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Minori, maestre maltrattanti e maltrattate

Ogni bambino ha diritto alla tutela della propria vita, del proprio sviluppo e del proprio benessere. Ogni anno, però, milioni di minori nel mondo sono vittime e testimoni di violenze fisiche, sessuali ed emotive.

Le ultime notizie di cronaca sulla terribile storia di maltrattamenti, perpetrati in una scuola pubblica dell’infanzia di Bari da parte di due insegnanti, è l’ennesima conferma di come il maltrattamento sui minori stia diventando un fenomeno a carattere di “emergenza”, un problema non solo nazionale ma internazionale ingente.

Gli ordini di scuola più a rischio sono quelli dell’infanzia e della primaria, la cui utenza, per via della tenera età, è quella con minore capacità di difendersi e di chiedere aiuto.

L’insegnante che sottopone i propri alunni a ogni sorta di mortificazione e a vivere in un clima di vero e proprio terrore lascia un segno indelebile nelle piccole vittime, con inevitabili e talvolta irreversibili ripercussioni negative sull'equilibrio psichico- fisico e sullo stesso profitto didattico.

Nel breve termine questi bambini, possono manifestare sintomi quali enuresi/encopresi, bassa autostima, mancanza di fiducia negli altri, difficoltà di apprendimento, ritardo nello sviluppo, memorie e pensieri intrusivi, chiusura in se stessi, atti aggressivi auto ed etero riferiti.

A lungo termine, le ricerche hanno confermato relazioni significative con sintomi depressivi, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post-traumatici e abuso di sostanze stupefacenti. Recenti ricerche anno chiaramente indicato come lo sviluppo cerebrale può essere fisiologicamente alterato da uno stress prolungato, grave o inaspettato, compreso il maltrattamento, durante i primi anni di vita del bambino.

L’entità dei danni provocati fa di tali condotte un reato talmente grave da non meritare alcun tipo di “attenuante”. Si provi ad immaginare le reazioni dei genitori che iscrivono i propri figli all’asilo nido, alla scuola dell’infanzia o alla scuola dell’obbligo, tranquilli di lasciare il loro “bene più prezioso” “in buone mani”. Come possono sentirsi? cosa possono provare quando vengono a conoscenza di questi fatti? Sentimenti di rabbia, desiderio di vendetta e di giustizia, tristezza, senso di colpa e di impotenza sono le emozioni predominanti.

La molteplicità di effetti fisici e mentali negativi sono dunque così costosi, sia per il minore che per la famiglia e per estensione anche per la società, che necessitano di interventi immediati ed efficaci.

Gli sviluppi avvenuti negli ultimi 20 anni nel campo dei diritti umani, della legge, della medicina legale e della salute pubblica, hanno reso il problema del maltrattamento sui minori più visibile a livello internazionale. Il Rapporto mondiale sulla violenza e la salute del 2002 ha evidenziato le conseguenze per la salute pubblica del maltrattamento sui minori e sottolineato il ruolo della salute pubblica nella prevenzione e nei servizi per le vittime. Nel 2006 la “World Health Organisation” pone l’attenzione sulla necessità di un approccio disciplinare più ampio nella lotta alla violenza che dovrebbe assicurare non solo una strategia integrata per rispondere in modo efficace alla violenza, ma allo stesso modo una strategia di prevenzione costante, basata sull’evidenza e di individuazione dei fattori di rischio e/o protezione.

In termini di individuazione dei fattori di rischio è necessario eliminare tutto quello che rende l'insegnamento un’attività usurante, quali ad esempio il rapporto con gli studenti e i genitori, le classi spesso troppo numerose, la situazione di precariato che si protrae per anni, la conflittualità tra colleghi, la costante delega da parte delle famiglie, l’avvento dell’era informatica e delle nuove tecnologie, il continuo susseguirsi di riforme, la retribuzione insoddisfacente e, non ultima, la scarsa considerazione da parte dell’opinione pubblica. Un recente studio commissionato dall’ente previdenziale INPDAP (2014), ha mostrato come la categoria degli insegnanti è soggetta ad una frequenza di patologie psichiatriche superiore rispetto a quelle delle altre categorie prese in esame (impiegati, personale sanitario, operatori). Il problema è particolarmente sentito tra le donne in menopausa che invece di esser tutelate con la riforma pensionistica andranno in pensione dieci anni dopo. Sicuramente l’ampliamento del numero di insegnanti in compresenza o che turnino nella varie classi può favorire un monitoraggio reciproco. L’organico potenziato previsto dalla recente fase C può supportare i docenti curriculari non solo in termini di ampliamento dell’offerta formativa ma anche di gestione dei casi problematici. La proposta dei sindacati dinanzi all’innalzamento dell’età pensionistica, di considerare il lavoro dell’insegnante come lavoro usurante e, quindi, la possibilità per gli insegnanti, negli ultimi anni di servizio, di essere utilizzati in attività connesse al tutoraggio o coordinamento di docenti neo assunti o di essere collocati, a domanda, in altre amministrazioni, potrebbe rappresentare una ulteriore soluzione al problema.

Sul piano della prevenzione, recente è la proposta dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori del Ministero della Pubblica Istruzione di richiedere l’utilizzo di test psicologici sui docenti al fine di valutare la tenuta del livello necessario per lavorare con gli stessi. Risulta fondamentale, quindi, la figura dello psicologo già in fase di selezione del personale che aspira ad insegnare e che dunque avrà a che fare con un “materiale malleabile” (bambini in tenera età) e facilmente sensibili ad eventuali comportamenti inappropriati da parte degli adulti punto di riferimento. Tale valutazione degli aspetti psico-diagnostici, delle motivazioni e delle disponibilità che sostengono la scelta della professione di insegnante, dovrebbe ripetersi nel corso della carriera professionale al fine di accertare la persistente idoneità ad un ruolo così delicato ed importante.

Ma soprattutto è necessario intervenire sul piano didattico- formativo al fine di inserire nei programmi curriculari di tutte le professioni che implicano una relazione con soggetti fragili, nello specifico quella degli insegnanti, un’adeguata preparazione psicologica. La competenza psicologica include un’attenta considerazione da parte dell'insegnante degli aspetti emotivi legati all’apprendimento. La comunicazione didattica si sviluppa in un ambiente saturo di emozioni e non si può certo ridurre al solo momento certificativo. È fondamentale che il docente conosca le caratteristiche psicologiche tipiche delle diverse età, ponendo la massima attenzione sugli interessi, le modalità di rapportarsi agli altri e gli eventuali problemi di tipo personale. Chiaramente le competenze di natura psicologica non possono essere tutte presenti fin dall’inizio della carriera, ma vanno sviluppate e potenziate dall’insegnante durante lo svolgimento della professione. Per questo è importante prevedere monitoraggi continui e costanti e supervisioni programmate durante tutto l’iter della carriera professionale e non solo in ingresso.

Lo psicologo nel contesto scolastico può assolvere all’importante ruolo di rilevare tempestivamente i fattori di rischio sia dei docenti che degli alunni stessi, al fine dunque di prevenire l’insorgenza di fenomeni di abuso e maltrattamento e garantire il benessere e l’armonia collettiva.

E nel caso in cui ci si dovesse trovare di fronte ad un caso accertato di abuso la figura dello psicologo e/o psicoterapeuta rappresenta un’indispensabile risorsa di supporto sia dei minori che dei loro genitori, al fine di aiutare entrambi nel delicato percorso di elaborazione dell’evento traumatico e di tutte le emozioni e gli stati d’animo ad esso connessi.

Altra necessità, è naturalmente quella di attuare un controllo più efficace all’interno delle scuole. La tradizionale “barriera della privacy” tra la sfera privata e la sfera pubblica ha fino ad ora inibito l’evoluzione di politiche e strumenti giuridici per prevenire la violenza all’interno della scuola e questa barriera ostacola lo sviluppo di strategie di successo volte alla soluzione di questo grave problema.

Accanto a tali considerazioni e alla luce dei gravi fatti di cronaca una domanda riecheggia nelle nostre menti e, maggiormente, in quelle dei genitori: “Di chi ci si può fidare per la cura dei nostri figli?”.

I genitori, prima di tutte le altre figure di riferimento istituzionali e non, hanno l’importante e arduo compito, se non proprio “dovere”, di individuare quei “campanelli di allarme” nel comportamento dei bambini che segnalano un eventuale stato di disagio. Certo non sempre tali campanelli sono facilmente decifrabili dagli adulti. È bene tuttavia non diventare indebitamente sospettosi e se si hanno dei sospetti è bene provare a chiarire il prima possibile sia con i propri figli, sia con le insegnanti. È di fondamentale importanza dialogare e comunicare sempre con loro relativamente a come è andata a scuola, cosa hanno fatto, se si sono divertiti, se ci sono insegnanti preferiti. Qualora dovessero emergere elementi a favore di un caso di abuso è bene segnalare il tutto alle autorità competenti evitando “soluzioni fai da te”.

Con la consapevolezza che il “mondo è fatto anche di persone cattive” è bene considerare che vi è una stragrande maggioranza di insegnanti, di cui nessuno parla, che sono persone affettuose, amorevoli e protettive, si prendono cura dei bambini con amore e dedizione e svolgono il loro lavoro con serietà e passione.

Dott.ssa Anna Gasparre

Psicologa-Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Regione Puglia

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