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Domenica, 02 Giugno 2024

“Il nostro giocattolo più grande è il cervello”. Così affermava Charlie Chaplin. Non v’è dubbio che l’attore, comico, regista, sceneggiatore, compositore e produttore cinematografico britannico abbia “giocato” e stimolato non poco il proprio cervello, se è vero che l’autore di oltre novanta film è oggi considerato tra i più importanti ed influenti cineasti del XX secolo ed una delle personalità più creative e influenti del cinema muto.

In occasione della Settimana Mondiale del Cervello, gli esperti della Società Italiana di Neurologia (SIN) richiamano l’attenzione sui numerosi studi scientifici che dimostrano come il cervello, a differenza di altri organi, migliori il proprio funzionamento in proporzione al lavoro effettuato e non risenta, quindi, di un particolare processo di usura correlato al suo impegno continuo.

“Fin dall’età giovanile – dichiara il Prof. Leandro Provinciali, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di Scienze Neurologiche degli Ospedali Riuniti di Ancona - il cervello riduce la sua componente più nobile, la quantità di neuroni: in pratica, a breve distanza dall’epoca in cui ha completato il proprio sviluppo inizia a perdere cellule ma, con l’apprendimento, crea nuove connessioni fra i neuroni. In realtà, i collegamenti fra i neuroni rimangono attivi se impiegati con continuità, mentre il numero delle cellule decresce progressivamente, pur non compromettendole prestazioni fino all’età molto avanzata”.

Una riduzione dell’efficienza cognitiva potrebbe significare l’inizio di un decadimento cerebrale, ma i meccanismi di compensazione attuati sono tali che l’espressione clinica si realizza molto tardivamente rispetto ai cambiamenti biologici.

“In generale – sottolinea il Prof. Provinciali - è la memoria di episodi che viene inizialmente compromessa e, successivamente, la rievocazione di nomi propri. Quando persistono, quindi, difficoltà delle abilità cognitive, soprattutto memoria e attenzione, è bene rivolgersi al neurologo che valuterà se indagare ulteriormente con esami specifici, qualora si escludano fattori esterni come disturbi del sonno, stress, alimentazione, farmaci etc”.

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato come il sonno e l’invecchiamento cerebrale siano strettamente correlati: da un lato, dormire poco e male contribuisce al declino cognitivo e al rischio di demenza; dall’altro, durante la senilità si assiste ad un’alterazione del ciclo sonno/veglia con maggiore vulnerabilità a stimoli esterni a causa della riduzione delle onde delta del sonno profondo, con conseguente maggior frammentazione del sonno.

Il sonno rappresenta, quindi, un’attività fondamentale per l’uomo: un terzo della vita, infatti, si trascorre dormendo. Ma non sempre si riesce a dormire bene, a causa di uno stile di vita frenetico, di comportamenti inadatti o di malattie del sonno, spesso ignorate o sottovalutate.

“I disturbi del sonno colpiscono circa 13 milioni di italiani – ha affermato il Prof. Gianluigi Gigli, Ordinario di Neurologia presso l’Università di Udine -.  I principali sono l’insonnia, che, in forma più o meno grave, colpisce circa il 41% della popolazione, la sindrome delle apnee in sonno, di cui soffrono circa 2 milioni di italiani, la sindrome delle gambe senza riposo, che colpisce 3 milioni di italiani, ed i disturbi del ritmo circadiano. I disturbi del sonno si associano spesso ad altre malattie, soprattutto a carico del Sistema Nervoso”.

Ad esempio, i soggetti affetti da decadimento cognitivo sono frequentemente colpiti anche da alterazioni del sonno. La sindrome delle apnee in sonno è un fattore di rischio riconosciuto per malattie cardio e cerebrovascolari. I pazienti affetti da epilessia lamentano frequenti disturbi del sonno quali insonnia, eccessiva sonnolenza diurna, apnee nel sonno, sonno notturno frammentato, movimenti periodici degli arti in sonno, che spesso sono un fattore limitante il corretto controllo delle crisi. La sclerosi multipla è invece associata a svariati disturbi del sonno, quali insonnia, spasmi notturni, narcolessia, disturbi respiratori in sonno e, in particolare, alla sindrome delle gambe senza riposo.

La recente approvazione della direttiva europea sul rilascio della patente di guida ha costretto anche l’Italia a confrontarsi con il problema della diagnosi della narcolessia e della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno. Ne deriva la necessita di adeguare la risposta, finora insufficiente, del servizio sanitario nazionale alle esigenze diagnostiche legate alla patente di guida, attraverso l'organizzazione di una rete di Servizi di Medicina del Sonno. L'obiettivo è quello di ridurre gli incidenti alla guida dovuti all’eccessiva sonnolenza diurna. Trattandosi di malattie i cui sintomi sono curabili, lo scopo della diagnosi non è quello di togliere il permesso di guidare alle persone affette, limitando ‘uso di un mezzo talora indispensabile per lavorare; al contrario, una diagnosi corretta può far prendere loro consapevolezza della necessità di usare gli strumenti a disposizione per combattere la sonnolenza diurna, a cominciare dal trattamento ventilatorio notturno per le apnee. A seguito di tale trattamento, un controllo neurologico, clinico e strumentale, potrà documentare l’eventuale regressione dei rischi nella guida in condizioni abituali.

“In Campania c’è un fondo unico regionale per la sanità al quale attingono tutte le ASL . Ogni fine anno accade che i soldi finiscono e questo a causa soprattutto delle grandi Asl , in particolare  del napoletano che sostengono spesso costi eccessivi . Adesso abbiamo una proposta dall’Irpinia che siamo convinti  possa trasformarsi anche in una proposta di legge”. L’annuncio al Corriere del Sud è di Sabino Morano Presidente di Primavera Irpina, associazione politico sociale di valorizzazione del territorio irpino .

E  la proposta c’è ed è chiara . “Vorremmo che quello che è oggi il fondo unico regionale per la Sanità venisse invece suddiviso in maniera anche piuttosto equa per singoli territori provinciali . Purtroppo – ha concluso Morano -  attualmente il territorio irpino è fortemente penalizzato dal sistema regionale vigente in Campania che è a vantaggio delle grandi ASL le quali si trovano principalmente nel napoletano ed assorbono gran parte dello stesso fondo .

Ogni anno l’Irpinia è senza fondi con le dovute conseguenze che ne derivano a danno dei cittadini e di strutture sanitarie virtuose . Sabato 27 Febbraio , a margine della convention in conferenza stampa alle ore 11 e 30  in programma presso il  Virginia Palace Hotel illustreremo alla stampa anche il progetto riguardante la Sanità in Campania e lo faremo con i sindaci , i rappresentanti delle amministrazioni”.

E la convention nazionale in programma Sabato vedrà unite le anime del centro – destra in un appuntamento estremamente importante per lo scioglimento del nodo riguardante le candidature a sindaco nelle principali città ed in particolare  NAPOLI .

Infatti arriverà ad Avellino per partecipare alla convention  , Alessandro Cattaneo , già sindaco di Pavia  ,Dirigente nazionale di Forza Italia ufficio di Presidenza che incontrerà pubblicamente gli esponenti del centro – destra campano , in particolare napoletano .

In mattinata conferenza stampa anche sulla possibile candidatura a sindaco per la città di Napoli , saranno presenti esponenti di spicco del mondo politico nazionale  sicuramente si affronterà il nodo delle amministrative che nel 2016 vedranno protagoniste alcune delle principali città italiane .

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E’ il succo di melagrane il miglior vaccino contro influenza e raffreddore perché possiede il 40% del nostro bisogno giornaliero di vitamina C. Il frutto del melograno può essere impiegato non solo in campo alimentare ma anche in quello farmaceutico. Le sue virtù più importanti, infatti, sono generate dalla presenza di sostanze ad alta attività antitumorale come l’acido ellagico, i flavonoidi ed altre sostanze con proprietà antiossidanti che nel loro insieme collaborano in modo attivo nella cura di vari tumori (prostata, pelle, seno, polmoni).

Nel 2013 in Puglia (dati Istat) erano coltivati 67 ettari a melograno, balzati in soli 2 anni a 350, principalmente nelle provincie tra Bari e Lecce e Foggia, con un incremento del 422%. La quasi totalità della produzione italiana si concentra in Puglia (dove si trova circa il 60% della superficie coltivata).

“L’agropirateria è purtroppo in linea con l’evoluzione dell’imprenditoria agricola locale, anzi precorre i tempi. L’aumento della domanda di melograno – dichiara il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – alimenta le importazioni di prodotto oltre che dai paesi produttori dell'Europa del Sud, Spagna, Israele e Marocco, anche da Cile e Sudafrica, come al solito spacciati per ‘made in Puglia’. Oltre al prodotto fresco, sono i semi lavoratori ad essere importati perché destinati all'industria di trasformazione e alla cosmesi".

Oggi i paesi del bacino del Mediterraneo in cui la coltivazione è più diffusa, e si ha maggiore disponibilità di melegrane da commercializzare allo stato fresco, sono Israele e Spagna, ma altri Paesi – ad esempio l’Iran – possono diventare, in futuro, temibili concorrenti.

“Sono proprio le melegrane importate dalla Turchia – commenta il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – al secondo posto dei cibi più contaminati da sostanze tossiche e le melegrane importate da Israele sono al 9 posto dei cibi che inquinano maggioramene l’ambiente, dato che per raggiungere le tavole dei consumatori pugliesi percorrono 2.250 km, bruciando 1,3 chili di petrolio e liberando 4,05 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto”.

In Italia sono due le varietà che si stanno diffondendo più velocemente, Akko e Wonderful, già impiantate in Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Campania, la prima più precoce dato che la campagna comincia nella prima decade di settembre con una produttività che varia dalle 25 alle 30 tonnellate per ettaro, per la seconda, invece, la campagna prende l’avvio nella seconda metà d’ottobre e la  produttività varia dalle 35 alle 45 tonnellate per ettaro.

Tra l’altro le melegrane sono richieste anche dalla GDO che ha visto crescere vertiginosamente l’attenzione dei consumatori che ne  apprezzano i molteplici usi e sono interessati a conoscerne gli utilizzi e le caratteristiche nutritive. Ciò ha prodotto il grande successo di un frutto fino ad oggi tenuto in disparte e non sufficientemente valorizzato considerate le virtù che dimostra di avere.

Ennio ORSINI parlando con il Corriere del Sud ci spiega la sua esperienza di Dermopigmentazione, per la quale e diventato famoso  in Italia e nel mondo.

La dermopigmentazione paramedicale è una disciplina delicata ma molto appagante, essa permette alle donne di innamorarsi nuovamente del proprio corpo ed all’operatore di innamorarsi sempre di più del proprio lavoro.

Saper coprire una cicatrice da mastoplastica è un grande pregio per l’operatore contemporaneo. Inoltre questa competenza può portare un notevole incremento dei guadagni e delle bellissime soddisfazioni professionali. In Italia questo servizio spesso viene offerto da personale poco qualificato,  questo causa areole poco naturali e spesso gravi errori che peggiorano l’estetica di un seno.

Quello che propongo di seguito è un metodo per la copertura di cicatrici periareolari chiamato puntinismo.

Il puntinismo è un metodo di pigmentazione del derma fondato sull’effettuazione di gruppi di puntini effettuati con ago 3RS.

Ma vediamo chi è Ennio Orsini :

A pochissimi esami dalla laurea in Science in Ingegneria Informatica, Ennio Orsini lascia l’università per dedicarsi al settore dell’estetica.  La passione nasce da bambino, quando preferiva il salone di bellezza della madre Giovanna ai giochi con i coetanei.

Studia e inizia a lavorare come Make Up Artist per produzioni televisive, teatri, sfilate di moda e agenzie di spettacolo. Conquistata la necessaria esperienza, dà vita a una sua scuola dimostrando originali capacità di insegnamento.

 

Ormai estetista si appassiona alla body-art , in particolare all’ "Extreme Make Up" : trucco permanente, tatuaggi e piercing.

Iniziando con la collaborazione con diversi giornali, come "Les Nouvelles Esthetiques", "La pelle bellezza", "Esthetitaly", "Trucco & bellezza", ad oggi  vanta la pubblicazione di più di 120 articoli, anche in riviste scientifiche.

 

Oggi Ennio Orsini è certamente uno dei più famosi esperti di Dermopigmentazione,  in Italia e nel mondo.

Insegna Trucco e Dermopigmentazione in scuole private e statali, inoltre è ideatore di apparecchiature per la dermopigmentazione  e consulente tecnico di  industrie del settore.

E 'Amministratore Delegato della "Orsini & Belfatto", un’Accademia di Formazione oltre che una società impegnata nella  vendita di prodotti e attrezzature per la micropigmentazione.

Presso l’ AIDER (Dermopigmentazione Associazione Italiana) ha il ruolo di Presidente.

E’ l'inventore della Tricopigmentazione®  e  ideatore di una tecnica innovativa per la realizzazione del sopracciglio realistico maschile e femminile.

 

Diverse volte giudice di gara (in qualità di rappresentante italiano) nel Campionato del Mondo di trucco permanente, collabora nei tribunali italiani come esperto indipendente nelle controversie legali circa dermopigmentazione e trucco permanente.

 

In meno di un anno,  il suo libro “Dermopigmentazione Sopraccigliare” ha fatto registrare le mille copie vendute.

Il suo libro “Tricopigmentazione” è il primo testo interamente dedicato  all’ argomento mai scritto.

Entrambi i testi sono già alla seconda edizione.

Il suo ultimo libro “ Il Sopracciglio Ultrarealistico” è stato già tradotto in ben cinque lingue.

La sua ultima creazione è Kimerica, un’applicazione per I phone, di ausilio nella progettazione di tutte le tipologie di dermopigmentazione grazie alla sua preziosa assistenza nella ricerca della perfetta simmetria.

Ed ecco come spiega al Corriere del Sud la sua arte :

"Tra le migliaia di domande che mi sono state poste dai miei clienti ce n’è una che mi ha sempre costretto a dare una risposta molto generica ed approssimativa, cosa che odio. Questo odio unito alla mia ormai nota curiosità mi ha portato a fare una ricerca seria su questo argomento.
Essendo questo un esame clinico ormai eseguito all’ordine del giorno la domanda del cliente è:
“ma se un giorno dovrò fare una risonanza magnetica in testa, il trucco permanente potrebbe dare problemi?”.

Come spesso succede nel nostro campo, gli argomenti più importanti spesso sono quelli più trascurati dai dermopigmentisti.

Sfortunatamente vi è molta confusione in merito agli aspetti legati alla sicurezza di una
dermopigmentazione durante un esame di risonanza magnetica.
E’ capitato che, basandosi  su pochi reports clinici che riferiscono di sintomi localizzati nell’area
dermopigmentata, molti radiologi si siano rifiutati di effettuare l’esame di risonanza magnetica su individui  con trucco permanente, in particolare con eyeliner.

Spesso l’eventualità di possibili eventi collaterali ha scoraggiato i pazienti con tatuaggi cosmetici a sottoporsi all’esame con questa importante tecnica diagnostica di imaging. Se da un lato è ben noto che i tatuaggi (decorativi e cosmetici) causino artefatti nell’immagine e che possano anche essere associati a reazioni cutanee poco significative a breve termine, l’entità, la frequenza e la gravità di tali reazioni sui tessuti molli, così come altri problemi legati i all’indagine di imaging con risonanza magnetica, sono fattori a tutt’oggi ancora in fase di studio.

Nel 2002, Tope and Shellock hanno condotto uno studio per determinare l’entità, la frequenza e la gravità dei possibili effetti dannosi associati alla risonanza magnetica in una popolazione di soggetti che si erano sottoposti a trucco permanente.

Ai clienti dei dermopigmentisti fu distribuito un questionario in cui dovevano indicare, oltre ai loro dati demografici, una serie di informazioni in merito alle loro dermopigmentazioni e riferire sull’esperienza che avevano vissuto durante un esame di risonanza. La ricerca raccolse dati relativi a ben 1032 intervistati, di cui 135 (il 13.1%) si erano sottoposti ad una risonanza magnetica dopo aver ricevuto un trucco permanente.

Di essi, solo due individui (l’1.5%) accusò problemi associati all’esame. Uno dei soggetti parlò di un “leggero formicolio”, l’altro di una sensazione di bruciore. Entrambi gli episodi furono transienti, temporanei, e non impedirono che l’esame fosse portato a termine.

Sulla base di tali risultati e di ulteriori informazioni nella letteratura recente, sembra che l’imaging con risonanza magnetica possa essere eseguito su pazienti con trucco permanente senza che subentrino gravi reazioni cutanee o altri effetti dannosi. Pertanto la presenza del trucco permanente non deve scoraggiare l’individuo a sottoporsi ad una risonanza.

Ad ogni modo, prima di eseguire l’esame, è buona norma chiedere al paziente se ha su di sé tatuaggi di qualunque tipo. Tale domanda si rende necessaria per gli artefatti dell’immagine ad essi associati e, più importante, poiché vi è un esiguo numero di pazienti (meno di 10 casi documentati) che ha dichiarato di aver provato irritazione temporanea della pelle, gonfiore cutaneo o sensazione di bruciore specificatamente nell’area colorata permanentemente, nel sottoporsi ad una procedura di risonanza magnetica (review of Medical Device Reports, 1985 to 2011).

Il dato interessante è che i tatuaggi decorativi sembra causino problemi ben peggiori (incluse ustioni di primo e secondo grado) rispetto a quelli cosmetici.

In merito appunto ad un tatuaggio decorativo, una lettera all’editore della rivista (Medical Device Reports) riferiva di un’ustione di secondo grado sul deltoide del paziente. L’autore suggeriva che il surriscaldamento poteva essere causato sia dalle oscillazioni dei gradienti o, più probabilmente, dalle correnti elettriche “parassite” indotte dagli impulsi a radiofrequenza”. Tuttavia l’esatto meccanismo di tali complicazioni relate al tatuaggio decorativo sono a tutt’oggi oggetto di studio.

Anche Kreidstein (1997) e i suoi collaboratori hanno riportato di un paziente che ha provato un improvviso dolore legato a bruciore nella zona del tatuaggio durante una risonanza sulla zona dorsale usando uno scanner dal campo magnetico statico di 1.5T.Il gonfiore e l’eritema sono scomparsi entro le successive 12 ore e non vi sono state conseguenze
successive permanenti. In questo caso il pigmento contenuto nel tatuaggio era ferromagnetico. 

Incredibilmente, per consentire l’esame MRI, hanno pensato di procedere con la rimozione chirurgica del tatuaggio.

Gli autori del report hanno dichiarato che “Teoricamente, l’applicazione di un bendaggio molto stretto direttamente a contatto col tatuaggio riuscirebbe a prevenire qualunque distorsione del tessuto dovuta all’attrazione ferromagnetica”. (Tuttavia tale procedura, del tutto non invasiva, non è stata neanche presa in considerazione per il paziente in questione!!!). Inoltre che “In alcuni casi la rimozione del tatuaggio può essere il mezzo più pratico per consentire l’esame di risonanza”.

Kanal e Shellock (1998) hanno commentato il risultato di Kreidstein sostenendo che il rimedio alla situazione che si era presentata era “piuttosto aggressivo”. Chiaramente il trauma e la morbosità della rimozione del tatuaggio superano di gran lunga quelli associati all’interazione ferromagnetica con lo stesso.

L’applicazione diretta di un impacco di ghiaccio sulla zona del tatuaggio mitigherebbe ogni sensazione di bruciore che potrebbe manifestarsi durante l’esame di risonanza in modo molto meno invasivo.

Anche lo studio di Kuczkowski (2007) sembra essere dello stesso avviso in merito al manifestarsi di un senso di bruciore nell’area tatuata (seppur nessuna ustione sia stata diagnosticata) e dunque sulla necessità di prestare particolare cautela nel trattare pazienti tatuati.

Offret (2009) riporta il caso di una giovane 24-enne con trucco permanente (eyeliner) realizzato cinque mesi prima di una risonanza magnetica alla testa per motivi di emicrania. Dopo appena un minuto dall’inizio dell’esame la paziente ha lamentato una sensazione di bruciore associata ad eritema delle palpebre. Tuttavia, anche in questo caso il bruciore è cessato non appena la scansione è stata interrotta e l’eritema è scomparso nel lasso di tempo di due ore circa.

Ross (2011) presenta il caso di un giocatore di calcio professionista, che denuncia un’immediata e prolungata reazione cutanea di “bruciore” in corrispondenza del tatuaggio durante una risonanza della zona pelvica. Anch’egli attribuisce la causa alla reazione elettromagnetica dei metalli contenuti nei pigmenti, specialmente gli ossidi di ferro, responsabili della distorsione dell’immagine.

I tatuaggi più “a rischio” sembrerebbero quelli contenenti pigmenti di colore nero (dark) a base di ossidi di ferro, così come quelli dal design costituito da ampie figure circolari o punti adiacenti multipli.
…….al contrario, secondo quanto affermato da Ratnapalan (2004), gli altri pigmenti usati nei tatuaggi, solitamente indicati col nome di carbone (nero), diossido di titanio (bianco), Ftalocianina di rame (“copper phthalocyanine”, pigmenti blu e verdi)  e indigoide (rosso) mostrano effetti ferromagnetici decisamente più lievi se non addirittura assenti.

Molto interessante è invece il lavoro di Morishita (2008) volto a quantizzare con precisione l’effetto puramente meccanico esercitato sui tatuaggi e sul trucco permanente dai gradienti spaziali in uno scanner con campo magnetico statico di 3T. Adottando il protocollo di misura stabilito dall’American Society for

Testing and Materials, (ASTM) hanno determinato la misura massima degli angoli di deflessione indotta magneticamente a diverse posizioni.
A causa dei materiali ferromagnetici contenuti in essi, l’85% dei tatuaggi mostrava angoli di deflessione maggiori di 45°, mascara ed ombretto maggiori di 40°. Tuttavia le forze traslazionali così generate non sono risultate dannose per gli individui, poiché la quantità di tali sostanze contenuta nei pigmenti è davvero esigua.

Oltre ai disegni circolari ed al colore del pigmento, l’altro fattore di rischio accertato sembra essere l’intensità del campo magnetico statico dello scanner. Ciò è ben chiarito nella review di van der Velden (2005).

Egli passa in rassegna i pochi esperimenti scientifici realizzati fino a quel momento sull’interazione tra risonanza e tatuaggi, mostrando che a campi bassi (1-1.5 Tesla) raramente si evidenziano controindicazioni, mentre per campi magnetici statici maggiori (> 2 Tesla) possono registrarsi sintomi di bruciore o altre lievi complicazioni.

DeBoer (2008) estende la ricerca anche al piercing in una review che illustra ampiamente:
come non sia necessario rimuovere alcuni tipi di essi (quelli contenenti materiali non ferromagnetici come oro, argento, titanio, niobio) né nutrire riserve in merito al proprio tatuaggio nel sottoporsi ad una 
risonanza magnetica o ad altri particolari esami di imaging diagnostico (raggi X etc)
come possano evitarsi rischi e complicazioni semplicemente rimuovendo i piercing con le dovute cautele ed in modo appropriato in caso di interventi di tipo chirurgico o defibrillatori.
In questo esame di imaging diagnostico effettuato con i piercing in situ, non sono stati rilevati né artefatti dell’immagine né alcun tipo di controindicazione/effetto lesivo per il paziente

Molti sono gli artefatti dell’immagine associati al trucco permanente (ma anche ad alcuni cosmetici semplici) documentati in letteratura. Essi sono principalmente dovuti alla presenza di pigmenti che contengono ossidi di ferro o altri metalli e sono evidenti solo nelle immediate vicinanze dell’area
interessata. Proprio data la loro ristrettezza, gli artefatti non dovrebbero impedire o scoraggiare lo svolgimento di una procedura diagnostica così efficace e poco invasiva come la risonanza magnetica. 

Specialmente considerando che un’accurata selezione dei parametri della scansione può facilmente minimizzare gli artefatti dovuti alla presenza di materiali metallici.

L’unica possibile eccezione a questo discorso si ha se la parte anatomica d’interesse coincide pressoché esattamente con l’area in cui si trova il tatuaggio contenente pigmenti a base di ossidi di ferro. Ad esempio, in un report di Weiss si afferma che le particelle di metallo pesante usate nel pigmento-base del mascara e dell’eyeliner (tatuati) hanno un effetto paramagnetico in grado di alterare il campo magnetico locale dei tessuti adiacenti. Ciò risulta in una distorsione dell’immagine in prossimità dei globi oculari. In alcuni casi l’estensione dell’artefatto e la distorsione possono persino impedire di discernere una sottostante patologia oculare, come un melanoma del corpo ciliare o una cisti.

Alla luce di quanto detto ritengo che il modulo per lo screening preliminare del paziente (una sorta di consenso informato), deve includere una domanda per individuare l’eventuale presenza di trucco permanente o di tatuaggi decorativi.

Il paziente deve essere preventivamente informato sui rischi associati all’area del tatuaggio e pregato, qualora si manifesti una qualunque sensazione insolita nell’area del tatuaggio durante l’esame di risonanza magnetica, di avvisare immediatamente il tecnico di radiologia.

Al fine di garantire la sicurezza, il paziente deve essere costantemente monitorato con ogni mezzo visivo ed uditivo a disposizione del tecnico, durante tutta la durata dell’esame.
Come misura precauzionale, pare che un impacco di ghiaccio può essere applicato nella sede del tatuaggio durante la procedura.

Oltre a quanto appena detto, altre informazioni e raccomandazioni sono state fornite ai pazienti dalle statunitensi Food and Drug Administration

Tutte concordano che:“Il rischio che si corre non effettuando un esame di risonanza magnetica raccomandato dal proprio medico è molto probabilmente più alto dei rischi di complicazione derivanti dall’interazione tra la risonanza ed un tatuaggio (decorativo o estetico). Anziché scegliere di non sottoporsi all’esame, è bene informare preventivamente della dermopigmentazione i radiologi ed i tecnici preposti, affinché possano essere adottate appropriate precauzioni, evitate complicazioni, assicurati i migliori risultati”.
Spero che ora tutti gli operatori interessati (dermopigmentisti e tecnici di radiologia) abbiano le idee un po’ più chiare su questo argomento.


Starnuti, tosse e mal di gola e pacchi di fazzoletti che si consumano a vista d'occhio. Siamo nel pieno dell'ondata di influenza stagionale e il numero di persone ammalate è in crescendo. Lo dicono i dati inviati all’Istituto Superiore di Sanità dai medici “sentinella” (Medici di Medicina Generale e Pediatri di libera scelta) e raccolti nel database on line Influnet, gestito dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto che Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene opportuno diffondere per metterci in guardia e per  cogliere l’occasione per ricordare alcuni semplici consigli. Che quest'anno è, principalmente, il famigerato H1N1, in quella variante pandemica che aveva spaventato il mondo intero qualche anno fa. Tra le persone più a rischio vi sono gli anziani di età superiore a 65 anni, i bambini di età inferiore a 2 anni, le donne in gravidanza, le persone con patologie cronico-recidivanti e coloro che vivono a contatto delle comunità (ospedali, caserme, scuole, case di cura, ecc.). La capacità dell’influenza di mettere a rischio la salute viene troppo spesso sottovalutata da cittadini e operatori sanitari, basti pensare che, sempre secondo le stime dell’ISS, in Italia si verificano ogni anno in media da 5 a 8 milioni di casi.L’influenza, è opportuno ricordarlo, oltre a causare seri problemi di salute pubblica è responsabile dell’aumento dei tassi di assenza dal lavoro e di perdita di produttività nei Paesi sviluppati. Il rischio di trasmissione dell’infezione può essere ridotto applicando delle regole generali come evitare luoghi affollati, lavarsi regolarmente le mani con acqua e sapone, coprire la bocca e il naso con un fazzoletto di carta quando si tossisce o starnutisce ed evitare di esporsi a sbalzi di temperatura. Un toccasana indispensabile, è invece il riposo, per chi è malato: per tale ragione è opportuno rimanere a casa, evitando di intraprendere viaggi e di recarsi al lavoro o a scuola, in modo da limitare contatti potenzialmente infettanti con altre persone.

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