Quanti si aspettavano un fallimento del vertice, saranno rimasti delusi. Quanti si aspettavano che il primo vertice svoltosi ad Arcore dopo molto tempo finisse con uno sfaldamento del blocco di centro-destra, dovranno rimproverare solo la loro ingenuità.
L'accordo dà il via libera all'alleanza con la quarta gamba ma chiude la porta a nomi che non siano condivisi da tutti e tre i leader di, Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Un diritto di veto che blocca le candidature nell'uninominale di esponenti come Flavio Tosi ed Enrico Zanetti (e forse anche di Maurizio Lupi), sui quali il segretario leghista, ma anche Giorgia Meloni, avanzano da tempo rimostranze. Meloni, Salvini e Berlusconi hanno convenuto di incontrarsi nuovamente a breve. Per quanto riguarda il programma i partecipanti esprimono soddisfazione sulla «piattaforma di lavoro ampia» attorno alla quale costruire la coalizione.
«Sulle regionali la coalizione conferma che si presenterà con candidati comuni e condivisi. Per quanto riguarda la Lombardia, se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla sua candidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato». Lo si legge nel comunicato congiunto del vertice del centrodestra ad Arcore che conferma le indiscrezioni sul presidente uscente della Lombardia che punterebbe a tornare a Roma come possibile ministro del centrodestra.
Durante il pranzo si è poi ufficializzata la coalizione a quattro: «Ufficializzata la composizione della coalizione a quattro con Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e quarto Polo. Tra le decisioni di oggi anche quella di costituire due delegazioni comuni, che si incontreranno già martedì prossimo, per definire i dettagli del programma e dei collegi». È un ulteriore passaggio della nota finale del vertice ad Arcore tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
I primi passi dell'azione di governo saranno «meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall'Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell'immigrazione». «Tra le priorità - si legge ancora - anche l'adeguamento delle pensioni minime a mille euro, il codice di difesa dei diritti delle donne e la revisione del sistema istituzionale col principio del federalismo e presidenzialismo». Infine un passaggio che sembra prefigurare il passo indietro di Roberto Maroni nella corsa al secondo mandato per il Pirellone: «Per quanto riguarda la Lombardia, se davvero il presidente Maroni per motivi personali non confermasse la disponibilità alla sua candidatura, verrebbe messo in campo un profilo già comunemente individuato». Un interrogativo che sarà sciolto già oggi in una conferenza stampa del governatore lombardo.
Per quanto riguarda i temi della campagna elettorale, Matteo Salvini aveva proposto e oggi ha ottenuto come uno dei primi punti programmatici «la revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero». «Cancellazione della legge Fornero nel programma del centrodestra: missione compiuta. 4 marzo voto Lega», cinguetta festante su Twitter il leader della Lega.
La legge Fornero tanto cara alla sinistra sul sistema pensionistico è tornata d'attualità con l'avvicinarsi delle elezioni politiche, tra chi in caso di vittoria promette di abolirla e chi invece ne difende l'impianto di base. Sinistra e Demiocratici la diffendono il centro destra no...ma cosa prevede la riforma che porta il nome dell'ex ministro del lavoro nel governo Monti e quali sono i suoi meriti secondo quelli del centro sinistra ?
La legge Fornero ha stabilizzato secondo la sinistra la spesa pubblica italiana (assicurò risparmi per 80miliardi dal 2012 al 2021) e ha ridato credibilità all’Italia nella gestione del nostro debito pubblico che è il quarto più alto nel mondo. Entrò in vigore in gran fretta il primo gennaio 2012, poche settimane dopo la nascita del governo tecnico di Mario Monti, perché all’epoca gli interessi sul debito erano schizzati alle stelle.
Gli investitori, soprattutto esteri, dubitavano che l’Italia fosse in grado di ripagare il debito. La Fornero eliminò le pensioni anticipate o d’anzianità, alzò l’età per lasciare il lavoro, bloccò per tre anni gli aumenti automatici per le pensioni più alte e fece scattare per tutti il sistema di calcolo contributivo. Un sistema più “avaro” ma più equo e più semplice di quello precedente....e ha ridotto in fame secondo la destra tutti i pensionati Italiani...e aprendo le porte per andare in pensione verso i 67 anni...
«Meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall'Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell'immigrazione: saranno questi i primi passi dell'azione di governo di Centrodestra che uscirà dalle politiche del prossimo 4 marzo», si legge. «Tra le priorità anche l'adeguamento delle pensioni minime a mille euro, il codice di difesa dei diritti delle donne e la revisione del sistema istituzionale col principio del federalismo e presidenzialismo», informa il comunicato.
Prossimo vertice: martedì prossimo per definire i dettagli del programma e dei collegi.
Alla fine del vertice Salvini gioisce per una sua battaglia di vecchia data: «Cancellazione della legge Fornero nel programma: missione compiuta», scrive su Facebook. Fratelli d'Italia, invece, non nasconde la propria soddisfazione per l'inserimento del presidenzialismo come contraltare «centralista» al regionalismo propugnato dalla Lega, all'insegna del principio: «Regioni forti in uno Stato forte». Inoltre Giorgia Meloni ottiene anche il via libera a una manifestazione, fissata per metà febbraio, in cui tutti i candidati firmeranno un impegno a non cambiare casacca, prendendo un impegno pubblico contro il trasformismo. Berlusconi, invece, su Twitter, saluta l'impegno di tutti i partiti a «presentare candidati comuni e condivisi alle prossime Regionali». E al Foglio ribadisce che «Forza Italia avrà un ruolo trainante nella coalizione oltre a rappresentare una garanzia contro tentazioni egemoniche».
Pirozzi fara un passo indietro? Perché no risponde lui ai giornalisti che lo domandano, a patto che a scendere in "campo" sia Giorgia Meloni. Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice e candidato alla guida della regione Lazio con la propria lista civica, non esclude la possibilità di farsi da parte. «L'unica persona per la quale farei un passo indietro - ha detto Pirozzi - volentieri è Giorgia Meloni». Il sindaco di Amatrice interviene cosi nel giorno del post vertice di Arcore tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Tra i candidati del centrodestra 'papabilì resta il nome del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ma in tal caso Pirozzi non sarebbe disponibile a un passo indietro: «No, lo farei solo nel caso di Giorgia Meloni, che è un leader nazionale». E se in cambio del ritiro dalla corsa alla Regione Lazio gli venisse offerta una candidatura in parlamento? Pirozzi risponde con una battuta: «L'unico posto sul quale ci potrei pensare è quello di commissario tecnico della nazionale», sottolinea il sindaco di Amatrice, già allenatore di calcio....
Intanto nell'intervista al Foglio, Berlusconi mette in guardia gli italiani dai Cinque Stelle. "Sono il più grave pericolo per il futuro dell'Italia dal dopoguerra. La loro finta democrazia diretta maschera, come tutti sanno, il potere effettivo di pochissime person - avverte - è lo stesso centralismo democratico dei vecchi partiti comunisti, governato in questo caso da un politburo molto ristretto, costituito da un vecchio comico, un oscuro professionista della comunicazione, e forse la figurina Di Maio". Quindi, continua: "L'idea che l'Italia possa cadere nelle loro mani è assolutamente pericolosa, ed è un pericolo reale, immediato. Se davvero alcune figure della cultura, dell'economia, dell'impresa non se ne rendessero conto, e pensassero di usare i grillini per trarne qualche vantaggio, rischierebbero di fare la parte di quelli che Lenin chiamava 'utili idioti', da usare e poi da eliminare".
Oggi, secondo il leader di Forza Italia, il Paese sta già oggi vivendo "una triplice oppressione, quella fiscale, quella burocratica e quella giudiziaria". "I Cinque stelle vorrebbero aggravarla ancora - spiega nell'intervista al Foglio - d'altronde il loro linguaggio è dal principio quello dell'invidia, quello dell'odio, della giustizia sommaria, dell'utilizzo dell'arma giudiziaria contro gli avversari politici. I nomi dei magistrati con i quali hanno rapporti più stretti, e che vorrebbero nel loro futuro governo, sono eloquenti e fanno venire i brividi". Incalzato dal direttore Claudio Cerasa, Berlusconi mette in chiaro che alle prossime elezioni politiche la vera sfida sarà tra la rivoluzione liberale di Forza Italia ("una rivoluzione possibile, concreta, costruttiva") e il "ribellismo" del Movimento 5 Stelle.
Per il Cavaliere secondo il quotidiano il Giornale i grillini rappresentano "un pericolo" perché "della vecchia sinistra hanno ereditato le parti peggiori, lo statalismo, la cultura del 'no', l'oppressione fiscale, la diffidenza verso la libertà dei cittadini, il giustizialismo feroce, senza neppure avere la tradizione di serietà e la cultura di governo che ai comunisti non mancavano". Per questo sono doppiamente pericolosi. "Se vincessero massacrerebbero di tasse il ceto medio, aggredendo la casa, i patrimoni, le successioni, le stesse pensioni - mette in guardia Berlusconi - bloccherebbero le infrastrutture fondamentali, porterebbero al governo i settori più politicizzati della magistratura".
Per Berlusconi agli ordini di Beppe Grillo e Luigi Di Maio ci sono professionisti della politica, "persone che dipendono dalla politica per vivere, e quindi dalla benevolenza dei loro capi, che ne decidono destini e carriere". "A differenza dei vecchi professionisti della politica - conclude l'ex premier - quelli della Prima Repubblica, qui manca anche l'esperienza, la conoscenza dei meccanismi di governo: la gran parte di loro non ha mai lavorato, non ha mai amministrato neppure un condominio. I risultati, dove sono chiamati a governare le città, si vedono".