«La comunicazione digitale riconosce il valore e le aspettative dei destinatari ed esalta l’ascolto come valore dialogante e non solo come strumento di marketing: per la comunicazione istituzionale, oggi, l’ascolto è il momento decisivo per non sfociare nella respingente idea della soffocante propaganda. Per questo non ci si può affidare al caso per gestire un sito istituzionale, una fan page su Facebook o un account Twitter». Questa la riflessione di fondo che ha guidato l’incontro “La Comunicazione post media. Dall’immagine alla reputazione”, tenutosi nell’aula magna del Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania: un’iniziativa che ha preso le mosse dalla presentazione del libro, edito da Algra, “Della reputazione. La comunicazione post media della Pubblica Amministrazione” di Nuccio Molino, giornalista professionista ed esperto di comunicazione pubblica.
A dare il via ai lavori è stato Marco Romano, professore di Marketing dell’Ateneo catanese, che ha sottolineato come «gli scenari siano mutati anche per le aziende, che ormai sono consapevoli del fatto che la “vendita” di un prodotto o di un servizio è oggi legata a un presupposto fondamentale: riconoscere il valore dell’interlocutore. Questo – ha continuato – significa prima di tutto ascoltare il cliente, stabilire uno scambio di informazioni al fine di consolidare la relazione di fiducia». Necessità del riconoscimento del ruolo attivo della persona coinvolta nelle dinamiche comunicative che - nel caso della PA - tarda ancora a essere colmata, come ha evidenziato Sergio Talamo, giornalista professionista, collaboratore del Sole 24 Ore, docente in comunicazione e trasparenza, nonché dirigente di Formez PA. Dopo aver ripercorso le tappe legislative che da oltre 25 anni interessano la relazione tra PA e cittadino, Talamo ha illustrato il nuovo modello organizzativo cui è necessario tendere: «La comunicazione pubblica – ha affermato – deve essere incentrata sull’informazione al cittadino, quindi bisogna superare la legge 150 riavvicinando in modo strutturale il ruolo degli Urp e degli Uffici stampa. Occorre predisporre strutture di comunicazione dotate di un coordinamento unitario e titolari della gestione dei contatti via social e chat, della trasparenza e dei rapporti con i media. Inoltre bisogna rilanciare le azioni di citizen satisfaction e di rilevazione sistematica dei feedback del cittadino, e infine pensare all’inserimento formale della figura del Social media manager negli organici e l’adozione di Social media policy come documenti integranti i piani di comunicazione». Per Talamo, membro della rete #PAsocial che a livello di governo riunisce i nuovi comunicatori pubblici e sta appunto lavorando anche ad un nuovo modello organizzativo della comunicazione pubblica, i cardini per una gestione al passo con le esigenze dei cittadini sono due: la trasparenza e la presenza sui social. Una visione fondata sulla Riforma Madia, che ha varato il nuovo Codice dell’amministrazione digitale e il cosiddetto Freedom of Information Act italiano, il decreto legislativo 97/2016 che arriva dopo il decreto 33 del 2013 su trasparenza e accesso civico.
Dello stesso tenore le parole del presidente di Generazione Ypsilon Angelo Alù che dopo aver delineato il quadro cronico del digital divide in Italia, principale causa di crisi economiche e arretratezza culturale, si è soffermato sulla necessità di formalizzare i due diritti fondamentali in questo ambito: accesso a internet e accesso ai dati e agli atti pubblici. Battaglia portata avanti grazie anche alla piattaforma dirittodiaccesso.eu.
Molino ha inoltre puntualizzato come «i sentieri dell’interazione social richiedono investimenti produttivi in termini di autonomia gestionale e funzionale dell’area della comunicazione e istituzionale all’interno degli Enti pubblici. Anzitutto integrando le risorse on line, come il sito internet di riferimento con le pagine Facebook, gli account Twitter, ed eventuali altri social, poiché calibrando e dosando il flusso delle informazioni ci si rivolge direttamente ai diversi utenti senza mediazione: una rivoluzione di prospettiva che dovrebbe generare un cambiamento tra gli addetti all’informazione e alla comunicazione pubblica». In conclusione, Talamo e Molino hanno sottolineato «la necessità di una radicale riforma della legge 150/2000 sulla comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni, ormai inadeguata alla luce della rivoluzione digitale. Le nuove professionalità emergenti dall'utilizzo dei social e più in generale dei processi interattivi – hanno detto – devono trovare adeguata rappresentazione normativa prevedendo anche nuovi canoni organizzativi che superino la suddivisione tra Uffici Stampa, Portavoce e Urp, puntando a una logica integrata delle attività che metta al primo posto il dialogo con il cittadino».