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Troppi i suicidi per motivazioni economiche, urge fare qualcosa

Dal 2012, sono in totale 937 in Italia i casi di suicidi per motivazioni economiche registrati dall’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” della Link Campus University, mentre sale a 661 il numero dei tentati suicidi. Nei primi 6 mesi del 2018 l’Osservatorio ha proseguito il proprio monitoraggio semestrale, da cui emerge un numero di vittime pari a 59, in aumento rispetto alle 47 registrate nella prima metà dello scorso anno, mentre sono 53 i tentati suicidi.

Un’ulteriore conferma di una vera emergenza sociale dinanzi alla quale l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” ritiene di dover andare oltre la sua tradizionale attività di monitoraggio e analisi del fenomeno, facendosi promotore di un’iniziativa che possa raccogliere attorno allo stesso tavolo tutte quelle organizzazioni di categoria, enti e associazioni che in questi anni, attraverso sportelli di ascolto, numeri verdi o iniziative di promozione, sensibilizzazione e prevenzione, hanno supportato imprenditori, disoccupati, precari e pensionati in difficoltà, dando sostegno psicologico anche alle loro famiglie.

«In considerazione dell’incidenza così elevata del fenomeno, della sua capillarità territoriale nonché del suo colpire indistintamente imprenditori, disoccupati, pensionati, per non dire di quei lavoratori con stipendi al di sotto della soglia di povertà – dichiara il prof. Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio e docente di Sociologia Generale e Politica alla Link Campus University – entro la fine dell’anno l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” coinvolgerà in un tavolo tecnico tutti quegli attori istituzionali e della società civile a vario titolo attivi nel fornire sostegno a coloro che soffrono le conseguenze della crisi e delle difficoltà economiche. L’obiettivo è quello di creare una “rete” propedeutica all’avvio di una task force finalizzata a individuare insieme azioni, idee, proposte funzionali da una parte alla progettazione e promozione di politiche e interventi legislativi volti alla prevenzione e al contrasto dei suicidi per motivazioni economiche, dall’altra parte alla ideazione e condivisione di percorsi di reinserimento familiare, sociale, professionale dei soggetti più esposti anche attraverso la formalizzazione di una partnership con i Centri per l’impiego e le agenzie interinali».

L’analisi dei dati parziali sul primo semestre 2018 rileva come il fenomeno dei suicidi per motivazioni economiche sia profondamente mutato negli anni, interessando progressivamente fasce e categorie di popolazione che all’inizio apparivano scarsamente coinvolte. «All’inizio del nostro monitoraggio – prosegue il prof. Ferrigni – a essere particolarmente colpita era la categoria degli imprenditori che rappresentava circa il 50% del totale dei suicidi legati a motivazioni economiche. La tendenza che rileviamo oggi invece è quella di una maggiore esposizione di disoccupati ma anche di coloro che, pur possedendo un lavoro, soffrono la precarietà e l’instabilità, tanto quella lavorativa quanto quella economica. Senza dimenticare anche quei pensionati che vedono nel gesto estremo l’unica via d’uscita all’impossibilità di affrontare le spese quotidiane».

Se dal 2012 a oggi, infatti, la categoria degli imprenditori interessa il 40,7% del totale dei suicidi per motivazioni economiche, il 37,3% ha avuto per protagonisti i disoccupati, mentre ben il 20,3% circa dei suicidi ha riguardato lavoratori o collaboratori di aziende, questi ultimi in significativa crescita rispetto all’13,6% rilevato a fine 2017.

Per ciò che riguarda la distribuzione geografica del fenomeno si conferma una progressiva uniformità tra le diverse aree, nonostante il Nord-Est risulti ancora in cima alla lista: dal 2012 a oggi rappresentano infatti il 25,2% i suicidi nell’Italia Nord orientale, a fronte del 24% registrato al Sud, del 19,3% del Nord-Ovest e del 10,4% delle Isole. Nei primi sei mesi dell’anno però a preoccupare è la crescita prepotente fatta registrare dal Sud: sono già 22 i casi, contro i 14 del Nord-Est e i 10 del Centro. Tra le regioni più interessate dal 2012, il Veneto (16,4%) con le province di Padova, Venezia e Treviso, e la Campania (13%), con in testa le province di Napoli e Salerno. La maggiore concentrazione di imprenditori suicidi si osserva ancora una volta nel Nord-Est (30,8%), mentre la percentuale più elevata di disoccupati e di lavoratori dipendenti che hanno deciso di porre fine alla propria vita a causa di difficoltà economiche si registra maggiormente al Sud (rispettivamente il 28% e il 28,1%).

Dall’analisi complessiva, infine, emerge come dal 2012 al primo semestre del 2018 la fascia d’età più esposta risulti quella dei 45-54enni, con un’incidenza percentuale pari al 34,7%, nonostante risulti significativa e preoccupante anche la percentuale dei suicidi tra i più giovani: complessivamente infatti rappresentano il 20% del totale i suicidi tra i 35-44enni e il 9,5% quelli tra gli under 34 (di questi il 7,6% tra i 25-34enni e l’1,9% tra i minori di 25 anni).

Se ci si sposta sul fronte dei tentati suicidi, si osserva come il fenomeno continui ad interessare prevalentemente i disoccupati in oltre la metà dei casi: dal 2012 a giugno del 2018 sono complessivamente il 54,3% i senza lavoro che hanno tentato di togliersi la vita, mentre sono stati il 18,9% gli imprenditori e il 14,4% i lavoratori dipendenti. Il Sud l’area più colpita (27,1%), con in testa la regione Campania che raccoglie il 14,1% dei complessivi 661 tentati suicidi registrati.

 

 

 

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