vita della comunità anche attraverso iniziative che promuovono l’inclusione e abilitano opportunità eque per tutti.

L'iniziativa è finalizzata ad incrementare l'accessibilità e l'inclusività del Museo, anche per i non vedenti, nell'ambito di una più ampia progettazione relativa alla fruizione ampliata del proprio patrimonio e al superamento delle barriere culturali, cognitive e psicosensoriali nei luoghi della cultura. Non soltanto le persone con disabilità visiva potranno conoscere parte della Reggia di Caserta attraverso il tatto, ma tutti potranno vivere un’esperienza di visita più completa.

Il rilievo strumentale e tridimensionale della Reggia di Caserta è stato realizzato con tecnologia laser scanner. Questa tecnologia consente l’acquisizione dei dati che descrivono la geometria del manufatto architettonico con un elevato grado di precisione. Essa, quindi, permette di rilevare la cosiddetta “Nuvola di Punti - Point Cloud” che restituisce una serie di informazioni, coordinate metriche, con precisione millimetrica anche a distanze elevate. Oltre a ciò, la strumentazione utilizzata rileva il "valore di riflettanza". Esso conduce a una restituzione non solo tridimensionale del modello in scala, ma anche di identificare la sua consistenza materica. In questo modo ogni superficie viene descritta sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo. Ad integrazione della fase di rilievo metrico, è stato effettuato anche il rilievo fotografico.
 
Tramite l’utilizzo di software dedicati, le singole scansioni, effettuate da differenti punti (stazioni di rilievo), sono state unite in un unico sistema di riferimento cartesiano senza alterazione dei dati geometrici. Si è giunti così alla generazione del modello 3D, visualizzabile grazie agli oltre 9 miliardi di punti che hanno costituito la nuvola di punti complessiva e alla generazione di superfici tridimensionali. Le nuvole di punti del fabbricato, poi, sono state sottoposte ad azioni di restituzione grafica 2D. Si è, quindi, passati alla ricostruzione delle piante, sezioni e prospetti in modo vettoriale. L'ultima fase di modellazione 3D è stata realizzata con software che permettono la definizione geometrica dell'architettura e la "scultura digitale" per orpelli, decorazioni, conchiglie, foglie e capitelli.

Successivamente, grazie a una pianta tattile munita di sensori, sarà possibile scoprire anche la distribuzione degli ambienti interni. Tali sensori, disposti in corrispondenza degli Appartamenti Reali, dello Scalone, della Cappella Palatina e nel Teatro di Corte, saranno attivabili con un tocco, che darà il via all'audiodescrizione degli spazi. Il modello 3D della Reggia di Caserta sarà parte dei percorsi tattili permanenti che l'Istituto museale metterà a disposizione dei suoi visitatori.
 
Il 30 settembre si terrà la presentazione riservata alla stampa.
Dalla sua fondazione nel 1999, la Micron Foundation ha supportato con oltre 150 milioni di dollari le comunità dove i dipendenti di Micron vivono e lavorano tramite iniziative filantropiche ed attività di volontariato. I programmi di donazione da parte della Foundation ed i programmi aziendali di donazione da parte di Micron rientrano nell’organizzazione Micron Gives i cui finanziamenti, programmi e impegno nel volontariato si concentrano sulla promozione dell’educazione scientifica ed ingegneristica e sulla risposta ai bisogni umani fondamentali. 

 

 

In molti hanno scritto che la scomparsa della regina Elisabetta II d’Inghilterra, con le immagini e le dirette televisive del suo prolungato funerale, hanno suscitato un certo interesse, addirittura fascino nei confronti dell’istituto monarchico. Antonino Sala, collaboratore della prestigiosa Fondazione Thule di Palermo, in un post su facebook ha invitato a leggere il libro del professore Tommaso Romano, “La Tradizione Regale. Singolarità fra Autorità e Libertà”, Fondazione Thule Cultura (2021, e.30,00. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) Ho accolto l’invito, lasciando in sospeso un libro che stavo leggendo per dedicarmi completamente alla monumentale Summa del professore Romano, sulla Regalità presente nella storia delle Civiltà dell’uomo. Una regalità ora vilipesa da infime volgarità e sprofondamenti nel buio delle catene degli interessi solo mondani. Un testo di 313 pagine, suddiviso in due parti, la prima in cui si sviluppa il concetto di  regalità, nella seconda si dà spazio ad una serie di dieci saggi ed interventi, contributi che confermano la prospettiva attraverso le opinioni e le analisi di esperti studiosi sul tema. Gli interventi presenti sono di Ignazio E. Buttitta, Manlio Corselli, Fernando Crociani Baglioni, Pier Felice degli Uberti, Vincenzo Guzzo, Gennaro Malgieri, Carmelo Montagna, Roberto Russano, Antonino Sala, Primo Siena. Nel testo troviamo un’ampia bibliografia e un Florilegio della Regalità, un mosaico variegato di citazioni, massime, aforismi, di personalità più o meno note della cultura tradizionale e conservatrice. Approntare una recensione esauriente di “quest’opera è estremamente arduo,- scrive Carmelo Fucarino -  se non impossibile, sia per la sostanza dei temi trattati sia per la profonda acribia dell’indagine che si avvale della ricerca storica dalle prime comunità antropologiche alla recente codificazione storica e soprattutto filosofica, per il rigore logico nella sua sincronia e diacronia”.(Carmelo Fucarino, The Crown o se volete la Corona, 2.2.22, culturelite.com).

Nel proemio l’autore esplicita e definisce la reale dimensione ideologica del trattato: «La regalità è la bellezza manifestata dal Sacro che si protende al superiore, il mito dell’ordine, un radicamento nel simbolo, l’umana trascendenza che supera il solo divenire del singolo e la consegna dell’Assoluto, al tempo della vita».

Il professore chiarisce subito che la «regalità è l’incarnazione di un Principio che si incarna in un Re» e dal «riconoscimento della corretta Origine del potere sovrano, generato e codificato nel Rito sacro, nei Simboli, nel Mito che è sorretto dalla Grazia e dalla Volontà di Dio, con la decisa e laboriosa volontà e determinazione di guida pastorale del popolo, delle nazioni, perseguita e fondata sul primato dello spirituale e del conseguente Diritto Naturale».

Pertanto, per Romano, “Il re è il mediatore per eccellenza. In senso orizzontale: fra corpi costituiti, i gruppi di interesse, le funzioni, le fazioni, fra gli stessi individui. In senso verticale: fra il divino, a cui ogni regalità si richiama, e gli uomini sui quali essa si esercita”. Se smette di essere un mediatore,“smette di essere re e diviene un capobanda”. Ma il re è anche un arbitro e non un despota, equo decisore nell’equilibrio fra le parti. Al re bisogna accostare la figura del padre. Non è un caso che la rivoluzione trionfa con la decapitazione del Padre del Regno nel 1793. Un odio al Padre della Patria, nello stesso tempo muore anche la paternità insieme al suo stesso fondamento che è la famiglia, quella tradizionale. Romano su questo tema fa riferimento al professore Claudio Risè, che ha scritto interessanti libri sulla figura del padre e sulla sua “scomparsa” nella società di oggi.

"Era naturale che, per secoli, la Chiesa e i suoi fedeli abbiano ravvisato nel re un’immagine di Dio Padre, e in ogni regno un’immagine del regno”. Intanto precisa Romano che la parola "regno" compare innumerevoli volte nel Vangelo, e quando Gesù ci insegna la preghiera ideale, ci insegna a pregare per l’avvento di un regno, non di una legislatura.

Anche lo stesso matrimonio inteso come istituzione superiore e non solo frutto del sentimento. Lo sposo diventa l’icona del principe quanto la sposa come principessa. La Madonna, madre di Dio e Corredentrice, Ella è Regina del cielo, madre del Dio vivente, di Gesù Cristo. E’ la regina dei supplicanti, dei vinti, dei condannati, dei cristiani che combattono. Maria è anche la regina che trasmette la vita.

Il testo si sofferma sull’importanza del mito e della sacralità, facendo riferimento alla tradizione greca da Omero in poi, la sacralità del mito è indicata dalla forma biblica, quel David straordinario antenato di Gesù, alla millenaria tradizione dei faraoni. Ci sarebbe da rilevare l’archè divina del re orientali, indoeuropei e persiani. Lo sviluppo diacronico del concetto sintesi di Regalità e Sacralità trova nel testo un’analisi puntuale e particolare, passando dalle società note attraverso l’archeologia e i reperti e monumenti per passare alla storia da Atene, a Roma e Bisanzio nell’evidenza della sacra unzione. Nel testo si raccomanda che lo studio del passato va contestualizzato, va sempre visto non con la mentalità di oggi.

Romano in particolare rivaluta il lungo periodo dell’Impero Bizantino, denigrato arbitrariamente da certi storici come Edward Gibbon. “Ancora oggi la marginalizzazione della storia bizantina, in tutti i suoi domini, è palese in ambito storiografico, teologico e anche artistico [...]”. C’è qualche eccezione, fra queste spiccano Marta Sordi, Ilaria Ramelli, Franco Cardini. Ma soprattutto la colossale opera su Bisanzio, A Short History of Byzantinum del 1997, dell’illustre storico John Julius Norwich. Lo storico segnala la figura di Costantino il “Grande”, che in appena quindici anni, prese due decisioni epocali, ciascuna capace di mutare il corso della storia: “l’adozione del Cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero e il trasferimento della capitale da Roma alla nuova città eretta sul luogo dell’antica Bisanzio [...]”. Sempre su Costantino, Romano cita lo storico Alessandro Barbero, col suo monumentale studio, “Costantino il vincitore”, Salerno editrice (2016). Qui vengono analizzate “tutti gli aspetti della vita, delle imprese, della pace religiosa e delle realizzazioni multiformi [...] sulla rappresentazione del trionfo e della fede di costruzioni celebrative, di basiliche, caserme, palazzi, città [...]”. Un giudizio su Bisanzio è complesso, non mancarono ombre e crociate, invasioni e pure vassallaggi imposti. Un grande impero Romano d’Oriente nato l’11 maggio del 330 e finito il 29 maggio 1453, in quegli anni ottantotto tra uomini e donne hanno indossato la corona imperiale. Pochi furono quelli spregevoli, “i più furono sovrani coraggiosi, retti, timorati di Dio che, con maggiore o minore successo diedero il meglio di sé". Certamente la civiltà bizantina non merita il giudizio negativo che gli addossa Gibbon, “quella bizantina fu, al contrario, una società profondamente religiosa in cui l’analfabetismo, almeno tra le classi medio-alte, era praticamente sconosciuto, e in cui numerosi imperatori acquistarono fama per la loro erudizione”.

Interessante il capitolo del libro dove si affronta il rapporto tra Romanità e Cristianità. Romano lamenta un rinnegamento e una marginalizzazione della Sacralità e del Diritto Naturale per colpa della sferzante pretesa del laicismo secolarizzato nel frattempo egemone nella ricerca filosofica e teologica. Tuttavia per Romano sicuramente il cardine della civiltà occidentale e cristiana, è stata la sacralità, la monarchica e l’impero.

A questo punto è fondamentale comprendere che cos'è la romanità? Attenzione ci tiene a precisare Romano, qui ci interessa, “non il rapporto tra Gesù e Roma, ma tra Gesù e la Romanità”. Anche perché Gesù ha voluto nascere, crescere e morire sotto Roma, “Gesù si fissa in quel tempo come suddito di Roma. Ma non essendo un suddito qualunque bensì il Figlio di Dio, Gesù consacra una volta per tutte la Romanità”. Romano segnala anche la lettura dottrinale su Romanità e Cristianità che hanno fatto altri Autori come per esempio Augusto Del Noce e tanti altri. A questo proposito sono significative l’interpretazione che ne dà Attilio Mordini, con il suo “Tempio del Cristianesimo”, in particolare il quinto capitolo, riproposto abbondantemente nel testo di Romano, dove riconosce il grande lavoro dell’impero romano che ha ordinato a sé tutte le nazioni del mondo allora conosciuto. In questo modo Roma raccoglieva nel suo Pantheon i simulacri di tutte le divinità. Ma questo era un sincretismo, sarà successivamente il Cristianesimo a fare la vera unità. Il testo del professore Romano si concentra nell’approfondire l’origine del potere attraverso il diritto romano. Anche in questo caso i riferimenti agli studiosi che si sono occupati del tema, è straordinario a cominciare dallo stesso imperatore e pensatore Marco Aurelio. E poi il direttore e animatore de “La Tradizione”, Pietro Mignosi. Infine al professore Salvatore Riccobono Jr., continuatore fedele del grande romanista Salvatore Riccobono, Accademico d’Italia (1864-1958) che ha coraggiosamente polemizzato con i teorici del nazionalsocialismo a Berlino, non assencando per nulla l’antisemitismo nazista, rivendicando l’originalità del Diritto Romano, poi innervatosi nel Cristianesimo.

Interessante la breve scheda su “L’Ancien Regime”, dove si cita il prezioso opuscolo dottrinale di Sant’Alfonso Maria dé Liguori, “La fedeltà dei vassalli verso Dio li rende fedeli anche al loro Principe”, del 1777. In quest’opera il santo napoletano ha indicato diverse figure esemplari di Sovrani Cristiani: Costantino il grande, San Luigi IX, re di Francia, Santo Stefano, re di Ungheria, Sant’Etelberto del Kent, ma anche le Sante Sovrane, come Brigida Regina di Svezia e altri. Romano ricorda la Profezia sul Gran Monarca nelle Tradizioni dei Re Taumaturghi e la trascendenza del Principio Monarchico. Qui si pone l’attenzione sul mito del Gran Monarca che lotta contro l’Anticristo e che avrebbe liberato la Terra Santa dagli infedeli attraverso una solenne, mistica e gloriosa crociata. Per il giurista Pierre Dubois, il Gran Monarca era Filippo il Bello. Mentre Francisco Elias de Tejada lo attribuiva al re Filippo II di Spagna, come si evince nella succosa opera La Monarchia Tradizionale.

“Il tema del Gran Monarca - secondo Romano - è ancora vivo nel mito, nelle visioni mistiche, persino in alcuni, fra i molti, messaggi mariani, specie quelli di Fatima, in don Bosco e in san Pio da Pietrelcina”. In “La Tradizione Regale”, c’è anche spazio per la descrizione dell’antichissima sacralità dell’imperatore giapponese in un’epoca che ha avuta imposta la sua dissacralizzazione.  Il penultimo capitolo presenta il tema dei Totalitarismi: Comunismo, Nazismo, Democratismo e dittature salutiste. Qui si affrontano le ideologie che hanno occupato il secolo scorso, il Novecento. Tutti intendono costruire un mondo nuovo, che diventa un mito, ben descritto da Eric Voegelin. Apparentemente contrapposte le ideologie che hanno infiammato e insanguinato il Novecento, hanno tutte una struttura comune. “Evidentemente - scrive Romano - il contenuto dell’espressione ‘mondo nuovo’ varia secondo le ideologie. Identica però è la ‘speranza’ di una possibile redenzione affidata all’uomo nella storia, identica è la fede nella rivoluzione intesa come grazia santificante, identica è l’attesa del Regno.

Romano si attarda nel sottolineare la traduzione pratica dell’ideologia marxista nel sistema sovietico, del Partito Comunista al potere, e del suo braccio armato e repressivo di polizia, dell’esercito, del terrore, dei gulag. Veniva promessa la “felicità per tutti”, eretta lucidamente sullo sterminio, sul carcere, sulla repressione, il tutto con la complicità morale dell’Occidente, che non voleva ascoltare i dissidenti come Bukowski, Zinoiev, Sacharov e poi il lucidissimo profeta Alexander Solzenicyn con il suo Arcipelago Gulag. Si critica l’egemonia culturale gramsciana che dura ancora, con le tonnellate di volumi, pubblicazioni, giornali. Fa notare Romano che la ricca Fondazione Feltrinelli non dedicò mai una parola ai dissidenti e ai “confortevoli” gulag.

Attenzione il professore Romano ci mette in guardia: la dottrina totalitaria comunistica è tutt'altro che defunta. Non è facile smascherare i bavagli imposti. Oggi, “servirebbero élites consapevoli, minoranze attive determinate, che sappiano rispondere con libertà e con strumenti adeguati (culturali, mediali e politici) a un tale stato di cose, che è il frutto coerente dello spirito della modernità, postmoderno compreso”. Necessiterebbe una una visione di risorgenza, servirebbe una “superiore visione e un principio unificante della sovranità Regale (che non è sovranismo)”.

L’ultimo capitolo (Fra Sovranità e Sovranismo. Vere e false identità) si offrono dei chiarimenti sul tema dell’istituzione monarchica. Il professore critica un certo tradizionalismo, conservatorismo monarchico che “vive di un pur ammirevole lealismo e/o nostalgismo romantico, chiuso, troppo spesso, in un recinto ideale, rispettabile ma a volte asfittico, che appare inamovibile e infruttuoso”. La Monarchia non è un moloch immodificabile, come pretende di essere la Repubblica. Bisogna rileggere la Storia e la dinamica delle idee e soprattutto “qualunque revisione si deve legare alla contestualizzazione, pena l’esercizio acritico della ricerca e lo stravolgimento passatista [...]”. Attenzione a come viene narrata la storia, è inutile affannarsi a far giustizia, a condannare e assolvere. A certe sterili rivendicazioni territoriali, ai cosiddetti sudisti, sicilianisti,papalini, padani, tirolesi,nazionalisti beceri. “Il fatto non è teoria che, ovviamente, non esclude la Tradizione (che è il contrario della mummificazione della storia che è sempre in divenire, come è nella natura stessa), e che non è la contemplazione della cenere (Gomez Davila), quanto un fuoco perenne, vivo, permanente, che ogni soggetto umano sostanzia, propone e consegna, senza per questo doversi ergere a misura di tutte le cose”. Questo non esclude, come ci ha insegnato Renzo De Felice, la lettura critica, il revisionismo necessario. “Un acritico e anacronistico restaurazionismo è tanto sterile, quanto inutile o addirittura deleterio al singolo quanto alle ‘patrie’, che si vorrebbero affermare o riaffermare”.

Interessanti le riflessioni finali del professore palermitano sulle spregiudicate oligarchie falsamente democratiche oggi presenti a livello planetario, che “condizionano dolcemente, usando soprattutto la tecnica, i media, l’informatica unita alla cibernetica e alla chimica, verso l’inquadramento del corpo sociale, addestrato come il cane di pavlov”. Queste oligarchie hanno una grande capacità di manipolazione e sorveglianza, costruiscono “emergenze”, risolvendo ogni dissenso e ogni disobbedienza civile. L’impero del nostro tempo, scrive Romano è il grande fratello che già Huxley, Benson e Orwell ci avevano profeticamente prospettato, oggi imposto con un potente Bio-potere in mano a pochi. Non vogliamo apparire complottisti o esagerati, basta solo osservare e non spedire al capestro l’intelligenza in pericolo di morte, come la diagnosticava Marcel de Corte.

Concludo la mia sintesi incompleta all’importante testo di Romano con le parole dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II di Savoia: “La Repubblica si può reggere col 51%, la Monarchia no. La Monarchia non è un partito. E’ un istituto mistico, irrazionale, capace di suscitare negli uomini incredibile volontà di sacrificio. Deve essere un simbolo caro o non è nulla [...] non posso essere il capo di una fazione. O le circostanze mi permettono di essere il Re degli Italiani o preferisco essere un signore privato, un Italiano in esilio”.

 

Il 20 ottobre si terrà un incontro di approfondimento sull'avviso pubblico per la valorizzazione delle serre borboniche della Reggia di Caserta.
Con la pubblicazione avvenuta nell'agosto scorso del primo bando dedicato al recupero in chiave culturale e produttiva delle serre borboniche, che mira a coinvolgere partner privati, continua il percorso di valorizzazione degli spazi della Reggia di Caserta in un’ottica di sviluppo sostenibile, circolarità e impresa attiva. Alla Reggia di Caserta ci sarà, infatti, un'occasione di conoscenza e sopralluogo per gli interessati a partecipare all’avviso che scadrà il 5 dicembre 2022.

Per le antiche serre borboniche della Reggia di Caserta è tempo di una vera e propria rivoluzione: la Direzione punta al loro recupero grazie al primo avviso pubblico di SEMI - Sviluppo e Meraviglia d’Impresa, non solo per renderle nuovamente fruibili ai tantissimi visitatori della Reggia di Caserta (nel solo mese di agosto sono state registrate 102.000 presenze, il numero più alto registrato dal 2014) ma anche per restituirgli quella funzione produttiva che le caratterizzava all’epoca borbonica.

La Reggia di Caserta ospiterà il 20 ottobre un'iniziativa in presenza, per conoscere nel dettaglio gli elementi caratterizzanti e guardare da vicino l’area da riqualificare. L'appuntamento è pensato appositamente per approfondire e rispondere a eventuali dubbi dei soggetti interessati a sottoscrivere la manifestazione di interesse: da tutti gli operatori economici fortemente orientati al mondo della botanica, della floricoltura e delle scienze ambientali (florivivaisti, operatori economici del verde) ad architetti e progettisti del paesaggio, fino ad aziende del settore culturale che si occupano di mediazione, educazione, valorizzazione e restauro.

L’evento si pone come fondamentale incontro di approfondimento e conoscenza. La giornata sarà suddivisa in due momenti: la mattina sarà dedicata allo studio dell’avviso e dei dettagli tecnici. Tiziana Maffei, direttore della Reggia di Caserta, Marco d’Isanto, consulente per imprese e istituzioni culturali, e il team della Reggia di Caserta illustreranno le diverse caratteristiche dell’avviso, in particolare il valore e il ruolo del partenariato pubblico-privato, vero punto di forza dell’intero progetto di SEMI. Questa modalità di gestione, infatti, prevista dalla normativa (articolo 151 comma 3 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50), è già una buona prassi in diversi progetti già attivati dalla Reggia di Caserta, che da tempo punta sulla collaborazione tra pubblico e privato per la tutela, la salvaguardia e la promozione di specifiche aree e spazi del complesso vanvitelliano. Il pomeriggio invece, spazio al sopralluogo nel Giardino Inglese e nelle aree delle serre borboniche. Insieme ai tecnici della Reggia di Caserta sarà possibile osservare da vicino l’attuale situazione delle serre e valutare in loco i possibili interventi e utilizzi dello spazio da proporre nella manifestazione di interesse.

La giornata del 20 ottobre diventa così anche il momento ideale per attivare alleanze e collaborazioni nell’ottica della creazione di gruppi misti di lavoro che possano partecipare all’avviso come unico soggetto, soddisfacendo tutti i diversi requisiti specificati nel testo.  

 L’avviso pubblico: dettagli e finalità

L’avviso riguarda una vasta area a vocazione produttiva delle antiche serre borboniche: quasi 8000 mq che comprendono la serra borbonica in muratura, la serra a botte, quella del XIX secolo e quella moderna (XX secolo). La speciale forma di partenariato scelta permetterà di lavorare allo stesso tempo su processi di salvaguardia, recupero, manutenzione, gestione, produzione, apertura, fruizione, promozione, sperimentazione e ricerca: nei fatti, verrà promossa una valorizzazione completa del patrimonio culturale realizzata in concerto con la pubblica amministrazione. I soggetti che sceglieranno di partecipare avranno quindi diverse azioni da perseguire: dovranno costruire un rapporto stabile e strutturato con i centri di ricerca e le università, in particolar modo con i due poli già coinvolti nella valorizzazione e nella conservazione del Museo Verde della Reggia di Caserta, l’Università degli Studi di Bologna e l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dovranno prevedere un investimento finalizzato al restauro conservativo degli edifici e impegnarsi a co-progettare insieme alla direzione della Reggia di Caserta un piano di rilancio delle attività produttive. Per fare questo, la Reggia di Caserta metterà a disposizione i documenti di archivio e i cataloghi storici, in cui è possibile identificare moltissimi esemplari della collezione storica delle serre, come la collezione delle celebri camelie. Sempre all’interno dell’avviso è esplicitata anche la pianificazione di attività indirizzate ad incrementare la fruizione degli spazi, la divulgazione delle tematiche ambientali, la riproduzione del patrimonio vegetale storico, la diffusione del concetto di cura al fine promuovere la necessaria consapevolezza del complesso quanto mai attuale rapporto uomo-ambiente. Attività strettamente connesse a quelle di mediazione, educazione e animazione, che dovranno essere supportate da un piano strategico ben definito.

Reggia di Caserta e partenariato pubblico-privato: una scelta vincente

“La Reggia di Caserta, in un'ottica di sostenibilità legata agli obiettivi dell'Agenda 2030 e di promozione di tutte le forme di produzione di qualità, ha avviato un'intensa attività di collaborazione finalizzata alla valorizzazione del Complesso Vanvitelliano, del territorio regionale e nazionale e delle sue eccellenze in una logica di bene comune e responsabilità condivisa - ha dichiarato Tiziana Maffei, direttore della Reggia di Caserta - Il partenariato pubblico-privato può infatti essere un'occasione di arricchimento reciproco, in grado di creare connessioni tra i portatori di risorse e competenze e di generare senso di appartenenza e desiderio di prendersi cura del patrimonio culturale nazionale”.

Una scelta che la Reggia ha già testato per altri progetti, come ad esempio quello dedicato a “Oro Re”, il primo vino della Reggia di Caserta, prodotto da Tenuta Fontana nella vigna del Bosco di San Silvestro, di cui è stata presentata la prima bottiglia in occasione dello scorso Vinitaly. Lo stesso approccio si ritrova anche nella proficua collaborazione con la Cooperativa EVA, che grazie alle arance del Parco Reale ha creato la “Marmellata delle Regine” e altri prodotti in un’ottica no waste.

"Questa forma di partenariato è speciale perché punta a rivitalizzare il patrimonio culturale in modo nuovo - ha dichiarato Marco d’Isanto, consulente per imprese e istituzioni culturali - Grande valore è dato alla comunità e alle connessioni che si possono creare, in un’ottica di sussidiarietà orizzontale dove il bene pubblico interessa tutti, cittadini, comunità, istituzioni e soggetti privati”.

 

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