Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 03 Maggio 2024

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:140 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:202 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:412 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:866 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:900 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1134 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1570 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1673 Crotone

Il Comitato internazionale della Croce rossa ha deciso di denunciare la direzione intrapresa dal conflitto tra Armenia e Azerbaigian, non lo ha fatto sicuramente a cuor leggero. Nella guerra intrapresa dall'Azerbaijan, secondo riforma, il ruolo di Ankara si va sempre più definendo. In particolare con la fornitura di migliaia di mercenari e jihadisti provenienti dalla Siria (e forse anche dalla Libia) per combattere a fianco degli azeri contro gli armeni. Un destino, quello della cittadina al confine turco-armeno di Kars, analogo a quello delle città frontaliere di Ceylanpinar e di Reyhanli nel conflitto siriano. Ugualmente utilizzate per smistare le milizie islamo-fasciste.


Per il giornalista curdo Mustafa Mamay scrive riforma, non ci sarebbe quindi da stupirsi se «da ora in poi vedremo i salafiti passeggiare per le vie di Kars».
D'altra parte era quasi scontato che Erdogan intervenisse a gamba tesa nella questione del Nagorno-Karabakh ai primi segnali di ripresa del conflitto.

Mettendo a disposizione di Baku, oltre ai già citati mercenari e terroristi, aerei F-16, droni Bayraktar TB-2, veicoli e consiglieri militari.I combattimenti sono in corso ormai da più di una settimana, ma nelle ultime 48 ore i bombardamenti hanno colpito quartieri residenziali in entrambi i paesi, anche al di fuori delle zone contese. Colpi di artiglieria pesante e razzi hanno raggiunto la capitale del Nagorno Karabakh, Stepanakert, e le città azere di Ganja e Mingachevir.

Secondo il Cicr scrive - Pierre Haski - al Internazionale,  si contano già decine di morti e feriti tra i civili, con centinaia di scuole, ospedali e abitazioni distrutte. Questi fatti, secondo il comitato, rischiano di violare il diritto internazionale umanitario che vieta gli attacchi indiscriminati e sproporzionati. La Francia, gli Stati Uniti e la Russia, i tre paesi che costituiscono il gruppo di Minsk incaricato di organizzare una missione nella regione, hanno condannato la piega presa dalle ostilità nella giornata del 5 ottobre.


E stato probabilmente l'Azerbaigian secondo Haski,a dare il via alla nuova fase di ostilità con la vicina Armenia. Il che non significa che sia tutta colpa di Baku.
Gli scontri secondo Haski, cominciati domenica 27 settembre sono i più gravi dal cessate il fuoco del 1994: ci sono elicotteri abbattuti, carri armati distrutti e decine di morti. La cosa potrebbe andare per le lunghe – la guerra combattuta tra il 1992 e il 1994 provocò trentamila vittime e un milione di profughi – o potrebbe concludersi in pochi giorni. Ma non risolverà niente.

Nel Caucaso i paesi confinanti possono essere estremamente diversi: l’Azerbaigian è un paese musulmano sciita e parla quello che è in realtà un dialetto orientale del turco, mentre l’Armenia è cristiano-ortodossa e parla una lingua che non ha parenti noti nella famiglia indoeuropea. Ma i due paesi condividono una lunga storia d’oppressione.  

Secondo Sputnik Italia la situazione nella regione contesa del Caucaso meridionale è peggiorata domenica scorsa, dopo che Armenia e Azerbaigian hanno dato vita a reciproci scontri a fuoco e provocazioni militari lungo la linea di contatto. L'escalation ha spinto entrambi i Paesi a introdurre la legge marziale e la mobilitazione.

Il conflitto nella regione è iniziato nel febbraio del 1988, quando la Regione Autonoma del Nagorno-Karabakh a maggioranza armena proclamò l'indipendenza dalla Repubblica Socialista Sovietica dell'Azerbaigian. Nell'area è scoppiato un conflitto armato tra il 1992 al 1994, da allora sono stati avviati negoziati per la normalizzazione del conflitto con la mediazione del gruppo di Minsk dell'OSCE, guidato da Russia, Stati Uniti e Francia.

La Autoproclamata Repubblica, che formalmente fa parte dell'Azerbaigian, ha cercato il riconoscimento internazionale, con il premier armeno Nikol Pashinyan che ha proseguito i tentativi alla luce delle crescenti tensioni nell'area contesa.Quando la Russia post sovietica ha mediato per un cessate il fuoco tra le due parti in causa, ormai esauste, l’Armenia è riuscita a mantenere non solo il Nagorno Karabakh, ma anche un’ampia porzione di territorio (ormai svuotato dagli azeri) che collegava quest’ultimo con l’Armenia vera e propria. Ed è precisamente lì che il confine – o più precisamente la linea del cessate il fuoco – è rimasto fino a oggi.

Entrambi avevano trascorso quasi un secolo sotto l'impero della Russia zarista, ritrovando brevemente l’indipendenza durante la rivoluzione, per poi passare altri settant’anni nell’Unione Sovietica. Quando entrambi hanno recuperato nuovamente l’indipendenza nel 1991, tuttavia, si sono dichiarati quasi immediatamente guerra.

La colpa è di Iosif Stalin. Quando era commissario per le nazionalità, tra il 1918 e il 1922, disegnò i confini di tutte le nuove “repubbliche sovietiche” non russe nel Caucaso e in Asia Centrale secondo il classico principio del divide et impera. Ogni “repubblica” includeva minoranze etniche delle repubbliche vicine, per minimizzare il rischio che sviluppassero una vera identità nazionale.

All’Azerbaigian Stalin attribuì la provincia del Nagorno Karabakh anche se la popolazione di quell'area era per quattro quinti armena. Quando l’Unione Sovietica cominciò a sgretolarsi, settant'anni dopo, le minoranze locali di entrambi i paesi cominciarono a fuggire verso le zone dov’erano in maggioranza per mettersi al sicuro, anche prima che scoppiasse la guerra.

La guerra vera e propria è andata avanti dal 1992 al 1994, ed è stata un conflitto brutale con pulizie etniche: seicentomila azeri e trecentomila armeni sono fuggiti dalle loro case. Sulla carta, l’Armenia avrebbe dovuto perdere, perché ha una popolazione di soli tre milioni di persone rispetto ai nove milioni di quella dell’Azerbaigian, ma in realtà ha vinto la maggior parte delle battagli

Nel conflitto tra l’Azerbaijan e il Nagorno-Karabakh secondo Startmag , Baku è stata incoraggiata a scatenare le attuali ostilità dal suo alleato turco, che fornisce un considerevole supporto militare alle sue operazioni offensive.

Infatti, da quando Erdogan è salito alla presidenza (2014), la Turchia ha cercato di riallacciarsi alla sua “grandezza perduta” e al suo passato ottomano. La reislamizzazione, il nazionalismo e il pan-Turkismo sono stati quindi ampiamente incoraggiati da Erdogan, che ha intrapreso — come più volte abbiamo sottolineato su queste pagine di starmag— una politica di proiezione di potenza in Siria, in Libia e dal 2020 nel Mediterraneo orientale, contro Grecia e Cipro.

Dunque non è un caso che in un contesto di elevata conflittualità, allo stato attuale la Turchia sia l'unica nazione a non chiedere un cessate il fuoco tra i belligeranti ma al contrario sottolinei l’assoluta necessità di sostenere l’Azerbaijan, che incoraggia a riprendersi “le sue terre occupate”. Proprio Yunus Kilic, membro del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), ha detto pochi giorni fa che i recenti attacchi dell'Armenia non stanno solo prendendo di mira l’Azerbaijan ma il mondo turco nel suo insieme.

Agendo secondo una linea di politica estera espansionistica spregiudicata il governo turco non ha esitato a mobilitare — contemporaneamente all’invio di caccia, consiglieri militari e membri della sua compagnia militare privata (SADAT) — diverse centinaia jihadisti radicali che aveva precedentemente impiegato contro il regime di Bashar El-Assad in Siria e in Libia e contro le forze del maresciallo Haftar.

Così, Erdogan secondo startmag,ancora una volta, strumentalizza i jihadisti a proprio vantaggio, trasformando il confronto politico-militare in una guerra religiosa. Questi combattenti islamisti sono arrivati dalla Libia, trasportati su aerei di linea turchi, nonostante le smentite di Ankara e Baku. Il loro trasferimento è iniziato prima della metà di settembre, confermando che l’Arzerbaijan stava preparando un’operazione militare contro il Nagorno-Karabakh da diverse settimane. Per il momento, il loro numero è stimato tra alcune centinaia e mille. Di estrema rilevanza, infine, l’uso da parte turca di droni e F-16.

Il parlamentare Librandi, ospite di Paolo Del Debbio a Dritto e Rovescio lo scorso venerdì sera, ha attaccato la leghista Silvia Sardone. E lo ha fatto con frasi che se fossero state pronunciate da un esponente della destra avrebbero scatenato i benpensanti nostrani. Ma visto che l'obiettivo era una donna del partito di Salvini non si sono alzate voci di condanna. O almeno non ancora.

Nel corso della puntata si parlava di immigrazione. Come riferisce il giornale, ad un tratto il buon Librandi ha esclamato: "Il futuro dell'Italia è l'Africa e tu cara Sardone andrai a pulire i bagni degli africani perché saranno più ricchi di noi". Neanche le femministe sono scese in campo in segno di solidarietà alla Sardone.

Sui social, scrive Gabriele Laganà, al Giornale, invece, molti i commenti contro Librandi che fa parte di un partito che si dichiara moderato. "Tu in futuro andrai a pulire i bagni agli africani. Ditemi che è una frase decontestualizzata che non ho tempo di sentire cosa dica Librandi. Femministe mute? Eh già. La Sardone è leghista", ha commentato una utente. Un'altra persona ha notato la reazione dell'altra ospite, Karima Moual, giornalista di origini marocchine "Librandi maleducato e violento. Dice alla Sardone che presto pulirà i gabinetti agli africani solo per umiliarla, suscitando l'ilarità di quell'altra maleducata di Karima".

Ci sono insulti ed insulti. Se riversi parole pesanti contro un esponente della Lega allora non devi temere che buonisti e radical-chic si infervorano. Neanche se oggetto degli improperi è una donna, sottolinea il Giornale, forse è su questo che contava il deputato di Italia viva, il partito di Matteo Renzi uscito piuttosto malconcio dalle recenti elezioni Regionali, Gianfranco Librandi.

Ma Librandi scrive il Giornale, è andato oltre. Il deputato ha negato che ci sia un'emergenza immigrati da affrontare ed ha scaricato la colpa della situazione attuale sul leader leghista: "Il problema non c'è, lo ha creato Salvini". Dalle parole di Librandi pare di capire che il continuo flusso di clandestini sulle nostre coste sia da attribuire alla Lega e, perché no, ai sovranisti in generale. Forse il deputato una visita a Lampedusa la dovrebbe fare. Potrebbe così aprire gli occhi su una realtà che sembra non conoscere bene.

Intanto Silvia Sardone e stata investita dall'odio: "Putt... schifosa, muori bruciata". Il suo no alla moschea di Milano scatena gli islamici.
Gli screenshot, che ilGiornale. può pubblicare integralmente in esclusiva, mostrano la ferocia degli insulti diretti all’europarlamentare del Carroccio. “Forse non hai capito”, avverte con fare minaccioso il misterioso utente che si fa chiamare Otman. C’è chi le augura di “morire bruciata” e chi le promette che presto “noi stranieri ti entriamo in casa e ti stupriamo”. I vari messaggi sono stati recapitati nelle chat private dei profili social della Sardone. “Questi insulti, moltissimi dei quali provenienti da profili di stranieri - dice lei - evidenziano, una volta di più, che c’è un odio latente verso coloro che osano chiedere regole, controlli, sicurezza in merito al tema delle moschee”.

Continuerò scrive il Giornale, la dichiarazione del esponente della Lega, a stare al fianco dei cittadini che chiedono la chiusura delle moschee abusive, dopo aver ascoltato per anni le promesse del Sindaco Sala ed essere poi rimasti delusi”. Ed è proprio all'amministrazione comunale, colpevole di “un lassismo clamoroso nell’affrontare la gestione dei centri di preghiera islamici”, che la Sardone chiede di intervenire per sanare “abusi di tutti i tipi”. “Noi chiediamo un atteggiamento pragmatico e di non andare contro la volontà dei cittadini fortemente contrari a questa scelta e del Consiglio Comunale che già si era espresso opponendosi alla moschea in via Novara - conclude - Ribadisco che le minacce di questi frustrati non mi fermeranno, la nostra battaglia a testa alta al fianco dei milanesi che dicono no alla moschea continuerà”.

Intanto alla conferenza stampa di Matteo Salvini che ha seguito l'udienza preliminare aggiornata al 20 novembre dal Gup sul caso Gregoretti. Ovvia la soddisfazione del leader della Lega, la sua linea difensiva sembra essere stata accolta: sono stati chiamati a testimoniare, tra gli altri, anche Giuseppe Conte e Danilo Toninelli. E il leader della Lega commenta: "Era la mia prima volta in tribunale da potenziale colpevole e imputato, sono soddisfatto di aver sentito finalmente da un giudice che quel che si è fatto non si è fatto da soli", ha concluso il leghista.

La Procura intanto ha nuovamente richiesto, come aveva fatto nella prima fase del procedimento, l'archiviazione di Matteo Salvini dall'accusa di sequestro di persona per la gestione dello sbarco di 131 migranti dalla nave Gregoretti. In aula, per l'accusa, è presente il sostituto procuratore Andreas Bonomo. L'udienza davanti al gup Nunzio Sarpietro sta proseguendo con l'intervento dell'avvocato Giulia Bongiorno per la difesa. Come riferiscono fonti della Lega, la difesa di Matteo Salvini ha chiesto il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste sul caso Gregoretti e un'eventuale audizione dell'attuale ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. La richiesta di audizione del ministro è stata avanzata per sollecitare un approfondimento probatorio da parte del giudice per accertare se le procedure di sbarco indicate nel capo di imputazione sono le stesse seguite tuttora dal governo Conte.

Sorpasso nei sondaggi per Fratelli d'Italia sul Movimento 5 Stelle: il partito di Giorgia Meloni guadagna il terzo posto dopo le elezioni regionali e il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. I dati sono quelli della rilevazione effettuata da Index Research per Piazza Pulita, trasmissione di La7. Cambia poco in testa, con la Lega che è al 24% ma vede avvicinarsi il Pd, ora al 20,5%. La novità più importante arriva al terzo posto, con Fratelli d'Italia che raggiunge il 16,2% e scavalca il Movimento 5 Stelle, fermo al 16%. Più indietro troviamo Forza Italia al 6,1% e la Sinistra al 3,5%. Altro sorpasso è quello di Azione ai danni di Italia Viva: il partito di Carlo Calenda si attesta al 3,1%, quello di Matteo Renzi al 3%. I Verdi sono a 2%, così come +Europa, mentre Cambiamo di Giovanni Toti non va oltre l’1,4%  

Giorgia Meloni secondo Antonio Polito al Corriere della Sera, esiste sfida mai dichiarata ma nei fatti con Salvini, l'accreditamento internazionale ha un peso cruciale.  Unica a guidare un partito europeo, quello dei Conservatori, dove c'erano i Tories inglesi e dove oggi c’è il Likud israeliano e il partito al governo in Polonia. Questo le dà una collocazione internazionale più credibile di Salvini: pur restando infatti «contro» questa Unione Europea, lei non ne è più «fuori», come chi a Bruxelles è alleato della Le Pen. E neanche tanto “contro”, poi, se si considera che il partito gemello polacco ha votato per la Von der Leyen.  

Secondo Polito sono due anni che lei si muove per guadagnarselo, attraverso una rete sempre più fitta di relazioni tessute in Europa sia da Fitto sia da Carlo Fidanza, capo delegazione di FdI, e in America da più contatti diretti che hanno portato a due visite con incontro informale con Trump, una nel 2019 al Cpac (convegno annuale degli attivisti conservatori) e l'altra lo scorso febbraio a Washington al National Prayer and Breakfast, ristretto circolo della destra Usa. Di converso, la manifestazione del partito — la festa di Atreju — si è sempre più aperta ad ospiti internazionali.

Con Salvini coltiva rapporti di lealtà scrive corriere della sera, ci tiene alla coerenza. Sarà a Catania per solidarizzare con lui, imputato per il caso Gregoretti. Non sempre Salvini ha ricambiato. Giorgia Meloni non lo dice, ma il leader della Lega aprì la crisi di governo nell'agosto del 2019 mentre lei era in volo, in vacanza, per andare a nuotare con gli squali balena in Messico. Non le aveva detto niente.  

Ho avuto il grande onore di essere stata eletta Presidente di ECR, il partito dei conservatori europei che raggruppa più di 40 partiti europei e occidentali dice Giorgia Meloni alla Gazzetta Tricolore.

Ringrazio la famiglia dei conservatori per la grande fiducia che mi è stata data. Continueremo insieme a lavorare e a batterci per un'Europa confederale di Stati Liberi e Sovrani. Fratelli d’Italia è sempre più protagonista nel quadro politico internazionale: contro lo strapotere dei tecnocrati e dei burocrati, per costruire un’Europa che sappia difendere la sua identità e quella delle Nazioni che la compongono. Un’Europa di Patrioti.
 
Vi ringrazio continua , di cuore per ogni messaggio di augurio e sostegno ricevuto per la mia elezione dice Giorgia Meloni alla Gazzetta Tricolore. Essere il primo politico italiano a guidare un grande partito europeo è per me un immenso onore e farò di tutto per rappresentare al meglio l'Italia e per costruire un’Europa diversa, che sappia riscoprire le sue radici e il suo coraggio.

Intanto la Sinistra (3,5%), secondo il sondaggio, dei dati della rilevazione effettuata da Index Research per Piazza Pulita, trasmissione di La7. fa meglio sia di Azione sia di Italia Viva, visto che il partito di Carlo Calenda viene registrato al 3,1% e quello di Matteo Renzi al 3%. Appaiate al 2% troviamo due realtà come i Verdi e Più Europa, mentre tutti gli altri partiti messi insieme valgono il 2,2%. Rimane molto alta, infine, la percentuale di chi si dice indeciso e propende per l’astensione: secondo il sondaggio Index ben trentanove italiani su cento farebbero parte del cosiddetto partito del non voto.

Dai dati di Piazza Pulita relativi ai partiti a quelli dedicati ai leader politici. Nella speciale classifica della fiducia, il leader più apprezzato rimane il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, forte del 42% delle indicazioni. Alle spalle dell'inquilino di Palazzo Chigi si colloca Giorgia Meloni (35%), mentre la medaglia di bronzo va al segretario leghista Matteo Salvini, con il 29%. Giù dal podio il segretario dem Nicola Zingaretti – al 20% – seguito da Silvio Berlusconi (20%). Carlo Calenda e Luigi Di Maio sono appaiati al 19%, mentre Matteo Renzi è il fanalino di coda con il 15%.

Venendo dunque alla sfida per la leadership politica tra la Lega di Matteo Salvini e il Partito Democratico di Nicola Zingaretti, il Carroccio si conferma essere la lista più votata a livello nazionale, con il 24% dei consensi; al 20,5%, invece, il Piddì.

Se al 16,2% e al 16%, come detto, troviamo FdI e il M5s, Forza Italia di Silvio Berlusconi viene fotografata dal sondaggio al 6,1% delle preferenze. Per rimanere nell'area di centrodestra, Cambiamo! di Giovanni Toti intercetta l’1,4% dei favori. Mettendo assieme i volumi elettorali delle quattro forze di centrodestra, un’eventuale coalizione unita riuscirebbe a portare a casa il 47,7% dei voti. L'attuale maggioranza giallorossa di centrosinistra, invece, si ferma al 43% delle intenzioni di voto.

Dal sondaggio emergono secondo il Tempo di Roma, inoltre interessanti indicatori sull'operato del governo e sulla fiducia dell'opinione pubblica su quello che faranno Conte e i ministri. Il 50,9% ha dichiarato di avere poca o nulla fiducia in un buon utilizzo dei fondi europei per la crisi Covid.

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI