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Arriva la 'sfiducia' a Marino, in 25 firmano le dimissioni

E stata raggiunta la quota 25, ovvero il numero necessario dei consiglieri dimissionari per fare cadere consiglio e giunta in Campidoglio. Le dimissioni di massa saranno presentate oggi. Le firme si stanno raccogliendo presso la sede dei gruppi consiliari capitolini dove è presente anche un notaio.

"Ho dato la mia lealtà ad un bugiardo. Vergogna‬": così il senatore del Pd ed ex assessore ai Trasporti di Roma Stefano Esposito commenta su Twitter la notizia di Ignazio Marino indagato.

"Roma ha bisogno di un'amministrazione, della guida che merita, perché è una città che merita moltissimo, specialmente in vista del Giubileo che è alle porte. Ci auguriamo che Roma possa procedere a testa alta e con grande efficienza", ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei.

Fonti vicine al segretario del Pd Matteo Renzi smentiscono le ricostruzioni di alcuni organi di informazione secondo le quali Renzi avrebbe posizioni divergenti sulla vicenda capitolina da quelle del presidente del partito e commissario romano Matteo Orfini. "Si tratta - affermano - di ricostruzioni infondate dal momento che c'è tra i due piena sintonia e unità di intenti su Roma".

I pm, scrive Repubblica, contestano i reati di peculato e concorso in falso in atto pubblico. Marino, stando a quanto si legge, avrebbe ricevuto un avviso di garanzia il 28 ottobre scorso. Quella resa nota da Repubblica non è però l'unica novità sul fronte giudiziario per il sindaco di Roma. Stando a quanto scrive il Corriere della Sera, Marino sarebbe finito nel registro degli indagati, questa volta per l'accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato, anche nel procedimento avviato nei mesi scorsi dai pm coordinati dal Procuratore, Giuseppe Pignatone, sulla "Image onlus", fondata nel 2005 dall'esponente del Pd per fornire aiuti sanitari in Honduras e nel Congo. In questo caso l'iscrizione, stando all'articolo del quotidiano milanese, sarebbe avvenuta nei mesi scorsi. Ieri la Procura aveva smentito la notizia, diffusa poco prima dal legale di Marino, di una richiesta di archiviazione del procedimento.

La comunicazione delle indagini è un atto dovuto per svolgere le indagini. Io sono convinto di aver spiegato bene le mie ragioni e la mia trasparenza", risponde il sindaco Ignazio Marino alla notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati nell'inchiesta sulle spese effettuate con la carta di credito intestata al Comune

Fonti vicine al segretario del Pd Matteo Renzi smentiscono le ricostruzioni di alcuni organi di informazione secondo le quali Renzi avrebbe posizioni divergenti sulla vicenda capitolina da quelle del presidente del partito e commissario romano Matteo Orfini. "Si tratta - affermano - di ricostruzioni infondate dal momento che c'è tra i due piena sintonia e unità di intenti su Roma".

E il 12 ottobre Marino lascia Palazzo Senatorio dopo appena 848 giorni e dopo neanche avere iniziato la "fase due", ultima concessione di Renzi per rianimare l'amministrazione del chirurgo. Tutto era nato nel giugno 2013 nel migliore dei modi, con una vittoria netta su Alemanno (con il 63%) e la promessa ai romani di "tornare a sognare". Il primo atto di Marino, allora ancora in bicicletta poi abbandonata per la scorta, furono i Fori senza auto. Una notizia che fece il giro del mondo e restituiva l'idea di una Roma nuova. Poi anche in seguito ad alcune incertezze, come le nomine subito ritirate per difetti patenti, l'idillio con la città si affievolì fino a precipitare con i fatti di Tor Sapienza nel novembre 2014, l'assalto razzista ad un centro di accoglienza in un pezzo di periferia desolata, lontana dai Fori Imperiali. Quella fu la prima volta di Marino in bilico. Poi arrivò il Pandagate, le multe per il permesso Ztl scaduto e per il divieto di sosta. Mai pagate e pagate solo a scandalo avvenuto. Arrivarono così i primi mal di pancia di un Pd che di lì ad un mese venne travolto da Mafia Capitale. Assessori, pezzi di amministrazione, il presidente del consiglio furono coinvolti dal tornado della Procura di Roma. Marino no, anzi, lui fu il baluardo contro il malaffare. Il Pd serrò i ranghi. Orfini, nominato commissario di un partito romano avvelenato, fece quadrato attorno al sindaco onesto e antimafia che volle accanto a sé come super assessore il cacciatore di mafiosi Alfonso Sabella. Arrivarono altri provvedimenti a loro modo storici nella gestione della capitale: via i camion bar dei Tredicine dal centro storico, stop alla discarica di Malagrotta del monopolista Cerroni, norme ferree per i cartelloni pubblicitari, guerra al tavolino selvaggio che deturpa Roma, giù il lungomuro abusivo di Ostia. L'idillio ritorna, si riaccende, sembra funzionare. Poi arrivarono i viaggi.

Per i detrattori del sindaco, che intanto sembravano aumentare, quei viaggi sono troppi e intempestivi. Polemiche sulle vacanze americane mentre si lanciavano petali da un elicottero sul feretro di un boss Casamonica a Cinecittà. E soprattutto mentre il governo decideva, sulla scorta dell'inchiesta Mafia Capitale, che sì il municipio di Ostia andava sciolto ma il Campidoglio solo "sorvegliato speciale". Giorni duri per Roma che resta alla guida del vicesindaco Causi, chiamato da Renzi con Esposito e Rossi Doria, a lanciare la fase due. Poi l'ultimo volo di Marino in America, quello a Philadelphia per incontrare il Papa. Forse l'ultimo viaggio da sindaco. Una trasferta segnata da polemiche persino col pontefice ("non l'ho invitato io, è chiaro?" disse Bergoglio sollecitato) e dal Dinnergate. Tra cene sospette e smentite di presunti commensali e ristoratori, l'atto di "trasparenza", come lo ha definito più volte lo stesso Marino, si è trasformato invece in un boomerang letale. Ieri la mossa a sorpresa di "pagare tutte le spese sostenute con la carta di credito del Campidoglio" per mettere fine alle polemiche. Non è bastata. Almeno non al Pd. Ora Marino paga molto di più.

 

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