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Mercoledì, 15 Maggio 2024

Se l'Europa soffre e soprattutto soffrirà a causa delle sanzioni, un costo molto alto lo paga anche l’economia russa. Sono stati quattordici mesi davvero duri per Mosca, con la Banca centrale che ha bruciato 150 miliardi di dollari. Centoquaranta miliardi di dollari, invece, sono stati "bruciati" dal calo dell'export verso l’Europa e dal crollo del prezzo del petrolio (vera e propria mannaia per l'economia russa).

Ma torniamo all'Italia. Se ci limitiamo a cibo e bevande, nel primo trimestre 2015 abbiamo esportato verso la Russia il 45% in meno di prodotti. Crollo massiccio per le automobili, con un -82,6% che è la quota più alta fra tutti i comparti. Duro colpo anche per la moda e i tessuti, con un -33,9% di export.

A pagare il conto sono, in primo luogo, le banche e le grandi aziende. Però, come rivela l'inchiesta, si hanno ripercussioni negative per tutti i cittadini.

Lo abbiamo scritto diverse volte, citando varie categorie produttive: le sanzioni contro la Russia ci costano un sacco di soldi.

Ora un'inchiesta di sette giornali europei del Lena (Leading European Newspaper Alliance), che comprende anche Repubblica, svela che l'Europa proprio per effetto delle sanzioni rischia di perdere due milioni di occupati, con 100 miliardi di euro in meno di esportazioni tra beni e servizi. Per l'Italia si stima un danno di quasi 12 miliardi, con una perdita di lavoro per almeno 215 mila persone.

Ovviamente le sanzioni producono danni a entrambe le parti, sia a chi applica sia a chi le subisce. La "caccia ai capitali" degli oligarchi finiti nella lista nera (150 nomi in tutto) ha prodotto qualche risultato, ma davvero minimo se andiamo a guardare i dati. In nove paesi su 27 non è stato trovato (e bloccato) nemmeno un centesimo. L'Italia è riuscita a sequestrare beni per 30 milioni di euro al miliardario Arkadj Rotenberg. La Germania ha congelato solo pochi "spiccioli", bloccando alcuni cavalli da corsa per un valore di 124mila euro. Stesso magro bottino a Cipro (solo 120mila euro), con l'aggravante che l'isola è una storica roccaforte finanziaria russa.

Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con il presidente russo Vladimir Putin, il gruppo di Forza Italia alla Camera ha presentato una mozione per impegnare il governo italiano ad attivarsi in sede europea affinché si dia fine alle sanzioni contro la Russia.

L'obiettivo dell’iniziativa assunta personalmente da Berlusconi, che di questo ha parlato nello specifico con Putin nell’incontro avuto all’aeroporto di Fiumicino, e della conseguente mozione che il gruppo azzurro della Camera ha presentato oggi è recuperare lo spirito di Pratica di Mare ridando all'Italia un ruolo di "ponte di pace" tra Europa, Stati Uniti e Russia. L’azione prende spunto innanzitutto dal danno economico che le sanzioni stanno producendo nei confronti dell’Italia e della stessa Russia: 8 milioni di euro al giorno è il conto che il sistema industriale paga per le sanzioni. Nei primi 4 mesi del 2015 la riduzione dell’export supera i 900 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e in previsione la voragine si amplia. Le stime prevedono un calo del Pil di oltre 4 punti per la Russia. "Ieri abbiamo presentato una mozione sul tema dell’immigrazione, punto centrale della sicurezza del nostro Paese ma anche dell’Europa, e il tema delle sanzioni nei confronti della Russia rappresenta l’altra faccia della stessa medaglia - ricorda Brunetta - senza la Russia non è pensabile che l’Europa attui una azione incisiva e significativa nei confronti del terrorismo mediorientale e quindi poter riuscire ad attuare le azioni necessarie per la sicurezza non è pensabile ritenere che una nuova guerra fredda non abbia ripercussioni". Invece, un rinnovato spirito di collaborazione è elemento fondamentale per vincere la minaccia terroristica e quindi anche il problema strettamente legato dell’immigrazione.

La mozione, illustrata in conferenza stampa dal capogruppo Renato Brunetta, si articola su tre punti. In primo luogo, "impegna il governo ad assumersi la responsabilità di fronte ai cittadini con riguardo alle sanzioni perché ingiuste e controproducenti e dannose". Poi, Forza Italia chiede al governo di "battersi in tutte le sedi Ue affinché l’esempio italiano sia seguito da un numero crescente di Paesi, riconoscendo alle parti il diritto di difendere, privilegiando il dialogo, le proprie identità nazionali e i legami con le proprie origini nel rispetto delle libertà, attraverso la logica del compromesso e non della prova di forza". Infine, la mozione è tesa a "far sì che gli Stati Uniti riconoscano che la strada della collaborazione non passa attraverso le sanzioni che umiliano i popoli". Brunetta si augura che "la discussione della mozione posa esserci già la prossima settimana in parlamento. Abbiamo dalla nostra sicuramente la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e delle imprese ma anche dell’opinione pubblica continentale".

Intanto solo Tsipras gioca sul tavolo di Vladimir Putin, al quale fa visita nel giorno in cui Atene ufficializza un accordo con la Russia per la realizzazione di un gasdotto. L'intesa prevede il passaggio del Turkish Stream sul territorio ellenico: la firma di San Pietroburgo prevede che Mosca fornisca ad Atene un prestito pari al 100% dell'importo del gasdotto, con Gazprom che non controllerà la tratta. Dalla città russa, il premier greco usa parole di sfida:  "L'Europa non si deve considerare come l'ombelico del mondo, deve capire che il centro dello sviluppo economico mondiale si sta spostando verso altre aree", dice affianco al leader del Cremlino chiedendo a Bruxelles "scelte coraggiose".

 

Alla vigilia dell'Eurogruppo dell' 'ultima chance', Europa e Grecia sono ai ferri corti. L'intesa è lontana più che mai: Ue, Bce ed Fmi non si muovono dalle loro richieste convinti di aver già ceduto molto, e il premier greco minaccia di aver pronto un "grande no" ad un accordo che prolunghi le "politiche catastrofiche" attuate finora. La paura per quello che accadrà continua ad agitare le Borse europee che chiudono in negativo, spinge gli Usa a tornare in pressing sull'Europa e la Banca di Grecia a mettere pressione sul Governo ellenico, avvertendolo che senza compromesso si va dritti al default e all'uscita da euro e Ue. Intanto la Bce continua a tenere aperto il rubinetto della liquidità d'emergenza Ela (aumentata di 1,1 miliardi) che continuerà a sostenere le banche greche fino a che non avverrà un 'incidente', cioè il fallimento. "La richiesta di reperire risparmi con tagli alle pensioni è incomprensibile, se i leader europei insistono su questa incomprensibile richiesta, si assumeranno il costo di conseguenze che non porteranno benefici a nessuno", ha detto Tsipras dopo aver incontrato il cancelliere austriaco Werner Faymann ad Atene. Il Governo greco, ha spiegato, è pronto a dare un "grande no" a un cattivo accordo e lui stesso non ha paura di prendere decisioni difficili. Perché sui tagli alle pensioni, ha chiarito, non si può fare di più: la proposta greca elimina gradualmente l'opzione del pensionamento anticipato dal 2016 e genererà risparmi aggiuntivi per 2,5 miliardi nel periodo 2016-2022. Per il premier greco ottenere risparmi per 1,8 miliardi nel 2016 solo dai tagli alle pensioni non è possibile. Ma le proposte greche non sono "credibili" secondo i creditori: "I greci devono dire quello che vogliono, non solo quello che non vogliono", ha detto il vicepresidente della Commissione responsabile per l'euro, Valdis Dombrovskis, spiegando ancora una volta come le istituzioni abbiano in parte proposto delle alternative ai tagli alle pensioni, come tagli alla difesa (da 200 milioni all'anno devono salire a 450), ma i greci non hanno risposto. In ogni caso, ha spiegato il commissario Pierre Moscovici, le pensioni vanno riformate perché il sistema è insostenibile per le casse dello Stato. "E' falso dire che la Commissione propone nuova austerità", ha detto Moscovici. I creditori, che si dicono unanimi, ritengono di aver ceduto già su tutti gli obiettivi di bilancio e aspettano un segnale da Atene. Lo stallo è sotto gli occhi di tutti, e una nuova telefonata Juncker-Tsipras in serata non ha portato a nulla. Domani Angela Merkel terrà al Bundestag un discorso in cui affronterà il nodo greco. La cancelliera vuole che la Grecia rimanga nell'eurozona, pur ritenendo necessario che vada avanti sulla strada delle riforme. Ma parecchi in Europa, dalla stessa Germania a Irlanda e gran Bretagna, hanno fatto sapere di aver preparato 'piani di contingenza' in caso di fallimento dei negoziati. L'ultima parola non sarà all'Eurogruppo, dove nemmeno il ministro greco Yanis Varoufakis si aspetta progressi. Il caso Grecia finirà sul tavolo dei capi di Stato e di Governo il 25-26 giugno, visto che al momento non sembra guadagnare terreno l'ipotesi di un appuntamento straordinario prima di allora.

"Se al 1 luglio non risulterà pagato, vuol dire che non è pagato": così il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, risponde alla domanda se la Grecia farà default verso il Fmi non pagando la rata entro fine giugno. Lagarde ha precisato che "non c'è nessun periodo di grazia", e definito "imperativa" una riforma delle pensioni in Grecia.

"Non prendiamo in considerazione l'opzione di fermare l'orologio, anzi sappiamo che l'orologio continua a ticchettare". Così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas a chi gli chiedeva se poteva essere presa in conto l'opzione diplomatica di fermare il conto alla rovescia per dare più tempo ai negoziati sulla Grecia.

Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan non è preoccupato per la Grecia. Entrando alla riunione annuale del board del Esm, il fondo salva-Stati, il ministro ha risposto "no" a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la situazione greca.

L'euro resta irreversibile. Così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas su una Grexit. "Sì", ha risposto netto a chi gli chiedeva se la Commissione continui a restare dell'idea che l'eurozona sia "irreversibile".

Il negoziato vero "comincia adesso": le parole pronunciate ieri da Alexis Tsipras, il premier greco che sta portando all'estremo il braccio di ferro con i creditori, stupiscono dopo cinque mesi di trattativa. Ma forse quella frase, detta al Parlamento di Atene, è rivelatrice. Sia la Grecia che i creditori si preparano alla rottura della trattativa e già guardano oltre, sapendo che il 'Grexit' non è affatto scontato. E fra Francoforte, Washington e Bruxelles c'è chi scommette che la Grecia sarebbe costretta a tornare al negoziato entro fine anno. Per firmare un momento prima di non riuscire a pagare stipendi e pensioni. E' quello che trapela dalla Germania, dove il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble avrebbe informato i parlamentari di "piani di contingenza". E dalle istituzioni creditrici sempre più scettiche dopo che, fra le parti, ormai volano gli stracci.

E' in questo scenario che si dipanerebbe il "vero negoziato" di cui parla Tsipras. Con i mercati in probabile sommovimento, stipendi pubblici e pensioni a rischio e un'economia privata di un sistema bancario funzionante, la sua strategia sarebbe addossare le colpe ai creditori, magari aprendo a una coalizione d'emergenza con l'opposizione. Sempre che non intervengano elezioni. Il sommovimento politico e sociale in Grecia, però, potrebbe ritorcersi contro il governo mettendo sempre più all'angolo Syriza. E' uno scenario che i creditori mettono in conto da un po': Atene, si ragiona nel fronte dei creditori, sarà costretta a firmare un momento prima di non essere in grado di pagare pensioni e stipendi. E' un gioco che rischia di sfuggire di mano e che, facendo crollare la fiducia fra paesi, rischia di impattare anche sui conti pubblici dei vicini. Come Italia e Francia: il fallimento della 'linea morbida' tenuta dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, potrebbe portare a un irrigidimento dopo lo sforzo pro-flessibilità delle istituzioni europee. Senza contare il rialzo degli spread già evidente in questi giorni, che se continuasse potrebbe peggiorare gli scenari di bilancio e costringere a rifare i conti.

Un flop all'Eurogruppo di domani è dato quasi per certo da chi è vicino al negoziato. I capi di governo europei - sempre che le pressioni Usa e l'emergenza non portino a una soluzione politica al fotofinish - potrebbero essere costretti a prenderne atto. Se andrà così, è quasi escluso (a meno di confische e prelievi straordinari) che Atene riesca a pagare i circa 1,5 miliardi dovuti al Fmi a fine mese, per non parlare deo sette miliardi dovuti alla Bce fra luglio e agosto. Con appena il 15% del debito greco in mano ai privati, tuttavia, non sarebbe necessariamente un default: Standard & Poor's ha fatto già sapere che non lo considererebbe tale. "Un default non può essere dichiarato senza una decisione politica del Fmi e della Bce, cui probabilmente si opporrebbero sia l'amministrazione Obama che il board del Fmi", ragiona Jacob Kirkegaard, un esperto del Peterson Institute a Washington.

Nel frattempo la Bce - con i 'falchi' rafforzati dal 'buco' di bilancio che si creerebbe a Francoforte - dovrà decidere sulla liquidità d'emergenza alle banche. A maggioranza di due terzi, potrebbe chiudere la bombola d'ossigeno (ha raggiunto oggi gli 84 miliardi di euro) che fa funzionare la Grecia. Ma anche senza questo giro di vite, la liquidità verrà comunque intaccata dal rialzo (quasi automatico in caso di mancato pagamento al Fmi, riferiscono fonti europee) dello 'sconto' sul valore dei titoli greci che garantiscono i fondi 'ELA'. Tsipras sarà quindi obbligato a introdurre limiti ai movimenti di capitali, forse a chiudere le banche per alcuni giorni, per fermare una vera e propria fuga che del resto è già in atto: solo negli ultimi tre giorni si sarebbero dileguati quasi due miliardi.

"Gli sforzi della Germania restano tesi a che la Grecia rimanga nell'eurozona" ha detto Angela Merkel parlando al Bundestag in vista del prossimo consiglio europeo del caso greco. "Vogliamo che la gente in Grecia, come accaduto alla gente in Irlanda, Portogallo e Spagna, abbia una prospettiva migliore". "Un accordo con le tre istituzioni è ancora possibile". La cancelliera ha sottolineato che si tratta di un "presupposto decisivo" per il proseguimento del programma in Grecia. "L'euro è sempre stato più di una valuta", ha detto la Merkel.
"La Grecia era sulla buona strada ma non ha concluso il percorso. Purtroppo ha sempre di nuovo rimandato alcune importanti riforme". "Queste riforme non sono soltanto presupposto per chiudere il secondo programma - ha aggiunto - ma sono anche il presupposto perché gli aiuti possano avere un effetto sostenibile". Per la cancelliera "diversamente da Atene Portogallo, Irlanda e Spagna hanno affrontato i programmi e stanno di nuovo sulle loro gambe".

La Commissione Ue e la Bce starebbero lavorando alla bozza di un possibile comunicato per la ristrutturazione del debito se la Grecia farà l'accordo con i creditori riporta Kathimerini. Si tratta di una potenziale svolta nella trattativa.

"E' il momento più difficile e più affascinante dell'intera legislatura. Questa legislatura, che finirà nel 2018, fa venire i brividi". Lo ha detto, secondo quanto riferisce chi è presente, il premier Matteo Renzi ai deputati Pd riuniti in assemblea alla Camera.

"Queste elezioni dicono che col Renzi 2 non si vince, devo tornare il Renzi 1. E basta primarie nel Pd". In un colloquio con la Stampa, il premier fa il punto dopo i ballottaggi: "non ho scelto io i candidati: fosse per me la stagione delle primarie sarebbe finita". E promette cambio di ritmo: "riforme più vicine, dovrò aumentare i giri, non diminuirli". "Questo è un Paese moderato, vince chi occupa il centro. Con personalità - aggiunge il segretario del Pd - perché se invece degli originali corrono le copie, allora non funziona". Renzi prende come esempio il caso Liguria: "La Paita non ha perso perché il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero andati comunque a lei, ha perso perché nell'ultima settimana il 5% degli elettori di centro si è spostato verso Toti". Nel promettere un cambiamento nel partito, Renzi aggiunge: "Anche perché tra un anno si vota nelle grandi città. Torino, Milano, Bologna, Napoli, forse Roma". Roma? gli chiede l' intervistatore, Massimo Gramellini. "Se torna Renzi 1, fossi in Marino non starei tranquillo".

Dopo il tornante, duro per il Pd, dei ballottaggi, Matteo Renzi, di fronte all'assemblea del gruppo parlamentare non si nasconde e ammette senza mezzi termini che "questo è il momento più difficile della legislatura". La riunione è convocata per eleggere il successore alla guida del gruppo della Camera dopo le dimissioni di Roberto Speranza nei giorni del voto sull'Italicum. Renzi candida Ettore Rosato, attuale vice capogruppo, la persona, sottolinea il premier che "ha caratteristiche di tenacia, determinazione necessarie per guidare il Gruppo più numeroso della storia della Repubblica e che dovrà gestire riforme ambiziose".  In mattinata la 'Stampa' aveva pubblicato un colloquio con il premier dopo i ballottaggi nel quale il premier criticava lo strumento delle primarie per la scelta dei candidati locali.

"Ettore Rosato è il candidato naturale alla guida del gruppo. Ci vuole una leadership autorevole". dice Matteo Renzi all'assemblea del gruppo Pd alla Camera, nel proporre Ettore Rosato per l'incarico di presidente. "E' una proposta di cui mi assumo la responsabilità, se ci sono proposte alternative fate pure", aggiunge.  "Di fronte a noi - ha detto Renzi - ci sono molte sfide, dalle riforme ai diritti civili. Ci vuole quindi una leadership autorevole del gruppo". "In questi due anni - ha aggiunto - il lavoro svolto da Rosato lo rende il candidato naturale. Ettore ha caratteristiche di tenacia, determinazione necessarie per guidare il Gruppo più numeroso della storia della Repubblica e che dovrà gestire riforme ambiziose". Matteo Renzi ha spiegato che, scegliendo Ettore Rosato come nuovo capogruppo del Pd, ha scelto la continuità: "C'erano due strade, o la riforma complessiva del gruppo-partito in un nuovo equilibrio o affrontare in modo più agile il solo problema del capogruppo".

 

Continua la politica europea contro la Russia. Durante una riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti dei 28 (Coreper) è stato infatti deciso che le sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin saranno estese fino alla fine di gennaio 2016
Questo atto sarà formalizzato lunedì prossimo, quando sarà approvato come "punto A" dal Consiglio esteri di Lussemburgo.Le sanzioni economiche nei confronti di Mosca erano state imposte, "solamente" per un anno, nel luglio 2014, in risposta all'annessione della Crimea e al presunto sostegno russo ai separatisti ucraini.

Fedor Biryukov e Alexander Sotnichenko, il primo un membro del direttivo del partito russo conservatore Rodina, il secondo un professore di Relazioni Internazionali all'Università Statale di San Pietroburgo, sono state ieri le prime "vittime" della disposizione voluta del Presidente del Parlamento Europeo Martin Schultz, che limita l'accesso a politici, diplomatici e personale di ambasciata Russa all'interno degli edifici del Parlamento Europeo.

La decisione era stata presa dal presidente del Parlamento il 3 giugno scorso, a seguito della pubblicazione da parte di Mosca della famosa Black List, rivolta contro 89 tra politici e personalità europee, considerate non gradite in Russia.

Quello di ieri è il primo caso, però, in cui il provvedimento di Schultz viene applicato concretamente nei confronti dei due politici russi e dei loro accompagnatori, tutti cittadini della Federazione, che avrebbero dovuto partecipare ieri mattina ad una conferenza stampa sul tema della crisi Ucraina e delle relazioni fra l'Europa e la Russia organizzata dal partito europeo Alliance for Peace and Freedom all'interno dell'Europarlamento. La conferma del divieto di accesso agli edifici è arrivata con una mail inviata direttamente dall'ufficio di presidenza, con la quale lo stesso Schultz ha dato disposizione di non emettere i pass per i cittadini russi, vietandone di fatto l'accesso al Parlamento. "È la prima volta che succede una cosa del genere, oggi abbiamo sperimentato un episodio che può essere definito tranquillamente come razzismo: siamo stati trattati come gli ebrei nella Germania di Hitler" commenta il prof. Sotnichenko, a margine della piccola manifestazione spontanea contro la "russofobia", organizzata davanti all'ingresso principale del Parlamento Europeo in seguito al divieto.
Critico nel commentare l'episodio è stato anche il dirigente di Rodina Biryiukov, che già alla prima comunicazione del divieto, arrivata nei giorni scorsi, aveva denunciato sulla stampa russa il comportamento di Bruxelles. "L'estensione delle libertà politiche e dei diritti civili dell'Unione Europea è chiaramente sovrastimata" aveva scritto qualche giorno fa. "Siamo venuti qui per una conferenza sul tema delle prospettive di pace nelle relazioni euro-russe e nel conflitto nel Sud Est dell'Ucraina", ha spiegato ieri Biryiukov, "perché riteniamo che la Russia sia un Paese europeo e che quindi sia assurdo provocare un conflitto tra l'Europa e la Russia". "Gli euroburocrati fanno gli interessi di Washington e non dell'Europa", continua il rappresentante del partito, "e questo può essere chiaramente riscontrato in quello che è successo oggi".

"Oggi abbiamo constatato, infatti, che è proibito per i cittadini russi visitare le istituzioni europee solo per il fatto di possedere un passaporto russo" continua, "questo dimostra che in Europa non vengono rispettati alcuni diritti e che evidentemente non esiste libertà di parola e opinione per determinate persone". Episodi come questo dimostrano come le tensioni tra Russia ed Unione Europea siano tutt'altro che superate, nonostante l'atteggiamento italiano in questo senso si sia dimostrato negli ultimi giorni tendente perlopiù alla ricerca di canali di dialogo. Il professor Sotnichenko è stato, tra gli altri, l'organizzatore, lo scorso marzo, del Forum Internazionale dei Conservatori a San Pietroburgo. Un evento al quale sono stati invitati i principali partiti nazionalisti europei e che ha avuto una forte eco nella stampa internazionale. "Quello che è successo oggi in Parlamento è stata una grande sorpresa per me, perché pensavo che l'Unione Europea fosse un'istituzione democratica" spiega in modo ironico mentre mostra un cartello con su scritto 'Stop Russofobia'. "Mi meraviglia il fatto che l'Europa spesso critichi la Russia per la libertà di parola, ma credo che in Russia ci sia davvero una società molto più aperta che in Europa", continua. "Il Parlamento Europeo evidentemente non vuole ascoltare persone che esprimono opinioni alternative sulla situazione in Ucraina e sulla Russia, come era previsto che facessimo oggi, e per di più, evidentemente non vuole ascoltare neanche i suoi stessi deputati che hanno organizzato l'evento e che ci hanno invitato qui", accusa Sotnichenko. "Penso che questo sia un episodio di razzismo socio-culturale basato sulla nazionalità: ci è stato vietato l'ingresso semplicemente per il fatto di essere cittadini russi", prosegue, "questa situazione deve essere denunciata affinché gli europei sappiano che il Parlamento di Bruxelles non è un'istituzione democratica".Intanto un altro Paese membro del UE, si trova in difficolta con i propri partner :

Prosegue il botta e risposta fra le istituzioni europee ed internazionali e la Grecia. "È comprensibile che gli Stati siano nervosi, il programma scade tra poco e circolano scenari poco favorevoli", afferma Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue e responsabile per l'euro che non nasconde una certa preoccupazione sull'andamento delle trattative.  "I greci - aggiunge - devono dire quello che vogliono, non solo quello che non vogliono". Sull'infinito negoziato con Atene è tornato anche il commissario Ue per gli Affari Economici e Monetari, Pierre Moscovici: "E' assolutamente falso dire che la Commissione voglia imporre misure di austerità. Juncker ha personalmente proposta a Tsipras" misure per alleviare il peso sui cittadini "ma attendiamo ancora risposte".  Ma Atene fa sapere di non volere un'intesa al ribasso. Siamo pronti a dare un "grande no" a un cattivo accordo, ha affermato Alexis Tsipras, al termine di un incontro con il cancelliere austriaco Werner Faymann. "La nostra proposta - sottolinea il premier greco secondo il resoconto di Bloomberg - assicura che centreremo gli obiettivi di bilancio fissati dalle istituzioni per il 2015 e 2016".

Nel frattempo, uno dei protagonisti del braccio di ferro, il ministro delle Finanze greco Varoufakis è atteso oggi a Parigi per un incontro con il segretario generale dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (Ocse), Angel Gurria. I due discuteranno di numerose questioni tra cui le riforme nella vendita al dettaglio, l'edilizia, il sistema bancario, il mercato del lavoro, le commissioni statali e i meccanismi per combattere la corruzione. Nel comunicato diffuso dal governo di Atene si ricorda come il colloquio avvenga "in un momento cruciale del percorso di riforma del Paese". Dopo la tappa a Parigi, Varoufakis si recherà a Lussemburgo per prendere parte all'Eurogruppo.

La posizione delle istituzioni comunitarie si è spostata "significativamente" rispetto all'accordo del 20 febbraio, ci sono stati degli "spostamenti estremi su tutte le questioni di bilancio, e non solo": è quanto spiegano fonti europee precisando come le istituzioni si siano mosse sulle "aree strutturali, collegate alla crescita di bilancio". Lontanto dai riflettori, però, e nonostante i toni siano sempre più alti, il filo delle trattative non sembra essersi interrotto. E secondo alcuni media greci, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, starebbe per fare un nuovo intervento nel tentativo di aiutare il governo greco e i suoi creditori a raggiungere un accordo. A riferirlo è l'edizione online del quotidiano ateniese To Vima che cita informazioni riprese da euro2day.gr e confermate da Bruxelles. Secondo tali informazioni, Juncker dovrebbe fare una telefonata a Tsipras questo pomeriggio. Il clima, comunque, non è certo dei migliori. Le polemiche tra la Grecia e i suoi creditori hanno ormai ampiamente raggiunto e superato il livello di guardia. Ieri Tsipras ha accusato il Fondo monetario internazionale di avere responsabilità "criminali" per la situazione in cui versa il suo Paese, mentre Juncker ha puntato l'indice contro il premier sostenendo che sta "mentendo" sull'andamento del negoziato. Ecco perchè quello di domani rischia di essere una vera e propria resa dei conti, anche per i rapporti tesi nel recente passato fra diversi ministri dell'Eurogruppo e il rappresentante di Atene.

La popolazione residente in Italia è sostanzialmente arrivata alla crescita zero: i flussi migratori riescono a malapena a compensare il calo demografico dovuto alla dinamica naturale. Lo rende noto l'Istat. Nel 2014 siamo arrivati a 60.795.612 unità, con un aumento di appena 12.944 rispetto all'anno precedente.

La popolazione straniera ha fatto registrare un incremento di 92.352 unità, portando i cittadini stranieri residenti nel nostro Paese a 5.014.437, pari all'8,2% dei residenti. Il lieve incremento della popolazione iscritta in anagrafe, spiega l'Istat nel bilancio demografico 2014, è dovuto in larga misura alle ultime rettifiche legate alla revisione delle anagrafi, effettuata da tutti i Comuni italiani tra il 2012 e il giugno 2014, a cui si devono aggiungere anche le ricomparse di persone precedentemente cancellate per irreperibilità censuaria (+96.468, di cui 53.427 stranieri), ma già effettivamente presenti sul territorio.

Al netto delle rettifiche dovute alla revisione anagrafica, il cui saldo residuale si attesta a +10.869 unità, l'incremento è stato molto limitato (2.075 unità complessive, pari a +0,003%), da attribuirsi esclusivamente alle migrazioni dall'estero, che compensano appena il calo di popolazione dovuto al saldo naturale negativo. Se i residenti si scompongono in base alla loro cittadinanza (italiana e straniera), la componente italiana risulta in diminuzione (-83.616), seppur mitigata dall'acquisizione della cittadinanza italiana di una parte sempre più ampia della componente straniera (+130 mila circa).

Il movimento naturale della popolazione (nati meno morti) ha fatto registrare nel 2014 un saldo negativo di quasi 100 mila unità, che segna un picco mai raggiunto nel nostro Paese dal biennio 1917-1918 (primo conflitto mondiale). Sono stati registrati quasi 12 mila nati in meno rispetto al 2013.

Anche i nati stranieri continuano a diminuire (-2.638), pur rappresentando il 14,9% del totale dei nati. La mortalità resta stabile, con una lieve diminuzione in valore assoluto (-2.380).

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