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Cominciato il processo sulla morte di Sergio Ragno

Per la famiglia, e per la sua forte e indomita madre, Vittoria Olimpio, il carabiniere scelto Sergio Ragno, brindisino, quel pomeriggio del 17 giugno 2004 trovò la morte alle Cascine, a Firenze, mentre era in servizio. Dura da anni l’iniziativa legale, la battaglia della mamma di Sergio Ragno affinché la memoria di quel ragazzo di 24 anni trovi giustizia piena. Intanto lei infaticabile, assistita dal suo legale, organizza commemorazioni affinché questa storia rimanga viva, continuando a credere nello Stato e nelle sue istituzioni.“

Intanto e cominciato martedì 10 luglio il processo sulla morte di Sergio Ragno, proprio il giorno in cui il giovane carabiniere brindisino avrebbe compiuto 38 anni se un terribile incidente non lo avesse strappato alla vita il 17 giugno del 2004 a Firenze. Da quel giorno sono trascorsi 14 anni, 14 lunghi anni in cui la famiglia ha lottato per portare la storia di Sergio nelle aule di tribunale. «Non mi sono mai arresa, perché so che prima o poi mio figlio avrà giustizia» afferma Vittoria Olimpio, la mamma di Sergio che nonostante il profondo dolore per la morte del figlio ha intrapreso per prima questa lunga battaglia.

La donna, assistita dal suo legale, l’avvocato Giulio Murano, vuole dimostrare che suo figlio Sergio è morto mentre era in servizio. Sergio Ragno lavorava presso la caserma dei carabinieri di Firenze. Secondo la ricostruzione il giovane è morto mentre era in sella alla sua moto e percorreva un viale nei pressi delle Cascine a Firenze.

La mattina che si è svolta infatti la prima udienza di istruttoria testimoniale nell’ambito del processo che deve stabilire cosa accadde negli ultimi tre quarti d’ora di vita dell’allora ventiquattrenne Ragno. In particolare si deve chiarire se sia morto durante un servizio istituzionale affinchè si possa legittimamente riconoscerlo quale vittima del dovere. E se del caso , se qualcuno ha mentito nel ricostruire i fatti di quel 17 giugno.

In aula si è presentato uno dei carabinieri convocati quali testimoni.

L’interrogato ha confermato che Ragno e cinque suoi colleghi furono chiamati allo svolgimento di un’operazione dal vicebrigadiere caposquadra di turno. Quattro di loro erano reduci da un servizio svolto dall’una alle sette del mattino e proprio in nottata avevano arrestato uno spacciatore di droga. Questi avrebbe confidato che nel pomeriggio successivo, nel parco delle “Cascine”, si sarebbe svolta una consistente attività di spaccio di sostanze stupefacenti.

E fu così che intorno alle 17,00 i carabinieri prepararono l’operazione finalizzata agli arresti in flagranza di reato secondo le informazioni raccolte. Il servizio fu svolto in borghese, usando i propri veicoli. Partecipò all’intervento anche un militare che era in riposo, a casa, poiché specializzato in operazioni antidroga.

Il carabiniere ascoltato questa mattina ha confermato come anche Ragno si fosse recato dalla caserma alle “Cascine” in sella alla propria moto per lo svolgimento dell’operazione e che, rinviato di qualche ora l’inizio delle operazioni, tornando in caserma, dove abitava, trovò la morte. Quindi, stando al regolamento di servizio, non era in libera uscita. E allora perché nel rapporto di servizio qualcuno scrisse che il carabiniere brindisino fosse senza ordini e che si trovasse alle “Cascine” per caso, con cinque colleghi? Cosa si nasconde in quegli ultimi tre quarti d’ora di vita di Sergio Ragno?

Da anni se lo chiede Vittoria Olimpio, la mamma di Sergio, che ha fatto riaprire le indagini sulla morte del figlio. È assistita dal legale Giulio Murano, avvocato del foro di Roma e consigliere giuridico delle Forze armate. Nella prossima udienza, fissata al 23 ottobre, si cercherà la verità ascoltando il caposquadra di Sergio e l’ufficiale del Nucleo operativo e radiomobile che ordinò l’operazione del 17 giugno 2004.

Mamma non posso parlare… sono impegnato in un’operazione importante”. Sono le ultime parole pronunciate al telefono da Sergio Ragno a sua madre poco prima di perdere la vita in un incidente stradale. Incidente che avverrà circa 20 minuti dopo: l’impatto con un’auto, in località “Le Cascine” di Firenze, gli risulterà fatale.

Sergio è un carabiniere in servizio presso la stazione di Borgognissanti di Firenze. Ha 24 anni quando muore. E l’operazione importante di cui parla alla madre è un servizio in borghese: il pedinamento di alcuni spacciatori di droga della zona. I fatti risalgono a dieci anni fa e le indagini sulla sua morte sono state archiviate dopo circa sei mesi.

Vittoria Olimpio chiede che gli sia riconosciuta la causa di servizio. Esistono elementi nuovi. Un collega di Sergio ha ammesso al telefono: “Il capitano ha omesso di sapere (sic) che il servizio era in atto”. La conversazione è stata registrata e allegata all’esposto e potrebbe essere la prova che Sergio non sia morto nel “tempo libero” ma durante il lavoro.

E allora torniamo a quel pomeriggio di dieci anni fa. Sono le 17 del 17 giugno 2004, Sergio – secondo la ricostruzione dei familiari – è incaricato con altri suoi cinque colleghi di eseguire una missione antidroga in borghese. Ha terminato il turno di notte ma viene chiamato dal suo capitano per andare insieme ad altri carabinieri al parco Le Cascine per arrestare uno spacciatore. Sergio obbedisce all’ordine del suo superiore e all’invito di andare sul posto, con il proprio mezzo e senza divisa.

Poi il contrordine: l’operazione è posticipata intorno alle 20. Ed è proprio su questo passaggio che si fonda la difesa dei carabinieri di Firenze: secondo l’Arma, infatti, Ragno era in quel luogo ma non in servizio. Nell’esposto si legge che il comandante tenente Marco Capparella nella sua relazione di servizio scriveva :“Non poteva trattarsi né di ‘servizio comandato’… né di ‘servizio in itinere’(…) né di ‘servizio occasionale’” e “la presenza nella zona adiacente al punto di contatto degli altri cinque carabinieri è stata esclusivamente occasionale”. Dunque, secondo i carabinieri, Sergio era lì per conto proprio.

La relazione esclude sia “Qualsiasi connessione tra l’incidente mortale e il servizio istituzionale”, sia che siano stati impartiti “ordini di qualsiasi genere”. Tesi condivisa dalla procura di Firenze che, dopo cinque mesi, chiede l’archiviazione dell’indagine, accolta da Gip. “Risulta in modo pacifico – osserva il pm – che Ragno, unitamente ad altri suoi colleghi, tutti liberi dal servizio (…) si erano portati nella vicinanza della discoteca per valutare la situazione e programmare gli interventi successivi. Qui accertato che la situazione da osservate si sarebbe eventualmente verificata intorno alle 20, decidevano, nell’attesa, di proseguire nelle attività di ‘tempo libero’”.

L’idea che Sergio si trovasse lì con altri colleghi per una passeggiata non convince i suoi genitori, che chiedono la riapertura delle indagini. Resta qualche altro mistero: il cellulare di Sergio non viene mai più ritrovato, come anche l’agenda su cui annotava tutti i servizi che svolgeva. La famiglia non si dà pace: l’esposto, depositato pochi giorni fa, presenta alcune novità. I familiari telefonano ad alcuni colleghi di Sergio e ne registrano le conversazioni. Registrazioni allegate all’esposto. Il carabiniere Antonio Caretto, che ha soccorso Sergio durante l’incidente, in una di queste dice che, la tragedia in cui Ragno perdeva la vita, avveniva in occasione di un servizio comandato in borghese.

In particolare, nelle trascrizioni, si legge: “Mi ha chiamato il brigadiere Belvedere dicendomi che c’era da fare questa cosa (…), a dire di questo Belvedere era stato informato anche il tenente (… ) poi la conversazione tra Belvedere e il tenente non la posso sapere. Ti posso solo dire che mi chiamarono e mi dissero: ‘Antonio, siccome tu sei esperto di queste cose qui, ci vieni a dare una mano?’”. In un’altra conversazione, il collega Davide Cellammare riferiva: “Ti posso dire che il capitano – ma non si tratta Capparella, ndr – ha poi omesso di sapere (sic) che il servizio era in atto”.


 

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